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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Corte d'Appello di Genova, sentenza del 22 aprile 2008 n. 39

 
rel. Sangiuolo
 

Nel procedimento n. 11/2008 Reg. V.G. promosso da [...] avverso il Ministero dell'interno [...] e la prefettura di Genova. [...].

Svolgimento del processo

[...] ha impugnato il provvedimento in data 2.8.2007, notificatole in data 10.8.2007, con il quale la prefettura di Genova aveva negato il chiesto nulla osta al ricongiungimento familiare per il coniuge [...] colpito da precedente provvedimento di espulsione dal nostro territorio nazionale, sostenendo che il provvedimento reiettivo era censurabile perché la normativa vigente, nel disciplinare il ricongiungimento, non sancirebbe che la emissione del provvedimento di previa espulsione del ricongiungendo sia causa ostativa all'accoglimento della domanda di ricongiunzione, ove non sia concessa la previa autorizzazione ministeriale. Allegava che essi coniugi erano entrati clandestinamente nel nostro paese, che essi avevano chiesto non appena la legge lo aveva consentito la regolarizzazione della loro posizione, che essa aveva ottenuto il permesso di soggiorno e la formalizzazione della posizione lavorativa mentre il coniuge aveva visto respinta la richiesta, avendo riportato in precedenza una condanna penale per tentata rapina, ed una pronunzia ex art. 444 c.p.p., per resistenza a pubblico ufficiale; egli era stato poi colpito da un provvedimento di espulsione, notificatogli in data 12.1.2000, cui aveva ottemperato lasciando il nostro paese.

Aggiungeva di aver proposto due precedenti domande, di concessione del nulla osta, che erano state respinte, in relazione ai precedenti penali e alla pregressa espulsione del marito, e di avere indi proposto la terza istanza dopo che il coniuge aveva ottenuto la riabilitazione, e la declaratoria di estinzione del reato oggetto di richiesta di applicazione concordata della pena.

La autorità amministrativa aveva statuito negativamente sulla domanda ribadendo la perdurante necessità dell'ottenimento della previa autorizzazione ministeriale ex art. 13 co. 13 del d.lgs. 286/1998.

Detta autorizzazione - secondo la ricorrente - non era più necessaria, dopo la entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2007, che aveva espressamente eliso la sua necessità per le fattispecie regolate dalle lett. a) e b) del co. 2 dell'art. 13 del d.lgs. 286/98, complessivamente rendendo più agevole l'ottenimento del ricongiungimento.

La situazione del coniuge della richiedente rientrava nella terza ipotesi, regolata dalla lett. c) del medesimo articolo, per la quale la espressa abrogazione della previsione non vi era stata; ciononostante, - sosteneva -, era da ritenere che una lettura costituzionalmente orientata della previsione normativa imponesse di ritenere comunque non più necessaria detta autorizzazione, stante il prevalente diritto della ricorrente e dei figli di lei - regolarmente presenti nel nostro paese- ad ottenere la riunificazione della famiglia, valore che doveva ritenersi prevalente su ogni altro, alla luce della normativa di diritto interno, dei precetti costituzionali e dei principi sanciti dalle Convenzioni internazionali cui l'Italia aveva aderito.

Neppure poteva trascurarsi che ogni presunzione di pericolosità, quanto al coniuge della ricorrente, era da escludere, valutati gli elementi versati in atti, dai, quali si ricavava che quegli non aveva posto in essere alcuna ulteriore attività delittuosa, dopo le pronunzie, ormai risalenti, delle quali si è detto.

Il tribunale ordinario di Chiavari, sentita la ricorrente nonché il funzionario prefettizio all'uopo delegato respingeva il ricorso, ritenendo non condividibile la tesi propugnata dalla ricorrente, e necessaria, nella fattispecie dedotta, la più volte citata autorizzazione ministeriale ex art. 13 d.lgs. 286/1998.

[...] ha reclamato, deducendo, quale motivo unico di gravame la ricorrenza, nel provvedimento del tribunale di Chiavari 4.2.2008, del vizio di violazione di legge connesso a sviamento di potere in relazione agli artt. 13 co. 13, 28 co. 1 e 3 e 29 del d.lgs. 286/1998, a suo avviso interpretabili, in una lettura costituzionalmente orientata, sensibile alla prevalenza del diritto alla unità familiare, rispettosa, oltre che delle norme costituzionali, delle previsioni delle molteplici Convenzioni internazionali cui il nostro paese ha aderito, nel senso della non necessità della speciale autorizzazione ministeriale di cui all'art. 13, non solo nelle situazioni previste nei primi due alinea del co. 2 dell'art. 13 del d.lgs. succitato, ma anche nella terza previsione, nel cui ambito ricade la situazione del marito della ricorrente, laddove la pericolosità del soggetto già espulso sia venuta meno.

Ha aggiunto che la autorizzazione del Ministero già era stata, in occasione di una delle due precedenti richieste di nulla osta, negata, con riferimento a circostanze di ben scarsa rilevanza, ed anche al ritenuto difetto delle condizioni richieste per la concessione del nulla osta al ricongiungimento, il che si traduceva in una petizione di principio, ed in un vano rincorrersi di previsioni, l'una all'altra ostativa, che precludevano, di fatto, la possibilità di positiva definizione della vicenda umana, prima ancora che giudiziaria, della ricorrente, regolarmente presente nel nostro paese al pari dei figli, frequentanti la scuola dell'obbligo e ben inseriti anche sotto il profilo sociale nel Comune di residenza.

Il reclamo è stato notificato al P.G., nonché alla prefettura e al Ministero dell'interno, per i quali alla odierna udienza nessuno è comparso.

Il P.G. ha spiegato intervento, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della decisione impugnata. La Corte, sentita la difesa reclamante, che ha prodotto ulteriore documentazione, alla udienza camerale dell'11.4.2008 si è riservata la decisione che assume come in appresso.

Motivi della decisione

Premesso che unico soggetto legittimato passivo in giudizio è il Ministro degli interni, (Cass. 16.6.2004 n. 11325) e che esso è rimasto contumace, e tale va dichiarato, nel merito si osserva.

Il provvedimento impugnato si articola sulle seguenti proposizioni:

- che la fattispecie dedotta rientra nelle previsioni dell'art. 13 co. 13 del d.lgs. 286/1998 come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 5/2007, che richiede la speciale autorizzazione del Ministro dell'interno per il reingresso nel nostro paese degli stranieri già espulsi;

- che in difetto di detta autorizzazione, la prefettura di Genova non poteva che negare la chiesta autorizzazione;

- che il diritto al mantenimento della unità familiare, secondo le previsioni del diritto vigente, è riconosciuto tout court solo allo straniero regolarmente presente sul nostro territorio;

- che in detta categoria non sono ascrivibili coloro che sono stati colpiti da provvedimento di espulsione;

- che le censure di illegittimità costituzionale mosse da parte ricorrente alla normativa vigente sono infondate, per quanto affermato da numerose pronunzie della S.C., che hanno più volte sancito che il diritto alla unità familiare deve esser contemperato con altre esigenze, quali quelle di tutela della sicurezza del paese e dei soggetti quivi soggiornanti.

La Corte reputa che la decisione sia da condividere.

La lettera dell'art. 13 del d.lgs. 286/98 - come modificato dalle previsioni dell'art. 2 del d.lgs. 5/2007 che ha eliminato la necessità della autorizzazione ministeriale per le fattispecie previste e regolate dalle lett. a) e b) del co. 2 dell'art. 13, non contiene analoga previsione abrogativa quanto alle previsioni contenute nella lett. c), il che già è significativo, quanto alla valutazione resa a monte dal legislatore, in ordine ad una minore antigiuridicità delle prime due ipotesi rispetto a quelle regolate nella terza, ritenute, presumibilmente, meritevoli di una qualche maggiore cautela.

All'argomento letterale, di differenziazione tra le fattispecie, si aggiunge quello logico, che trova la sua risposta nella ratio della norma, giacché è del tutto ragionevole che coloro che siano stati destinatari di una valutazione di pericolosità sociale - presupposta dal decreto di espulsione - debbano essere più attentamente valutati, nel momento in cui chiedono la autorizzazione al rientro nel nostro paese, onde evitare che la ricostituzione del nucleo familiare divenga strumento di elusione delle norme che regolano l'ingresso degli stranieri nello Stato e precluda la soddisfazione delle esigenze di tutela di coloro, cittadini e non, che già soggiornino regolarmente nel nostro paese.

Appare pertanto del tutto ragionevole che il reingresso del soggetto già espulso - seppure finalizzato a perseguire la ricostituzione del nucleo familiare - sia sottoposto alla speciale autorizzazione del Ministero; detta autorizzazione, - che appare per sua natura mirata proprio alla valutazione delle qualità e condizioni di vita del soggetto ricongiungendo - sarà concessa, ove siano vagliate e decise positivamente dette circostanze in relazione alle esigenze di tutela dell'ordine pubblico, e non certo in rapporto alla concedibilità del nulla osta sotto distinti e diversi profili, quali la capacità economica del soggetto richiedente, o la disponibilità dell'alloggio idoneo, circostanze distinte e diverse che devono trovare esame in altra sede, ovvero nella decisione successiva alla concessione della autorizzazione, da emettere da parte dell'ufficio immigrazione, che è soggetta alla ricorribilità al tribunale ordinario ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. 286/1998 più volte citato.

Ferma pertanto la necessità di ottenimento della autorizzazione da parte del Ministero, ove il relativo provvedimento dovesse essere affetto da profili di illegittimità, esso quale atto amministrativo resta soggetto al vaglio impugnatorio del soggetto leso, dinanzi al giudice amministrativo, secondo le regole ordinare.

Conseguentemente, contrariamente a quanto opina la reclamante, non si verifica alcuna sovrapposizione di competenze, giacché la normativa in esame che duplica la cognizione delle due autorità giudiziarie introduce un regime ben differenziato, e nelle competenze e nei presupposti, all'A.G.O. competendo la cognizione del rapporto, mentre al giudice amministrativo appartiene la valutazione di legittimità degli atti attraverso i quali si articola la procedura.

Né a ciò può opporsi, con la difesa reclamante, che le esigenze di tutela della famiglia impongano comunque l'accoglimento della istanza in parola, giacché - come il primo giudice ha correttamente affermato, sia la S.C. (cfr. Cass. 9793 del 2000 ex multis); sia il Giudice delle leggi (per tutte vedi Corte cost. ord. 140 del 2001) hanno ripetutamente affermato che le esigenze di tutela della famiglia, quanto agli stranieri che non si trovino in situazione di regolarità nel nostro paese, non possano condurre ad un indiscriminato accesso, in spregio alla normativa vigente, giacché, ove dovesse riconoscersi allo straniero espulso, la possibilità di reingresso per motivi di famiglia al di fuori delle previsioni condizionanti contenute nella normativa vigente, - e così, nella fattispecie, in difetto della concessione della autorizzazione ministeriale - detta circostanza sarebbe all'evidenza agevole strumento di elusione delle suddette previsioni, e di stravolgimento del contemperamento di valori insito nel nostro sistema normativo, disattendendo il principio della necessità di equo contemperamento con altri diritti pure costituzionalmente tutelati (così Cass. 12223 e 12226 del 2003) dei quali il legislatore è tenuto ad eseguire un equo bilanciamento.

Il reclamo va pertanto disatteso; la materia oggetto del contendere e il comportamento processuale delle parti rendono opportuna la compensazione delle spese anche del secondo grado.

P.Q.M.

definendo il procedimento, dichiarato il difetto di legittimazione della prefettura e la contumacia del Ministero evocato, ogni diversa istanza disattesa, respinge il reclamo proposto da [...] avverso il provvedimento emesso inter partes dal tribunale di Chiavari in data 4.2.2008. Compensa tra le parti le spese del grado. [...].