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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Sorveglianza di Firenze, ordinanza del 15 dicembre 2005

 
est. Venturini
 

Il tribunale di sorveglianza [...] a scioglimento della riserva espressa all'udienza del 15.12.2005, visti ed esaminati gli atti relativi all'opposizione avverso il decreto di espulsione (art. 16 T.U. 286/1998) presentata da: [...] nata il [...] in Venezuela, detenuta [...], in relazione al decreto di espulsione del magistrato di sorveglianza di Firenze del 17.8.2005 n. 3123/05, riferito alla sentenza del 18.9.2001 del G.I.P. tribunale di Pisa, confermata con sentenza del 28.5.2002 della Corte d'appello di Firenze (413/02 R.E.S. Procura di Pisa)

osserva.

Con decreto del 17.8.2005 emesso d'ufficio, il magistrato di sorveglianza di Firenze applicava alla detenuta l'espulsione "a titolo di sanzione alternativa alla detenzione", ai sensi dell'art. 16 T.U. 286/98, rilevando che l'interessata risulta esattamente identificata, "attraverso i propri documenti", considerando che la stessa non risulta titolare di permesso di soggiorno, che la pena residua è inferiore ai due anni, che non è stata inflitta per reati "ostativi". Ha proposto tempestiva opposizione motivata l'interessata.

E' da rilevare innanzitutto che la questura di Firenze, richiesta sulla condizione necessaria dell'esatta identificazione della detenuta, continua ad attestare che la predetta non è esattamente identificata (come da nota del 9.11.2005 e del 19.7.2005, in atti). Tale circostanza potrebbe già essere assorbente per accogliere l'opposizione, tuttavia, visti i documenti dell'interessata al fascicolo, da cui risulta che la stessa è cittadina venezuelana, appare importante analizzare anche altri profili. Dalle relazioni di osservazione in atti emerge che l'interessata è avviata ad un percorso trattamentale avanzato, con fruizione di permessi premio dal maggio del 2003 e con previsione di ammissione al lavoro all'esterno in regime di art. 21 con programma di trattamento già redatto nell'estate del 2004 e concretizzato dal marzo del 2005, pur con alcune interruzioni, dovute a carenze di lavoro. L'interessata non ha richiesto l'applicazione dell'espulsione, come sanzione alternativa alla detenzione, anzi, chiede di poter espiare la pena in Italia, lavorando, così da mantenere la figlia, che studia in Colombia in condizioni di disagio economico.

In tale contesto, l'espulsione come "sanzione alternativa", non richiesta dalla interessata, presenta connotazioni sostanzialmente ablative, realizzando gli effetti di una revoca non dipendente da comportamenti colpevoli della condannata, troncando il percorso rieducativo proficuamente avviato da tempo e le aspettative della condannata a proseguire e compiere il percorso di risocializzazione già in corso. Del resto, la ripetuta ammissione alla fruizione di permessi premio e l'ammissione al lavoro all'esterno in regime di art. 21 o.p. hanno anche consentito una verifica dell'attuale pericolosità sociale della condannata, almeno alquanto diminuita.

La giurisprudenza della Corte costituzionale ha ribadito in molteplici occasioni tali principi (con le sentenze 306/93, 445/97 e 137/99), fornendo un quadro chiaro e generale, cui può e deve attenersi il giudice per interpretare le norme in senso costituzionalmente orientato. La Corte ha infatti più volte affermato la sussistenza del "principio di progressività trattamentale", censurando innovazioni legislative che assumessero una incidenza "sostanzialmente ablativa" di progressioni avviate. Pertanto, una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme a principi reiteratamente espressi dalla Corte costituzionale, conduce nel caso di specie a rinvenire nell'espulsione "alternativa" alla detenzione la medesima connotazione ablativa, riproduttiva dei caratteri di "revoca" non fondata su condotte colpevoli, già ripetutamente censurata dal Giudice delle Leggi. La detenuta ha avviato un percorso trattamentale avanzato, ha aderito alle previsioni del programma redatto dagli operatori ed approvato dal magistrato di sorveglianza, fruisce di permessi premio e lavora all'esterno. In tale situazione, l'espulsione, applicata d'ufficio, produce sostanzialmente effetto di revoca non fondata su condotta colpevole, poiché determina di fatto l'interruzione del programma di trattamento con ammissione al lavoro all'esterno e fruizione di permessi premio e realizza un meccanismo a connotazione ablativa, non conforme ai principi costituzionali, come già recepiti dalla Corte. Tale regresso non appare quindi conforme ad una corretta interpretazione delle norme tra loro combinate ed ai superiori principi costituzionali, poiché produce un effetto di revoca non legata a comportamenti colpevoli e determina un effetto sostanzialmente ablativo non giustificabile. Applicando i principi costituzionali già espressi e riconosciuti ampiamente dalla Corte costituzionale si può quindi accedere ad una interpretazione costituzionalmente conforme, che adegua tra loro le norme nel rispetto della Carta costituzionale (art. 27 e art. 3). Il decreto di espulsione deve quindi essere revocato, in accoglimento dell'opposizione presentata dall'interessata.

P.Q.M.

visti gli artt. 16 T.U. 286/98, 70 o.p., 678 e 666 c.p.p. su parere conforme del P.G., accoglie l'opposizione al decreto di espulsione, proposta da [...] e, per l'effetto, revoca il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal magistrato di sorveglianza di Firenze in data 17.8.2005 n. 3123/05.