ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale di Reggio Emilia, sentenza del 5 marzo 2007 n. 257

 
est. Fanile
 

[...] nei confronti di [...] arrestato il 27.9.2006 - scarcerato il 28.9.2006, libero assente [...] e [...] arrestato il 27.9.2006 - scarcerato il 28.9.2006, libero presente, imputati il primo per il reato previsto dall'art. 14 co. 5 bis e ter del d.lgs. 14.9.2004 n. 241 convertito nella l. 12.11.2004 n. 271, perché essendo straniero ed avendogli il questore di Reggio Emilia ordinato in data 18.9.2006 di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni, senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato, ed in particolare in Reggio Emilia, dove veniva trovata in data 27.9.2006. [...]; il secondo per il reato previsto dall'art. 14 co. 5 bis e ter del d.lgs. 25.7.1998 n. 286 come modificato dal D.L. 14.9.2004 n. 241 convertito nella l. 12.11.2004 n. 271, perché, essendo straniero ed avendogli il questore di Bergamo ordinato in data 31.5.2006 di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni, senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato, ed in particolare in Reggia Emilia, dove veniva trovato in data 31.5.2006. [...].

Motivazione

All'udienza del 19.10.2006, in sede di giudizio direttissimo conseguente a convalida d'arresto in flagranza, i difensori di entrambi gli imputati hanno fatto richiesta di giudizio abbreviato, condizionato, quanto al P. O., all'acquisizione di documenti e all'esame di un teste a difesa. Ammesso il giudizio abbreviato, esaurita l'istruttoria richiesta da P. O., le parti hanno discusso e concluso come in atti.

Più semplice appare la posizione di S. T., il quale va senz'altro prosciolto dalla imputazione ascrittagli. Egli è stato infatti tratto in arresto e poi a giudizio direttissimo per violazione dell'ordine del questore di Reggio Emilia, in data 18.9.2006 che gli intimava di lasciare entro cinque giorni il territorio nazionale. Sennonché dal medesimo tenore del provvedimento risulta che lo stesso è stato emesso perché il prevenuto non aveva ottemperato a un precedente ordine dello stesso questore, di identico contenuto, in data 4.11.2005. Orbene, secondo l'orientamento della Suprema Corte che appare preferibile, e a cui questo tribunale intende conformarsi, non è possibile, dopo un primo ordine del questore rimasto inottemperato, eseguire il provvedimento prefettizio di espulsione attraverso un nuovo ordine del questore, ma solo attraverso l'accompagnamento coattivo alla frontiera, o il trattenimento presso un Centro di permanenza temporanea. L'ordine reiterato risulta in tal caso emesso in situazione di carenza di potere, e va disapplicato in quanto illegittimo.

La conseguenza, mancando uno degli elementi costitutivi della fattispecie penale, é l'assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto.

Più complessa la posizione del P. O., che deve essere esaminata nel merito. Dopo la reiezione della domanda di asilo politico da lui presentata successivamente all'arrivo clandestino in Italia, e la reiezione (per la pendenza della procedura italiana) di analoga domanda proposta al Governo del Regno Unito, P. O. fu destinatario del decreto di espulsione del prefetto di Bergamo in data 31.5.2006 e del coevo ordine del questore di Bergamo di cui oggi si discute. Assume al riguardo l'imputato che la inottemperanza all'ordine è stata determinata da giustificato motivo.

La tesi difensiva risulta fondata. Nella riproposizione della domanda di asilo acquisita agli atti, il prevenuto enuncia dettagliatamente le circostanze che lo costrinsero a lasciare la Nigeria, vale a dire la recrudescenza di un conflitto etnico economico fra due gruppi insediati sullo stesso territorio, nel quadro di un contrasto sempre latente per l'accaparramento delle risorse petrolifere. La famiglia di P. O., padre, madre e tre fratelli - di rango reale nell'etnia soccombente - così come quelle di altri dignitari e possidenti, risulta essere stata sterminata dal gruppo avverso, mentre l'attuale imputato, unico discendente superstite, si trovava a Ben City - sempre in Nigeria - per attendere agli studi universitari. Di qui la fuga in Occidente e la richiesta di asilo. Un eventuale ritorno in patria, secondo la difesa, porrebbe a grave rischio l'incolumità personale di P. O., potendo far temere agli antagonisti l'esistenza di propositi di rivalsa, con rivendicazione sia delle proprietà familiari sottratte, sia dei diritti ereditari al trono.

L'articolata vicenda non è solo enunciata dall'imputato, ma comprovata da una lettera scrittagli (su carta intestata) dal legale di famiglia, Mr. E. T. Negbeueborg, che manifesta il compiacimento dell'etnia e suo personale per lo scampato pericolo dell'erede al trono, ma nel contempo sconsiglia un prossimo ritorno per non rinfocolare le ostilità fra le due comunità. Ed è confermata altresì dalla deposizione di una zia di P. O. -sorellastra della madre, la quale, non senza commozione, esaminata qual teste a difesa, ha puntualmente confermato le tragiche vicende familiari, e l'incapacità del governo federale nigeriano di garantire l'ordine e la sicurezza personale nella contrastata regione del Delta del Niger (R. O., ud. 7.12.2006).

Non v'è dubbio, dunque (come del resto ha ritenuto il giudice di pace di Reggio Emilia, accogliendo per le stesse ragioni l'opposizione contro il nuovo decreto prefettizio di espulsione in data 28.9.2006) che P. O. si sia trattenuto tutt'altro che ingiustificatamente sul territorio dello Stato, e che debba pertanto essere assolto dall'imputazione ascrittagli per insussistenza del fatto.

P.Q.M.

il tribunale, visto l'art. 530 c.p.p. assolve gli imputati dai reati loro rispettivamente ascritti perché i fatti non sussistono. [...].