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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Giudice di pace di Bologna, decreto del 20 settembre 2005

 
est. Piazza
 

Nel ricorso promosso da [...] contro  il prefetto della provincia di Bologna ex art. 13, co. 8 T.U. n. 286/1998. [...].

Premesso che

Il cittadino pakistano [...] sosteneva l'illegittimità del decreto di espulsione del prefetto emesso in data 21.8.2002 con la motivazione che non aveva richiesto il permesso di soggiorno nel termine di otto giorni, e l'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni per i motivi che seguono.

Il provvedimento espulsivo era stato emanato nei confronti di [...], e quindi con false generalità, rilasciate nell'occasione dall'odierno ricorrente. Per questo motivo era stato deferito all'a.g. per il reato di false attestazioni o dichiarazioni ad un pubblico ufficiale sull'identità o qualità personali proprie o di altri p.e.p. dall'art. 495 c.p.

Successivamente, in data 11.12.2003 otteneva permesso di soggiorno a seguito della procedura di emersione del lavoro irregolare con la stipulazione di contratto di lavoro con la ditta [...] in qualità di pizzaiolo.

Si vedeva poi rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno con provvedimento del questore di Bologna del 5.2.2005, con la motivazione che la sanatoria non poteva disporsi in quanto il provvedimento espulsivo associato a procedimento penale (per il reato di cui all'art. 495 c.p.) costituiva motivo ostativo al rilascio del permesso di soggiorno e che tale circostanza non era conosciuta al momento del rilascio del permesso di soggiorno per esclusiva responsabilità dello straniero.

Il ricorrente inoltrava istanza di riesame al decreto del questore di Bologna del 5.2.2005, sostenendo che la sentenza n. 78/05 della Corte costituzionale dichiarava l'incostituzionalità dell'art. 1 co. 8 lett. c) del d.l. n. 195/02 nella parte in cui prevedeva che la semplice denuncia all'a.g. per i reati di cui all'art. 380 e 381 c.p.p. poteva essere ostativa alla legalizzazione del lavoro irregolare. Tale principio doveva a maggior ragione valere anche per i casi previsti dall'art. 1 co. 8 lett. a), che prevede fattispecie di reato meno gravi come quello per cui il ricorrente era stato denunciato.

Ancora, il decreto di espulsione era stato  tradotto in lingua inglese, senza neanche l'indicazione della mancata possibilità di reperire una interprete per la lingua conosciuta dal ricorrente, egli pertanto avrebbe conosciuto solo successivamente al rigetto dell'istanza di rinnovo la esistenza dello stesso.

Chiedeva pertanto l'annullamento del decreto di espulsione previa remissione in termini e la disapplicazione del provvedimento del questore di diniego del rinnovo.

In diritto

Sul presupposto necessario che la qualificazione giuridica dei fatti che hanno dato luogo a tale procedimento, così come gli effetti giuridici che ne scaturiscono, spettano al giudice di merito, si riammette innanzitutto il ricorrente in termini per l'impugnazione del decreto di espulsione del 21.8.2002 in quanto:

per il combinato disposto dell'art. 1 co. 8 e l'art. 2 co. 2 del d.l. 9.9.2002, n. 195 si deve intendere che il rilascio del permesso di soggiorno, per accoglimento della domanda di sanatoria, comporta la revoca ex lege degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati nei confronti dello straniero che ha stipulato il contratto di soggiorno.

Ciò vuol dire che, la concessione della sanatoria da parte dell'amministrazione, con il conseguente rilascio di permesso di soggiorno a favore di un extracomunitario già destinatario di un provvedimento di espulsione irrevocabile ai sensi dell'art. 1 co. 8 lett. a), della normativa in esame, comporta la revoca ex nunc del provvedimento espulsivo, non potendo più l'amministrazione stessa, rivalutare gli interessi pubblici pregressi in sede di richiesta di rinnovo, ma solo quelli eventualmente successivi alla concessione del permesso di soggiorno e sussistenti al momento della domanda di rinnovo ai sensi dell'art. 5 del T.U.

Pertanto, nel caso in esame questo giudice ritiene che per effetto della revoca ex lege il decreto espulsivo del 21.8.2002 era posto nel nulla e cessava i suoi effetti con il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 1 co. 5 del d.l. n. 195/2002, ma tornava illegittimamente ad esplicarli quale presupposto del provvedimento di diniego del questore di Bologna del rinnovo del permesso di soggiorno.

Pertanto, si ritiene che il ricorrente possa essere rimesso in termini per l'impugnazione del provvedimento espulsivo alla data del 8.6.2005.

E' in tale data che la questura di Bologna rigettava la istanza di riesame del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno, conferendo nuovamente in via definitiva effetti giuridici al provvedimento espulsivo de quo.

Ed è anche nel merito che tale motivo si considera assorbente su quelli sollevati dalla difesa e rilevabile di ufficio in quanto attiene all'esistenza stessa del provvedimento espulsivo, nel caso venuto meno per effetto della revoca ex lege prevista dall'art. 2 co. 2 d.l. 195/02.

Oltretrutto, nel caso in esame non sussistevano motivi sopraggiunti al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, che potevano impedire il rinnovo dello stesso, poichè il ricorrente ha dimostrato di essere un lavoratore serio ed affidabile (vedi testimonianza del datore di lavoro), e la denuncia per false generalità è l'unica a suo carico, essendo peraltro il procedimento rimasto nella fase delle indagini preliminari, mancando quindi di pronuncia giudiziale.

Infine, sulla richiesta di disapplicazione del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno si precisa quanto segue:

Il potere di disapplicazione è attribuito al G.O. in quanto, non potendo egli invalidare un atto amministrativo non rimesso alla sua giurisdizione, è abilitato a disapplicarlo e quindi può decidere come se l'atto stesso non esistesse.

Tale pronuncia non ha naturalmente efficacia erga omnes, ma solo tra le parti in causa e inerisce alle ipotesi in cui il giudice conosce un atto amministrativo illegittimo in via incidentale, nei casi in cui la valutazione della legittimità dell'atto costituisce un antecedente logico della decisione finale, l'atto infatti non viene rimosso, ma semplicemente non considerato ai fini della pronuncia.

Così la Corte costituzionale nell'ord. n. 414/01 dichiara ammissibile da parte del g.o. il sindacato incidentale sull'atto di rifiuto di permesso di soggiorno o di rifiuto del rinnovo dello stesso, presupposto e precedente al provvedimento di espulsione rimesso alla sua piena giurisdizione.

Nel caso in esame invece il provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno non è presupposto dell'illegittimità del provvedimento espulsivo, essendo anzi ad esso conseguente e non rientra nell'oggetto del giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, dichiarando il provvedimento di espulsione del prefetto della provincia di Bologna del 21.8.2002, privo di effetti, tamquam non esset, per effetto della revoca ex lege ai sensi dell'art. 2 co. 2 d.l 195/02 dall'11.12.2003, data del rilascio del permesso di soggiorno. Nulla per le spese. [...].