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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Catania, decreto del 4 agosto 2006

 
est. Escher
 

[...]. Ritenuta la domanda cautelare avanzata da [...], intesa ad ottenere in via di urgenza ex art. 700 c.p.c. un provvedimento che gli consenta di permanere nel territorio italiano, e ciò al fine di assicurare gli effetti della domanda cautelare intesa al riconoscimento del diritto d'asilo ex art. 10, co. 3 Costituzione. Ritenuta la comparsa di costituzione del Ministero dell'interno che ha chiesto il rigetto della domanda;

osserva quanto segue.

Sussiste il fumus bonis juris potendosi formare un giudizio prognostico circa la probabile sussistenza dei presupposti. E', invero, noto che il riconoscimento dello status di rifugiato e il diritto di asilo vanno tenuti distinti e che la non coincidenza è data dalla minore ampiezza della prima categoria rispetto a quella degli aventi diritto di asilo. Ed invero, in base all'art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 rifugiato è "colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinione politiche, si trova fuori dal paese di cui è cittadino e non può, o non vuole, a causa di questo timore, reclamare la protezione di questo paese". Mentre nell'ipotesi del rifugio occorre che il richiedente dimostri se non la persecuzione in concreto quanto meno un fondato timore di essere perseguitato, presupposto per il riconoscimento del diritto di asilo allo straniero è la sua provenienza da un paese nel quale sia impedito l'effettivo esercizio (sicchè irrilevante è che esso sia solo teoricamente affermato, ma non concretamente praticato) delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

La norma, come già affermato da questo tribunale, per la sua formulazione e per la sua ampiezza, ricomprende tutte le ipotesi in cui siano comunque ravvisabili, nel paese di origine dello straniero richiedente, situazioni integranti preclusioni, di diritto e/o di fatto, alla piena e concreta esplicazione dei diritti di libertà riconosciuti e sanciti dalla Costituzione italiana. Vengono in tal modo in considerazione, ai fini del riconoscimento del diritto di asilo, tutti quei casi in cui (anche a prescindere ed indipendentemente dalla probabilità o meno di un grave pericolo per l'incolumità della singola persona interessata e/o dalla effettiva configurabilità di uno specifico "fumus persecutionis" in danno della stessa persona) la situazione oggettiva del paese di provenienza del soggetto richiedente comporti, per quest'ultimo, l'esistenza di preclusioni, di diritto e/o di fatto, all'effettiva partecipazione (in condizioni di pari dignità sociale e di uguaglianza) all'organizzazione politica, economica e sociale del paese (secondo le incisive formulazioni dell'art. 3 della nostra Costituzione), e, in particolare, incida in modo negativo sul pacifico godimento dei diritti e delle libertà caratteristici della democrazia ed afferenti alla sfera dei rapporti civili (libertà personali, di associazione, di pensiero e di stampa, diritto di azione e di difesa in giudizio; v. il Titolo I della prima parte della Costituzione), e/o alla sfera dei rapporti etico - sociali (libertà della famiglia, dell'arte e della scienza; v. il Titolo II della stessa prima parte), e/o alla sfera dei rapporti economici (tutela del lavoro, libertà di organizzazione sindacale e di sciopero; v. il Titolo III), e alla sfera dei rapporti politici (diritto di elettorato attivo e passivo, libertà di costituzione di partiti politici, v. il Titolo IV della prima parte).

Chiarita la distinzione tra i due istituti, sussiste - come si diceva - il fumus boni iuris in ordine al riconoscimento del diritto di asilo.

Tale domanda, peraltro, non può ritenersi preclusa dal fatto che l'istanza (amministrativa) di asilo presentata dall'interessato non sia stata previamente e formalmente esitata in quella sede (essendosi la Commissione centrale limitata a denegare lo status di rifugiato) e ciò stante la sostanziale diversità di figure. Le superiori considerazioni (deponenti nel senso della inconfigurabilità di condizioni di proponibilità o di procedibilità della domanda), appaiono, del resto, coerenti con la attribuzione, alla giurisdizione ordinaria (Cass., SU n. 707/99), della cognizione delle controversie concernenti l'asilo politico, costituente un vero e proprio diritto soggettivo perfetto (direttamente nascente dalla norma - ad efficacia precettiva immediata - dell'art. 10 Cost., anche in mancanza di una legge ad hoc - pur prevista e consentita dallo stesso testo costituzionale - , specificativa delle condizioni di esercizio e delle modalità di godimento del medesimo diritto; vedi Cass. n. 4674/94, cit.).

Ciò posto, passando all'esame del fumus boni iuris, le risultanze processuali consentono di ritenere sussistente (in prognosi) il diritto soggettivo di asilo dedotto dallo [...], alla luce dell'espresso dettato letterale dell'art. 10, in favore dello "straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana". E tale situazione di effettivo impedimento all'esercizio delle libertà democratiche (nel senso sopra delineato) è configurabile nel caso di specie, essendo notori (nonché comprovati dalle informazioni sul punto acquisibili presso le organizzazioni, intergovernative e non, operanti nel settore della cooperazione internazionale ed umanitaria) l'oggettiva carenza, nel paese di origine dell'odierno ricorrente, lo Sri Lanka (ed in relazione ai disordini politici e sociali ivi in atto), il grave deficit di legalità nei settori vitali delle libertà di pensiero e di associazione, dei processi di formazione degli organi titolari della funzione di indirizzo politico e dei processi di elaborazione ed adozione delle decisioni di interesse generale. E ciò tanto più che il ricorrente è di etnia Tamil; che è in atto un grave conflitto etnico, che ha visto numerosi morti nei combattimenti tra governativi e ribelli separatisti delle Tigri Tamil (Ltte); che dopo circa vent'anni di guerra civile, nel 2002 è stata siglata una tregua tra i combattenti; che tuttavia il 13.8.2005 è stato proclamato lo stato di emergenza e ciò a seguito dell'assassinio dell'allora ministro degli esteri, stato di emergenza ancora in vigore.

Pertanto, va adottato sia un provvedimento inibitorio dell'espulsione sia il chiesto ordine di rilascio, al ricorrente, di un permesso di soggiorno per esigenza di protezione umanitaria, ai sensi dell'art. 5, co. 6, del d.lgs. n. 286/98 (provvedimenti, questi, che, in quanto volti alla tutela giurisdizionale cautelare di diritti personalissimi, non sono impediti dalla norma generale dell'art. 4 della l. n. 2248/1865 all. E, ed anzi trovano sostegno negli artt. 31 e 32 della l. n. 189 del 2002, che hanno sancito il diritto dei richiedenti asilo al rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento del diritto, ed hanno precluso - in pendenza della domanda di asilo - l'esecuzione di provvedimenti di espulsione già emessi).

Pur non essendo contenuta alcuna disposizione al riguardo nei nuovi tre commi introdotti nell'art. 669 octies (introdotti dalla legge 14.3.2005, n. 80) in applicazione estensiva dell'art. 23 co. 2 della legge n. 5 del 2003, va provveduto sulle spese.

Ricorrono giusti motivi, stante la natura delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese processali.

P.Q.M.

ordina in via provvisoria e d'urgenza al Ministero dell'interno di astenersi dall'adottare qualsiasi provvedimento diretto ad espellere [...] dal territorio dello Stato, ordina al Ministero suddetto di rilasciare al ricorrente un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione del giudizio di riconoscimento del diritto di asilo. [...].