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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Palermo, ordinanza del 24 luglio 2007

 
est. Piraino
 

In persona del giudice dr. Angelo Piraino letti gli atti; sciogliendo la riserva assunta all'udienza che precede;

osserva

Con ricorso depositato in data 8.6.2007 [...] ha proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. convenendo in giudizio il Ministero dell'interno ed invocando la sospensione degli effetti del provvedimento del questore di Palermo prot. n. 12/07 dell'11.5.2007, con il quale è stata dichiarata irricevibile l'istanza di riconoscimento dello status di rifugiato avanzata dal medesimo ed è stato formulato l'invito a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni, nonché la condanna del medesimo questore al rilascio del permesso di soggiorno temporaneo sino alla definizione del giudizio vertente sul possesso dei requisiti per il conseguimento dello status di rifugiato.

Costituendosi in giudizio l'amministrazione convenuta ha contestato la fondatezza del ricorso, rilevando la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato in favore del ricorrente e la impossibilità di riconoscere al medesimo il diritto di asilo democratico, in assenza di alcuna normativa di attuazione del dettato costituzionale al riguardo.

Non può, innanzitutto, essere messa in dubbio la giurisdizione del giudice adito, con riferimento ad ogni contestazione sugli atti interni del procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato. Ed invero, tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, ivi compresi quelli del questore che, pur svolgendosi sulla base di una cognizione sommaria, hanno carattere anticipatorio (o sostitutivo) dell'atto della commissione, rientrano nella cognizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 32 della legge 30.7.2002 n. 189 (cfr. Tar Lombardia Brescia, 18.1.2006, n. 59).

Del resto, la qualifica di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 29.7.1951 costituisce, come quella di avente diritto all'asilo - dalla quale si distingue perché richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito non richiesto dall'art 10, co. 3, Cost. -, una figura giuridica riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva (cfr. da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 23.3.2007, n. 1417).

Ne consegue che le controversie riguardanti il riconoscimento della posizione di rifugiato (così come quelle sul riconoscimento del diritto di asilo) rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, anche in seguito all'entrata in vigore dell'art. 46, l. n. 40 del 1998, che ha abrogato l'art. 5, D.L. n. 416 del 1989, conv. con modificazioni dalla l. n. 39 del 1990 (abrogazione confermata dall'art. 47 del Testo unico d.lgs. n. 286 del 1998), che attribuiva al giudice amministrativo la competenza per la impugnazione del provvedimento di diniego dello status di rifugiato (in tal senso si è espressa Cass. sez. un. n. 907/1999).

Non consente di giungere a conclusioni differenti, peraltro, nemmeno la considerazione secondo la quale nel caso di specie il questore di Palermo avrebbe esercitato il proprio potere di respingimento, ai sensi dell'art 1 del D.L. 30.12.1989 n. 416.

Ed infatti, ai sensi dell'art. 2, co. 2, d.p.r. 16.9.2004 n. 303 relativo alla istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, "La questura, ricevuta la domanda di asilo, che non ritenga irricevibile ai sensi dell'art. 1, co. 4, del decreto, redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente, su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a lui allegata la documentazione eventualmente presentata o acquisita d'ufficio. Del verbale sottoscritto e della documentazione allegata è rilasciata copia al richiedente".

La norma in questione configura, pertanto, le ipotesi in cui lo Stato esercita il potere di respingimento alla frontiera come altrettante ipotesi di rigetto preliminare della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, mediante la declaratoria immediata della irricevibilità della domanda, di tal che l'accertamento al riguardo svolto dal questore si inserisce, comunque, nell'ambito del procedimento amministrativo previsto dagli articoli da 1 bis a 1 septies del D.L. n. 416/1989, il cui provvedimento finale è dichiarato espressamente impugnabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.

Per quarto riguarda la sussistenza della competenza territoriale di questo tribunale, va, ancora, rilevato che con il provvedimento del quale si controverte il questore di Palermo risulta aver definito in modo conclusivo il procedimento amministrativo volto al riconoscimento dello status di rifugiato.

Tele provvedimento ha, pertanto, integralmente preso il luogo di quello che normalmente avrebbe dovuto essere assunto dalla Commissione territoriale competente, ed alla sua impugnazione vanno estesi tutti i criteri previsti per il provvedimento che avrebbe dovuto concludere la delibazione riservata alla Commissione territoriale, ivi compreso il criterio della competenza territoriale.

Ebbene, poiché - anche in base a quanto chiarito da Cass. n. 10028/2006 - il giudice competente a conoscere le impugnazioni avverso i provvedimenti emessi dalle Commissioni territoriali è il giudice in cui ha sede la Commissione che ha emesso il provvedimento impugnano, nel caso di specie deve concludersi che il giudice competente è il giudice del luogo in cui il provvedimento è stato emesso.

Come affermato dalla Corte di cassazione, con la richiamata ordinanza, la testuale scelta derogatoria ai criteri ordinari di ripartizione della competenza è frutto di una ragionevole opzione del legislatore per la competenza nel territorio che assicuri concentrazione, immediatezza e garanzie di effettività della difesa, garanzie conseguibili in modo particolare attraverso la possibilità che il tribunale proceda a disporre, se del caso e nell'esercizio delle facoltà concesse dal rito camerale, la audizione dell'interessato, una scelta che risponde anche alla esigenza di pervenire alla più sollecita definizione delle delicate controversie aventi ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato.

D'altra parte, in materia di stranieri, nei vari procedimenti giurisdizionali che incidono sulla posizione dello straniero stesso (riconoscimento di status di rifugiato, espulsione, ricongiungimento familiare), la competenza è sempre determinata non tenendo conto di un favor per l'amministrazione, bensì tenendo conto di un favor per lo straniero (in tal modo favorendosi un "decentramento" della competenza). Cosi, ad esempio:

- contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per morivi familiari, nonchè contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede;

- avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso al giudice (di pace) del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione;

- avverso il provvedimento (negativo, per lo straniero) della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato e ammesso ricorso al tribunale del luogo in cui si trova la Commissione medesima.

In generale, dunque, può ben ricavarsi che tutta la normativa surrichiamata disegna le azioni a tutela dei diritti soggettivi dello straniero come giudizi di natura prettamente impugnatoria rispetto ai provvedimenti adottati dagli organi amministrativi investiti della richiesta di riconoscimento del diritto e prevedono, conseguentemente, la competenza territoriale del giudice ordinario in funzione del luogo in cui stato emesso il provvedimento dell'organo periferico dello Stato impugnato (cfr. art. 2 l. 1034/71).

Alla luce di tali considerazioni (visto che, tra l'altro, la presente controversia non ha ad oggetto l'emissione di un provvedimento anticipatorio di una pronunzia di status - non si richiede che vengano anticipati gli effetti del riconoscimento dello status di rifugiato - bensì un provvedimento che garantisca allo straniero la fisiologica prosecuzione e conclusione di un determinato procedimento previsto dalla legge - fisiologica prosecuzione e conclusione che è stata impedita da un provvedimento emesso in Palermo) deve quindi ritenersi che la competenza a conoscere la presente controversia spetti al tribunale di Palermo.

Nel merito, va osservato che l'atto emesso dal questore appare illegittimo, in quanto costui - nel caso di specie - non aveva il potere di dichiarare "irricevibile" l'istanza presentata dallo straniero volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.

In all'art. 32 della legge 30.7.2002 n. 189, infatti, il questore, entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, provvede (id est deve provvedere, cioè deve limitarsi ad effettuare la seguente attività, non avendo altro potere al riguardo) alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione e la decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

Come anche già evidenziato dal Consiglio di Stato in casi simili (cfr. C.d.S. 4336/2002, 4664/2002, 5735/2002, 3876/2002), spetta esclusivamente all'apposita Commissione pronunciarsi sulla domanda dello straniero (volta al riconoscimento dello status di rifugiato) e valutarne la eventuale tardività o l'irregolarità; pertanto la tardività o l'irregolarità di siffatta domanda non può essere valutata dal questore.

Va, inoltre, considerato che ai sensi dell'art. 2, co. 2, d.p.r. 16.9.2004 n. 303 relativo alla istruttoria della domanda di riconoscimento dello status prevede che "La questura, ricevuta la domanda di asilo, che non ritenga irricevibile ai sensi dell'art. 1, co. 4, del decreto, redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente, su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione eventualmente presentata o acquisita d'ufficio. Del verbale sottoscritto e della documentazione allegata è rilasciata copia al richiedente", così riconoscendo un potere di dichiarare l'irricevibilità del decreto entro i limiti normativamente indicati.

Ai sensi dell'art. 1 del D.L. 30.12.1989 n. 416: "Non è consentito l'ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che intende chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato quando, da riscontri obiettivi da parte della polizia di frontiera, risalti che il richiedente:

a) sia stato già riconosciuto rifugiato in altro Stato. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'art. 7, co. 10;

b) provenga da una Stato, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla Convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il transito del relativo territorio sino alla frontiera italiana. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'art. 7, co. 10;

c) si trovi nelle condizioni previste dall'art. 1, paragrafo f) della Convenzione di Ginevra (ossia persone, di cui vi sia serio motivo di sospettare che: a) hanno commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità, nel senso degli strumenti internazionali contenenti disposizioni relative a siffatti crimini; b) hanno commesso un crimine grave di diritto comune fuori del paese ospitante prima di essere ammessi come rifugiati; c) si sono rese colpevoli di atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite; n.d.e.);

d) sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall'art. 380, co. l e 2 del codice di procedura penale o risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, ovvero risulti appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche.

Tali casi vanno ritenuti assolutamente tassativi e non suscettibili di interpretazioni estensive da parte del questore. Del resto, nel senso della necessità di una interpretazione restrittiva di tali norme, anche al fine di non vanificare le strutture di garanzia apprestare nell'interesse dello straniero e, in generale, l'impianto complessivo della normativa di settore, va richiamata la Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, dell'1.12.2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (v. Gazzetta ufficiale n. L 326 del 13.12.2005 pag. 0013), che prevede all'art. 25 una analitica regolamentazione delle domande irricevibili, per cui "1. Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (CE) n. 343/2003, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/23/CE, qualora la domanda di asilo sia giudicata irricevibile a norma del presente articolo.

2. Gli Stati membri possono giudicare una domanda di asilo irricevibile a norma del presente articolo se:

a) un altro Stato membro ha concesso lo status di rifugiato;

b) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell'art. 26;

c) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell'art. 27;

d) il richiedente è autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato per un altro motivo ed in conseguenza di ciò gli è stato concesso uno status equivalente ai diritti e ai benefici dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE;

e) il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato per altri motivi che lo proteggono dal "refoulement" in attesa dell'esito di una pro-cedura relativa alla determinazione del suo status a norma della lettera d);

f) il richiedente ha presentato una domanda identica dopo che sia stata presa una decisione definitiva;

g) una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell'art. 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una do-manda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata.

Nel caso di specie il questore di Palermo risulta aver dichiarato irricevibile la domanda sulla base della considerazione secondo cui lo stesso richiedente avrebbe dichiarato, in sede di audizione, "di essersi fermato in Svizzera per un periodo che non può ritenersi computabile nel semplice transito" (cf. provvedimento impugnato).

Ciò nondimeno, nessun elemento probatorio risulta essere stato fornito nel presente giudizio al fine di acclarare quali siano state effettivamente le dichiarazioni rese nel procedimento dal richiedente (il relativo verbale non è stato, infatti, prodotto in giudizio nonostante la costituzione della difesa erariale), né quali riscontri obiettivi avvalorino la dichiarazione al riguardo resa dal [...].

In proposito deve ritenersi, alla luce della natura prettamente impugnatoria del giudizio di opposizione al provvedimento di diniego dello status di rifugiano, che incomba sull'autorità amministrativa che ha pronunziato il provvedimento impugnato l'onere della prova dei presupposti posti a fondamento della propria pronunzia in sede amministrativa, e tale onere probatorio non risulta essere stato assolto nell'ambito del presente procedimento.

Sussiste, quindi, alla luce di tali elementi il requisito del fumus boni juris.

Il periculum in mora è evidentemente insito nel fatto che il questore ha "invitato" il ricorrente a lasciare il territorio nazionale entro il termine di 15 giorni (tra l'altro ormai decorsi), con la conseguenza che lo straniero - in assenza di permesso di soggiorno - potrebbe in qualsiasi momento essere rimpatriato coattivamente.

Pertanto il ricorso va accolto e va sospesa l'efficacia dell'atto impugnato del questore (l'annullamento discenderà dall'eventuale giudizio di merito). Il questore stesso, quindi, dovrà compiere le attività previste dalla legge, e cioè trasmettere la documentazione necessaria alla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Inoltre, in considerazione del fatto che il termine previsto per la procedura semplificata di cui all'art. 1 ter D.L. 416/89 è scaduto, senza che la stessa si sia ancora conclusa, deve ritenersi che la misura adeguata a garantire la tutela della posizione del ricorrente, nelle more di un eventuale giudizio di merito e nelle more dell'espletamento del procedimento amministrativo funzionale alla pronunzia sull'istanza volta al riconoscimento dello status di rifugiato, è costituita dal rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura amministrativa stessa (il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo è previsto, tra l'altro, dall'art. 1 bis co. 5 D.L. 416/89).

Le spese di lite seguono la soccombenza e quelle sostenute dal ricorrente vanno poste a carico del Ministero convenuto, e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

in accoglimento del ricorso presentato in data 8.6.2007 da [...] sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento del questore di Palermo prot. n. 12/07 dell'11.5.2007 con cui è stata dichiarata "irricevibile" l'istanza del ricorrente volta al riconoscimento dello status di rifugiato; dichiara che [...] ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura amministrativa funzionale alla pronunzia sull'istanza volta al riconoscimento dello status di rifugiato; dispone la sospensione dell'efficacia esecutiva di ogni atto o provvedimento consequenziale al mancato riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno; condanna il Ministero dell'interno al pagamento delle spese di lite sostenute dal ricorrente, [...].