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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Brescia, ordinanza del 15 gennaio 2007 n. 615

 
est. Magnoli
 

Nella causa in primo grado iscritta al ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2006 al numero 181, promossa con ricorso depositato in data 1.2.2006 da [...] nata a Vlore - Albania il [...], contro Istituto nazionale della previdenza sociale - Inps [...], e contro Ministero dell'economia e delle finanze [...].

A scioglimento della riserva, assunta all'udienza dell'8.1.2007, ha emesso la seguente ordinanza.

Con ricorso al giudice del lavoro del tribunale di Brescia [...], premesso di essere coniugata con due figlie minori e che, a seguito di un gravissimo incidente stradale avvenuto in Comune di Montichiari, versa in stato di coma vegetativo, in conseguenza del quale con domanda amministrativa del 24.3.2005 ha richiesto il riconoscimento del diritto all'indennità di accompagnamento, ex art. 1 legge n. 18/l980, i cui requisiti sanitari sono stati riconosciuti dalla Commissione sanitaria competente nella seduta del 24.3.2005, non accolto (provvedimento 23.8.2005 del Servizio provvidenze economiche agli invalidi civili dell'A.S.L.) per il mancato possesso della "carta di soggiorno", richiesto dall'art. 80, co. 19, legge 23.12.2000, n. 388, con effetto dall'1.1.2001, ha convenuto in giudizio l'Inps ed il Ministero dell'economia e delle finanze, chiedendo l'attribuzione della provvidenza in oggetto, previa declaratoria di incostituzionalità della disposizione sopra richiamata, preclusiva dell'accoglimento dell'istanza, per violazione del disposto di cui all'art. 35 Costituzione, in relazione a quanto stabilito negli artt. 6 Convenzione O.I.L. n. 97/1949, ratificata con legge n. 1305/1952, e 10 Convenzione O.I.L. n. 143/1975, ratificata con legge n. 158/1981, nonché per violazione del disposto di cui agli artt. 3, 38 e 35 della Carta. L'Inps, costituendosi, ha contestato la fondatezza della questione, perché proposta con riferimento a discipline inerenti la materia previdenziale, mentre oggetto della controversia è un istituto, l'indennità di accompagnamento, a carattere assistenziale, per il quale nessun limite potrebbe porsi alla sfera di autonoma determinazione del legislatore nazionale.

Il Ministero dell'economia e delle finanze, costituendosi, ha chiesto il rigetto della domanda. La causa è stata istruita mediante l'acquisizione delle prove documentali offerte in comunicazione, e con prova testimoniale, atte, entrambe, ad attestare la presenza in concreto di tutti i requisiti, biologici ed extrabiologici, richiesti per l'attribuzione della prestazione dall'art. 1, legge n. 18/1980 (impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, o bisogno di assistenza continua per l'inidoneità a compiere gli atti quotidiani della vita, attestati dalla stessa valutazione in tal senso resa dalla competente Commissione sanitaria; onerosità del ricovero della sig.ra [...]., comprovata documentalmente dall'attestazione dell'Istituto presso il quale è ricoverata, con allegate ricevute di pagamento, nonché dalla deposizione testimoniale della sig.ra [...]).

Nelle more del giudizio la difesa di parte attrice chiedeva disporsi la sospensione del giudizio con rinvio della questione di costituzionalità, come sollevata, alla Corte costituzionale, previa adozione di provvedimento d'urgenza, ex art. 700 c.p.c., che disponga in via provvisoria la condanna dell'Inps al pagamento in favore della ricorrente dell'indennità di accompagnamento a far data dalla domanda amministrativa, o comunque dall'1.5.2005, fino alla decisione nel merito della controversia.

A scioglimento della riserva assunta all'udienza dell'8.1.2007 il giudice rileva quanto segue: 1) il ricorrente, attese le sopra richiamate emergenze istruttorie, deve ritenersi in possesso di tutti i requisiti di legge per fruire dell'indennità di accompagnamento, secondo il disposto di cui all'art. 1 legge n. 18/1980; 2) l'attribuzione di tale provvidenza gli è stata negata in applicazione della disposizione di cui al co. 19 dell'art. 80 della legge 23.12.2000, n. 388, per effetto della quale "ai sensi dell'art. 41 del decreto legislativo 25.7.1998, n. 286 ... le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno ... " 3) è incontroverso che l'indennità di accompagnamento rientri tra le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali; 4) dunque il diniego della provvidenza costituisce atto dovuto in applicazione della disposizione in parola, e, pertanto, la questione di legittimità costituzionale della stessa, ove non manifestamente infondata, è senz'altro rilevante ai fini del decidere, costituendo essa stessa l'unico elemento preclusivo per l'accoglimento della domanda.

La questione di costituzionalità della norma appare non manifestamente infondata con riferimento ai principi di solidarietà sociale, di cui all'art. 2 Costituzione, e di parità e non discriminazione, di cui all'art. 3, oltre che con l'art. 38 e 32.

Infatti i benefici economici di cui alla legge n. 118/1971 ed alla legge n. 18/1980 si inquadrano nell'ambito della assistenza sociale, prevista dall'art. 38 per assicurare tutela a soggetti sprovvisti di reddito e/o notevolmente menomati nell'integrità psicofisica, anche sotto forma di tutela economica, destinata a renderne effettivamente possibile la cura e l'integrazione. Va pertanto affermato il valore universalistico di dette forme di tutela, poste a presidio di diritti fondamentali della persona umana, perché volte a contribuire al mantenimento di condizioni minime di dignità della stessa.

Ne consegue che la norma in questione, inibendo allo straniero stabilmente e regolarmente presente nel territorio nazionale, se privo di carta di soggiorno, la fruizione delle provvidenze assistenziali, ed in particolare dell'indennità di accompagnamento, di cui all'art. 1, legge n. 18/1980, anzitutto diversifica, in violazione dell'art. 3 Cost., il trattamento di situazioni identiche senza alcuna giustificazione razionale.

Poiché l'elemento distintivo tra i due titoli di permanenza in Italia (la carta ed il permesso) è principalmente costituito dalla dimostrazione, richiesta per la sola carta di soggiorno, di un reddito sufficiente per il sostentamento dello straniero e dei suoi familiari (la carta di soggiorno, ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 286, come modificato dalla legge 30.7.2002 n. 189, può essere ottenuta unicamente da "lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno sei anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari"), la scelta adottata dal legislatore appare in contrasto rispetto ai valori di solidarietà di cui all'art. 2 della Carta fondamentale.

Ma soprattutto appare in se stessa contraddittoria sul piano logico, e contrastante con le finalità proprie dell'assistenza, ai sensi dell'art. 38; infatti si decide di riservare il trattamento assistenziale allo straniero economicamente autosufficiente (tanto da mantenere stabilmente se stesso ed i propri familiari, condizione, questa, richiesta per la carta di soggiorno), mentre per un verso l'intervento assistenziale si rende tanto più necessario quanto più intensa è la situazione di bisogno, e, per altro verso, esso è espressamente concepito nell'art. 38 proprio a favore degli inabili al lavoro che risultino sprovvisti di mezzi necessari.

Né tale scelta può fondarsi sul principio di reciprocità nei rapporti internazionali, avendo il legislatore italiano fatto propria la regola dell'universalità dei diritti umani, con la stessa Costituzione, la quale, peraltro, all'art. 11 ha stabilito che la Repubblica promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte allo scopo della costituzione di un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni, all'art. 10, co. 1, che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute ed all'art. 35 che la Repubblica promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.

Dunque il contenuto di tali accordi può definirsi, sia pur indirettamente, costituzionalizzato, nel senso che rappresenta un vincolo per il legislatore nazionale, il quale non può legittimamente, pena la violazione del disposto di cui agli artt. 10, 11 e 35 della Carta, introdurre norme che neghino l'esercizio di diritti riconosciuti dalle Convenzioni internazionali in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale.

Poiché l'art. 6 della Convenzione O.I.L. n. 97/1949 (di cui, per ratifica ed esecuzione, alla legge n. 1305 del 1952) espressamente prevede che sia assicurato all'immigrato, da ogni Membro aderente, un trattamento non meno favorevole di quello applicato ai propri cittadini anche in materia di sicurezza sociale (e perciò per gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, la maternità, la malattia, la vecchiaia, il decesso, la disoccupazione ed i carichi di famiglia, ed ogni altro evento che, conformemente alla legislazione nazionale, sia coperto da un sistema di sicurezza sociale), e l'art. 10 della Convenzione O.I.L. n. 143/1975 (di cui, per ratifica e esecuzione, alla legge n. 158 del 1981) garantisce parità di opportunità e di trattamento anche in materia di sicurezza sociale per i lavoratori migranti, la norma di cui al co. 19 dell'art. 80 della legge n. 388 del 2000 si pone, quindi, in contrasto con gli artt. 11 e 35 sopra richiamati, perché nega condizioni di omogeneità a soggetti parimenti bisognosi di assistenza pubblica, sia perché, pur se stabilmente dimoranti e lavoranti nel territorio nazionale, non sono né cittadini italiani né appartenenti all'unica fascia degli stranieri che per legge merita protezione (cioè quella delle persone economicamente autosufficienti). In sostanza, il diritto alla prestazione assistenza deriva, per il solo straniero, dal conseguimento di una condizione protratta a lungo (sei anni) di autosufficienza economica, ed è invece escluso per lo straniero indigente.

A ciò si aggiunga che il diritto all'indennità di accompagnamento, di cui alla legge n. 18 del 1980, previsto a favore della persona in tale grado di deficit psico-fisico da non poter deambulare autonomamente o da non riuscire ad effettuare da solo gli atti quotidiani della vita e da aver perciò necessità di assistenza continua, rientra sicuramente, ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modificazioni e integrazioni, tra quei diritti della persona umana garantiti dalle Convenzioni internazionali in vigore e dai principi del diritto internazionale generalmente riconosciuto, che sono assicurati a chi sia comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato (art. 2, co. 1), tra i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano di cui deve godere chiunque sia regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato (art. 2, co. 2), tra i diritti alla parità di trattamento ed alla piena eguaglianza [...] rispetto ai lavoratori italiani, assicurati a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti (art. 2, co. 3), nonché, e comunque, alle provvidenze e prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale a cui deve essere garantito l'accesso in condizioni di parità a tutti gli stranieri (art. 41); in questo quadro, il trattamento di inabilità di cui all'art. 12 della legge n. 118 dal 1971 e l'indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 18 del 1980 devono ritenersi spettanti, in presenza dei relativi presupposti, a qualsiasi persona, purché legittimamente presente in modo stabile sul territorio nazionale.

Le sopra richiamate norme del d.lgs. n. 286/1998, in quanto espressioni dei principi costituzionali di tutela della persona umana, di divieto di discriminazioni e di tutela del lavoro e dell'inabilità, ne costituiscono altrettante specificazioni, onde il diverso disposto, espresso nel co. 19 dell'art. 80 della legge 23.12.2000 n. 388, ben lungi dal realizzare una disciplina speciale, prevalente su quella generale, pare direttamente porsi in contrasto non solo con le norme attuative ma pure con i sopra richiamati principi costituzionali di solidarietà, uguaglianza, protezione del lavoro e dell'inabilità.

Tanto premesso, si deve concludere nel senso del dubbio, per le ragioni sopra indicate, circa la conformità a Costituzione della sopra richiamata disposizione, di cui al co. 19 dell'art. 80 della legge 388/2000, in combinato disposto con quella di cui all'art. 9, co. 1, del d.lgs. 286/1998, recante "T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", come modificato dall'art. 9 della legge 189/2002, in relazione all'art. 1 della legge n. 18 del 1980, per sospetta violazione dei seguenti parametri normativi: 1) art. 38, anche in relazione all'art. 2 Cost.; 2) art. 3 Cost., sotto il profilo della illegittima discriminazione; 3) art. 3 Cost., sotto il profilo di un'eccezione "irragionevole" ai principi generali estraibili dalla stessa legislazione ordinaria; 4) art. 11 e 35 (ed art. 117, co. 1) Cost., in relazione alle Convenzioni O.I.L. n. 97/1949 (ratif. ed esec. con legge 2.8.1952 n. 1305) e n. 143/1975 (ratif. ed esec. con legge 10.4.1981 n. 158); 5) art. 10, co. 1, in relazione ai principi del diritto internazionale generalmente riconosciuti. In subordine se può sospettare l'incostituzionalità del combinato disposto delle sopra richiamate norme, in relazione ai predetti parametri costituzionali, nella parte in cui lo stesso subordina l'erogabilità allo straniero - regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno sei anni e titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi - alla condizione del possesso del reddito richiesto per il rilascio della carta di soggiorno.

Sulla rilevanza delle questioni introdotte pare sufficiente richiamare quanto esposto in precedenza. Occorre solo aggiungere che la ricorrente, in possesso di tutti i requisiti di legge per fruire della indennità di accompagnamento (impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, bisogno di assistenza continua per l'inidoneità a compiere gli atti quotidiani della vita, non ricovero stabile a carico dello Stato), ed esclusa dal beneficio in quanto priva di carta di soggiorno, richiesta alla autorità competente, non può comunque ottenerne il rilascio, nonostante la sua presenza in Italia si sia protratta per più di sei anni, e ciò perché le sue condizioni di salute (di coma vigile) - che la rendono totalmente inidonea al lavoro e dipendente da assistenza continua altrui - le impediscono, inevitabilmente, di produrre un reddito sufficiente per mantenere se stessa ed i suoi familiari, costringendola a permanere in condizioni di indigenza e bisogno, che meritano aiuto e solidarietà, e non indifferenza.

Pertanto, stante la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente, nei termini sopra indicati, il presente giudizio - ai sensi dell'art. 23 legge 11.3.1953, n. 87 - deve essere sospeso, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicazione della medesima ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

In ordine all'istanza cautelare, quanto al periculum in mora, occorre anzitutto richiamare la drammatica situazione della ricorrente, ricoverata presso la residenza "S. Pietro" di Castiglione delle Stiviere (Mantova), la cui retta, peraltro non corrisposta, evidentemente per indisponibilità finanziaria, dal marzo 2006 ad oggi, è a carico della famiglia, composta dal sig. [...], del 1959, da [...], del 1986, e da [...] del 1992.

La condizione della richiedente per un verso implica l'erogazione di rilevanti somme per l'assistenza spese a cadenze periodiche e per altro verso impedisce alla ricorrente di esercitare qualsiasi attività lavorativa, così che la stessa, priva di ogni fonte di reddito, affida la propria sopravvivenza all'erogazione delle provvidenze (anche) di natura economica previste dalle misure di sicurezza sociale previste dalla legge; quanto al fumus boni juris, attesa la natura della pretesa, lo stesso non può riguardarsi sotto il profilo, normale, della verosimiglianza del buon diritto della parte attrice, atteso che ogni giudizio prognostico in ordine alla fondatezza della questione di costituzionalità è precluso al giudice remittente, ma deve ritenersi sussistente sul più limitato rilievo della ritenuta non manifesta infondatezza della questione, e ciò in quanto, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale ex art. 136 Costituzione, la provvidenza in oggetto spetterebbe senz'altro all'attrice, mentre, attesa l'immediatezza ed attualità del corrispondente bisogno, si deve provvedere subito e per tutto il tempo necessario alla definizione della controversia, ivi compreso quello per la pronuncia sulla questione di legittimità costituzionale.

Ne consegue l'accoglimento dell'istanza cautelare in corso di causa, ex art. 700 c.p.c., come da dispositivo. Si comunichi alle parti costituite.

P.Q.M.

dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione, di cui al co. 19 dell'art. 80 della legge n. 388/2000, in combinato disposto con quella di cui all'art. 9, co. 1, del d.lgs., n. 286/1998, recante "T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", come modificato dall'art. 9 della legge n. 189/2002, in relazione all'art. 1 della legge n. 18 del 1980, con riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11 e 35, e 117, co. 1, della Costituzione, nei limiti e per le ragioni di cui in motivazione. Sospende il giudizio. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

In accoglimento dell'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c. ordina all'Inps l'anticipazione alla ricorrente, come sopra rappresentata, dei ratei dell'indennità di accompagnamento, di cui all'art. 1 legge n. 18/1980, nella misura di legge, con decorrenza dalla data della domanda e sino alla pronuncia definitiva di primo grado, se di accoglimento, ovvero, in caso di rigetto o declaratoria di inammissibilità della questione di costituzionalità, sino alla corrispondente pronuncia della Corte costituzionale.