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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Giudice di pace di Milano, decreto del 16 maggio 2006

 
est. Spanò
 

[...]. A scioglimento della riserva che precede, [...]; rilevato che il ricorrente ha impugnato il decreto di espulsione emesso in data 16.3.2006 dal prefetto di Milano poiché la ricorrente era titolare di un permesso di soggiorno scaduto: [...].

Osserva

I motivi addotti a sostegno del ricorso possono essere esaminati tutti congiuntamente per connessione logico-giuridica deducendo gli stessi il medesimo vizio.

Alla luce della documentazione tutta prodotta le violazioni dedotte vanno ritenute congrue e fondate.

La prima questione che deve essere affrontata in via preliminare è quella relativa alla esistenza ed alla validità dell'atto impugnato.

La motivazione del provvedimento non è del tutto chiara e pienamente condivisibili risultano le contestazioni mosse dalla ricorrente al predetto atto amministrativo.

Il prefetto non ha adempiuto all'obbligo della motivazione, dando atto delle ragioni che hanno portato all'emissione dell'impugnato decreto e delle motivazioni che hanno consentito la revoca del permesso di soggiorno, atteso che l'interessata godeva del permesso di soggiorno per motivi familiari per il matrimonio contratto con cittadino italiano e per la quale cosa, non essendovi neppure stata impugnativa, era garantita dalla inespellibilità portata dall'art. 19 del T.U.. La doglianza, quindi, sulla carenza delle ragioni di diritto che hanno portato all'espulsione trova fondamento.

Giova ricordare che il provvedimento amministrativo è adeguatamente motivato ogniqualvolta dia conto degli elementi di fatto e diritto che hanno condotto alla sua emissione, cosi consentendo all'interessato di esprimere le sue contestazioni e di difendersi nel merito e, se è contestata la prova della sussistenza delle circostanze dedotte dalla P.A. nella motivazione, ben può essere integrata in sede giudiziale, anche con ricorso allegazioni e produzioni documentali come nel caso di specie.

In prima facie deve rilevarsi che i motivi che determinano la revoca di un permesso di soggiorno soggiacciono alle ipotesi tassative previste dall'art. 13 del d.lgs. 286/98, da ritenersi vincolanti ai fini della emissione dell'atto amministrativo di che trattasi. Non sono affatto ammissibili ipotesi diverse da quelle ritenute dal decreto in esame, le quali, oltre ad essere vincolanti per la P.A. delle ragioni legittimanti la espulsione, non sono suscettibili di applicazione analogica.

Gli stessi criteri vincolanti per la P.A. sono portati dall'art. 19 del citato T.U. che presuppone la inespellibilità del cittadino straniero coniugato con cittadino italiano.

Il motivo dedotto a sostegno in tal senso è fondato e degno di rilievo suffragato dalla documentazione in atti. La ricorrente ha contratto matrimonio in data 18.10.2003 con cittadino italiano e tanto risulta dall'estratto di matrimonio, non impugnato nei termini di rito dall'autorità competente ai fini della validità. Successivamente a tale evento, e risulta in atti, la ricorrente ha fatto richiesta di permesso di soggiorno e successivamente ancora, atteso che la ricorrente per sua ammissione era di fatto separata, in data 10.3.2006 è intervenuto il decreto di espulsione di cui si discute.

Preliminarmente deve rilevarsi, come accennato, che il caso in questione attiene all'applicabilità dell'art. 19 comma 2 lett. c) del T.U. che prevede la inespellibilità dello straniero convivente con coniuge italiano a nulla rilevando per la fattispecie neppure la esistenza di una precedente espulsione non ottemperata la quale resterebbe non eseguibile proprio per il matrimonio contratto con cittadino italiano.

I requisiti legali perché sorga il diritto della straniera a rimanere in Italia nascono dall'atto formale del matrimonio contratto e dalla convivenza (requisito sostanziale) e di essi si deve tener conto per accertare la posizione soggettiva della ricorrente.

Tecnicamente il matrimonio come atto, costituisce lo stato coniugale ed ha causa nella comunione di vita tra i coniugi facendo sorgere l'obbligo della coabitazione che non significa necessariamente convivenza, che, per ragioni diverse può necessariamente non coesistere per esigenze lavorative che logisticamente possono collocare i coniugi in distinte località o favorire spostamenti, e non determinano di per sé la mancata convivenza dei coniugi né tale mancata convivenza ha natura incompatibile con un matrimonio. Pur dando per scontato che la ricorrente fosse separata di fatto ed avesse attività poco consone al buon gusto, attività che peraltro se non riconosciuta come reato non può essere legittimante di una espulsione, senza l'intervento di alcun atto formale di separazione e senza alcuna impugnativa del vincolo matrimoniale, ai sensi del richiamato art. 19 comma 2 lett. c) del T.U., stante il divieto posto dalla legge, il provvedimento di espulsione emesso in assenza di ogni diversa circostanza sulla natura del matrimonio contratto, è illegittimo e come tale va annullato con conseguente accoglimento del ricorso.

Vi è di più! Successivamente la questura di Pavia, in attesa di ulteriori accertamenti sul fatto che i coniugi, ormai ricongiunti, avessero trovato abitazione coniugale in Pavia e trasferito sul territorio la loro residenza anagrafica e lavorativa, ha provveduto a rilasciare permesso di soggiorno temporaneo alla ricorrente, la quale ha provveduto a comunicare la modifica allo status decretato dalla questura di Milano con il diniego al rinnovo del permesso in precedenza rilasciatole. La questura di Milano, motu proprio e nonostante il permesso di soggiorno emesso in data 11.4.2006, ha provveduto all'imbarco della ricorrente in data 14.4.2006 in espressa violazione di legge ed eccesso di potere, vizi che determinano la illegittimità dell'atto impugnato.

P.Q.M.

accoglie il ricorso presentato in data 16.3.2006 da [...] avverso il decreto di espulsione emesso dal prefetto di Milano in data 10.3.2006 [...].