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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Padova, Ufficio del G.U.P., sentenza del 9 giugno 2005 n. 446

 
est. Bortolotti
 

Nel procedimento n. 11231/04 nei confronti di [...], imputato del delitto p. e p. dagli artt. 575, 577 comma 1 n. 1 e 4 c.p. per aver cagionato la morte della figlia [...] picchiandola e colpendola ripetutamente in tutto il corpo anche con un bastone. Con le aggravanti dell'aver commesso il fatto per motivi abbietti e futili e contro discendente. Fatto commesso in Grantorto, la notte tra il 24 ed il 25.9.2004. [...].

c) Movente e circostanze del reato.

Dalle emergenze processuali ed in particolare dalle sommarie informazioni assunte appare certo che [...] è uomo violento, spesso ubriaco, che in casa si comporta da "padre padrone" e pretende completa sottomissione dei figli e della moglie. Nessuno si deve ribellare a lui e se qualcuno dei figli (in particolare [...]) osa farlo viene picchiato a sangue, anche con l'uso di un bastone, dopo essere stato fatto salire al piano superiore, come accadde quella sera alla povera [...]. L'anno precedente al fatto al figlio [...] vennero dal padre fratturate tre dita con postumi permanenti. Un altro figlio di nome [...], si allontanò da casa stanco di essere picchiato dal padre. La moglie, [...], in un'occasione, venne addirittura legata e poi picchiata. Il clima di terrore instaurato in casa si traduce a poco a poco in diffidenza da parte dei vicini di casa. Alcuni di essi nel riferire fatti a loro conoscenza hanno manifestato timori di rappresaglie nei loro confronti [...].

Quanto poi a [...], la stessa in più occasioni era stata picchiata dal padre, che non voleva intrattenesse amicizie e tanto meno relazioni con ragazzi, anche se connazionali. La sera del fatto [...] la picchiò con più violenza del solito tanto che il fratello [...], invitò piangente la convivente [...], a chiamare i carabinieri "perché altrimenti finiva male" [...]. Il motivo stava nel fatto che il padre aveva avuto l'impressione che la figlia nonostante il suo veto si vedesse ancora con tale [...], il giovane marocchino con il quale [...] aveva in passato instaurato un'affettuosa amicizia. [...] voleva sapere dalla figlia se stessero ancora insieme e se avessero avuto rapporti sessuali. [...] terrorizzata rispose ripetutamente di no e alla fine pressata ed indebolita nelle forze dalle numerose percosse ricevute rispose di sì ed il padre la picchiò ancora più violentemente [...].

L'azione delittuosa sopra descritta appare sproporzionata al motivo e nel contempo rivela altresì un motivo abietto (picchiare a sangue la figlia non solo per sapere se la relazione con [...] durava ancora, ma anche per indurla ad accettare con tutte le conseguenze del caso un matrimonio che la ragazza non aveva voluto e che era stato combinato per mero interesse).

Motivo futile si ha, proprio, quando vi è una sproporzione tra movente ed azione delittuosa, che rivela un istinto criminale più spiccato, da punire più severamente, ma tale sproporzione può anche sottintendere una concezione particolare che ricollega a certi eventi un'importanza di gran lunga maggiore rispetto a quella che la generalità delle persone vi riconnette (cfr Cass. sez. I, 27.1.1996).

Diviene così importante valutare il substrato culturale e l'ambiente in cui vive ed ha agito l'autore del fatto. Nel caso di specie trattasi di persona di cultura mussulmana che, col pretesto di una apparente legittimazione derivante dalla religione islamica, aderisce a modelli di vita in cui vi è una disparità di trattamento tra uomo e donna, essendo quest'ultima per consuetudine, secondo regole arcaiche, assoggettata all'arbitrio della famiglia patriarcale tribale che dispone di lei come una proprietà e non la considera come persona.

Tale situazione però è oggi sempre più rara in ambienti islamici moderati, come il Marocco, essendoci un lento processo di occidentalizzazione, favorito anche dai mass media che tendono alla globalizzazione. Un cittadino marocchino, dopo alcuni anni trascorsi nel nostro Paese, pur avendo mantenuto dei legami con il Paese d'origine, è dunque perfettamente in grado, pur conservando la propria cultura e le proprie origini, di rendersi conto dell'insopprimibilità in un Paese civile di alcuni diritti fondamentali della persona umana, quali l'autodeterminazione. Se ciò nonostante egli reagisce con inaudita violenza a fronte di una ribellione allo stato di soggezione, della figlia, la sua condotta diventa non già espressione di una cultura arcaica, ma di uno spirito punitivo nei confronti della vittima, della quale non tollera l'insubordinazione (si veda il riguardo Cass. sez. I, 25.10.1997).

E' il caso di [...], considerato dai familiari e dai conoscenti, persona, prepotente, assai reattiva e violenta. [...].

L'aggravante dell'art. 577 n. 4 c.p. in relazione all'art. 61 n. 1 c.p. dunque sussiste essendo il motivo futile ed altresì abietto, per la maggior parte delle persone che vivono nel contesto sociale in cui è avvenuto il fatto.

Parimenti sussiste l'aggravante di cui all'art. 577 n. 1 c.p. essendo la vittima figlia dell'imputato.

A costui possono tuttavia concedersi in ragione della sua incensuratezza e delle condizioni regolari di vita sul territorio nazionale (trattasi, infatti, di persona regolarmente presente sul territorio nazionale, con fissa dimora e lecita occupazione), le attenuanti generiche valutate equivalenti alle ritenute aggravanti.

Visti i criteri di cui all'art. 133 c.p. ed in particolare avuto riguardo alla gravità dell'azione, con particolare riferimento alle sue modalità ed all'intensità del dolo, seppure indiretto nonché alla non modesta capacità a delinquere desunta dal movente, dalla personalità violenta dell'imputato e dal comportamento successivo al reato, essendosi il [...], prima dell'arrivo delle forze dell'ordine, cambiato gli abiti ed avendo gettato via il bastone, che ha fatto ritrovare solo un mese dopo, circostanze queste rivelatrici di non modesta capacità a delinquere, stimasi equa la pena di anni 22 e mesi 6 di reclusione, ridotta ad anni 15 di reclusione ex art 442 c.p.p. per la scelta del rito. Consegue a tale pronuncia la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali ed al rimborso di quelle di custodia cautelare. Ex art. 235 c.p.p. si ritiene di dover disporre l'espulsione di [...] a pena espiata. [...]. Va, infine, disposta la confisca e distruzione di quanto in sequestro.

P.Q.M.

visti gli artt. 442, 533-535 c.p.p., dichiara [...], colpevole del reato a lui ascritto e concessegli le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, applicata la detrazione per il rito, lo condanna alla pena di anni 15 (quindici) di reclusione, oltre al pagamento spese processuali e di custodia cautelare.

Visto l'art. 235 c.p.p. dispone che a pena espiata il [...] sia espulso dal territorio dello Stato italiano. Confisca e distruzione di quanto in sequestro.