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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Giudice di pace di Padova, ordinanza del 24 luglio 2006

 
est. Zanini
 

Nella controversia iscritta al n. RG. 4118/06 promossa da [...] contro il prefetto di Padova e questura di Padova. [...].

Il ricorso si è rivelato fondato e pertanto deve essere accolto.

L'istruttoria ha confermato che l'istanza presentata dal ricorrente per l'ottenimento del permesso di soggiorno dopo l'intervenuta sentenza del Tar che annullava il diniego formulato dalla questura, è rimasta inevasa. Tale circostanza ha comportato la conseguenza che l'atto di espulsione è stato emesso senza un valido atto prodromico di diniego di rilascio del permesso di soggiorno.

Quanto alla circostanza che il fatto che al ricorrente non sarebbe stato possibile formulare la richiesta di soggiorno per lavoro, dopo che gli era stata respinta la domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato politico, con la conseguenza che la questura in realtà non era tenuta a formulare una risposta all'istanza di permesso di soggiorno per lavoro, ciò non è risultato comprovato. Preliminarmente, il fatto che la questura avesse opportunamente formulato con diniego a tale seconda istanza, seppure successivamente annullato, conferma che non mancava la possibilità tecnica di procedere ad una risposta da parte della questura. Ma dirimente in merito è soprattutto, la circostanza che solo successivamente alla proposizione della domanda di permesso di soggiorno per lavoro (avvenuta in data 24.3.2005) è intervenuto un decreto legislativo (d.lgs. n. 140 del 30.5.2005) che disponeva (all'art. 11 co. 2) espressamente l'impossibilità di formulare tale nuova richiesta dopo il diniego sulla domanda per ottenere lo status di rifugiato politico. Tale sopraggiunta norma conferma che lo stesso divieto non poteva ritenersi vigente in precedenza.

In definitiva deve ritenersi che, avendo il ricorrente legittimamente formulato la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro, la questura avrebbe dovuto esprimersi seppure con un diniego, adeguatamente motivando la propria risposta.

Il fatto che la questura abbia lasciato inevasa, dopo l'intervenuto annullamento del diniego, la domanda del ricorrente, ha lasciato un vuoto amministrativo sfociato nell'atto di espulsione che configura a tutti gli effetti un vizio di forma che, in quanto reale, si ripercuote necessariamente sulla legittimità dell'atto di espulsione odiernamente impugnato. Ne consegue che l'atto di espulsione impugnato deve necessariamente essere annullato.

Quanto alla concessione della sospensiva sul provvedimento impugnato da parte del giudice di pace nella more del giudizio di opposizione dell'atto di espulsione, essa deve ritenersi legittima. Il Testo unico sull'immigrazione, infatti, non esclude espressamente la sospensiva, circostanza che in sé permette, in via analogica, l'applicazione dell'art. 22 co. 6 l. 689/81. Nel caso di specie, i gravi motivi sono stati individuati nel grave danno esistenziale e, non ultimo patrimoniale, che subirebbe il ricorrente nell'ottemperare ad un provvedimento che, subito dopo la sua partenza dal Paese, fosse dichiarato illegittimo.

Quanto alle spese di lite esse possono essere compensate, essendo l'annullamento pronunciato nei confronti dell'atto impugnato esclusivamente fondato su ragioni di carattere formale.

P.Q.M.

il giudice di pace annulla il provvedimento impugnato. Compensa le spese di lite.