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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Padova, sentenza del 19 ottobre 2007 n. 737

 
est. Campo
 

Nella causa di lavoro e di assistenza e previdenza obbligatorie iscritta al n. 202/2005 del Registro generale e promossa da [...] nei confronti di [...]. Oggetto: Pagamento crediti di lavoro. [...].

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 4.2.2005, il signor [....] ha dedotto:

- di avere lavorato alle dipendenze della signora [...], titolare della omonima impresa agricola individuale, dal 12.9.2002 al 30.6.2003, per tutti i giorni della settimana, compresi il sabato e la domenica, dalle 5 alle 12 e dalle 13 alle 20, occupandosi della pulizia della stalla e di curare il bestiame; - che per tutta la durata del rapporto non aveva ricevuto un compenso fisso, ma solo acconti; - di avere quindi maturato, a titolo di differenze retributive, prestazioni di lavoro straordinario, mensilità differite, TFR, indennità per ferie e permessi non goduti, un credito di € 14.667,82, somma determinata sulla base dei parametri retributivi del CCNL delle aziende agricole. Ha quindi chiesto la condanna della resistente al pagamento della somma indicata.

La resistente si è costituita deducendo:

- che il diritto azionato si era prescritto, per prescrizione presuntiva annuale ai sensi dell'art. 2955 co. 2 c.c.; - che il ricorrente aveva ricevuto tutte le retribuzioni maturate e che egli si era assentato ingiustificatamente dal lavoro, senza alcun preavviso. Ha quindi chiesto il rigetto della domanda, la condanna del ricorrente al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 c.p.c. e al risarcimento del danno nella misura corrispondente alla indennità sostitutiva del preavviso.

Il ricorrente si è costituito avverso la domanda riconvenzionale, contestando la applicabilità al rapporto di lavoro della prescrizione presuntiva e affermando che le dimissioni erano avvenute per giusta causa, atteso il mancato pagamento delle retribuzioni. La causa è stata quindi istruita sulla base dei documenti prodotti dalle parti e delle prove testimoniali richieste ed è stata decisa con lettura del dispositivo all'udienza del 19.10.2007.

Motivi della decisione

La domanda è fondata e va accolta. Va premesso che la resistente, nella memoria di costituzione, non ha specificamente contestato le circostanze di fatto poste a fondamento della domanda. In particolare, non vi è alcuna specifica contestazione in merito alla durata effettiva del rapporto, alle mansioni svolte dal ricorrente, all'orario di lavoro e alla applicazione del CCNL richiamato nel ricorso.

Va poi rilevato che anche le prove testimoniali acquisite in giudizio hanno confermato i fatti posti a fondamento della domanda.

In particolare, dalle deposizioni dei testi [...] fratello del ricorrente e anch'egli dipendente della resistente per circa due mesi, [...] e [....], che ha lavorato in azienda prima del ricorrente e successivamente si è recato più volte sul posto di lavoro, scattando delle fotografie prodotte in giudizio, è emerso che il ricorrente ha lavorato nell'azienda della convenuta nel periodo indicato in ricorso, svolgendo attività di addetto alla cura del bestiame e della stalla, con l'orario di lavoro indicato nel ricorso, pari a 13 ore al giorno per sette giorni alla settimana, domenica compresa.

La retribuzione giornaliera, secondo quanto riferito dai testi [...] e [...], andava da € 25,00 a € 35,00, pari a € 2,50\3,50 all'ora.

Tenendo conto della provenienza delle deposizioni da persone a diretta conoscenza dei fatti, per avere lavorato alle dipendenze della resistente, sia pure in periodi diversi, ma nell'ambito di una organizzazione aziendale sostanzialmente immutata, e della mancanza di specifiche contestazioni contenute nella memoria di costituzione, deve ritenersi che tali deposizioni siano maggiormente attendibili di quelle rese dal teste [...], coniuge separato della resistente, e dal teste [...], titolare di una impresa che ha svolto alcuni lavori agricoli di movimentazione terra per l'azienda della resistente. Entrambe le deposizioni provengono da persone che all'epoca dei fatti frequentavano solo saltuariamente l'impresa della convenuta, addirittura il [...] per una decina di minuti, e contrastano con la stessa versione dei fatti fornita dalla resistente nella memoria di costituzione, che, come si è già sottolineato, non ha specificamente contestato le circostanze relative alle mansioni e all'orario di lavoro.

Ritenuti provati i fatti costitutivi della domanda, occorre verificare la fondatezza delle eccezioni sollevate dalla resistente.

Per quanto concerne l'applicazione della prescrizione presuntiva di cui all'art. 2955 co. 2 c.c., va anzitutto rilevato che essa non trova applicazione per i crediti relativi alle prestazioni di lavoro straordinario, alla 13 e 14 mensilità, al TFR, alle indennità per ferie e permessi non goduti, trattandosi di crediti che vengono pagati per periodi superiori al mese.

Per quanto concerne le retribuzioni in senso stretto, va rilevato anzitutto che la eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile giuridicamente con la contestazione della esistenza del credito, contenuta nella memoria di costituzione della resistente e nell'interrogatorio libero reso dalla stessa. Inoltre va rilevato che esiste agli atti la prova testimoniale che il ricorrente percepiva una retribuzione inferiore ai parametri retributivi del CCNL.

All'udienza di discussione la resistente ha eccepito la nullità del contratto di lavoro con il ricorrente per la violazione dell'art. 12 d.lgs. 286/1998 (T.U. sull'immigrazione), dal momento che il ricorrente non era titolare di permesso di soggiorno. L'eccezione non è fondata.

Il rapporto di lavoro del lavoratore non comunitario "clandestino" o irregolare, vale a dire non munito del permesso di soggiorno, non comporta la soppressione dei diritti patrimoniali maturati in conseguenza dello svolgimento della prestazione lavorativa. A questo proposito va considerato che l'assunzione del lavoratore immigrato privo del permesso di soggiorno integra il reato di cui all'art. 22 co. 12 T.U., che sanziona la condotta del datore di lavoro che impieghi alle proprie dipendenze un lavoratore straniero non in regola con le norme in materia di soggiorno.

La violazione di questa norma non comporta tuttavia l'illiceità del contratto di lavoro stipulato dal lavoratore privo di permesso di soggiorno, dal momento che il permesso costituisce un requisito di efficacia e non di validità del contratto, tanto è vero che, nelle ipotesi in cui il lavoratore originariamente non in regola con le norme sul soggiorno, perda il permesso, non si determina la automatica estinzione del rapporto, ma, eventualmente, solo la sospensione dei suoi effetti (cfr. Cass. 9497/2001).

Al rapporto di lavoro del lavoratore immigrato privo del permesso di soggiorno trova quindi applicazione la norma di cui all'art. 2126 c.c., che riconosce in ogni caso al lavoratore il diritto alla prestazione retributiva e ad ogni altra prestazione prevista dal contratto e connessa con l'instaurazione del rapporto di lavoro, tutelando in questo modo i diritti derivati dalla effettiva esecuzione della prestazione lavorativa.

Si tratta peraltro di una applicazione imposta anche dall'art. 9 co. 1 della Convenzione OIL n. 143/1975, ratificata con l. 158/1981, che riconosce al lavoratore migrante il diritto alla parità di trattamento con i lavoratori nazionali per quanto concerne il trattamento retributivo, anche quando la legislazione in materia di ingresso non sia stata originariamente rispettata.

Va poi rilevato che l'art. 2 T.U. riconosce a tutti gli stranieri, indipendentemente dalla titolarità del permesso di soggiorno, i diritti fondamentali previsti dalla legislazione nazionale, tra i quali va senz'altro compreso quello alla retribuzione di cui all'art. 36 della Costituzione.

Il limite all'applicazione dell'art. 2126 c.c. è costituito dalla illiceità della causa o dell'oggetto del contratto. Nessuno di questi limiti sussiste nel caso in esame, dal momento che il ricorrente ha prestato attività lavorativa subordinata come lavoratore agricolo, addetto alla cura della stalla, prestazione non certo illecita, nello schema contrattuale, quello del lavoro subordinato, anch'esso non contrario a norme imperative.

Di conseguenza, attesa la non contestata applicabilità al rapporto di lavoro in questione del CCNL delle imprese agricole, al ricorrente dovranno essere riconosciuti tutti i diritti patrimoniali connessi alla avvenuta prestazione lavorativa, costituiti quindi dai diritti alla integrale retribuzione per l'attività svolta, ordinaria e straordinaria, al TFR, alle mensilità differite (13 e 14 mensilità) , alla indennità per ferie e permessi non goduti (cfr, per l'applicazione della norma al compenso per lavoro domenicale, Cass. 1607/1989; per l'indennità per mancato riposo, Cass. 5019/1992; per il TFR Cass. 5799/1985).

L'ammontare del credito può quindi essere determinato sulla base dei conteggi allegati al ricorso, redatti sulla base dei parametri retributivi del CCNL del settore, la cui applicazione non è stata contestata dalla resistente.

La resistente va quindi condannata al pagamento in favore del ricorrente della somma richiesta con il ricorso, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT e agli interessi di legge dalla data di maturazione dei titoli al saldo, come previsto dall'art. 429 c.p.c. Da ultimo va respinta la domanda riconvenzionale, in quanto il recesso del ricorrente dal rapporto è sorretto da giusta causa, costituita dall'inadempimento grave da parte del datore di lavoro dell'obbligazione retributiva. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente decidendo, ogni diversa istanza disattesa, condanna la resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 14.667,82 per i titoli di cui al ricorso, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT e agli interessi di legge dalla data di maturazione dei titoli al saldo. Condanna la resistente al pagamento in favore del ricorrente delle spese processuali [...].