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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Padova, sentenza del 3 giugno 2008 n. 385

 
est. Campo
 

Nella causa iscritta nel ruolo generale delle controversie di lavoro con il n. [...], decisa all'udienza di discussione del 3.6.2007 promossa da [...] contro [...] s.r.l. Oggetto: Risarcimento del danno da infortunio sul lavoro. [...].

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 13.2.2007, il sig. [...] ha esposto:

- di avere lavorato alle dipendenze di [...] - Agenzia per il lavoro s.p.a. dal 22.6.2005, ed inviato presso la utilizzatrice [...] s.r.l., impresa operante nel settore della lavorazione dei metalli; che presso questa società aveva svolto mansioni di operaio di secondo livello; - che il 15.7.2005 aveva subito un infortunio mentre stava svolgendo le proprie mansioni di caricamento del forno; che, in particolare, doveva caricare degli elementi di ferro da trattare nel forno, di dimensioni di m. 3 di lunghezza, m. 2 di altezza e di oltre 800 chilogrammi ognuno; che l'infortunio si era verificato a causa della caduta di uno di questi pezzi in metalli, causata dal gancio di una delle catene del carroponte a cui il pezzo di metallo era agganciato; che lo SPISAL aveva accertato che il fatto si era verificato per la violazione degli artt. 11 e 181 d.p.r. 547/1955 e 35 co. 4 ter d.lgs. 626/1994, dal momento che non erano state adottate misure per evitare il rischio di caduta di materiali; che a seguito dell'infortunio aveva subito gravissime lesioni, con il riconoscimento da parte dell'INAIL di una rendita mensile di € 460,00; che la compagnia assicuratrice di [...] s.r.l. gli aveva corrisposto la somma complessiva di € 40.000,00 a titolo di acconto del maggiore risarcimento del danno dovutigli; che il danno doveva essere determinato in € 5.000,00 per spese mediche, in € 119.738,00 a titolo di danno biologico per invalidità permanente, in € 8.433,60 a titolo di danno biologico da invalidità temporanea, in e 100.000,00 per il danno alla capacità lavorativa specifica, in € 102.000,00 a titolo di danno morale ed in € 102.000,00 a titolo di danno esistenziale. Ha quindi chiesto la condanna della società resistente al pagamento delle somme indicate.

La società resistente si è costituita esponendo: di non contestare la sussistenza della propria responsabilità in merito all'infortunio; che la determinazione dell'am-montare del danno biologico avrebbe dovuto tenere conto, sulla base della nozione di danno differenziale, di quanto il ricorrente aveva percepito dall'INAIL per questo titolo; che pure esorbitante era la richiesta di risarcimento del danno da invalidità temporanea; che non sussisteva la prova del danno relativo alle spese mediche; che il danno morale era stato determinato in misura eccessiva rispetto alle tabelle in uso presso il tribunale di Padova; che il danno esistenziale non si fondava su precise allegazioni. Ha quindi chiesto il rigetto della domanda e, in via subordinata, la detrazione dal danno liquidato della somma di € 40.000,00 ricevuta dalla compagnia assicuratrice e di quanto percepito dall'INAIL.

La causa è stata decisa all'udienza del 3.6.2008 come da dispositivo di cui si è data lettura.

Motivi della decisione

La domanda è parzialmente fondata e andrà accolta nei limiti che verranno precisati.

Va premesso che non sono in contestazione le questioni attinenti alla responsabilità della resistente in merito all'infortunio subito dal ricorrente.

La causa verte esclusivamente sulla liquidazione del danno conseguente all'infortunio. A questo proposito, il ricorrente ha azionato quattro distinte voci di danno, riferibili al danno biologico, al danno morale, al danno patrimoniale relativo agli esborsi sostenuti per le cure mediche, al danno esistenziale.

Per quanto concerne il danno biologico, non vi è contestazione tra le parti circa il riferimento alla categoria del danno differenziale, elaborata in seguito alla modifica del sistema di indennizzo dei danni derivanti da infortunio sul lavoro in ambito INAIL introdotta con il d.lgs. 30/2000.

A questo proposito deve rilevarsi come la funzione dell'indennizzo disciplinato dall'art. 13 d.lgs. 38/2000 sia diversa dalla tutela risarcitoria ordinaria.

In particolare, l'indennizzo prescinde da ogni profilo di responsabilità del datore di lavoro e, ai sensi dell'art. 38 della Costituzione, realizza un interesse pubblico, assicurando ai lavoratori colpiti da eventi pregiudizievoli per lo svolgimento della attività lavorativa, mezzi adeguati alle esigenze di vita.

In sostanza, la tutela assicurativa indennitaria non mira all'integrale ristoro del danno subito dal lavoratore, ma assolve ad una funzione di natura previdenziale, costituita dalla esigenza di assicurare al lavoratore colpito dalle conseguenze di un infortunio o di una malattia professionale una somma di denaro per far fronte alle proprie esigenze di vita.

La tutela risarcitoria ha quindi una natura ed una funzione diversa e più ampia. Essa non prescinde dalla responsabilità dell'autore dell'illecito e, soprattutto, per quello che qui rileva, ha lo scopo di assicurare un integrale ristoro del danno subito. La tutela risarcitoria mira, in sostanza, ad assicurare il pieno e integrale ristoro del danno alla salute in quanto tale.

La stessa Corte costituzionale ha poi affermato l'esistenza del diritto al pieno e integrale risarcimento del danno alla salute in quanto tale (cfr. Corte costituzionale sent. 233/2003), confermato anche dalla giurisprudenza della S.C. (CFR. Cass. 8827 e 8828/2003). Proprio in questa prospettiva, la S.C., in tema di liquidazione del danno biologico, ha affermato il principio per cui il ricorso a criteri standardizzati e predefiniti dalle tabelle in uso presso i diversi uffici giudiziari è legittimo, ma deve in ogni caso tenere conto del caso concreto, onde pervenire ad un risarcimento pieno e integrale dell'effettivo danno subito dall'infortunato (cfr. Cass. 22593/2004; Cass. 19057/2003).

L'applicazione di questi principi alla fattispecie in esame porta alle conclusioni che verranno di seguito esposte.

L'accertamento peritale sugli esiti dell'infortunio non è stato contestato dalle parti.

La consulenza medico legale ha quindi determinato nel 33% la misura del danno biologico da invalidità permanente e il danno biologico da invalidità temporanea in 40 giorni di invalidità totale, in 60 giorni al 75% e in 100 giorno al 50%.

Applicando alla fattispecie le tabelle in uso presso questi uffici giudiziari per la liquidazione del danno biologico (cfr. Guida al Diritto, 2006, fasc. 8, pag. 63), tenendo conto dell'età del ricorrente all'epoca dell'infortunio, che comporta l'applicazione di un valore di € 2.621,22 per ogni punto di invalidità, il danno biologico da invalidità permanente va liquidato in € 86.500,00.

Applicando il valore di € 36,21 per ogni giorno di invalidità temporanea, questa voce di danno deve essere liquidata in € 4.888,35 (€ 1.448,40 di invalidità totale, € 1.629,45 per invalidità al 75%, € 1.810,50 per invalidità al 50%).

Occorre a questo punto considerare quale sia il danno differenziale.

A questo proposito, va considerato che dal prospetto acquisito dall'INAIL relativamente alle prestazioni economiche erogate, emerge che il danno biologico da invalidità permanente è stato liquidato in € 55.945,80.

Le prestazioni erogate dall'istituto previdenziale non comprendono il danno biologico da invalidità temporanea.

Di conseguenza, a titolo di danno differenziale va riconosciuto al ricorrente l'importo di € 32.748,94, a cui vanno aggiunte le somme dovute a titolo di risarcimento del danno biologico da invalidità permanente e del danno morale.

Il danno morale va liquidato nella misura massima prevista dalle tabelle, per una quota pari al 60% del danno biologico, pari a € 45.694,30.

Di conseguenza, per questi tre titoli, spetta al ricorrente la somma complessiva di € 83.331,59. Il danno da esborsi non può essere riconosciuto perché le spese non sono state documentate né provate in altro modo.

Allo stesso modo, in mancanza di specifiche allegazioni, non può essere riconosciuto il risarcimento del danno da diminuzione di capacità di lavoro specifica.

Si tratta in questo caso di un danno patrimoniale, relativo alla minore capacità del lavoratore di svolgere una attività lavorativa e di procurarsi in questo modo un reddito delle stesso tenore di quello goduto prima dell'infortunio.

Nel caso in esame va considerato che per invalidità superiori al 16% le prestazioni economiche dell'INAIL coprono anche i danni derivanti dalla perdita di reddito legata alla diminuzione della capacità di lavoro specifica, con la conseguenza che incombe sul lavoratore infortunato l'onere di allegare e provare un danno maggiore.

Va invece riconosciuta la domanda diretta alla liquidazione del danno esistenziale.

In proposito va tenuto conto della dimensione soggettiva e relazionale che ha questa voce danno, che investe la collocazione del lavoratore nel suo ambiente sociale e familiare. Va rilevato che il ricorrente è un lavoratore proveniente da un paese non comunitario e la presenza sua e dei suoi familiari nel nostro paese è legata dalla legislazione vigente (d.lgs. 286/1998) allo stretto legame tra possibilità di svolgere un lavoro e riconoscimento dei titoli di permanenza nel territorio italiano.

Nel caso in esame, la gravità dell'infortunio subito e la conseguente sensibile diminuzione della capacità di lavoro specifica e in generale delle condizioni di salute, per la rilevanza dei postumi permanenti, comporta delle conseguenze negative sulle aspettative di vita relazionale del ricorrente.

In questo senso conta la grave compromissione alla capacità di lavoro manuale, che il ricorrente ha sempre svolto (cfr. la consulenza medico legale) e dal cui svolgimento è dipeso l'ottenimento del permesso di soggiorno per sé e la possibilità di ottenere il ricongiungimento con i propri familiari. La nuova situazione che si è creata comporta una maggiore difficoltà nell'ottenimento di un nuovo posto di lavoro e, di conseguenza, una maggiore difficoltà di accesso al titolo del soggiorno, al cui ottenimento sono legati i diritti ai legami familiari e alle prestazioni dello stato sociale che un lavoratore comunitario ha nel nostro paese anche per i propri familiari (uno dei figli del ricorrente è portatore di una grave patologia, come risulta dal documento n. 12 allegato al ricorso).

In sostanza, deve ritenersi che le maggiori difficoltà di reperire un lavoro adeguato al proprio livello di professionalità acquisito non possano trovare risarcimento solo nel mero danno patrimoniale conseguente alla diminuzione di reddito, ma debbano avere un ristoro anche per i riflessi sulla vita di relazione e familiare, riferita anche all'inserimento nel contesto sociale che dipendono, per un lavoratore non comunitario, esclusivamente dalla propria capacità di lavorare pienamente.

In proposito, gli studi sociologici hanno sottolineato la forte funzione identitaria del lavoro sul piano sociale e individuale, la centralità del lavoro come luogo di integrazione sociale assolta per i lavoratori non comunitari, tanto che gli stessi fenomeni migratori tendono a essere disciplinati come migrazioni di lavoratori.

Deve quindi ritenersi che la perdita di capacità di lavoro e le pesanti conseguenze fisiche delle lesioni subite incidano sulla identità sociale del ricorrente e sulle stesse possibilità di realizzare un percorso di integrazione pieno e completo. Tale situazione incide quindi sulla sfera relazionale del ricorrente, sui suoi rapporti sociali e familiari e la lesione di queste aspettative e di questi processi di integrazione, resi più difficili dalla diminuita capacità di lavoro, genera un danno esistenziale che deve essere risarcito.

Il complesso di queste considerazioni portano a ritenere che debba essere riconosciuto al ricorrente un risarcimento di questa voce di danno, da liquidare in via equitativa in € 45.000,00, in misura cioè sostanzialmente analoga al danno morale.

A questo punto, tenendo conto di quanto già percepito dal ricorrente a titolo di risarcimento del danno, pari a € 105.000,00, residua un danno pari a € 23.331,59, da imputarsi al danno esistenziale, non coperto dalle somme già percepite.

La società resistente va quindi condannata al pagamento in favore del ricorrente della somma come sopra determinata, oltre agli accessori del capitale ai sensi dell'art. 429 c.p.c. dalla data della presentente sentenza al saldo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando [...] 1) condanna la società resistente, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del ricorrente della somma residua di € 23.331,59 a titolo di danno esistenziale, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT e agli interessi di legge dalla data della presente sentenza al saldo, imputando le somme percepite al risarcimento del danno biologico, morale e patrimoniale e respingendo la domanda per la rifusione del danno per spese mediche; 2) condanna la società resistente alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di lite [...].