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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Modena, sentenza dell'11 gennaio 2007

 
est. Ponterio
 

Nella causa relativa a controversia in materia di assistenza e previdenza obbligatorie iscritta nel ruolo generale delle controversie di lavoro con il n. 964/05, decisa alla udienza di discussione dell'11.1.2007, promossa da [...] contro Inps. [...].

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 12.10.2005 il ricorrente premesso:

- di essere cittadino extracomunitario titolare di trattamento di mobilità dall'11.1.2004; - di essersi recato in Marocco il 15.8.2004 e di essersi ivi trattenuto fino al 2.12.2004 insieme alla moglie per prestare assistenza alla suocera gravemente ammalata; - di essere stato dichiarato decaduto dal beneficio suddetto a causa dell'allontanamento dal territorio italiano; - di aver proposto ricorso avverso il provvedimento di revoca dell'indennità, con esito negativo;

ha convenuto in giudizio l'Inps adducendo l'illegittimità della revoca disposta al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 9 l. 223/91.

L'Inps ha chiesto il rigetto della domanda facendo leva sul rinvio operato dall'art. 7 comma 12 l. 223/91 alla normativa sull'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria e sulla circolare Inps n. 3/92.

La causa, istruita sulla base di produzioni documentali ed esame di un testimone, è stata decisa all'udienza dell'11.1.2007 come da dispositivo di cui si è data lettura.

Motivi della decisione

E' pacifico in atti che il ricorrente fosse titolare dell'indennità di mobilità a far data dall'11.1.2004 (cfr. doc. 1 ricorrente).

E' inoltre pacifico che il predetto si sia allontanato dall'Italia recandosi in Marocco dal 15.8.2004 al 2.12.2004 e che a causa di ciò sia stata revocata l'indennità di mobilità (cfr. provvedimento di revoca del 16.12.2004: "si comunica la revoca dell'indennità di mobilità a far data dal 15.8.2004 causa la permanenza della S.V. in paese extracomunitario" (msg. Inps del 27.10.2003 n. 931, doc. n. 6 ric.).

E' poi dimostrato come nel periodo dal 15.8.2004 al 2.12.2004 il [...] non sia mai stato contattato dal Centro per l'impiego per proposte di lavoro, secondo quanto attestato dal responsabile del Centro con lettera prot. n. 152349 del 26.7.2005 (doc. 9 ric.).

L'art. 9 comma 1 l. 223/91 prevede: "il lavoratore è cancellato dalla lista di mobilità e decade dai trattamenti e dalle indennità di cui agli artt. 7, 11 comma 2 e 16, quando: a) rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale ... ; b) non accetti l'offerta di un lavoro che sia professionalmente equivalente ... ; c) non accetti, in mancanza di un lavoro avente le caratteristiche di cui alla lettera b), di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità ai sensi dell'art. 6 comma 4; d) non abbia provveduto a dare comunicazione entro cinque giorni dall'assunzione alla competente sede dell'Inps del lavoro prestato ai sensi dell'art. 8 comma 6; d bis) non risponda, senza giustificato motivo, alla convocazione da parte degli uffici circoscrizionali o dell'agenzia per l'impiego ai fini degli adempimenti di cui alle lettere che precedono".

Il comma 6 del medesimo articolo aggiunge che il lavoratore è cancellato dalle liste di mobilità quando: "a) sia stato assunto con contratto a tempo pieno ed indeterminato; b) si sia avvalso della facoltà di percepire in un'unica soluzione l'indennità di mobilità; c) sia scaduto il periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità di cui agli artt. 7, 11 comma 2, e 16".

Nessuna delle condizioni appena elencate si è verificata per il ricorrente.

L'Inps ha sostenuto la legittimità della revoca in base all'art. 7 comma 12 l. 223/91, in ragione del rinvio operato da tale disposizione alla disciplina sull'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

Ha poi invocato la circolare Inps n. 3 del 2.1.1992. Il richiamo a tali disposizioni appare del tutto irrilevante. L'art. 7 comma 12 l. 223/91 dispone: "l'indennità prevista dal presente articolo è regolata dalla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di cui all'art. 37 l. 88/89".

Secondo la giurisprudenza ormai pacifica, tale rinvio comporta l'applicabilità all'istituto in esame del termine di decadenza stabilito per l'indennità di disoccupazione dall'art. 129 rdl 1827/1935 (Cass., SU., 17389/02; Cass., SU., 10655/03) e presuppone, ancor prima, la necessità di presentazione di apposita domanda all'Inps, secondo la regola generale in tema di trattamenti previdenziali.

Il rinvio fatto dall'art. 7 comma 12 l. 223/91 null'altro consente di inferire in tema di disciplina sulla decadenza dal trattamento di mobilità.

La normativa richiamata dall'art. 7 comma 12 e, in particolare l'art. 129 rdl 1827/1935, contempla quale unica ipotesi di decadenza dal beneficio la mancata presentazione della domanda nel termine di sessanta giorni dall'inizio della disoccupazione indennizzabile.

La stessa Corte di cassazione (SU. 17389/02) ha rilevato che "ove si ritenesse esclusa l'applicabilità delle norme sulla domanda e sui relativi termini decadenziali, resterebbe difficile individuare altre norme sulla disoccupazione applicabili al trattamento di mobilità, sì da poter giustificare il rinvio di cui all'art. 7 dodicesimo comma".

Non può venire in considerazione l'art. 41 RDL 1827/1935 secondo cui "con decreto promosso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, su proposta del Comitato speciale dell'assicurazione per la disoccupazione involontaria, possono essere esonerati dall'obbligo di tale assicurazione, anche limitatamente a talune località, speciali categorie di lavoratori per le quali non sia possibile un regolare controllo della disoccupazione".

Sulla base di tale previsione, in mancanza del decreto ministeriale, deve ritenersi non consentito operare esclusioni in base al criterio suddetto.

L'Inps nella comparsa di costituzione ha fatto riferimento, a sostegno della legittimità della revoca, alla circolare 3/92. Prescindendo per ora da qualsiasi considerazione sulla collocazione della circolare nella gerarchia delle fonti, preme sottolineare come la stessa disciplini al par. c) il regime internazionale dell'indennità di mobilità e, in particolare, le ipotesi di cumulabilità dei regimi assicurativi italiani ed esteri.

Il par. c) n. 2) detta specifiche disposizioni per la conservazione del diritto alla indennità di mobilità in caso di trasferimento in altro Stato convenzionato.

In particolare, si prevede: "il tenore delle disposizioni contenute nell'art. 7 l. 223 commi 8 e 12 consente di estendere all'indennità di mobilità il principio del mantenimento del diritto e, quindi, del pagamento della prestazione nell'ipotesi che gli interessati si rechino in Paesi convenzionati alla ricerca di un'occupazione ... . La conservazione del diritto è naturalmente soggetta alle condizioni ed ai limiti previsti dalla regolamentazione internazionale ... . Ne consegue che, al pari degli altri disoccupati, il lavoratore in mobilità può beneficiare dell'indennità in argomento per un periodo massimo di tre mesi qualora si trasferisca in altro Stato membro".

Le disposizioni in esame attengono ai casi di trasferimento del lavoratore in mobilità in altro Stato convenzionato e prevedono il mantenimento dell'indennità per un periodo massimo di tre mesi.

Affinché operi tale previsione è necessario un trasferimento, cioè uno spostamento tendenzialmente definitivo, in uno Stato convenzionato, finalizzato alla ricerca di una occupazione. E' fin troppo evidente come tutti questi requisiti difettino nella fattispecie oggetto di ricorso.

Il [...] non si è trasferito ma ha fatto rientro in Marocco, paese non convenzionato, per un periodo delimitato e non per cercare una nuova occupazione.

L'Inps nella comparsa di costituzione ha infine richiamato il messaggio n. 931 del 27.10.2003 sostenendo l'applicabilità della relativa disciplina al ricorrente in virtù della equiparazione, disposta dall'art. 2 d.lgs. 286/98, dello straniero regolarmente soggiornante in Italia al cittadino italiano.

Effettivamente l'art. 2 d.lgs. 286/98 prevede: "lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le Convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente Testo unico dispongano diversamente". Deroghe sono dettate dall'art. 25 d.lgs. 286/98 in materia di previdenza e assistenza per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale.

Il ricorrente era ed è titolare di permesso di soggiorno per lavoro subordinato (anche stagionale) (cfr. doc. 3 ricorrente). Il messaggio del direttore centrale Inps n. 931 del 27.10.2003 è volto a chiarire alcuni aspetti dell'indennità ordinaria di disoccupazione e dell'indennità di mobilità in favore dei lavoratori che espatriano per brevi periodi.

Il messaggio precisa: "il lavoratore che espatria per motivi di lavoro o per raggiungere la residenza di un familiare all'estero decade dal diritto alle prestazioni di disoccupazione nonché all'indennità di mobilità".

Aggiunge: "nel caso in cui il lavoratore, titolare di una qualsiasi delle prestazioni di disoccupazione, espatri per brevi periodi, motivati da gravi e comprovati motivi di salute, personale o di un familiare, o da altri motivi familiari (ad esempio, matrimonio, lutto) ... lo stesso conserva il diritto alle prestazioni stesse, presentando idonea documentazione attestante i motivi dell'espatrio (certificato di matrimonio, certificati medici, certificato di morte ecc.)".

Il messaggio indica "le ipotesi più significative di espatrio per brevi periodi: 1. congedo per matrimonio nei limiti di quindici giorni ... ; 2. espatrio per motivi di salute propria o di un familiare; 3. espatrio per lutto di un familiare all'estero nel limite di tre giorni ... più i giorni necessari per il viaggio".

Nella parte finale, il messaggio prende in esame la situazione dei lavoratori extracomunitari e prevede: "occorre citare l'art. 2 d.lgs. 286/98 che, sotto il profilo delle prestazioni assicurative sociali, prevede l'equiparazione dei lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, ai cittadini italiani: ne consegue che le istruzioni sopra indicate valgono anche per tali lavoratori nel caso in cui rientrino, con le stesse modalità e per gli stessi motivi sopra indicati, nei paesi d'origine".

Va anzitutto rilavato il carattere generico, frammentario e non esaustivo della disciplina dettata dal messaggio. Essa investe solo alcune ipotesi e lascia priva di istruzioni la zona intermedia tra le fattispecie espressamente contemplate.

Il messaggio sancisce la decadenza dai benefici per colui che espatria per motivi di lavoro o per raggiungere la residenza di un familiare all'estero.

Il termine "espatriare", letteralmente andar fuori dalla propria patria, è considerato sinonimo di emigrare. Esso è contrario a rimpatrio.

Tali espressioni sottintendono un allontanamento o un rientro definitivi o per lungo periodo.

Non solo, il messaggio esplicita che tale allontanamento deve avvenire per motivi di lavoro o per raggiungere la residenza di un familiare all'estero, espressione quest'ultima che sembra doversi intendere come ricongiungimento al familiare nella residenza estera, quindi di fatto trasferimento per un periodo di tempo lungo.

Il messaggio consente al lavoratore di conservare il diritto alle prestazioni nel caso in cui lo stesso espatri per brevi periodi, limitati a pochi giorni, per le causali esemplificativamente elencate.

Restano senza istruzioni i casi di allontanamento dall'Italia per periodi non brevissimi, non giustificati da matrimoni, lutti o gravi ragioni di salute proprie o di un familiare né sorretti dalla finalità di cercare lavoro o di ricongiungersi ad un familiare.

Nel caso di specie, il [...] è rientrato in Marocco dal 15.8.2004 al 2.12.2004, quindi per un periodo di circa tre mesi e mezzo.

Non si è recato in Marocco per cercare lavoro, essendo in passato emigrato dal paese d'origine alla ricerca altrove di un'occupazione, né aveva la finalità di ricongiungersi definitivamente a qualche familiare residente in Marocco posto che il suo nucleo familiare ha viaggiato insieme a lui.

Non possono dirsi integrati nei confronti del ricorrente i presupposti a cui il messaggio 931 collega la decadenza dal beneficio di mobilità.

[...], d'altra parte, non è rimasto in Marocco solo pochi giorni, bensì tre mesi e mezzo, né vi si é recato per ragioni di lutto o matrimonio.

Egli ha addotto di avere assistito, insieme alla moglie, l'anziana suocera ammalata e sola, come da documentazione prodotta (cfr. doc. 4 e 5 ricorrente).

La documentazione non dimostra una particolare gravità delle condizioni di salute della suocera né l'assoluta necessità di partecipazione del ricorrente nell'assistenza alla predetta.

Quindi, nei confronti del ricorrente non possono dirsi integrati neanche i requisiti che consentirebbero, in base al messaggio 931, la conservazione del trattamento.

Ma se anche si leggesse il messaggio Inps come idoneo a determinare la decadenza dai benefici in tutti i casi diversi dall'espatrio per brevi periodi, secondo l'impostazione data da parte convenuta, ne risulterebbe evidente l'illegittimità.

Come è noto, l'indennità di mobilità costituisce una intervento di politica sociale funzionale al sostegno, sul piano economico, della personale condizione di disoccupazione del lavoratore, già licenziato, nel periodo di ricerca di una nuova occupazione (cfr. Cass., SU., 11326/05).

Sulla base della disciplina normativa, assai complessa ed articolata, può dirsi che l'indennità di mobilità spetti ai lavoratori licenziati collettivamente da imprese che abbiano determinate dimensioni e caratteristiche ed appartengano a specifici settori produttivi, indipendentemente dal fatto che vi sia stato un previo intervento della Cassa integrazione.

Più esattamente, possono usufruire del trattamento i dipendenti di imprese che rientrino nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale e che siano stati iscritti nella lista di mobilità. Occorre inoltre che lo stato di disoccupazione derivi da specifici eventi quali l'impossibilità per l'impresa che si sia avvalsa dell'intervento straordinario della Cassa di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi o, indipendentemente da ciò, il licenziamento collettivo per riduzione o trasformazione di attività o di lavoro.

Costituisce poi requisito soggettivo il possesso di una anzianità lavorativa specifica ai sensi dell'art. 16 comma 1 l. 223/91.

I casi di decadenza dal trattamento sono tassativamente elencati dall'art. 9 ed includono l'assunzione a tempo indeterminato, il rifiuto di partecipazione ad un corso di formazione, il rifiuto di un lavoro equivalente al precedente con retribuzione non inferiore del 10% o un impiego di pubblica utilità oppure la mancata comunicazione all'ente previdenziale di un impiego a tempo parziale o a tempo determinato.

In tale contesto normativo, il messaggio del direttore Inps introduce non solo una ipotesi di decadenza ulteriore rispetto a quelle previste dalla l. 223/91 ma finisce per aggiungere, quale requisito necessario per il conseguimento e la conservazione del beneficio, la presenza fisica del lavoratore sul territorio nazionale non contemplata dalle disposizioni di legge.

Il requisito della presenza fisica sul territorio nazionale e la connessa ipotesi di decadenza dettata per il caso di allontanamento per periodi non brevi non sono previsti da alcuna disposizione di legge ma sono stati introdotti solo dal messaggio Inps.

Il messaggio del direttore Inps, al pari di una circolare, costituisce atto interno, diretto ad organi o uffici sott'ordinati, privo di efficacia normativa o provvedimentale o comunque vincolante per i soggetti estranei all'amministrazione. Esso non ha alcuna capacità di innovare, integrare o sostituirsi ad una norma di legge, della quale rimane fonte subordinata.

La disciplina introdotta dall'Inps non può giustificarsi in nome del rischio che il lavoratore, recandosi all'estero, perda occasioni di lavoro, rischio che sarebbe prospettato in maniera generica ed indifferenziata, senza alcun riferimento alle concrete modalità di espatrio, alla durata ed alle condizioni dello stesso.

La l. 223/91 all'art. 9 si è fatta carico peraltro di tale aspetto ed ha scelto di sanzionare con la decadenza dal beneficio non il mero rischio che si perdano occasioni di lavoro bensì l'effettivo rifiuto dell'offerta di lavoro o di percorsi di formazione.

Nel caso di specie, il lavoratore prima di recarsi in Marocco aveva adottato una serie di precauzioni volte a limitare al massimo un simile rischio (cfr. deposizione teste [...]) ed è comunque dimostrato che nel periodo di permanenza in Marocco non vi fu per il [...] alcuna proposta di impiego (cfr. doc. 9 ricorrente).

Il teste [...] ha dichiarato: "io lo accompagnai al Centro per l'impiego e lì parlammo con un impiegato che disse che lui poteva partire per il Marocco. Ci dissero anche che [...] poteva stare tranquillo perché aveva una mobilità lunga di 36 mesi e che non si prevedeva una chiamata a breve. Ci dissero che doveva lasciare un numero di telefono e meglio ancora il nominativo di una persona italiana a cui l'ufficio avrebbe fatto riferimento. Io diedi il mio nominativo, il numero di cellulare e di fax. [...] mi lasciò le sue chiavi di casa per andare a controllare la posta ma non arrivò nulla. Ogni dieci giorni [...] mi telefonava per sapere se vi erano novità ... ".

Dal doc. n. 9 di parte ricorrente si ricava che il Centro per l'impiego aveva, oltre al numero di cellulare del [...], il nominativo del sig. [...] con indirizzo e numeri di telefono.

Le previsioni del messaggio Inps non sembrano giustificabili neanche in ragione dell'impossibilità per l'Istituto di verificare uno stato di disoccupazione all'estero (cfr. circolare Inps 123/99 sull'indennità di disoccupazione agricola e a requisiti ridotti).

Non si comprende perché un simile accertamento debba considerarsi precluso e, nel caso di specie, parte convenuta non ha neanche allegato un possibile stato di occupazione del [...] nel periodo trascorso in Marocco, rilevante ai sensi dell'art. 9 l. 223/91.

Il messaggio Inps è quindi illegittimo in quanto introduce un requisito a cui collega un'ipotesi di decadenza che la legge non pone affatto e che appare, oltre che privo di ragioni plausibili e coerenti con la funzione dell'indennità di mobilità, anche in contrasto con principi costituzionali.

L'Inps ha sottolineato come l'estensione ai cittadini extracomunitari della disciplina di cui al messaggio 931/2003 trovi fondamento nella equiparazione dei predetti ai cittadini italiani, in conformità al disposto dell'art. 2 d.lgs. 286/98.

In realtà, il principio di parità di trattamento non può dirsi rispettato qualora una identica disciplina sia riservata a situazioni significativamente diverse.

Non è conforme all'art. 3 Cost. equiparare la condotta del cittadino extracomunitario che nei periodi di disoccupazione rientri temporaneamente nel proprio paese d'origine con quella di un cittadino italiano che, nelle stesse condizioni, si reca all'estero.

Per il cittadino italiano l'espatrio potrebbe anche essere occasione di vacanza, divertimento o ricerca di lavoro laddove il cittadino extracomunitario che fa ritorno nel paese d'origine è essenzialmente mosso dall'esigenza di adempiere ai doveri familiari e, spesso, anche dalla necessità di risparmio legata alla carenza di reddito (cfr. sentenza trib. Ravenna, 25.9.2002, Il lav. nella giurisp., 2005, 5, 455 e ss.).

Ulteriori profili di iniquità sembrano derivare in concreto dalle diverse modalità e condizioni di espatrio.

Il rientro del [...] nel paese d'origine è stato rilevato dai timbri apposti sul passaporto.

Questa forma di controllo non sarebbe attuabile nei confronti di cittadini comunitari.

Solo costoro potrebbero, nei periodi di disoccupazione, ritornare tranquillamente nei paesi d'origine senza rischiare di perdere l'indennità di mobilità.

Il messaggio Inps 931/03, in quanto illegittimo, deve essere disapplicato con conseguente venir meno di ipotesi di decadenza non contemplate dalla l. 223/91.

L'allontanamento del [...] dal territorio italiano ed il rientro in Marocco per il periodo risultante dagli atti non consentivano la revoca dell'indennità di mobilità.

La revoca, in quanto disposta al di fuori dei casi previsti dalla legge, deve qualificarsi come illegittima con conseguente condanna dell'Inps a corrispondere al [...] la indennità di mobilità a far data dalla revoca stessa.

Al ricorrente devono essere corrisposti interessi legali e rivalutazione monetaria a decorrere dalla data suddetta e fino al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

visti gli artt. 442, 429 c.p.c., definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta, condanna l'Inps a corrispondere al ricorrente l'indennità di mobilità a far data dalla revoca, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria sui singoli ratei via via spettanti a decorrere dalla data suddetta e fino al saldo. Condanna l'Inps alla rifusione delle spese di lite [...].