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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale per i minorenni di Torino, decreto del 17 febbraio 2009

 
est. Rivello
 

[...]. Vista l'istanza presentata da [...] e [...], genitori del minore [...] e [...]. Visto il parere espresso dal P.M., favorevole all'accoglimento della presentata istanza.

Osserva

Il/i ricorrente/i, dimorante sul territorio italiano in modo irregolare, insta per essere autorizzato alla permanenza in Italia ai sensi del disposto dell'art. 31 d.lgs. 25.7.1998 n. 286 (T.U. sull'immigrazione).

Le motivazioni poste a fondamento della presentata istanza sono le seguenti: [...] risulta affetta da una grave patologia genetica, una "traslocazione tra il cromosoma X ed il cromosoma 2", necessitante di cure specialistiche in Italia, nonché giovanissima età del secondo figlio, [...], conseguente pregiudizio allo sviluppo psicofisico dei bambini in caso di allontanamento dei genitori dal territorio italiano.

Sull'istruzione del procedimento

A seguito della presentazione del ricorso, esaminata la documentazione prodotta dal ricorrente sono state assunte ulteriori informazioni ex art. 738 c.p.c. Si è in particolare acquisito agli atti il certificato del casellario giudiziale del/i ricorrente/i, certificati dei carichi pendenti, informazioni presso la competente questura sulla regolarità o meno del soggiorno in Italia e sui motivi dell'irregolarità, nonché relazione dei Servizi socio-assistenziali. Si infine proceduto all'audizione dei ricorrenti, che hanno confermato i motivi addotti nel presentato ricorso.

Non sono state assunte altre diverse informazioni ex art. 738 c.p.c. né vi è stata indicazione di altri mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti.

Sull'interpretazione dell'art. 31, co. 3 d.lgs. 25.7.1998, n. 286

Il co. 3 dell'art. 31 d.lgs. 25.7.1998 n. 286 recita che il tribunale dei minorenni "può autorizzare l'ingresso o la permanenza (di un) familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico", "per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano". La interpretazione di tale dettato, in specie in ordine all'individuazione dei "gravi motivi" atti a giustificare un provvedimento di autorizzazione, è stata oggetto di un vivace dibattito, sia in dottrina che da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità.

La giurisprudenza di merito ha più volte propeso in passato per un'interpretazione estensiva del dettato normativo, sulla base di vari argomentazioni.

Vi è chi ha addotto come la "valutazione dell'interesse superiore del fanciullo debba essere prioritaria ad ogni altra considerazione, conformemente a quanto previsto dall'art. 3 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti dell'infanzia, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. n. 176 del 1991", argomento in assoluto di indubbia condivisibilità, d'altronde espressamente richiamato nel disposto dell'art. 28 del d.lgs. 25.7.1998 n. 286, ma che invero non aggiunge elementi utili nell'interpretazione della norma, poiché tale interesse trova senz'altro un limite nel contrapposto legittimo interesse di uno Stato di porre argini all'immigrazione clandestina, a tutela delle esigenze di legalità e sicurezza.

Vi è chi ha richiamato nello stesso senso il disposto del d.lgs. 8.1.2007 n. 5, con il quale è stata data attuazione alla direttiva della Comunità europea n. 2003/86/CE sul ricongiungimento familiare, ove si invita l'autorità competente in materia di rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, a tenere conto altresì "della natura e effettività dei vincoli familiari dell'interessato", ma anche tale richiamo nulla aggiunge in chiave ermeneutica, se non nei limiti in cui si indica che l'effettività del vincolo familiare deve sussistere, mentre per un verso l'art. 31 d.lgs. 25.7.1998 n. 286 interessa frequentemente casistiche di persone che hanno già percorso, senza esito per loro positivo, il vaglio della concedibilità di permesso di soggiorno sotto tale profilo, e per altro verso e soprattutto detto art. 31, proprio indicando la necessità di "gravi motivi", precisa chiaramente come il solo vincolo familiare, per quanto effettivo, non sia sufficiente ad autorizzare l'ingresso o la permanenza sul territorio italiano, senza per questo porsi in contrasto alcuno con il dettato normativo comunitario. Del resto, non vi è in ogni caso contrasto con il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell'ambito della propria famiglia, atteso che il diritto all'unità familiare è regolato nelle sue condizioni di attuazione dal d.lgs. n. 286/1998, artt. 29 e 30, risultando tutelato attraverso l'istituto del ricongiungimento familiare il quale può essere a tal fine invocato soltanto nell'ipotesi di regolare presenza del genitore o del minore stesso in Italia, laddove, in ogni caso, quest'ultimo, ai sensi del richiamato d.lgs. 286 del 1998, art. 19 co. 2, lett. a), ha diritto di seguire il genitore espulso nel luogo di destinazione (cfr. in questi termini Cass., sez. I, n. 11624 del 17.9.2001; Cass., sez. I, n. 747 del 15.1.2007). Da ultimo, a sostegno dell'interpretazione estensiva, risulta usuale il richiamo all'insegnamento impartito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 22216 del 16.10.2006, laddove distingue fra richiesta di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale e richiesta di autorizzazione alla permanenza nel territorio nazionale di familiare che diversamente potrebbe essere espulso, precisando che nel secondo caso i gravi motivi possono anche essere dedotti quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del familiare sin allora presente, ossia di una situazione futura ed eventuale rimessa all'accertamento del giudice minorile, deducendo da tale giudicato l'ammissibilità di un'interpretazione lata dei "gravi motivi" in caso di richiesta di autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano. Invero non può concordarsi su tale lettura della pur rilevante sentenza della Suprema Corte, in quanto, enunciando tale principio, le Sezioni unite da un lato hanno esclusivamente chiarito, del tutto condivisibilmente, come sia irrilevante che nel ricorso di parte siano o meno espressamente indicati i gravi motivi richiesti dalla legge, ove sia possibile desumerli altrimenti come sussistenti in concreto - nel caso di specie sulla base delle conclusioni di una consulenza tecnica - , per altro verso hanno precisato che le conseguenze dell'allontanamento dal territorio nazionale del richiedente possono, in determinati casi, da accertarsi in concreto, costituire causa o concausa di un grave pregiudizio ad un minore, senza con questo sostenere, come da alcuni invece ritenuto, che in caso di richiesta di autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano sia possibile prescindere dalla sussistenza di "gravi motivi" o giungere ad una interpretazione onnicomprensiva degli stessi.

Tanto premesso, va rilevato come la giurisprudenza di legittimità abbia invece da tempo espresso un univoco orientamento, cui di recente la stessa giurisprudenza di merito, specie di secondo grado, si è doverosamente uniformata (cfr., fra tutti, Corte d'appello di Torino, sez. minorenni, 15.10.2008 nel proc. n. 798/08 Reg. V.G.; Corte d'appello di Torino, sez. minorenni, 29.5.2008 nel proc. n. 418/08 Reg. V.G.; Corte d'appello di Milano, sez. minorenni, 19.4.2007, 20.9.2007, 27.3.2008).

Si è così precisato come per "gravi  motivi", ai sensi dell'art. 31 d.lgs. 25.7.1998 n. 286, debbano intendersi situazioni "correlate esclusivamente alla sussistenza di condizioni di emergenza, ovvero di circostanze contingenti ed eccezionali che pongano in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore (sia dal punto di vista fisico sia dal punto d vista psichico), tanto da richiedere la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle, non potendo quindi essere assicurate in rapporto a situazioni che presentino invece carattere di essenziale normalità e di tendenziale stabilità, secondo quanto è dato desumere dal rilievo che (la richiesta) autorizzazione deve risultare temporalmente limitata, potendo altresì essere revocata con la cessazione dei motivi che ne abbiano giustificato il rilascio. La medesima autorizzazione non è perciò suscettibile di venire rilasciata al familiare del minore straniero, presente in Italia, in ragione delle esigenze di salvaguardia di una situazione di integrazione nel tessuto sociale che renda le sue condizioni di vita consone alle esigenze evolutive proprie dell'età e migliori rispetto a quelle godute o godibili nel paese d'origine o altrove, dal momento che simili esigenze si ricollegano al normale processo educativo - formativo del minore stesso, senza abilitare perciò il nucleo familiare di cui egli faccia parte ad ottenere un permesso di soggiorno in deroga alla disciplina sull'immigrazione, venendosi altrimenti a produrre il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano di siffatto nucleo, ovvero a configurare un modo anomalo di legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri attraverso non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell'infanzia. Così, da ultimo, Cass., sez. I, n. 14063 del 28.5.2008, che riprende quanto già precisato da Cass., sez. I, n. 747 del 15.1.2007. Nello stesso senso cfr., fra le molte, Cass., sez. I, n. 11624 del 17.9.2001 (ove si parla di "situazioni eccezionali", le quali non possono assumere carattere di normalità e stabilità); Cass., sez. I, n. 3991 del 19.3.2002; Cass., sez. I, n. 9088 del 21.6.2002; Cass., sez. I, n. 17194 del 14.11.2003. Nella sentenza Cass., sez. I, n. 396 dell'11.1.2006, si specifica infine che "pur ammettendo che i gravi motivi possano consistere anche in evenienze diverse da quelle terapeutiche - sia di ordine fisico sia di ordine psichico [...], esse debbono presentare pur sempre un carattere di obiettiva gravità ed eccezionalità, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, in connessione con l'esigenza di non disturbare per quanto possibile, il corretto sviluppo psico-fisico del minore", per cui "l'autorizzazione non può essere concessa in relazione ad una situazione - come quella riferentesi al compimento del ciclo scolastico o dell'intero processo educativo-formativo dei minori - di indeterminabile o lunghissima durata: situazione esorbitante dalla littera e dalla ratio legis, ed elusiva della disciplina della immigrazione". Non può che concordarsi su tale interpretazione, che trova pieno sostegno sia nel dato letterale, con l'utilizzo del termine "gravi" e con la limitazione dell'autorizzabilità ad "un periodo di tempo determinato", sia in una lettura sistematica del disposto normativo, italiano, europeo ed internazionale, in tema di immigrazione e tutela dei minori.

Sulla sussistenza di gravi motivi nel caso in esame

Nel caso di specie possono dirsi sussistenti "gravi motivi" ai sensi del disposto dell'art. 31 co. 3 d.lgs. 25.7.1998 n. 286. La minore [...] risulta affetta dalla nascita da una grave patologia genetica, una "traslocazione tra il cromosoma X ed il cromosoma 2", da cui può derivare possibile distrofia muscolare, per tale motivo necessita di particolari cure specialistiche ed al momento è sottoposta due volte al mese a visite specialistiche ed è ora altresì seguita anche dal Servizio di NPI, come evidenziato in acquisita relazione dei Servizi sociali. Tali cure, per inciso, ben difficilmente potrebbero avere luogo nello Stato di cittadinanza dei ricorrenti.

La minore risulta accudita da entrambi i genitori, il cui sostegno e la cui presenza in Italia appaiono necessari per il buon esito delle cure mediche in corso e per lo sviluppo psico-fisico della bimba.

Sussistono quindi, tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute dei minori, ragioni di obiettiva gravità ed eccezionalità, atte a ritenere concedibile la richiesta autorizzazione. Va ritenuto congruo, in rapporto a quanto ad oggi può presumersi sulla necessità della presenza sul territorio italiano del/i ricorrente/i, in relazione alle esigenze del minore, stabilire il termine di mesi 24 (ventiquattro).

P.Q.M.

visti gli artt. 31 co. 3 d.lgs. 25.7.1998 n. 286, 737 ss. c.p.c., pronunziando in via definitiva decreta autorizzarsi [...] e [...] a soggiornare in Italia, per il periodo di mesi 24 (ventiquattro) (sino al 30.12.2010), allo scopo di dare assistenza ai figli minorenni. Dà atto che l'autorizzazione consente di svolgere attività lavorativa a norma dell'art. 2 d.lgs. 8.1.2007 n. 5.