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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Verona, sentenza del 24 gennaio 2006, n. 37

 
est. Angeletti
 

[...].

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 6.12.2004, [...] in qualità di genitore, adiva il giudice per ottenere il pagamento dell'indennità di accompagnamento spettante al figlio a norma dell'art. 1 della legge 18/1980, la cui erogazione (concessa con provvedimento del 13.5.2002) era stata sospesa nel periodo dal gennaio al novembre 2001. A sostegno della domanda, dopo ampia disamina della legislazione e della giurisprudenza che, ciascuna nel proprio ambito, delineano lo statuto giuridico del cittadino extracomunitario, la ricorrente ha sostenuto in via sistematica che la provvidenza in parola spetta anche a favore di coloro che siano privi di carta di soggiorno e titolari del solo permesso di soggiorno. L'istituto, infatti, di contrario avviso, aveva sospeso il pagamento dell'indennità in parola dall'entrata in vigore della legge 388/2000 (che appunto introduce il "distinguo" tra titolari della carta di soggiorno e del permesso di soggiorno) fino al rilascio della carta di soggiorno, avvenuto in novembre. [...].

Motivi della decisione

L'art. 80 comma 19 della legge 388/2000 prevede testualmente che "ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. 25.7.1998 n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno ... ". La norma, strettamente intesa in base alla lettera, parrebbe stabilire che le prestazioni in parola sono concesse solo ai titolari di carta di soggiorno. La disposizione, peraltro, non è di sicura intelleggibilità, perché il significato letterale così riassunto è contraddetto dal suo esame complessivo: l'art. 41 richiamato e il d.lgs. 286/1998 dettano un criterio di assegnazione delle prestazioni assistenziali diverso e contrastante, perché pongono come condizione il possesso del permesso di soggiorno, mentre il comma 19 esclude tale criterio. In sostanza, da un lato l'art. 80 comma 19 pare far propri i criteri di assegnazione di cui all'art. 41 T.U. immigrazione, dall'altro il medesimo articolo sembra introdurre una limitazione che "sconfessa" il principio su cui si regge il testo antecedente, perché restringe significativamente la platea dei possibili beneficiari della prestazione con buona pace dell'art. 2 del medesimo T.U., di cui si parlerà nel prosieguo, secondo cui "Lo straniero regolarmente soggiornante ... gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano ... ". Di tal che, o si conclude che - sia pure con formulazione non chiara - il testo precedente sia stato innovato o si ritiene che proprio la scarsa chiarezza della norma induca a percorrere itinerari interpretativi ulteriori, sistematici e teleologici. Questa linea interpretativa pare a questo giudice preferibile, per le ragioni che verranno via via chiarite. Dal punto di vista sistematico, occorrerà riannodare il discorso attraverso la lettura della disciplina fondamentale in materia di "disabilità" e "immigrazione", giacché la questione qui in esame tocca entrambi i settori della legislazione.

In merito all'interpretazione teleologica, è utile precisare che l'intenzione del legislatore non deve essere intesa in senso storico e personale, vale a dire come l'obiettivo di politica legislativa di coloro che approvarono il testo; è stata abbandonata da decenni, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, l'idea che tale criterio rimandasse al pensiero di coloro che, nell'ambito di commissioni parlamentari o in altre sedi, contribuirono alla stesura del testo. Non rileva, infatti, la ratio legislatoris, bensì la la ratio legis, ossia la coerenza e logicità del settore esaminato.

La legge fondamentale in materia di handicap è la 104/1992. Ratio essendi della disciplina è dettare "i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione e assistenza della persona handicappata" nella prospettiva dell'eliminazione degli ostacoli che impediscono la integrazione sociale, scolastica e lavorativa di tali soggetti. All'art. 3, viene definita l'area di applicazione soggettiva della disciplina: "La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione e da accordi internazionali". La norma, quindi, pone come presupposto minimo per l'equiparazione, nel settore della disabilità, "cittadino-straniero", un dato fattuale, ossia la permanenza stabile nel territorio, rimandando alla successiva legislazione, la miglior precisazione del presupposto.

Il successivo art. 2 del d.lgs. 286/1988 (T.U. immigrazione) arricchisce il dato fattuale della mera permanenza stabile, di una connotazione giuridica: il soggiorno oltre che stabile deve essere regolare: "lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente Testo unico non dispongano diversamente".

Ora, non solo il Testo unico (si è detto del contenuto dell'art. 41), ma anche la legislazione europea è nel senso di indirizzare le prestazioni assistenziali verso coloro che soggiornano legalmente nello Stato. Si vedano al riguardo i regolamenti n. 1408/1971 e 574/1972, riguardanti la materia della sicurezza sociale e il successivo regolamento 859/2003, efficace nell'ordinamento italiano con decorrenza 1.7.2003, il cui obiettivo di politica legislativa europea è così sintetizzato: "il Consiglio europeo ha solennemente concluso che l'Unione europea dovrebbe garantire l'equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri, garantire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'Unione europea".

Ciò premesso in termini generali, il regolamento estende l'applicabilità dei precedenti menzionati regolamenti dettati in materia di sicurezza sociale anche a ai cittadini di Paesi terzi, "purché siano in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno Stato membro" (art. 1). Tale norma, come già detto, è applicabile con decorrenza 1.7.2003 (art. 2 regolamento citato) e, dunque, va detto per inciso, non si pone un problema di gerarchia fra fonti nazionali e sovranazionali (in un caso per certi versi analogo, in cui però la prestazione richiesta ricadeva anche nel periodo successivo, il giudice del lavoro ha così ricostruito la disciplina europea: "Principio fondamentale dettato dal regolamento CE n. 1408/1971 è quello della parità di trattamento, in forza del quale le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri sono soggetti agli obblighi e sono ammesse ai benefici della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato ... . La disciplina comunitaria dettata da questi regolamenti in materia di sicurezza sociale è stata estesa di recente a tutti i cittadini di Pesi terzi legalmente soggiornanti con il regolamento CE 859/2003 ... . Detto regolamento ha disposto per l'appunto l'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza sociale a condizione che l'interessato sia già in una situazione di soggiorno legale ... "; cfr., trib. Trento, n. 2002/204).

Pur non ponendosi, per le ragioni già chiarite, un problema di gerarchia fra la fonte nazionale e la fonte europea, il dato normativo commentato fornisce tuttavia un elemento di valutazione utile sul piano sistematico, poiché contribuisce a delineare i caratteri fondamentali della disciplina sulla estensione delle norme in materia di previdenza e sicurezza sociale agli stranieri soggiornanti nel nostro Paese. Importa, quindi, sottolineare - sul piano sistematico e dell'interpretazione teleologica - che il complesso di norme che intersecano il tema dell'immigrazione e quello dell'handicap é armonicamente teso ad una tendenziale equiparazione fra cittadino e straniero, purché la permanenza nel territorio nazionale sia legale. Se questa è la corretta interpretazione delle norme che compongono il c.d. "statuto giuridico" dello straniero, è difficile attribuire al bisticcio concettuale riscontrato nella lettura dell'art. 80 comma 19 il significato di escludere dalla prestazione i titolari del permesso di soggiorno, sprovvisti di carta di soggiorno. Tale interpretazione introdurrebbe in un impianto normativo coerente un tassello contraddittorio, sulla cui compatibilità con il sistema costituzionale si dovrebbe dubitare. Se dovessimo, in realtà, ritenere che la norma esaminata escluda la possibilità di fruizione della provvidenza richiesta, nell'arco di tempo delimitato, pur in presenza del requisito del permesso di soggiorno, si porrebbe la questione della sua conformità con la Carta costituzionale e, in particolare, con gli artt. 2, 3, 10, 32, 35, 38 (come ritenuto dal tribunale di Milano con ordinanza 13.3.2004), giacché la disparità così introdotta non sarebbe ragionevole e contrasterebbe con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, solidarietà sociale e tutela della salute ed, infine, con il principio di parità di trattamento anche in materia di sicurezza sociale, disciplinato dalla fonte sovranazionale. Diversamente, ritiene questo giudice che il dato sistematico e quello teleologico inducono ad attribuire alla norma esaminata un significato conforme ai dettami costituzionali; dunque, la questione di legittimità costituzionale non è sollevata, in accoglimento del ricorso, deve essere riconosciuto il diritto alla provvidenza richiesta nel periodo compreso fra l'entrata in vigore dell'art. 80 comma 19 della legge 388/2000 e il rilascio della carta di soggiorno.

Ritornando allora al significato della norma esaminata, vale a dire dell'art. 80 comma 19 nella parte in cui distingue tra titolari della carta di soggiorno e del permesso di soggiorno, poiché la norma fa riferimento testualmente "alla legislazione vigente in materia di servizi sociali", pare logico ritenere che non si riferisca all'intera materia della assistenza e previdenza sociale, bensì a quei servizi gestiti localmente dagli enti comunali, preordinati allo sviluppo economico e civile della comunità territoriali, che incidono negli ambiti scolastici, di quartiere e familiare. Si tratterebbe, quindi, di un distinguo che non incide nel nucleo fondamentale dei diritti in materia previdenziale e assistenziale garantiti secondo l'ordinario criterio legato alla titolarità del permesso di soggiorno, bensì che influisce su quella congerie di agevolazioni, vantaggi e prestazioni che i servizi sociali attivi sul territorio assegnano, a seconda delle risorse disponibili anno per anno, per rafforzare il sistema di sicurezza sociale centralmente organizzato e disciplinato. La materia dei "servizi sociali" è infatti concettualmente non coincidente con quella che ci occupa relativa alle prestazioni previdenziali e assistenziali e, per le ragioni riassunte, è corretto attenersi ad un'interpretazione restrittiva che escluda le prestazioni non espressamente menzionate. Le spese di lite, liquidate d'ufficio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

definitivamente decidendo, ogni diversa e contraria istanza disattesa, dichiara sussistente il diritto di [...] alla corresponsione dell'indennità di accompagnamento da gennaio a novembre 2001, oltre a interessi legali dalla maturazione di ogni rateo al saldo; condanna l'INPS in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di lite con distrazione in favore del difensore; le liquida in [...], compensa tra le altre parti le spese di lite.