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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Corte d'Appello di Torino, sentenza del 6 giugno 2005, n. 871

 
est. Sanlorenzo
 

Nella causa di lavoro iscritta al n. 2009/2004 R.G.L. promossa dall'Istituto nazionale della previdenza sociale - I.N.P.S. [...] contro [...] e contro la Regione Piemonte. [...].

Svolgimento del processo

Con ricorso del 13.5.2004, [...] ha evocato in giudizio avanti il tribunale di Torino in funzione di giudice del lavoro, l'Inps e la regione Piemonte, chiedendo la condanna dell'istituto al ripristino in suo favore dell'assegno mensile di invalidità ex art. 13 l. 118/71 a far data dall'1.1.2001, da quando la provvidenza, di cui già fruiva sin dall'1.4.2000 gli era stata revocata. A sostegno della propria pretesa, ha esposto che con verbale della Commissione medica di prima istanza dell'11.9.2000 era stata riconosciuta la sua condizione di invalido al 75% con diritto a percepire l'assegno sin dall'1.4.2000, ma che la regione con provvedimento del 18.6.2001, considerato che egli era in possesso di permesso di soggiorno con validità 17.3.2000/17.3.2001, viste le leggi n. 40/98 e 388/2000, aveva determinato la concessione dell'assegno solo fino al 31.12.2000, stante la mancata titolarità della carta di soggiorno, come invece richiesto dalla norma introdotta con l'art. 80, co. 19, l. 388/2000, a far data dall'1.1.2001.

Costituitosi l'Inps, rimasta invece contumace la regione Piemonte, con sentenza del 17.9.2004 il tribunale ha accolto integralmente la domanda, condannando l'Inps a pagare al ricorrente l'assegno mensile con decorrenza dall'1.1.2001. Contro tale decisione ha proposto appello l'Inps, chiedendo il rigetto dell'iniziale domanda. L'appellato ha chiesto il rigetto dell'appello.

La corte, all'udienza del 5.5.2005, in esito alla discussione, ha deciso la causa come da dispositivo trascritto in calce alla presente sentenza.

Motivi della decisione

Il primo giudice ha ritenuto di accogliere la domanda di ripristino dell'assegno formulata dal ricorrente: data per pacifica la sussistenza delle condizioni sanitarie, peraltro riconosciute già dalla Commissione di prima istanza, e di quelle reddituali, il tribunale ha dunque affermato che il diritto all'assegno, inizialmente sussistente, non è venuto meno con l'entrata in vigore dell'art. 80, co. 19 l. 388/2000.

Tale norma, modificando quanto sul punto previsto dall'art. 41 del d.lgs. 286/98 ha statuito che "l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno ... ", così restringendo a quest'ultima categoria di cittadini stranieri il diritto a provvidenze sin lì spettanti anche a chi era titolare di solo permesso di soggiorno (come nel caso del sig. [...], per l'appunto).

Secondo l'Inps, che si appella contro tale decisione, l'odierno appellato avrebbe perso il diritto alla provvidenza con l'entrata in vigore dell'art. 80, co. 19 quando la sua condizione di cittadino straniero privo di carta di soggiorno è divenuta ostativa alla percezione della stessa. L'Inps sostiene anzi che la disposizione in questione avrebbe natura interpretativa, e quindi capace di incidere retroattivamente per quel che concerne le condizioni per la concessione dell'assegno in questione.

Su quest'ultimo punto, la Corte non deve far altro che ribadire la propria consolidata posizione (citata anche dal primo giudice), espressa con la sentenza n. 1128/02 dell'8.11.2002 in causa Inps c. Dinu: deve escludersi che la norma di cui all'art. 80, co. 19 l. 388/00 possa avere carattere interpretativo.

Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 17.3.1995 n. 88) "al fine di riconoscere o negare il carattere interpretativo di una disposizione di legge occorre verificare, con giudizio riflesso retrospettivamente e tenendo conto del contesto normativo di riferimento, se la disposizione interpretata poteva, tra i vari significati plausibili secondo gli ordinari canoni di ermeneutica, esprimere anche il dato precettivo successivamente meglio esplicitato dalla disposizione di interpretazione".

Analogamente è stato affermato che "non riveste carattere interpretativo la legge che, anziché desumere, enucleare, od escludere un qualche significato già insito nella disposizione interpretata interviene con effetto innovativo per modificare la precedente disposizione" (Cons. Stato, sez. I, 16.4.1997 n. 565).

I tratti distintivi della norma interpretativa nella fattispecie oggetto di giudizio sono insussistenti. La concessione in favore degli stranieri dell'assegno sociale era già compiutamente regolata dall'art. 39 l. 40/98 e tale norma prevedeva il requisito alternativo della titolarità del permesso di soggiorno ovvero della carta di soggiorno. L'art. 80 l. 388/00 invece elimina l'alternatività e riconosce il diritto solo in favore dello straniero titolare della carta di soggiorno; la norma quindi modifica in senso restrittivo la normativa previgente ed innovativamente prevede che la titolarità del permesso di soggiorno non è più sufficiente ai fini della concessione dell'assegno sociale.

Deve quindi necessariamente affermarsi la natura innovativa della disciplina contenuta nell'art. 80, co. 19 l. 388/00 e conseguentemente - stante il principio generale di irretroattività della legge sancito dall'art. 11 delle preleggi ed in difetto di una espressa introduzione di un termine per l'applicabilità della norma - la nuova disciplina introdotta non può operare per il periodo antecedente alla sua entrata in vigore.

Per quel che concerne invece la possibilità della medesima disposizione di intervenire su casi in cui si erano già concretizzati i requisiti previsti dalle disposizioni previgenti, basta richiamare testualmente gli argomenti utilizzati da questa stessa Corte nel precedente sopra richiamato: «l'utilizzazione (nel testo dell'art. 80, co. 19 l. 388/00) del termine "concessione" unitamente alla mancata previsione della revoca degli assegni già concessi in base alla legislazione previgente porta chiaramente a ritenere che la predetta disposizione, conformemente peraltro al principio generale di irretroattività della legge, valga solo per il futuro e solo per le prestazioni che saranno concesse sulla base dei presupposti normativi in essa richiesti».

A tale principio non pare proprio ci si debba discostare nella presente occasione: la concessione di una prestazione assistenziale, di durata tendenzialmente indeterminata, è atto attributivo di un diritto pieno al singolo, che necessariamente deve essere adottato sulla base della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge in vigore al momento della sua adozione.

Tale diritto è acquisito alla sfera soggettiva del titolare: e non può certo venir meno in caso di mutamento della normativa che restringe l'ambito di concessione della prestazione medesima. Ciò significa che, ai fini della titolarità del diritto alla pensione, è sufficiente che i requisiti previsti dalla legge in vigore al momento della concessione della prestazione sussistano in quel momento, non potendo comunque il diritto acquisito essere travolto da una successiva disposizione di legge peggiorativa.

Per questo non pare condivisibile il parere espresso dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28.2.2001, a cui estesamente si è richiamato l'appellante nel proprio ricorso. Secondo il Consiglio di Stato, "dopo l'entrata in vigore della restrizione normativa, il pagamento di ulteriori ratei risulta effettuato in difetto di adeguato titolo giustificativo": ma si trascura così di considerare che, viceversa, a favore dell'assistito esiste un provvedimento concessorio, attributivo di un diritto, titolo che legittima e continua a legittimare l'erogazione della prestazione economica.

L'appello deve essere pertanto respinto.

Stante la piena soccombenza, a carico dell'Inps devono essere poste integralmente le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

visto l'art. 437 c.p.c., respinge l'appello; [...].