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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Padova, sentenza del 9 novembre 2007

 
est. Bordon
 

1. A [...] sono stati contestati i delitti di lesione dolosa grave ed esercizio abusivo della professione medica. Parte civile nell'interesse del minore si è costituito il curatore speciale di [...], figlio dell'imputata. [...].

2. Alle ore 10,30 di sabato 11.12.2004 il medico di guardia dott. [...] accolse [...], nato l'8 novembre precedente, accompagnato dalla madre [...], al pronto soccorso pediatrico dell'ospedale di Padova. Il neonato era affetto da emorragia prepuziale, conseguente a ferita da arma da taglio, simile a quella che si osserva abitualmente nei casi di circoncisione terapeutica o rituale. La madre presentava un'evidente chiazza di sangue sui pantaloni, mentre il bambino appariva in stato di shock. L'emorragia era molto importante. Il livello di emoglobina era meno della metà rispetto alla norma. [...]. La [...] riferì al medico di guardia e al responsabile del pronto soccorso pediatrico dott. [...] che la sera precedente il bambino era stato sottoposto a circoncisione rituale da parte di una conoscente, una persona solita praticare questo genere d'interventi. Dichiarò di non conoscere il nome della donna che aveva compiuto la circoncisione. [...]. Resasi conto che il figlio continuava a perdere sangue, aveva deciso di accompagnarlo in pronto soccorso.

Conformemente a quanto risulta dalle testimonianze, nella cartella clinica di [...], a proposito dell'anamnesi patologica prossima, venne annotato: «[...] ieri sera alle 19,00 eseguiva circoncisione "privatamente" in casa da una signora nigeriana a Rovigo. Ha presentato in seguito sanguinamento continuo e abbondante dalla sede dell'intervento; la madre ha deciso di condurre in PS vista la progressione dell'emorragia». La diagnosi fu "anemia post emorragica acuta» (cfr. documentazione sequestrata il 15.12.2004 dal NAS carabinieri Padova).

Sentita il 23.12.2004, la [...] si rifiutò di fornire maggiori chiarimenti, ed anzi modificò parzialmente la sua versione, asserendo che l'intervento era stato eseguito nella città di Padova: "[...] l'intervento è stato eseguito in Padova da una persona di cui non conosco l'identità [...] non intendo fornire ulteriori indicazioni" (cfr. verbale d'interrogatorio 23.12.2004 acquisito ex art. 513, co. 1 c.p.p).

Al dibattimento l'imputata ha scelto di non sottoporsi ad esame. Sui motivi per cui possa aver deciso di sottoporre a circoncisione il figlio, occorre allora ricordare le deposizione di padre [...]. Il sacerdote cattolico ha spiegato che trattasi di una pratica ampiamente diffusa in molte culture africane, ed anche nella comunità nigeriana di religione cattolica di Padova, comunità di cui fa parte l'imputata. La circoncisione è praticata in casa da persone che formano la propria esperienza direttamente sul campo.

3. Non è contestato che la circoncisione portò ad un'emorragia cospicua ed irrefrenabile con necessità di ospedalizzazione e trattamento terapeutico complesso: sutura, infusione di soluti, trasfusione ematica e terapia antibiotica. Per un utilizzo improprio del tagliente o una particolarità anatomica del neonato (presenza di arteriola o vaso di dimensioni maggiori del normale) si produsse una emorragia non controllabile. Gli elementi a disposizione non consentono di stabilire quale fu con certezza la causa che determinò l'emorragia, anche se, secondo il consulente medico del P.M., è più probabile che si sia trattato di una particolare vascolarizzazione del prepuzio (ud. 9.5.2007, fg. 11 e 14).

La durata della malattia, che ha determinato la necessità del ricovero del minore in condizioni di emergenza, è stimabile in meno di venti giorni, stante il rapido recupero delle condizioni di benessere documentate dalla cartella clinica. Pur non avendo potuto visitare il neonato, il dott. [...] ha evidenziato che non sono segnalate alterazioni a carico del glande, e quindi può ragionevolmente escludersi che siano residuati problemi dell'apparato genitale. [...]. Al dibattimento il consulente ha precisato che la trasfusione fu effettuata immediatamente, con procedura urgentissima, senza nemmeno attendere le "prove di compatibilità crociata sulla sacca", proprio perché le condizioni di [...] erano estremamente gravi. La quantità di sangue circolante era la minima ammissibile per un bambino di quell'età (ud. 9.5.2007, fg. 11).

4. La circoncisione maschile consiste nell'asportazione in toto o in parte dell'anello prepuziale, alla scopo di determinare una scopertura permanente del glande, e può essere effettuata per motivi clinici (fimosi, ovvero impossibilità di scopertura del glande per restringimento dell'anello prepuziale), profilattici (eventuale prevenzione di infezioni uretrali), religioso-rituali, o altre ragioni (cfr. relazione tecnica [...], fg. 5). In assenza di spiegazioni da parte dell'imputata, è ragionevole concludere che si discuta di una circoncisione rituale determinata da ragioni di natura non religiosa, dato che la madre è una cristiana cattolica praticante.

Secondo il consulente del P.M., anche se viene condotta da personale non sanitario in molte parti del mondo, la circoncisione è un intervento di chirurgia minore, un atto medico - chirurgico soggetto a controindicazioni e complicanze: "[...] come in tutti gli atti medici vi è una variabilità interindividuale, per cui lo stesso atto compiuto con le medesime modalità su 1.000 persone può dare dei problemi in uno, due, cinque di queste persone [...]". Le complicanze possono essere di tipo emorragico o più frequentemente di tipo infettivo (ud. 9.5.2007, fg. 14 e 15). Sul fatto che trattasi di atto chirurgico dal punto di vista tecnico si è espressa anche la prof. [...], che, per l'azienda ospedaliera, svolge l'attività di consulente medico - legale sulle questioni di carattere pediatrico e ginecologico (ud. 9.5.2007, fg. 19 e 20). Di conseguenza dovrebbe essere effettuato in una struttura sanitaria da personale medico idoneo (cfr. relazione tecnica [...], fg. 5 e 8).

5. Sul tema si è espresso, con un parere risalente al 25.9.1998, il Comitato nazionale per la bioetica. La pratica della circoncisione rituale - spiega il C.N.B. - appartiene a molti popoli diversi, sia dell'antico Oriente mediterraneo, che dell'Africa nera, che dell'Australia prima della colonizzazione, ed è di origine molto antica. Erodoto identifica la circoncisione come usanza egiziana, ed afferma che dagli egiziani l'avevano appresa i Siri di Palestina e certi popoli del Caucaso. Nell'ebraismo è stata recepita in modo originale e tradizionalmente viene praticata l'ottavo giorno dopo la nascita a seguito di uno specifico comando divino espressamente formulato nella Bibbia (cfr. Genesi, 17, 9-14; Levitico, 12,3). Assume valore di un segno esteriore dell'alleanza stabilita fra Dio e il suo popolo eletto, e di segno indelebile di distinzione, di identificazione e di appartenenza al popolo e alla fede di Israele. Al medesimo precetto va sostanzialmente riferita anche la pratica seguita nella tradizione islamica, nella quale, peraltro, la circoncisione ha un carattere più tradizionale che strettamente religioso e viene di solito praticata alcuni anni dopo la nascita, sempre comunque in età prepuberale.

Il Comitato osserva che nelle culture che praticano la circoncisione, e segnatamente in base al diritto ebraico, l'adempimento costituisce un preciso obbligo personale posto a carico dei genitori del neonato. Assumendo per i fedeli una caratterizzazione religiosa, la prassi della circoncisione può essere oggettivamente ricondotta alle forme di esercizio del culto garantite dall'art. 19 Cost., che, nel lasciare ai consociati piena libertà di espressione e di scelta in campo religioso, si limita a vietare soltanto eventuali pratiche rituali contrarie al «buon costume», tale non essendo l'atto circoncisorio perché posto in essere con atti che non pregiudicano o violano la sfera dell'intimità e della decenza sessuale della persona.

Sotto diverso profilo, il Comitato esclude che la prassi circoncisoria possa ledere altri beni-valori costituzionalmente protetti e potenzialmente coinvolti, quali, ad esempio, quello della tutela dei minori o quello della loro salute. La pratica di sottoporre i figli maschi a circoncisione pare possa rientrare in quei margini di «disponibilità» riconosciuta ai genitori dall'art. 30 Cost. in ambito educativo: i genitori nell'esercizio del loro diritto-dovere di educare i figli, hanno facoltà di tramandare una propria linea educativa. Nello stesso tempo, nonostante lasci tracce indelebili e irreversibili, non produce, se eseguita in modo corretto, menomazioni o alterazioni nella funzionalità sessuale e riproduttiva maschile. Non rientra quindi fra gli atti di disposizione del corpo umano dannosi per la persona.

Secondo il Comitato è "evidente" che, se richiesto dai genitori, l'intervento di un medico per eseguire la circoncisione rituale di un neonato sia assolutamente giustificato da un punto di vista etico. Anzi, "[...] l'attuale stato delle conoscenze biomediche richiama la necessità di un'attenta valutazione delle condizioni del soggetto da circoncidere prima di eseguire un atto che comporta comunque anche una lieve effrazione dell'integrità corporea (attesa ad es. l'esistenza di coagulopatie anche di natura genetica o altre affezioni, come ad es. da virus HIV) potenzialmente foriere di conseguenze negative per la salute del soggetto successivamente all'atto. Pertanto, se è evidente che, quando sia motivata da ragioni profilattiche o terapeutiche la circoncisione non possa essere effettuata che da un medico, le anzidette preoccupazioni relative al circoncidendo per motivi rituali inducono a pensare che anche per i neonati l'intervento del medico sia irrinunciabile".

Nel parere si dà atto che alcuni membri del C.N.B. non ritengono opportuno favorire la medicalizzazione della circoncisione per ragioni rituali, "[...] riservando esclusivamente o comunque favorendo esplicitamente l'intervento di un medico per una pratica che, se da una parte ha obiettivamente la natura di atto medico, almeno nel caso dei neonati può per la sua estrema semplicità essere praticata senza alcun dubbio da appositi e riconosciuti ministri che, indipendentemente da una loro professionalità specifica in campo sanitario, possiedano un'adeguata competenza".

Il Comitato è però concorde nell'affermare che chi proceda all'intervento abbia specifiche responsabilità in ordine non solo alla sua corretta effettuazione, ma anche al rispetto più scrupoloso dell'igiene e dell'asepsi. L'operatore deve garantire personalmente la continuità dell'assistenza necessaria dopo la circoncisione, o fornire esaurienti spiegazioni affinché tale assistenza possa essere efficacemente prestata. Nei casi poi in cui la circoncisione rituale debba essere eseguita nei confronti di un bambino, adolescente o adulto, essa non può più essere considerata un intervento di minore entità (tranne eventualità eccezionali) dal punto di vista medico, ma assimilata a un vero e proprio piccolo intervento chirurgico. L'esigenza di tutela del diritto alla salute impone che in questi casi la circoncisione sia effettuata da un medico, nel pieno rispetto di tutti i principi bioetici, deontologici e di buona pratica clinica.

6. Quando il Comitato si espresse, il prof. [...], oggi consulente della difesa, manifestò il proprio dissenso. Il significato proprio della nozione di atto medico (o di atto di natura medica) riguarda l'intenzione curativa (preventiva, diagnostica, terapeutica). Interventi di modificazione corporea con finalità rituale o meramente estetica, anche se richiedenti una certa conoscenza e perizia tecnica ed anche se comportanti eventualmente conseguenze di ordine sanitario, non rientrano fra gli atti medici, e non esiste di conseguenza un dovere di attuare tali interventi riferibile al professionista sanitario in quanto tale, sia che operi in regime privato, sia che operi in quello pubblico.

Non sono enucleabili ragioni etiche per qualificare come medico un atto che, oltre a creare un inevitabile disagio al soggetto che lo subisce, lascia tracce indelebili e irreversibili e comporta una (sia pur lieve) effrazione dell'integrità corporea.

Qualsiasi eccezione alla regola, che vincola moralmente il medico ad attenersi ad attività di cura, e che quindi lo qualifica socialmente attraverso un mandato specifico, dovrebbe essere motivata in base a ragioni di ordine sociale di particolare gravità o urgenza, e dovrebbe venire espressamente autorizzata o prevista dagli ordini, dai codici deontologici e dalle leggi dello Stato.

Non sono giustificabili prestazioni tecniche, prive di scopi sanitari, che "medicalizzino" azioni lesive o autolesive legate a desideri individuali o a pratiche rituali di gruppo. La medicina e la religione (più in generale la medicina e gli atti di manipolazione di corpo privi di significato terapeutico, tipo il piercing o le performances dei body artists) dovrebbero mantenere il più possibile distinti i propri confini.

Non è casuale che l'art. 52 Codice deontologico medico 2006, con una formula del tutto generale, affermi che "il medico non deve praticare, per finalità diverse da quelle diagnostiche e terapeutiche, alcuna forma di mutilazione o menomazione, né trattamenti crudeli, disumani o degradanti". Mentre il codice del 1998 vietava espressamente di praticare qualsiasi forma di mutilazione sessuale femminile, le nuove regole non fanno più distinzione fra uomo e donna, ma fra finalità propriamente mediche (diagnostico-terapeutiche) ed altre finalità.

Per la circoncisione di bambini di età più avanzata, di adolescenti ed adulti, trattandosi di atti rituali più impegnativi dal punto di vista chirurgico e che potrebbero avere conseguenze di ordine sanitario, la soluzione più opportuna dovrebbe essere quella di rivolgersi ad un ministro del culto, che possieda piene competenze professionali di ordine medico, per salvaguardare le esigenze di tutela della salute evidenziate dal Comitato.

7. È contestata non la liceità di un intervento di circoncisione maschile in quanto tale, ma che l'intervento possa essere compiuto da personale non medico.

Controverso è se la circoncisione maschile possa e debba considerasi un atto riservato ad un esercente la professione medica. Solo accogliendo tale tesi, è infatti prospettabile a carico dell'imputata il delitto di concorso nell'esercizio abusivo di una professione protetta.

L'art. 348 c.p. rappresenta una norma penale in bianco, che presuppone l'esistenza di altre norme che qualifichino una determinata attività come professione, e prescrivano per essa una speciale abilitazione dello Stato e l'iscrizione in un albo.

Punto di partenza è che nessuna norma di legge individua espressamente quali siano gli atti riservati ai medici, così come nessuna disposizione definisce in modo esaustivo il concetto stesso di professione medica. Non esiste una normativa che abbia affrontato il nodo centrale della professione medica in quanto tale. Da qui il sorgere di questioni spesso legate alla diversità dei metodi usati per definire la professione medica, anche perché l'orizzonte delle possibili competenze "mediche" si è progressivamente ampliato ponendo spesso, come ha messo in risalto il consulente della difesa, nuovi interrogativi di natura etica.

7.1 Secondo un diffuso orientamento rientrerebbero nella competenza medica tutte le condotte comunque compiute comportanti valutazioni preventive, diagnostiche e curative di patologie. Si è detto che l'attività medica consiste nella formulazione di diagnosi, nell'indicazione di prognosi in relazione a malattie o disfunzioni del corpo o della mente, con eventuale prescrizioni di farmaci, nella manipolazione del corpo, sempre a scopo curativo o preventivo, nella prescrizione o applicazione di protesi, o nella utilizzazione di qualsiasi altro diverso strumento curativo o preventivo, idoneo ad attivare o ad arrestare processi evolutivi ed involutivi fisici o psichici (Cass., sez. VI, 20.12.1995, imp. Ottobre, in Cassazione penale, 1996, 3301).

Sulla base di una tale accezione, è stato escluso il delitto di esercizio abusivo della professione medica per l'assenza di malattie da curare nel caso di tatuaggi (Cass., sez. VI, 2.7.1996, n. 2077, Ced Cass. 205890), di massaggio sportivo o estetico non praticato a scopo curativo (Cass., sez. VI, 16.3.1970, n. 144, Ced Cass. 14238), di depilazione effettuata recidendo alla base ogni pelo con ago appuntito (Cass., sez. VI, 26.3.1968, n. 507, n. 107871).

Muovendo da tale premessa, si potrebbe coerentemente concludere, come ha concluso il consulente della difesa, che la circoncisione rituale, appunto perché non ha una finalità terapeutica in senso stretto, non può essere considerato un atto medico.

7.2 Allargando però la prospettiva, nessuno generalmente dubita che un intervento di chirurgia estetica debba essere eseguito da un medico.

La piena legittimità della chirurgia estetica è oramai generalmente riconosciuta superando quelle interpretazioni restrittive dell'art 5 c.c. (atti di disposizione del proprio corpo) che avrebbero voluto limitare l'attività chirurgica a quegli interventi che, in una valutazione comparata di vantaggi e rischi, fossero finalizzati ad un miglioramento delle condizioni fisiche del paziente. La via percorsa è quella di ricorrere ad un concetto di salute, quale diritto riconosciuto e garantito dalla Carta costituzionale (art. 32 Cost.), non più circoscritto alla sola integrità fisica, ma anche al benessere psichico, dovendosi compiere una valutazione della persona in tutte le sue componenti, anche del suo equilibrio psichico e relazionale in genere. La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Ampliandosi il concetto di "salute", si amplia anche quello al primo necessariamente legato di "terapia". Appaiono quindi consentiti quegli interventi sul proprio corpo rivolti ad acquistare una maggiore fiducia in sé e nei rapporti con gli altri.

7.3 Accogliendo una nozione di salute intesa come raggiungimento della massima integrazione possibile tra benessere fisico e psichico, la circoncisione rituale può apparire come volta al raggiungimento di un maggiore stato di salute, ad una forma corporea corrispondente all'idea di perfezione fisica e di soddisfazione psichica propria della singola persona, anche al fine di adeguarsi ad un'identità etnica o culturale. A tale spiegazione si è spesso ricorso, e può in effetti ricorrersi, pur nella consapevolezza dei rischi di enucleare una nozione estremamente ampia e soggettiva del diritto alla salute (un contenitore utilizzabile per gli scopi più diversi), per giustificare, sotto il profilo deontologico, il fatto che l'atto circoncisorio sia praticato da un medico in assenza di una patologia. Superata una nozione puramente oggettiva del concetto di salute, nello stabilire quali atti possono contribuire a garantire o migliorare il benessere psichico-sociale dell'individuo, non ci si può sottrarre ad un giudizio di valore, secondo un criterio storico-relativistico, necessariamente condizionato dal grado di accettazione che una determinata pratica ha in un contesto sociale. Anche se si è sottolineato che la circoncisione maschile determina comunque la violazione dell'integrità psicofisica di un soggetto che in genere, per la tenera età, non è in grado di esprimere un efficace consenso (sono i genitori che decidono, nell'esercizio del diritto-dovere di educare il bambino secondo i principi della loro cultura), appare difficile contestare che essa, dato che è priva delle connotazioni fisiche, psicologiche e simboliche negative tipiche delle mutilazioni genitali femminili, e probabilmente anche per l'influenza dell'ebraismo, sia da tempo ampiamente accettata dal costume e dalla cultura occidentali.

7.4 Affermare che la circoncisione rituale possa essere praticata da un medico, non significa ancora che lo debba essere.

Decisiva appare a questo punto la constatazione che essa si risolve in una menomazione dell'integrità fisica che non può prescindere dall'attenta valutazione delle condizioni del soggetto che la subisce, per le potenziali conseguenze negative che potrebbero aversi sulla sua salute, e che deve essere eseguita nel rispetto della buona pratica clinica e garantendo successivamente un'adeguata assistenza.

Nel senso che sempre, non solo quando venga eseguita nei confronti di prepuberi ed adolescenti, la circoncisione comporti rischio di complicanze e conseguentemente necessita di diretta sorveglianza medica si è espresso con argomentazioni convincenti il consulente del P.M - posizione analoga è quella del Comitato consultivo regionale per la bioetica del Veneto (cfr. www.omco.pd.it) e della Commissione medici dell'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Torino (cfr. www.Omceo.to.it) - ed è empiricamente dimostrato da casi come quello di [...], un neonato che, per un intervento eseguito senza assistenza medica, ha rischiato di perdere la vita.

7.5 La ratio dell'art. 348 c.p. risiede nell'evitare che determinate attività delicate e socialmente rilevanti siano lasciate al libero esercizio di chiunque. Ecco la ragione della previsione di una "riserva professionale" finalizzata a garantire la competenza della persona che esercita quella attività. Con riferimento all'attività sanitaria, lo scopo è salvaguardare la salute delle persone da attività che risultino potenzialmente pericolose se poste in essere da chi è privo delle cognizioni tecnico scientifiche sussistenti nel laureato in medicina e chirurgia che ha superato l'esame di abilitazione. La potenziale pericolosità dell'atto - e nel compiere tale valutazione il diritto è necessariamente tributario della scienza medica - diviene il criterio risolutivo per attribuire concretezza al precetto penale nella materia che interessa. Venendo in rilievo un atto di manipolazione del corpo umano potenzialmente rischioso per la salute, non può che essere un medico il soggetto autorizzato a compierlo.

La potenziale pericolosità dell'atto consente di cogliere la differenza tra la circoncisione ed altre minori manipolazioni del corpo (si pensi a tecniche ornamentali volte alla sua decorazione come il piercing o il tatuaggio) che la giurisprudenza ha ritenuto non appannaggio della professione medica. Nell'individuare tali atti, quel tanto di determinatezza che si perde servendosi di un concetto di salute molto esteso, può essere recuperato tenendo presente che devono essere prese in considerazione solo quelle manipolazioni che presentano una rischio per l'incolumità fisica del soggetto.

8. Che l'intervento di circoncisione su [...] sia stato eseguito da una persona che non esercita la professione medica è dimostrato dalle dichiarazioni rilasciate dalla madre ai sanitari nell'immediatezza del fatto, in occasione del ricovero, e dalla sua successiva reticenza. È evidente che [...] avrebbe avuto tutto l'interesse a fornire le generalità della persona, se mai si fosse trattato di un medico. Se non lo ha fatto, è semplicemente per un malinteso senso di solidarietà verso questa persona (una donna nigeriana con dimora in Rovigo), che, con la sua imperizia e comunque non prestando un'adeguata assistenza, ha posto in pericolo la vita del piccolo.

L'attività costitutiva di una responsabilità a titolo di concorso consiste non solo nella partecipazione all'esecuzione di un reato, ma in qualsiasi contributo, materiale o psicologico, consapevolmente apportato a tutte o ad una delle fasi d'ideazione, organizzazione o esecuzione dell'azione delittuosa.

[...] ha concorso nel delitto anzitutto perché ne è l'istigatrice: dopo aver preso la decisione di circoncidere il neonato, si è rivolta, sottovalutando il potenziale rischio, anziché ad un medico che avrebbe operato in un ambiente idoneo, ad una donna priva della necessaria competenza tecnica. In secondo luogo, perché ha reso possibile l'esecuzione materiale dell'intervento, accompagnando il bambino da questa conosciuta o, qualora si ritenessero credibili le affermazioni rese durante l'interrogatorio, invitandola presso il proprio domicilio.

L'imputata non ha fornito alcuna giustificazione per il proprio comportamento. La consapevolezza della mancanza del titolo abilitativo in capo all'autrice materiale della circoncisione le doveva perciò essere ben nota, mentre l'eventuale mancanza di consapevolezza di sottoporre il bambino ad un intervento di chirurgia minore di competenza medica, si risolve in un errore non scusabile su norma integrativa del precetto penale. L'errore non è scusabile perché non risulta che la stessa abbia assunto alcuna informazione prima di decidere di non avvalersi di un medico, pur vivendo in una città nelle cui strutture sanitarie pubbliche la questione è stata adeguatamente affrontata e risolta nei ragionevoli termini illustrati dal responsabile del pronto soccorso pediatrico. Non trattandosi d'intervento che assolve alle funzioni di tutela della salute proprie del S.S.N., si è deciso di offrire alla popolazione interessata la prestazione in regime libero professionale al costo più contenuto possibile: "presso la chirurgia pediatrica viene praticata un circoncisione in anestesia generale su richiesta dei genitori [...] potrei sbagliare di qualche decina di euro [...] i 400 euro coprono proprio le spese di anestesia, di sala operatoria, chirurgo, eccetera, eccetera. Quindi, è ridotta un pochino all'osso" (ud. 8.11.2007, fg. 7 e 8). Né la [...] può invocare a propria scusa usanze invalse nella propria comunità, o nel proprio paese di origine, come sembrerebbe potersi desumere dalla testimonianza di padre [...]. L'ordinamento giuridico può è deve esigere che un genitore presti la massima attenzione alla salute del proprio figlio, e quindi richiedere che una legittima pratica tradizionale sia eseguita con modalità tali da garantire la sicurezza del minore. Nulla impedisce che il costume sociale di una comunità possa evolversi affinché il rispetto di una tradizione non rischi di pregiudicare questo superiore interesse.

9. Con il delitto di esercizio abusivo della professione è stato contestato il delitto di lesione personale dolosa grave. Le ragioni per cui sia stata messa in pericolo la vita del neonato sono state spiegate dai sanitari che lo soccorsero in ospedale e dal consulente dott. [...]. La [...] ha sicuramente concorso, per i motivi già esposti esaminando la prima imputazione, a cagionare la malattia, ma non certamente a titolo di dolo. La circoncisione in sé, l'unico evento realmente voluto dall'imputata, avrebbe dovuto comportare una modificazione anatomica che non può essere considerata una malattia. Qualora correttamente effettuata, la circoncisione non produce - spiega il Comitato nazionale per la bioetica - menomazioni o alterazioni nella funzionalità sessuale riproduttiva maschile, né l'accusa ha introdotto alcuna prova per sostenere il contrario. Consiste in un atto di disposizione del corpo che determina sì una sua modificazione irreversibile, ma consentita, perché non causa una diminuzione permanente della integrità fisica, né appare altrimenti contraria alla legge, ordine pubblico e buon costume (in ordine al rispetto dell'art. 5 c.c. cfr. paragr. 5). D'altronde anche la giurisprudenza è giunta a riconoscere che non costituiscono malattia, e non integrano il reato di lesioni personali, quelle alterazioni anatomiche a cui non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità (Cass., sez. IV, 14.11.1996, Ced Cass. 207339).

L'imprevista ed inarrestabile emorragia è sicuramente un evento non voluto, né previsto ed accettato, tanto dalla persona che materialmente eseguì l'atto circoncisorio, quanto, ancora più comprensibilmente, dalla madre. Alla [...] può rimproverarsi piuttosto di essersi incautamente affidata, probabilmente per ignoranza o motivi economici, ad una persona priva della necessaria competenza professionale.

La lesione che ne è derivata le è addebitabile a titolo di colpa (la c.d. "culpa in eligendo"), avendo scelto con imprudenza l'operatrice chiamata a compiere la circoncisione, senza rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica o privata, o comunque ad un esercente la professione medica.

Il delitto di lesione colposa grave non è perseguibile d'ufficio. Non avendo il curatore speciale esercitato ex art. 121 c.p. il diritto di querela, nei tre mesi dalla comunicazione della nomina (cfr. artt. 124 c.p. e 338 c.p.p.), l'azione penale è improcedibile.

10. [...] è dunque responsabile unicamente del delitto previsto dall'art. 348 c.p.

L'assenza di precedenti penali consente il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Stimasi congrua, in applicazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p., la pena di euro 320,00 di multa (euro 480,00 - 1/3 ex art. 62 bis c.p.). L'irrogazione di una pena esclusivamente pecuniaria si giustifica considerando la particolarità del caso, e la probabile modesta coscienza del disvalore del fatto.

Sussistono i presupposti oggettivi e temporali per dichiarare la pena interamente estinta per l'indulto previsto dall'art. 1 della l. 31.7.2006, n. 241.

La condanna anche solo per concorso nel delitto di esercizio abusivo della professione obbliga l'imputata al risarcimento dei danni. L'interesse pubblico tutelato dalla norma incriminatrice non esclude che possano assumere la veste di danneggiati quei soggetti che in via mediata abbiano comunque subito un danno dalla condotta illecita (cfr. Cass., sez. V, 18.1.2004, n. 3996, Ced Cass.). La scelta della madre di rivolgersi ad una persona non esercente la professione medica determinò un concreto pregiudizio per il neonato.

Trattasi di un danno esclusivamente morale. Nella sua quantificazione, necessariamente equitativa, non può che richiamarsi ancora una volta la particolarità della fattispecie. Rilevano gli stretti rapporti esistenti tra le parti, la giovanissima età del danneggiato, la decisione della stessa madre di accompagnare il figlio al pronto soccorso, e soprattutto il fatto che la condotta non ha compromesso e neanche posto in discussione la relazione affettiva madre - figlio. Considerando che l'illecito da considerare non comprende la lesione colposa grave (per tale illecito non è pronunciata sentenza di condanna, presupposto indispensabile per la liquidazione del danno) e che ciononostante la scelta di non avvalersi di un medico influì in maniera determinante sugli eventi successivi, appare equo contenere il danno morale in una somma non superiore ad euro 5.000,00. Non sono individuabili ragioni che giustifichino la provvisoria esecuzione delle disposizioni civili della sentenza in danno della madre della vittima.

La [...] è obbligata al pagamento delle spese processuali, anche in favore della parte civile, [...].

P.Q.M.

visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara [...] responsabile del reato di cui all'art. 348 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, la condanna alla pena di euro 320,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Non menzione. Visto l'art. 1 l. 241/06, dichiara la pena irrogata interamente estinta per indulto. Visti gli artt. 538 ss. c.p.p., condanna l'imputata in favore della costituita parte civile al risarcimento dei danni, [...]. Visti gli artt. 521 e 529 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputata per il reato di cui all'art. 590, co. 2 c.p., così riqualificata la residua imputazione, perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela. [...].