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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Corte d'Appello di Torino, decreto del 6 giugno 2005

 
rel. Troiano
 

Nel procedimento in camera di consiglio iscritto al 122/05 R.V.G., promosso da [...] contro il ministero degli affari esteri dello Stato [...] con il reclamo ex art. 30, comma 6. d lgs. 286/98. proposto ai sensi dell'art. 739 c.p.c. e depositato l'8.3.2005. avverso il decreto 28-29.1.2005 del tribunale di Torino, - sezione volontaria giurisdizione.

Premesso

che con provvedimento del 10.11.2004 (prot. n. 926/04) l'ambasciata italiana a Tunisi rigettava l'istanza di visto d'ingresso per il ricongiungimento familiare presentata dal coniuge della soprageneralizza reclamante, signor [...];

che il tribunale di Torino in composizione monocratica, al quale la signora [...] si rivolse per ottenere l'annullamento del diniego del visto, respingeva il ricorso avverso detto provvedimento di reiezione, confermando il motivo ostativo già addotto dall'Ambasciata, consistente nell'avere il di lei coniuge riportato sentenza penale di condanna per delitto in materia di stupefacenti, giusta il disposto dell'art. 4, comma 3 del predetto decreto legislativo;

visto il reclamo proposto dall'interessata a questa Corte, ai sensi dell'art. 739 c.p.c. in relazione all'art. 30 d.lgs. n. 286/98, e la memoria di replica depositata il 3.3.2005, nei quali si adduce che il rilascio del visto di ingresso per fini di ricongiungimento familiare presuppone una valutazione da parte dell'autorità concedente incentrata sulla prevalenza delle esigenze di tutela dell'unità familiare, richiedendosi, conseguentemente, anche in conformità alla direttiva UE del 22.9.2003 n. 86, una valutazione più rigorosa in ordine alla sussistenza di cause ostative attinenti l'ordine pubblico, queste ultime non ravvisabili nella mera commissione di delitti in materia di stupefacenti e comunque non sussistenti nel caso di specie; stante il riconoscimento dell'attenuante dei fatto di lieve entità di cui al comma 5 dell'art. 73 del T.U. n. 309/1990;

viste le contrarie argomentazioni del Ministero degli esteri, che ha chiesto in via preliminare dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo e, nel merito, il rigetto del reclamo e la conferma del decreto di primo grado;

ritenuto

sulla questione preliminare

- che dall'ampia formulazione letterale del comma 6 dell'art. 30 del d.lgs. n. 286/98 secondo il quale: "contro diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare [...] nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare l'interessato può presentare ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in quale risiede ... ", deve evincersi - come già ritenuto dal tribunale nel decreto qui reclamato - l'attribuzione della materia in questione alla giurisdizione del giudice ordinario;

- che tale interpretazione è conforme alla ritenuta legittimità costituzionale della devoluzione al giudice dei diritti della tutela contro i provvedimenti di diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare, sulla base del rilievo che a questa autorità giurisdizionale e non già al giudice amministrativo "il legislatore ha voluto affidare la tutela relativa al diritto all'unità familiare" (Corte cost., ord. n. 140 del 17.5.2001);

- che la sentenza delle S.U. della Cassazione (n. 1417/2004) invocata dal Ministero resistente si riferisce ad una fattispecie diversa da quella oggetto del presente procedimento. concernendo il rilascio dei visto di ingresso nei territorio dello Stato preordinato al successivo ottenimento del permesso di soggiorno e non già dunque a fronte di nulla osta al ricongiungimento familiare già emesso dalla competente autorità di pubblica sicurezza;

nel merito:

- che, come correttamente rilevato dal ministero resistente, l'art. 4, comma del d.lgs. n. 286/98, nel prevedere le cause ostative all'ingresso nel territorio dello Stato ha inteso porre la commissione di reati in materia di stupefacenti sullo stesso piano, tra l'altro, del caso in cui lo straniero rappresenti "una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato" come chiaramente desumibile dall'impiego della disgiuntiva "o";

- che in relazione a tale categoria di delitti, il bilanciamento tra le esigenze di tutela dell'unità familiare e quelle relative al mantenimento di condizioni di ordine e sicurezza pubblica nel territorio dello Stato è stato quindi effettuato in astratto dal legislatore e che, come evidenziato dal giudice di primo grado (a pag. 8 del decreto reclamato), detto bilanciamento concerne tutti i reati in materia di stupefacenti previsti dal Testo unico 309/90, con implicita attribuzione agli stessi, nella loro globalità, del carattere di fattore impeditivo al rilascio di provvedimenti di ingresso nel territorio dello Stato;

- che il riconoscimento dell'attenuante del fatto di lieve entità, afferendo alla qualificazione giuridica del caso concreto ed alla commisurazione della pena in relazione allo specifico disvalore del delitto accertato dal giudice penale, non appare in grado di escludere l'operatività della causa ostativa in questione al (diverso) fine di consentire l'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, non essendo stata detta attenuante considerata dal legislatore sufficiente, attesa anche la mancanza di contraria disposizione sul punto, ad elidere gli indiscutibili profili di pericolosità per l'ordine pubblico e la sicurezza interna dei soggetti riconosciuti colpevoli dei delitti in questione

- che secondo quanto sostenuto dalla Corte costituzionale nella menzionata ordinanza n. 140/2001, pure invocata dalla reclamante, "le esigenze di tutela del nucleo familiare, individuate dal legislatore, cedono di fronte a quelle di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato" e che "restano, in ogni caso; pienamente efficaci le altre previsioni legislative [...] che inibiscono l'ingresso di stranieri in via generale e sono applicabili per lo straniero, che invochi il ricongiungimento familiare";

- che in virtù dell'esegesi sistematica della normativa sull'immigrazione quale fornita dal Giudice delle leggi deve concludersi che le cause ostative contemplate nell'art. 4 del d.lgs. 286/98 sono pienamente applicabili anche in materia di ricongiungimento familiare, contrariamente alla tesi di parte reclamante, tendente ad accreditare una "operatività limitata" di tali cause alla materia in questione (pag. 7 della memoria di replica);

- che la previsione della direttiva UE n. 38/2003, secondo cui il motivo ostativo alla riunificazione del nucleo familiare può sostanziarsi unicamente nella commissione di un reato grave, va interpretata quale rinvio al legislatore nazionale per la determinazione di tali ipotesi, determinazione che nel caso di specie era già stata effettuata dall'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, ritenuto pienamente applicabile al caso di specie;

- che la circostanza consistente nell'avere il coniuge della reclamante scontato gran parte della pena inflittagli e presentato istanza al tribunale di sorveglianza per la concessione dei benefici previsti dall'ordinamento penitenziario deve conseguentemente considerarsi assorbita dalle considerazioni di cui sopra, al pari dei profili legati alla sofferenza dei figli per la mancanza del padre;

affermato pertanto che il reclamo de quo debba essere rigettato in quanto non fondato, con conseguente conferma del decreto del tribunale;

ritenuta la ricorrenza dei giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio, stante la qualità della ricorrente.

P.Q.M.

la Corte visti gli artt. 739 c.p.c., 30, comma 6, d.lgs. 25.7.1998, n. 286; disattesa ogni altra istanza ed eccezione, rigetta il reclamo proposto da [...], dichiara compensate le spese del giudizio.