ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale di Ferrara, ordinanza del 15 luglio 2008

 
est. Bighetti
 

Il giudice, nel procedimento penale nei confronti di [...] nato in [...] (Wan) imputato del delitto di cui all'art. 73 co. 1 bis del d.p.r. 309/90 e art. 61 n. 11 bis c.p. "per avere detenuto al fine di cessione a terzi complessivi grammi 3,9 di sostanza stupefacente di tipo cocaina suddivisa in tre involucri pronti per la vendita con l'aggravante dello status di soggetto illegalmente presente nello Stato" per fatto commesso in Ferrara il 20/21.6.2008, detenuto per questa causa, ha pronunciato la seguente ordinanza dandone lettura ai presenti all'udienza del 15.7.2008.

1. Il processo.

[...] è stato fermato da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria della Squadra mobile di Ferrara il giorno 20.6.2008 mentre stava percorrendo la via [...] in direzione via Bologna a bordo della vettura [...].

La squadra mobile aveva ricevuto confidenziali notizie in base alle quali il cittadino nigeriano avrebbe dovuto consegnare droga a terzi presso un parcheggio del centro sociale [...] sito in via [...] in Ferrara; avendo fondato motivo di ritenere - dopo la negativa perquisizione personale e veicolare - che lo straniero avesse ingoiato la sostanza stupefacente, gli agenti hanno accompagnato il conducente unico occupante della vettura presso l'Ospedale S. Anna ove, con il consenso della persona, era sottoposto ad accertamenti. Le indagini radiologiche evidenziavano la presenza di tre corpi estranei di forma sferica di cui uno nel tratto esofageo medio e due nel fondo gastrico (certificato del medico radiologo dott. [...] fg.20). L'adeguata terapia lassativa provocava l'espulsione dei tre "ovuli" presi immediatamente in consegna dagli ufficiali di p.g. ed analizzati  mediante drop test con esito positivo alla cocaina. Lo straniero, dimesso dal nosocomio, era quindi tratto in arresto per detenzione a fine di spaccio di cocaina ed associato alla casa circondariale di Ferrara.

Il giudice delle indagini preliminari in data 23.6.2008 convalidava l'arresto ed applicava la misura cautelare della custodia in carcere. Nel frattempo era eseguita dal P.M. una consulenza chimico tossicologica che confermava la natura della sostanza (cocaina cloridrato) il contenuto assoluto di principio attivo (grammi 0,97) ed il peso totale (grammi 3,9). Con richiesta pervenuta il 25.6.2008 il Procuratore della Repubblica chiedeva al tribunale di Ferrara in composizione monocratica di procedere al giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 449 co. 4 c.p.p. come modificato dal D.L. 23.5.2008 n. 92.

Il tribunale di Ferrara fissava per il giudizio l'udienza del 30.6.2008, rinviata alla successiva del 15.7.2008 a seguito di richiesta di termine a difesa. L'imputato rendeva dichiarazioni spontanee asserendo che la droga era detenuta per uso personale.

All'odierna udienza l'imputato ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. All'esito della discussione - nell'ambito della quale il P.M. ha concluso chiedendo la condanna a pena nel cui calcolo è compreso l'aumento per l'aggravante contestata - ritiene il tribunale di sollevare d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 lett. f) D.L. 23.5.2008 n. 92 che modifica l'art. 61 c.p. introducendo l'aggravante del "fatto commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale".

2. La questione è rilevante.

[...] è un cittadino nigeriano privo di permesso di soggiorno (vedi verbale di identificazione fg. 10 e dichiarazioni rese nel corso dell'interrogatorio "non ho documenti" "sono clandestino" fg. 38). Il P.M. ha contestato l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 bis c.p. introdotto dal D.L. 23.5.2008 n. 92 (art. 1 lett. f).

Il giudice deve quindi fare applicazione della norma che ritiene incostituzionale. La questione è quindi rilevante.

3. La disposizione di dubbia costituzionalità.

La disposizione introdotta dal decreto legge citato modifica il codice penale, inserendovi all'art. 61, co. 1, il n. 11 bis, a tenore del quale il reato è da considerarsi aggravato «se il fatto è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale». La norma è applicabile a chiunque "si trovi" sul territorio dello Stato "illegalmente" ossia in violazione delle norme che disciplinano l'ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale.

4. Violazione del principio di colpevolezza per il "fatto".

La nuova aggravante è informata a canoni propri del diritto penale d'autore.

La sua collocazione sistematica tra le aggravanti comuni e la sua chiara formulazione la rendono infatti applicabile a qualunque reato (delitto, contravvenzione) di qualunque natura (dolosa, colposa, preterintenzionale) a prescindere dall'esistenza di una qualsiasi relazione tra la condotta penalmente sanzionata e la situazione soggettiva di clandestinità. In tal modo l'aumento di pena viene a dipendere non già dalla gravità oggettiva del fatto (come, ad esempio, per aver adoperato sevizie o per aver agito con crudeltà verso le persone) ovvero da una condotta materiale del soggetto attivo (come, ad esempio, accade per le aggravanti della latitanza o della recidiva), bensì esclusivamente dallo status soggettivo del reo.

L'aggravante in questione prescinde, in altre parole, dalla valutazione di fatti indicativi di una maggiore pericolosità sociale.

A differenza di altre circostanze aggravanti comuni soggettive l'aggravante in questione prescinde da qualsiasi concreto collegamento alla pericolosità dell'autore come desumibile dalla condotta. Si porta ad esempio l'art. 61 n. 9 c.p. in cui spetta al giudice valutare se vi sia stato "abuso" della pubblica funzione o della qualità di ministro di culto - e conseguente collegamento al "fatto" - ed ove quindi la qualità dell'agente (pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, ministro di un culto) non è sufficiente all'applicazione dell'aggravante. Nel caso di specie, al contrario, la qualità del soggetto che semplicemente "si trovi" sul territorio dello Stato avendo violato norme di carattere amministrativo in materia di immigrazione è condizione sufficiente all'aumento della pena, a prescindere da qualsiasi collegamento con il fatto e a prescindere da qualsiasi valutazione della pericolosità del colpevole.

Si può sospettare, dunque, la violazione degli artt. 25, co. 2, e 27, co. 1, Cost. perché, così conformata, l'aggravante in esame viola il principio costituzionale di colpevolezza per il "fatto" materiale di reato, affiancandovi una diversa colpevolezza per lo "status" personale del reo.

5. Violazione del principio di eguaglianza davanti alla legge.

Proprio perché l'aggravante differenzia la misura della pena non sulla qualità dell'azione bensì sulla base dello status di chi commette il reato cui accede, essa introduce irragionevoli disparità di trattamento a parità di condotta materiale. La medesima condotta criminale, le medesime modalità di esecuzione del reato, finiscono per essere punite diversamente a seconda se a commetterle è un soggetto regolarmente o irregolarmente presente sul territorio italiano. Con effetti paradossali, ad esempio, nell'ipotesi di concorso nel reato, dove il clandestino sarà punito più severamente del suo complice. E con l'ulteriore conseguenza che il recidivo o il latitante - ossia chi ha commesso reati precedentemente - può essere punito nella stessa misura di colui che reati non ha commesso in precedenza ma che "si trova illegalmente" nel territorio dello Stato. Si può sospettare, dunque, la violazione dell'art. 3, co. 1, Cost. espressivo del principio di eguale trattamento di fronte alla legge penale.

6. Violazione della finalità rieducativa della pena.

L'aumento di pena conseguente ad una aggravante per status che prescinde totalmente dalle modalità dell'azione criminosa, si traduce in un aumento edittale estraneo alla finalità rieducativa della sanzione penale. La funzione di risocializzazione della pena ha un senso solo ed esclusivamente rispetto a condotte materiali imputabili al reo. Tale condizione costituzionalmente imposta viene meno per quel "di più" di detenzione carceraria legata ad una condizione soggettiva (l'ingresso o il soggiorno illegale nel territorio italiano) che - allo stato dell'ordinamento vigente - non configura di per sé né un illecito penale, né un illecito amministrativo propriamente detto.

Si può sospettare, dunque, la violazione del vincolo teleologico della pena prescritto all'art. 27, co. 3 della Costituzione.

7. Irrazionalità intrinseca dell'aggravante.

L'aggravante cosiddetta di clandestinità rivela ulteriori profili di intrinseca irragionevolezza. Innanzitutto, nella sua stessa giustificazione, secondo la quale la condizione di clandestinità rappresenterebbe un elemento che agevola, aggravandola, la condotta prevista e punita come reato. Siamo in presenza di una presunzione legislativa priva di razionale fondamento: perché non è collegata - come si è già detto - alla condotta materiale sanzionata e aggravata; perché non esiste alcuna relazione automatica tra l'adempimento degli obblighi previsti dalla legge nazionale sull'ingresso o il soggiorno nel territorio italiano e la commissione o non commissione del reato aggravato.

In secondo luogo, l'aggravante muove da una presunzione assoluta di pericolosità di tutti i soggetti che si trovino «illegalmente» sul territorio nazionale. Non è ammessa la possibilità di una distinzione, previa verifica, caso per caso. Includendo entrambi nella comune figura del soggiorno illegale, non si distingue neppure tra irregolari (cui, in ipotesi, non è stato rinnovato per tempo il permesso di soggiorno) e clandestini (che, in ipotesi, non hanno volontariamente adempiuto al provvedimento di allontanamento). Diversamente da quanto previsto nell'ipotesi di trattenimento dello straniero sul territorio dello Stato in violazione dell'ordine del questore di allontanamento, la cui applicazione viene circoscritta dal requisito negativo espresso nella formula «senza giustificato motivo» (art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 25.7.1998, n. 286, come modificato della legge 30.7.2002, n. 189), nulla di simile è contemplato con riferimento all'ambito applicativo dell'aggravante in esame.

A suggello di quanto detto, è decisivo segnalare che la sentenza n. 22/2007 della Corte costituzionale è esplicita nell'escludere che la condizione di straniero irregolare, in quanto tale, possa associarsi ad una presunzione di pericolosità: il reato di indebito trattenimento nel territorio nazionale dello straniero espulso, infatti, ha come presupposto la «semplice condotta di inosservanza dell'ordine di allontanamento dato dal questore» e non «una accertata o presunta pericolosità dei soggetti responsabili» [considerato in diritto, punto 7.2].

Siamo in presenza, dunque, di una irrazionalità intrinseca dell'aggravante in esame, e conseguente violazione del generale canone di ragionevolezza, imposto all'intero ordinamento dall'art. 3 Cost.

È infine opportuna una ultima precisazione in punto di discrezionalità del legislatore. La discrezionalità legislativa abbraccia certamente le scelte in materia di penalizzazione delle condotte e di determinazione del relativo trattamento sanzionatorio. Tuttavia la giurisprudenza costituzionale è pacifica nel riconoscere la possibilità di sottoporre al proprio controllo quelle scelte normative, laddove contrastino in modo manifesto con il generale canone di ragionevolezza, rivelando così un uso costituzionalmente distorto della discrezionalità legislativa [cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 26/1979, 102/1985, 341/1994, 313/1995, 217/1996, 287/2001 e le ordinanze nn. 163/1996, 110/2002, 323/2002, 172/2003, 158/2004, 22/2007 considerato in diritto punto 7.4].

P.Q.M.

visto l'art. 23 l. 11.3.1953 n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 61 n. 11 bis c.p. introdotto dall'art. 1 lett. f) del D.L. 23.5.2008 n. 92 rispetto agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione; ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; [...].