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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Giudice di pace di Pordenone, decreto del 6 aprile 2006

 
est. Benincampi
 

Procedimento n. 61/2005 R.G. Aff. Civ. - Proc. sommari, promosso da [...] contro il questore di Pordenone - Ministero dell'interno. In punto: annullamento e/o revoca dell'ordine del questore di Pordenone ex art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98 d.d. 14.10.2005. [...].

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 9.12.2005 il cittadino tunisino [...], per mezzo del proprio difensore fiduciario, oppugnava l'ordine del questore di Pordenone di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, ex art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 25.7.1998, n. 286, emesso il 14.10.2005 e notificatogli quello stesso dì.

Il provvedimento questorile era così motivato: il 10.4.2001, con decreto notificato in pari data, il prefetto di Pesaro e Urbino aveva disposto l'espulsione, con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni dalla notifica, del cittadino straniero [...], ai sensi dell'art. 11, commi 2 lett. b), 6, 8, 10, 13 e 14 l. 40/98; il [...] si identificava per il cittadino tunisino [...], titolare di passaporto rilasciato dalle autorità tunisine di Napoli il 4.7.2003; lo straniero si era trattenuto in violazione del termine fissato dal decreto del prefetto di Pesaro-Urbino; non era possibile eseguire con immediatezza l'espulsione per indisponibilità di idoneo vettore od altro mezzo di trasporto; non era possibile trattenere lo straniero presso un Centro di permanenza temporanea per indisponibilità di posti.

Il ricorrente esponeva in fatto: di essere entrato per la prima volta in Italia nel 1991, ottenendo nel 1996 dal questore di Catania un primo permesso di soggiorno per lavoro subordinato; che, nonostante il passaporto riportasse anche il patronimico "[...]", il permesso indicava semplicemente "[...]"; che nel 1998 il permesso non venne rinnovato, essendosi nel frattempo interrotto il rapporto di lavoro; che si trattenne egualmente in Italia, lavorando in nero; che non ha pendenze o pregiudizi penali; che il 10.4.2001 venne condotto in questura, identificato con il permesso di soggiorno scaduto ed espulso per irregolarità nel soggiorno dal prefetto di Pesaro ed Urbino; che, tornato a Napoli, ove soggiornavano regolarmente la sorella ed altri familiari, presentava domanda di emersione dal lavoro irregolare ai sensi della l. 222/02, ottenendo dalla questura di Napoli permesso di soggiorno per motivi di lavoro in data 27.5.2003; che, come previsto dalla l. 222/02, il decreto d'espulsione del prefetto di Pesaro e Urbino veniva automaticamente a decadere; che 1'1.1.2004 aveva iniziato a lavorare, per il tramite dell'[...] S.p.a., quale operaio per l'[...] S.p.a., da cui era stato regolarmente assunto nel maggio 2004; che, alla luce della relativa documentazione, aveva rinnovato presso la questura di Pordenone il permesso di soggiorno rilasciatogli dalla questura di Napoli; che la questura di Pordenone gli aveva rilasciato quindi permesso di soggiorno con scadenza giugno 2005; che, interrottosi nel settembre 2004 il rapporto lavorativo con l'[...] S.p.a., si era trasferito a Prato, dove era stato impiegato irregolarmente e poi assunto; che, rientrato a Pordenone, aveva ricontattato l'[...] per essere ricollocato; che nelle more, in termine per il rinnovo del permesso di soggiorno, si era recato in visita alla sorella ad Afragola, ma lì era stato coinvolto, in data 3.6.2005, in un gravissimo incidente stradale, riportando lesioni multiple e frattura scomposta all'arto inferiore sinistro; che era stato dimesso dall'ospedale solo il 24.6.2005; che, a seguito delle fratture, era rimasto allettato per oltre due mesi e tuttora necessita di stampelle per deambulare; che nel settembre 2005, appena le condizioni fisiche glielo avevano consentito, si era recato presso la questura di Pordenone per rinnovare il permesso di soggiorno, portando la documentazione attestante il legittimo impedimento a rinnovarlo nei termini; che era stato invitato a ripresentarsi il 3.10.2005; che nel frangente era stato invitato a ripresentarsi con una dichiarazione d'ospitalità, poiché, non essendo stato rinnovato nei termini il permesso, la sua situazione anagrafica risultava sospesa; che il 10.10.2005 era stato rinviato al 14.10.2005 per il deposito della documentazione ed in quella data gli erano stati ritirati sia l'originale del permesso di soggiorno rilasciatogli dalla questura di Pordenone sia le due copie dello stesso; che non gli era stata rilasciata ricevuta della richiesta di rinnovo, ma gli era stato notificato l'ordine di lasciare il territorio dello Stato, sulla scorta del decreto espulsivo revocato ex lege, stante la regolarizzazione ottenuta ex l. 222/02.

Ciò premesso, il ricorrente censurava l'ordine questorile di illegittimità, sotto i profili della violazione dell'art. 1, comma 8, l. 222/02, della violazione del giusto procedimento e dell'eccesso di potere. Affermava, preliminarmente, la competenza per materia del giudice adito, sostenendo che, essendo l'ordine del questore ex art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98 strumento di esecuzione dell'espulsione, la tutela giurisdizionale avverso tale ordine deve seguire la disciplina dell'impugnazione del decreto prefettizio, atteso lo stretto collegamento funzionale tra i due provvedimenti. Asseriva, altresì, la competenza territoriale funzionale ed inderogabile del giudice di pace di Pordenone, quale giudice del luogo in cui ha sede l'autorità emittente dell'atto impugnato.

Nel merito evidenziava: anzitutto che, al momento della notifica del decreto d'espulsione, non aveva fornito le false generalità di [...], poiché questi ed il [...] sono la medesima persona, significando "[...]" figlio di ed essendo "[...]" il nome del padre, usualmente indicato sui documenti d'identificazione dei cittadini magrebini, quali i passaporti rilasciatigli dallo Stato tunisino; in secondo luogo che il provvedimento impugnato non faceva riferimento alla richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, né al conseguimento di esso dalla questura di Napoli; che la questura di Pordenone avrebbe dovuto notificargli, laddove avesse ritenuto di non concedere il rinnovo del permesso di soggiorno, un motivato diniego di rinnovo, non già l'ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato in virtù di un decreto d'espulsione caducato alla luce del permesso in sanatoria da parte della questura di Napoli; che egli ha titolo per il rinnovo, sia per attesa occupazione, avendo regolarmente lavorato per quasi tutto il periodo di titolarità del permesso, sia per motivi di salute, l'attuale mancanza di lavoro essendo determinata da cause indipendenti dalla sua volontà, come i postumi invalidanti conseguenti all'incidente stradale addebitabile alla autovettura investitrice; che è ospite della sorella, ad Afragola; che ne conseguiva l'eccesso di potere, essendo l'ordine ultroneo alla procedura in corso ed immotivato.

Il ricorrente concludeva per la declaratoria di nullità e/o la revoca dell'ordine di allontanamento dal territorio dello Stato emesso e notificato dalla questura di Pordenone il 14.10.2005.

Il giudice di pace adito con decreto del 9.12.2005 fissava per la comparizione delle parti avanti a sé l'udienza del 10.1.2006 ed ordinava alla questura di Pordenone di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell'udienza medesima, copia della documentazione afferente ai provvedimenti impugnati. Autorizzava altresì la notificazione a mezzo telefax del ricorso e del decreto, incombente cui la cancelleria adempiva in data 10.12.2005. La questura di Pordenone trasmetteva il 16.12.2005 in cancelleria, a mezzo fax, la documentazione afferente il sig. [...].

All'udienza del 10.1.2006 comparivano il difensore del ricorrente e l'ispettore [...] della questura di Pordenone, che dimetteva delega della prefettura di Pordenone a rappresentare la suddetta amministrazione, nonché lettera d.d. 14.12.2005 dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, la quale, in relazione al procedimento di cui trattasi, trasmetteva il decreto del giudice di pace "per l'assunzione diretta della difesa". Ambo i comparenti deducevano a verbale, il legale dimetteva pure copia della carta d'identità e della patente di guida del sig. [...], nonché istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il difensore concludeva per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del provvedimento opposto, chiedendo altresì termine per note integrative. Il funzionario della questura concludeva invece per il rigetto del ricorso. Il giudice di pace assegnava alle parti termine fino al 30.1.2006 per il deposito di note difensive e si riservava la decisione in camera di consiglio. Il 30.1.2006 il legale del ricorrente provvedeva effettivamente a trasmettere alla cancelleria memoria autorizzata.

Motivi della decisione

Va previamente chiarito che il ricorso del sig. [...] è stato rivolto unicamente contro l'ordine, a quegli impartito dal questore di Pordenone ex art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98, di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni dalla notifica, emesso in data 14.10.2005 e notificatogli quello stesso giorno. Ciò consta dall'atto introduttivo, in cui si sindaca esclusivamente il provvedimento de quo, dall'espressa dichiarazione in tal senso verbalizzata dal legale dell'opponente all'udienza del 10.1.2006 (vedansi le pagine 1-2 del relativo processo verbale), nonché, da ultimo, dalle note autorizzate redatte dall'avv. [...] e pervenute a questo Ufficio il 30.1.2006, nelle quali si ribadisce esplicitamente che l'ordine del questore costituisce "oggetto del presente giudizio" e che "l'azione è stata promossa esclusivamente nei confronti del questore". Accertato un tanto, risulta irrilevante che il ricorso in epigrafe domandi l'annullamento e/o la revoca, oltreché del prefato provvedimento questorile, "d'ogni altro atto pregresso, connesso e/o consequenziale, in particolare del decreto di espulsione emesso dal prefetto della provincia di Pesaro ed Urbino in data 10.4.2001 e in pari data notificato" (pagina 1, sub b), trattandosi di formula di stile cui non si attaglia, in realtà, come testé rimarcato, né il contenuto dell'opposizione né la condotta processuale del ricorrente.

Muovendo da questa premessa va quindi esaminata l'eccezione, sollevata da parte ricorrente a verbale d'udienza del 10.1.2006 e confermata nelle note integrative, volta a contestare la costituzione in giudizio del prefetto di Pordenone. Essa integra, in sostanza, un'obiezione di carenza di legittimazione passiva, basata sulla mancanza, in capo al prefetto di Pordenone, di titolo a contraddire un'opposizione concernente atto da quegli non promanante.

L'eccezione è fondata. Il sig. [...], come dianzi sottolineato, ha espressamente limitato la propria opposizione all'ordine del questore di Pordenone del 14.10.2005, di talché nessun atto del prefetto di Pordenone è stato impugnato, tanto più che l'espulsione posta alla base del provvedimento questorile è stata decretata dal prefetto di Pesaro-Urbino. Né il prefetto di Pordenone può essere ritenuto titolare del diritto di difendere la legittimità del provvedimento del questore della sua stessa provincia, ossia di un'altra amministrazione, dotata di propria distinta personalità giuridica. Il prefetto di Pordenone non è quindi investito della legittimazione a contraddire all'opposizione de qua. Tale legittimazione spetta, invece, all'avvocatura distrettuale dello Stato, quale rappresentante ex lege del Ministro dell'interno, vertice dell'amministrazione di cui il questore, autore del provvedimento oppugnato in sé e non in luogo del prefetto, è organo locale, ma privo, nella specifica materia, di autonoma capacità processuale analoga a quella riconosciuta al prefetto dall'art. 13 bis, comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998 (argomenta in tal senso da Cass. civ., sez. I. 27.1.2005, n. 1690). L'avvocatura, tuttavia, ha erroneamente reputato, nella lettera d.d. 14.12.2005, depositata dall'ispettore [...] all'udienza del 10.1.2006, che anche la prefettura di Pordenone rivestisse la qualità di parte processuale e che potesse quindi difendersi direttamente da sé, come appunto consentitole dall'art. 13 bis, comma 2, d.lgs. 286/98. Il prefetto di Pordenone, per l'effetto, non aveva il potere di delegare alcuno a rappresentarlo nel presente processo, cosicché va considerata nulla la delega conferita all'ispettore capo [...], pure prodotta all'udienza del 10.1.2006. Al limite, l'avvocatura avrebbe potuto incaricare il predetto funzionario di stare in giudizio per la questura, cui peraltro egli appartiene, ma così non è avvenuto. L'ispettore capo [...], conseguentemente, pur senza sua alcuna responsabilità, non ha rappresentato legittimamente nessuna delle autorità convenute dal ricorrente. Le medesime debbono perciò essere dichiarate contumaci, essendo stato loro ritualmente notificato dalla cancelleria il ricorso ed il decreto di comparizione del 9.12.2005, mentre le deduzioni d'udienza dell'anzidetto funzionario, provenendo da soggetto non legittimato a comparire, non possono costituire oggetto di valutazione da parte di questo giudice di pace.

La produzione documentale effettuata dalla questura il 16.12.2005 è al contrario ammissibile, perché proveniente da parte legittima di questa causa e disposta dallo stesso giudice con il decreto del 9.12.2005.

Ciò posto, in relazione all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, emesso ai sensi dell'art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98, questo giudice di pace rileva preliminarmente e d'ufficio, ex art. 37 c.p.c., che lo stesso non appare soggetto a gravame avanti all'a.g.o., bensì alle ordinarie impugnative previste per gli atti amministrativi, in via sia gerarchica sia giurisdizionale. Il legislatore, invero, non ha dettato alcuna norma che preveda il ricorso al giudice ordinario avverso il provvedimento de quo, contrariamente a quanto disposto in merito al decreto di espulsione del prefetto dall'art. 13, comma 8, d.lgs. 286/98. Né il D.L. 241/04 né la relativa legge di conversione (l. 12.11.2004 n. 271) hanno peraltro minimamente modificato il testo del comma 5 bis dell'art. 14 d.lgs. 286/98, il quale mantiene dunque la formulazione originaria, stabilita dall'art. 13, comma 1, lettera b), l. 30.7.2002 n. 189.

Nel sistema delineato dall'attuale configurazione del Testo unico in materia d'immigrazione, in effetti, l'ordine del questore ex art. 14, comma 5 bis d.lgs. 286/98, si configura quale atto inidoneo a tangere i diritti di libertà fondamentali dello straniero, in quanto avente funzione meramente esecutiva del decreto di espulsione, il quale invece quei diritti colpisce direttamente (cfr. Cass. pen., sez. I, 4.11.2004, n. 49912; Cass. pen., sez. I, 4.11.2003, n. 46352).

Reputa poi la Suprema Corte che l'intimazione di allontanamento entro cinque giorni, adottata dal questore nei confronti dello straniero ai sensi dell'art. 14, comma 5 bis, d.lgs. n. 286 del 1998, non possa venire assoggettata al sindacato del giudice dell'opposizione all'espulsione, per i seguenti ordini di motivi: a) non esiste alcun nesso di strumentalità necessaria rispetto alla stessa espulsione e non è ammissibile un'indeterminata espansione dei mezzi di tutela tassativamente indicati dalla legge (art. 13 e 13 bis d.lgs. 286/98); b) l'ordine de quo non comporta l'adozione degli strumenti giurisdizionali di controllo espressamente previsti per le convalide delle misure restrittive (artt. 13, comma 5 bis, e 14, comma 1, 2, 3 e 4, d.lgs. 286/98), giacché non incide sulla libertà personale dell'espulso; c) il controllo della sussistenza dei presupposti per adottare l'atto in parola è demandato, comunque, al giudice penale, allorché conosca dell'imputazione ascritta all'espulso che si sia trattenuto, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine dato dal questore (art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286/98), ben potendo quindi quel giudice disapplicare l'atto presupposto illegittimamente assunto (Cass. civ., sez. I, 9.12.2004, n. 23009).

Lo stesso tribunale di Pordenone, pronunziatosi sulla medesima questione che qui occupa, ha rilevato il difetto di giurisdizione sul punto (cfr. decreto 8.6.2004 dott.ssa Zoso).

Né deve ritenersi che le fattispecie come quella dedotta nel presente giudizio restino insuscettibili di ricevere, seppur per via diversa rispetto a quella percorsa nel caso che qui occupa, compiuta tutela giurisdizionale avanti al giudice ordinario, competente per l'opposizione al decreto di espulsione. A questi spetta pacificamente, pervero, il controllo sui provvedimenti emanati dal prefetto sulle istanze di revoca dei decreti d'espulsione, nella sede e nei modi contemplati per l'impugnazione dei medesimi (Cass., sez. un., 12.1.2005, n. 384: Cass., sez. un., 25.1.2002, n. 879). Altrimenti detto, l'interessato può sempre domandare al prefetto la revoca del decreto d'espulsione e, in caso di reiezione della relativa istanza, sindacare tale diniego avanti all'a.g.o. che sarebbe competente sull'opposizione diretta all'espulsione de qua, con le forme di cui agli artt. 13, comma 8, e 13 bis d.lgs. 286/98. L'accoglimento del ricorso contro il diniego provoca, difatti, il recedere della pretesa espulsiva dello Stato e, quindi, fa venire meno il presupposto stesso dell'ordine del questore, che di quella integra mera attuazione. Il che vieppiù assevera la legittimità della mancata previsione dell'opponibilità avanti all'a.g.o., ex art. 13, comma 8, d.lgs. 286/98, dell'intimazione di allontanamento di cui all'art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98.

Per tutte le ragioni sopra precisate, questo giudice rileva il difetto di giurisdizione sulla domanda dispiegata; a siffatta linea esegetica si è peraltro da tempo uniformata la giurisprudenza di questo stesso Ufficio, che ha prodotto diverse decisioni in tal senso.

L'esame del merito del ricorso resta così precluso a questo giudicante.

La particolare tipologia e connotazione della questione trattata, avente ad oggetto la giurisdizione sull'ordine del questore di cui all'art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98, richiedente la disamina di problematiche giuridiche di non agevole risoluzione, costituisce motivo atto a giustificare la integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

Il ricorrente ha chiesto all'udienza del 10.1.2006, dimettendo apposita istanza, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Tale domanda risulta inammissibile, per mancato rispetto delle forme imposte dagli artt. 122 e 124 d.p.r. 30.5.2002, n. 115.

In merito, va specificato che, se è vero che il combinato disposto degli artt. 13, comma 8, d.lgs. 286/98 e 142 d.p.r. 115/02 prescrive l'automatica ammissione dello straniero opponente al patrocinio a spese dello Stato, così prescindendo da qualsivoglia previa delibazione sulle condizioni patrimoniali dell'istante, è altrettanto indubbio che tale peculiare trattamento, più favorevole rispetto a quello comune, sia riservato all'opposizione all'espulsione. Ora, questo giudice, proprio perché ha diniegato la giurisdizione in materia di opposizione ad un atto diverso dal decreto d'espulsione e dal rigetto dell'istanza di revoca di esso, deve conseguentemente rilevare che la procedura per l'ammissione al gratuito patrocinio avrebbe dovuto essere quella ordinaria per le cause civili, regolata dalle disposizioni generali di cui al Titolo I della Parte III del d.p.r. 115/02 (artt. 76-89), nonché dalle disposizioni particolari di cui al Titolo IV della Parte III del d.p.r. 115/02 (artt. 119-136). La richiesta, quindi, avrebbe dovuto essere presentata al Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pordenone, ex art. 124 d.p.r. 115/02, ma, soprattutto, avrebbe dovuto contenere le enunciazioni in fatto ed in diritto da apprezzare ai fini della valutazione di non manifesta infondatezza della pretesa azionata, richieste, a pena d'inammissibilità, dall'art. 122 d.p.r. 115/02.

Difettando tali requisiti essenziali, l'istanza va dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

il giudice di pace di Pordenone, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione od istanza, così statuisce: dichiara la contumacia del questore di Pordenone e del Ministro dell'interno; visto l'art. 37 c.p.c., dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in merito all'impugnazione proposta contro l'ordine ex art. 14, comma 5 bis, d.lgs. 286/98, adottato in data 14.10.2005 dal questore di Pordenone nei riguardi del sig. [...]. Compensa per intero le spese di lite. Visto l'art. 122 d.p.r. 115/02, dichiara inammissibile l'istanza del sig. [...] di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. [...].