ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale di Cagliari, decreto del 18 maggio 2005

 
est. Pisotti
 

In fatto e in diritto

Con ricorso depositato il 20.4.2005, la sig.ra [...], cittadina cubana alla quale è stata conferita la cittadinanza italiana, ha chiesto di poter "mantenere entrambi i miei cognomi di nascita", allegando la comunicazione dell'Ufficio dello stato civile del Comune di [...] relativa all'avvenuta correzione d'ufficio, in sede di trascrizione, dell'atto di nascita della ricorrente, con attribuzione "del solo cognome paterno [...]".

Poiché la ricorrente si doleva, in modo inequivoco (e nel termine di legge), di tale correzione, e il ricorso doveva pertanto qualificarsi come proposto ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 98 d.p.r. 3.11.2000, n. 396, il giudice relatore ha disposto la comparizione davanti a sé della [...] e dell'Ufficiale dello stato civile di [...].

Quest'ultimo ha dichiarato di avere inteso applicare, in sede di trascrizione dell'atto di nascita, la legge italiana, ed in particolare il disposto del comma 1 dell'art. 262 c.c. Ha soggiunto che tale è la linea interpretativa indicata dal Ministero dell'interno, e da questo applicata nei più recenti decreti di concessione della cittadinanza.

La [...] ha precisato che la cittadinanza italiana le era stata conferita con d.p.r. 4.2.1998, e di avere conservato la cittadinanza cubana; ed ha insistito nella sua opposizione alla correzione effettuata dall'Ufficiale dello stato civile di [...].

Il pubblico ministero ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Ciò posto, il tribunale osserva quanto segue.

La correzione in esame è stata effettuata dall'Ufficiale dello stato civile sulla base delle seguenti considerazioni, esplicitate solo parzialmente, ma emergenti in modo evidente dagli atti:

1) per effetto del d.p.r. 4.2.1998 la ricorrente è divenuta cittadina italiana;

2) in conseguenza di questa nuova situazione giuridica ella è soggetta, per quanto riguarda l'attribuzione del nome, alla legge italiana (nella circolare del Ministero dell'interno n. 114 Kb del 24.11.1999 - di cui questo tribunale ha preso visione d'ufficio - sono richiamati, al riguardo, l'art. 24 della legge 31.5.1995, n. 218, e l'art. 1 della Convenzione di Monaco 5.9.1998);

3) dall'atto di nascita formato in Cuba non emerge se i genitori della ricorrente fossero uniti in matrimonio;

4) la nascita risulta essere stata oggetto di dichiarazione congiunta di costoro e pertanto, per il disposto dell'art. 262, comma 1, del codice civile italiano, deve esserle imposto, quale figlia naturale riconosciuta contemporaneamente dai due genitori, il solo cognome del padre;

5) nell'atto di nascita sono stati invece attribuiti i cognomi di entrambi i genitori;

6) si è dunque reso necessario - secondo l'Ufficiale dello stato civile di [...] - applicare la norma dell'art 98, comma 2, del d.p.r. n. 396/2000, il quale stabilisce che l'Ufficiale dello stato civile deve procedere a correzione "nel caso in cui riceva, per la registrazione, un atto di nascita relativo a cittadino italiano nato all'estero da genitori legittimamente uniti in matrimonio ovvero relativo a cittadino italiano riconosciuto come figlio naturale ai sensi dell'articolo 262, primo comma, del codice civile, al quale sia stato imposto un cognome diverso da quello ad esso spettante per la legge italiana. Quest'ultimo cognome deve essere indicato nell'annotazione".

E' appena il caso di accennare che a non diversa soluzione si sarebbe pervenuti, secondo l'impostazione sopra esposta, se fosse risultato che i genitori della ricorrente erano uniti in matrimonio: come ha rilevato recentemente la Corte di cassazione (v. ordinanza 17.7.2004, n. 13298), "pur non esistendo nel nostro ordinamento una specifica disposizione diretta ad attribuire ai figli legittimi il cognome paterno" deve ritenersi che "una norma nel senso indicato sia chiaramente desumibile dal sistema, in quanto presupposta da una serie di disposizioni regolatrici di fattispecie diverse" (quelle di cui agli artt. 143 bis, 236, 237, comma 2, 262, 299 comma 3 c.c., 33 e 34 del d.p.r. 3.11.2000, n. 396, della cui legittimità - sia detto per incidens - la Cassazione ha investito la Corte costituzionale in relazione al divieto, che se ne trae, di attribuzione del cognome della madre).

Ritiene il Collegio che la scelta interpretativa dell'Ufficiale dello stato civile di [...], sopra richiamata (aderente alle indicazioni del Ministero dell'interno, peraltro di valore non precettivo nell'ordinamento generale, secondo le regole sulla gerarchia delle fonti), non sia condivisibile.

Deve, invero, considerarsi che l'attribuzione della cittadinanza non comporta la nascita di un nuovo soggetto, al quale debbano applicarsi le norme italiane sull'imposizione del nome. Già per questa via, la richiamata norma dell'art. 98, comma 2, del nuovo regolamento dello stato civile appare dunque, ictu oculi, non applicabile al caso di specie.

In particolare, deve rilevarsi che tale norma espressamente e palesemente si riferisce all'ipotesi del soggetto nato all'estero il quale, essendo cittadino italiano già al momento della nascita, avrebbe diritto all'attribuzione del nome secondo la legge italiana, ed in concreto subisce invece un'attribuzione non conforme alla sua legge nazionale.

E' evidente che, in relazione a questa ipotesi, il nostro ordinamento vuole, con la norma dell'art. 98, comma 2, apprestare un rimedio a favore del cittadino, il quale all'estero si potrebbe trovare nell'impossibilità di far valere il suo diritto al nome secondo la legislazione italiana.

La situazione tutelata è dunque del tutto peculiare per finalità ed interessi coinvolti, e pertanto non equiparabile, sotto alcun profilo, a quella dello straniero al quale, ad un certo punto della sua vita, venga concessa la cittadinanza italiana.

L'applicazione analogica (e, per così dire, diacronica) della norma in questione a quest'ultima situazione, quale è stata effettuata dall'Ufficiale dello stato civile di [...], appare dunque priva di fondamento giuridico.

Resta da verificare se l'eliminazione del cognome materno [...] sia imposta dalla norme di cui all'art. 1 della Convenzione di Monaco 5.9.1980 ("1. I cognomi ed i nomi della persona vengono determinati dalla legge dello Stato di cui è cittadina. A questo solo scopo, le situazioni da cui dipendono i cognomi e i nomi vengono valutate secondo la legge di detto Stato. 2. In caso di cambiamento di nazionalità viene applicata la legge dello Stato della nuova nazionalità"); e/o se l'eliminazione sia determinata dall'art. 24 della legge di riforma del diritto internazionale privato n. 218 del 1995 ("L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto [...]").

Di tali norme deve valutarsi la compatibilità con i principi posti dalla nostra Costituzione.

A tal fine devono formularsi le seguenti considerazioni. La cittadinanza concessa allo straniero viene attribuita, come è evidente, ad un soggetto di diritto-persona fisica già da tempo esistente, i cui diritti fondamentali sono inalienabili, alla stregua della nostra Costituzione; l'applicabilità della quale - se mai potesse essere dubbia rispetto allo straniero - è resa indiscutibile dalla qualità di cittadino, che il soggetto viene ad acquistare.

Tra tali diritti è quello all'identità personale, della quale il diritto al nome è, secondo la migliore dottrina e un'univoca giurisprudenza, una componente essenziale (v. in particolare, l'ordinanza 13298/2005 della Cassazione, nella quale perspicuamente si afferma che "[...] tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona, riconducibili al catalogo cui l'art. 2 Cost. offre tutela costituzionale, va inserito il diritto all'identità personale, del quale il nome - indicato come bene oggetto di autonomo diritto dal successivo art. 22 Cost. - costituisce il primo e più immediato elemento caratterizzante, in quanto espressione emblematica della identità della persona e suo segno distintivo nella vita di relazione (v. Corte cost. 2001 n. 120). In particolare, nella richiamata sentenza n. 13 del 1994 il giudice della legittimità delle leggi ha rilevato che il cognome gode di una distinta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità, e nella successiva decisione n. 297 del 1996 n. 297 ha affermato che il diritto all'identità personale costituisce tipico diritto fondamentale, rientrando esso tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana, sicché la sua lesione integra violazione dell'art. 2 [...]".

Una valutazione costituzionalmente corretta delle norme in materia di attribuzione del nome non può prescindere, ad avviso del Collegio, dalla chiara prospettazione dei principi fondamentali formulata sul punto dalla Suprema Corte con riferimento alla giurisprudenza costituzionale. E non pare possa dubitarsi, a tale stregua, che norme le quali comportassero l'effetto di privare, in tutto o in parte, il neo-cittadino del nome attribuitogli secondo le leggi dello Stato di origine, solo perché difformi da quelle italiane, e ad equipararlo al neonato, come tale ancora privo di una sua identità, dovrebbero essere considerate costituzionalmente illegittime.

E' di piena evidenza, infatti, che una siffatta amputazione dei segni distintivi della persona è sempre inammissibile, e non solo quando acquisti caratteri di particolare gravità, come nel caso di cittadini nati in Paesi nei quali è consentito (come, ad esempio, in alcuni Stati africani) attribuire un cognome diverso da quello del padre e della madre, ovvero il solo cognome di quest'ultima. E altrettanto evidente, per altro verso, che nella situazione di doppia cittadinanza (qual'è quella della sig.ra [...]) il soggetto diverrebbe portatore, addirittura, di identità tra loro differenti e contrastanti.

Il problema sembra, allora, doversi porre come segue:

1) se le norme poc'anzi richiamate, poste dalla legge (19.11.1984, n. 950) di ratifica della Convenzione di Monaco e dalla legge n. 218 del 1995, dovessero interpretarsi nel senso che esse impongano il cambiamento dei nomi non conformi alle regole dell'ordinamento italiano, dovrebbe sollevarsi la questione della loro legittimità costituzionale;

2) se, alternativamente, di quelle norme è consentita una interpretazione corrispondente ai principi costituzionali, tale lettura deve essere prescelta per la sua corrispondenza alla nostra legge fondamentale.

Orbene, l'art. 1 della Convenzione di Monaco consente un'interpretazione siffatta, potendo intendersi nel senso che, intangibile il nome originariamente imposto nello Stato di origine, sono gli eventi successivi (matrimonio; adozione; modificazione volontaria) ad essere regolati dalla nuova legge nazionale. Tale conclusione è consentita dalla dizione testuale, sopra riportata, del tutto compatibile con una lettura rispettosa dei principi in materia di diritto all'identità personale che, per il loro carattere sovranazionale e il loro rilievo, hanno, con tutta verosimiglianza, orientato la volontà degli Stati contraenti (v., in questo senso, Corte d'appello di Torino, sentenza 3.6.1998, in Il Diritto di famiglia e delle persone, 1998, 1463 ss.), nella quale si sottolinea, in modo del tutto condivisibile, che un'interpretazione dell'art. 1 come norma che possa comportare la perdita del cognome originario sarebbe contraria allo spirito della Convenzione, il cui scopo appare quello di rendere omogeneo il diritto relativo ai nomi attraverso norme comuni di diritto internazionale, ma "pur sempre nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino, tra i quali non può non annoverarsi il diritto a mantenere il cognome [...] originario".

Per quanto riguarda il caso di specie, va rilevato che, comunque, non si è verificato un "cambiamento" della cittadinanza della [...] secondo la previsione della Convenzione di Monaco, poiché la cittadinanza italiana si è soltanto aggiunta a quella cubana; e pertanto la previsione dell'art. 1 non sarebbe operativa neppure se essa dovesse interpretarsi nel senso più severo corrispondente all'opinione del Ministero dell'interno e dell'Ufficiale dello stato civile di [...].

Alla conclusione della possibilità di una interpretazione conforme ai principi costituzionali si giunge anche con riguardo al citato articolo 24 della legge sul diritto internazionale privato: la disposizione secondo cui "L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto" significa, secondo una lettura costituzionalmente orientata, che la legge nazionale, pur se sopravvenuta, del soggetto tutela, ed eventualmente amplia, i diritti della personalità; e non che essa può comprimerne il contenuto che già a lui faccia capo secondo una legge nazionale precedentemente applicabile.

Dovendosi escludere, per tutte le considerazioni che precedono, l'esistenza di una norma positiva del nostro ordinamento che imponga la modificazione del cognome del cittadino in seguito all'acquisto della cittadinanza italiana - e comunque non ravvisandosi una norma siffatta con riguardo al caso della signora [...] -, l'opposizione proposta dalla ricorrente deve essere accolta; dal che consegue l'ordine di revoca della correzione effettuata dall'Ufficiale dello stato civile del Comune di [...], avendo la ricorrente il diritto di conservare il nome attribuitole in Cuba con l'atto di nascita. La natura del procedimento esclude che si debba provvedere sulle spese.

P.Q.M.

il tribunale dichiara l'illegittimità della correzione del cognome della ricorrente da [...] a [...], effettuata, in sede di trascrizione dell'atto di nascita, con provvedimento del 12.4.2005, dall'Ufficiale dello stato civile del Comune di [...]; e, per l'effetto, dispone che il predetto Ufficiale dello stato civile proceda alla revoca della correzione, affinché risulti che la ricorrente ha il nome [...].