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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Milano, sentenza del 24 gennaio 2007

 
est. Mannucci Pacini
 

Svolgimento del procedimento

Alle ore 15:00 del 29.11.2006, personale della squadra mobile della questura di Milano ha proceduto all'arresto in flagranza di [...] alias [...] per il delitto di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato. Il successivo giorno 30 l'arrestato è stato presentato dal P.M. dinanzi al giudice del tribunale di Milano in composizione monocratica perché convalidasse l'arresto e procedesse al giudizio direttissimo. A seguito della convalida dell'arresto, a [...] è stata imposta la misura cautelare della custodia in carcere e l'imputato ha chiesto termine a difesa. [...].

Motivi della decisione

L'imputato è stato arrestato dalla polizia di Stato di Milano perché, nel corso di un controllo sulla sua identità, è risultato che non aveva ottemperato all'ordine del questore di Palermo, emesso e notificato il 16.8.2005, di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato. L'accertamento è stato eseguito dagli operanti tramite la comparazione delle impronte dattiloscopiche, grazie alla quale è stato appurato che la persona fermata, priva di documenti di identificazione e generalizzata in [...], era destinataria dell'ordine di espulsione con le generalità di [...].

E' indubbio che all'imputato sia stato notificato l'ordine di espulsione del questore di Palermo sopra indicato e che lo stesso non vi abbia ottemperato nel termine di cinque giorni, ponendo in essere la condotta materiale delineata dall'art. 14, comma 5 ter d.lgs. 286/1998. Ma la punibilità della condotta delittuosa accertata deve essere verificata in considerazione del fatto che l'inottemperanza è ascritta ad un imputato di nazionalità rumena, che a partire dal 1.1.2007 è diventato a tutti gli effetti cittadino appartenente all'Unione Europea.

Il contesto normativo che ha determinato l'acquisizione da parte dei rumeni dello status di cittadino comunitario (o, per utilizzare il termine indicato nell'art. 1 T.U. 286/1998, la perdita della qualifica di "straniero") è rappresentato dal trattato che ha sancito l'ingresso della Romania nell'Unione europea, ratificato dall'Italia con la legge n. 19/2006, al cui art. 2 è indicato il termine di efficacia del trattato nell'1.1.2007. Quindi, è stata certamente una legge a determinare la modifica dello status dei cittadini rumeni, che a partire dal 1.1.2007 non sono più "stranieri". Agli stessi non si applica più il T.U. 286/1998, ma il d.p.r. 56/2002.

In materia penale, la questione più rilevante con riferimento alla legge sopra citata è se essa abbia o meno determinato un'abolitio criminis, ai sensi dell'art. 2 c.p., delle fattispecie incriminatrici il cui soggetto attivo è il cittadino "straniero".

Ritiene questo giudice che la questione debba essere affrontata avendo come riferimento i principi in materia di successione di leggi nel tempo e in particolare delle norme extrapenali integratrici della norma incriminatrice. Infatti, non può escludersi la punibilità dei cittadini rumeni inottemperanti prima dell'1.1.2007 solo sulla base della indicazione contenuta all'art. 1 T.U. 286/1998, perché la previsione secondo cui le disposizioni del Testo unico si applicano "ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri ... e non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea" rappresenta un elemento che definisce la fattispecie penale di cui all'art. 14, cioè lo status di cittadino "straniero" come autore della condotta di reato. Si può discutere se l'inottemperanza punita ai sensi dell'art. 14, comma 5 ter sia un reato proprio o se solo lo "straniero" possa essere destinatario di un provvedimento di espulsione legittimo ai sensi dell'art. 13, ma certamente quello status è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice.

Se così è, l'acquisizione dello status di comunitario da parte dei rumeni non incide sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi di espulsione del prefetto e di intimazione del questore emessi nei loro confronti prima del 31.12.2006, atteso che in forza della l. 19/2006 certamente quegli atti erano, sotto questo profilo, legittimi, essendo il destinatario dell'intimazione persona che all'epoca era "straniero". Valutando il caso qui giudicato, [...], a partire dal 22.8.2005 (cioè decorso il termine di cinque giorni dalla notifica del provvedimento del questore di Palermo), aveva consumato il reato contestato e, prima del 31.12.2006, sarebbe stato punibile perché "straniero" inottemperante ad un provvedimento legittimo. La questione è perciò se la legge sopra richiamata abbia o meno determinato una modifica della fattispecie incriminatrice, e cioè se lo status di "straniero" integri o meno la sua struttura o se la ridefinizione con atto normativo della qualifica del soggetto attivo del reato incida sul giudizio di disvalore della condotta delittuosa consumata da chi non riveste più quella qualifica.

Non è agevole ricostruire il dibattito dottrinale e giurisprudenziale riguardante la successione di norme integratrici della fattispecie incriminatrice perché la dottrina, pur condividendo l'affermazione di principio per cui si applica l'art. 2 c.p. quando la modifica della norma richiamata incide sulla struttura della norma incriminatrice o quantomeno sul giudizio di disvalore della condotta delittuosa, ha in concreto espresso valutazioni diverse in relazione agli elementi normativi contenuti nelle fattispecie incriminatrici per i quali è intervenuta una modifica.

La giurisprudenza di legittimità è ancora più divisa nella valutazione del fenomeno qui esaminato, come risulta evidente dai contrasti manifestati dalle diverse sezioni della Corte di cassazione sui casi portati alla sua attenzione.

Eppure, pur risalente nel tempo, una pronuncia delle sezioni unite della Cassazione del 1987, oltre a dare atto delle oscillazioni della giurisprudenza di legittimità in materia, ha, a parere di questo giudice, indicato una soluzione condivisibile nel caso di modifica di un elemento che integra la fattispecie come la qualifica del soggetto attivo del reato. Così sul punto si espresse la Cassazione: "Si pone quindi il problema della successione di leggi penali o meglio di norme integratrici di legge penale. Nel caso de quo, infatti, non è stata abolita la fattispecie criminosa del peculato per distrazione, ma cambiata la disciplina normativa extra penale a cui il precetto penale base faceva riferimento per ricavare il carattere di pubblico servizio in senso oggettivo dell'attività bancaria e la conseguente qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio dell'agente. Occorre pertanto stabilire se, nella fattispecie concreta, è applicabile il comma 2 dell'art. 2 c.p. La giurisprudenza di questa Corte, in materia di successione di norme integratrici, si mantiene oscillante e sembra influenzata nelle opposte soluzioni dalla specificità dei casi. Queste sezioni unite ritengono di dovere pervenire ad una soluzione positiva. Invero, per legge incriminatrice deve intendersi il complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto. Tra questi elementi, nei reati propri, è indubbiamente compresa la qualità del soggetto attivo. Se ne deve dedurre che, se la novatio legis riguarda la qualità del soggetto attivo, nel senso che, come nella specie, fa venire meno al dipendente bancario la qualità di incaricato di pubblico servizio, necessaria per integrare il reato di peculato, non può non applicarsi in favore di quel dipendente il principio di retroattività della legge più favorevole affermato dall'art. 2 c.p. La formulazione letterale del comma 2 dell'art. 2 è abbastanza chiara nell'escludere la punibilità per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più reato. E per quanti bizantinismi si vogliono fare, non si potrà mai contestare che il fatto ascritto al Tuzet e la Borgatti, se commesso oggi, non costituirebbe reato. Quel fatto storico illecito al momento in cui fu commesso, non corrisponde più alla fattispecie astratta del reato".

Dopo quella pronuncia le oscillazioni della Corte di cassazione non sono cessate. E' sufficiente esaminare un commento della giurisprudenza di legittimità sull'art. 2 c.p. per rendersi conto che l'affermazione contenuta nella citata sentenza è stata più volte smentita con riferimento sia a modifiche incidenti sulla definizione del soggetto attivo del reato, sia ad altri elementi normativi della fattispecie. Ciò posto, a parere di questo giudice la definizione di cittadino "straniero" rappresenta un elemento descritto da una norma extrapenale che contribuisce a definire la struttura della fattispecie di reato e l'esclusione dei cittadini rumeni dallo status di "straniero" ha determinato la cessazione del disvalore della condotta di inottemperanza già consumata.

Il rumeno che non ha ottemperato nei cinque giorni al provvedimento del questore prima del 31.12.2006 ha commesso il reato di cui all'art. 14, comma 5 ter e all'epoca ha leso l'interesse giuridico tutelato dalla norma, ma se oggi quella stessa condotta (cittadino rumeno che non ottempera all'ordine del questore) non è lesiva del medesimo interesse, non può più essere sanzionata penalmente.

Ritiene questo giudice che la questione vada affrontata individuando l'interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice contestata all'imputato, per verificare se oggi permane la lesione di quell'interesse o se il disvalore del comportamento sia cessato con l'acquisto da parte dei rumeni dello status di cittadini dell'Unione europea.

Valutando la struttura della fattispecie, sono possibili alcune soluzioni: se l'art. 14, comma 5 ter incrimina l'inosservanza al provvedimento del questore la norma intende reprimere la mera disobbedienza dello "straniero", certamente finalizzata alla cessazione della permanenza nel territorio, ma rilevante a prescindere dalla valutazione in concreto dell'interesse sostanziale dello Stato. Se per contro l'inottemperanza è funzionale alla tutela di quest'ultimo interesse, la repressione della violazione dell'ordine è esclusivamente finalizzata a perseguire l'obiettivo di evitare la permanenza dello "straniero" irregolare nel territorio nazionale. I due elementi di disvalore evidenziati potrebbero anche coesistere nella definizione della lesione del bene giuridico, assumendo l'art. 14, comma 5 ter le caratteristiche di fattispecie plurioffensiva e, quindi, delineandosi l'interesse giuridico come l'intento del legislatore di non consentire allo "straniero" intimato di permanere, anche un solo giorno dopo il termine indicato, nel territorio dello Stato e incriminandosi l'inottemperanza al provvedimento.

A parere di questo giudice la struttura della fattispecie delinea come interesse giuridico tutelato la cessazione della permanenza nel territorio italiano degli "stranieri" irregolari. Tale soluzione trova fondamento in un profilo sistematico e in uno strutturale della fattispecie incriminatrice.

Sotto il primo profilo si osserva che l'ordine di allontanamento è previsto dall'art. 14 come l'extrema ratio rispetto ad un procedimento di espulsione che dovrebbe essere attuato sempre con l'accompagnamento alla frontiera, cioè con il raggiungimento dell'obiettivo perseguito dalla stessa disposizione. In subordine, l'autorità amministrativa deve trattenere lo straniero irregolare in un CPTA, per il tempo necessario a provvedere all'accompagnamento (nel caso di mancata identificazione ovvero di mancanza di un vettore immediatamente disponibile). Solo nel caso di indisponibilità di posti presso i CPTA, il questore può ordinare allo "straniero" di allontanarsi entro cinque giorni. Quindi, tutto il sistema è finalizzato a perseguire l'obiettivo di far cessare la permanenza nel territorio dello Stato dello "straniero" irregolare.

Ma il profilo di valutazione decisivo per enucleare l'interesse giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice è quello definito strutturale. Il legislatore del 1998 ha introdotto quale elemento negativo della fattispecie la mancanza di un giustificato motivo all'inottemperanza. Come affermato dalla giurisprudenza di merito sin dall'introduzione della norma oggi contestata e come ribadito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, il giustificato motivo incide in modo sostanziale nella definizione della fattispecie e la casistica giurisprudenziale su tale elemento consente di attenuare la rilevanza, se non di rendere del tutto irrilevante nella struttura del reato, il profilo della inottemperanza all'ordine. A solo titolo di esempio, è stato affermato che il reato non sussiste nel caso in cui lo straniero inottemperante permanga in Italia per esigenze legate allo stato di salute suo o dei suoi familiari stretti (tra cui anche lo stato di gravidanza), per curare i figli minori che legittimamente risiedano in Italia (a prescindere dal riconoscimento del permesso di soggiorno ex art. 31 T.U. 286/1998), per contrarre matrimonio con una cittadina o un cittadino italiani. L'interesse tutelato, quindi, non è l'inottemperanza al provvedimento quanto piuttosto l'esigenza che lo straniero irregolare non permanga nel territorio dello Stato salvo che non sussista un interesse sostanziale preminente che scrimina la violazione contestata.

Si pensi che alcune recenti pronunce di giudici di merito precedenti al 31.12.2006, hanno escluso la sussistenza del reato nel caso di rumeno che, in vista dell'acquisizione dello status di cittadino dell'Unione Europea, non abbia ottemperato all'ordine di allontanamento, ritenendo che tale circostanza rappresenti un giustificato motivo alla permanenza nel territorio dello Stato. Si può discutere sulla correttezza di tale interpretazione, ma anche questa giurisprudenza ha ribadito che il giustificato motivo è legato spesso alla sussistenza di una situazione personale che contrasta con l'esigenza di far cessare la permanenza dello "straniero" irregolare in Italia.

L'offensività del reato, definita secondo l'individuazione dell'interesse giuridico qui compiuta, è venuta meno con l'acquisizione da parte dei rumeni dello status di cittadini dell'Unione Europea, per cui la permanenza degli stessi nel territorio italiano oggi non lede l'interesse tutelato dalla condotta incriminatrice, di cui è cessato il disvalore. Se così è, il trattato che ha previsto l'ingresso della Romania nell'Unione europea, ratificato con la legge n. 19/2006, ha modificato lo status di "stranieri" dei cittadini rumeni e rappresenta, quindi, una norma definitoria della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 14, comma 5 ter, che, riducendo l'ambito di punibilità di quest'ultima, determina un'abolitio criminis, ai sensi dell'art. 2 c.p.

P.Q.M.

visto l'art. 530 c.p.p. assolve [...] dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. [...].