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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Trieste, sentenza del 2 maggio 2008 n. 10

 

est. Barzazi

 

Nel procedimento camerale iscritto al n. 963/08 promosso con ricorso depositato in data 20.3.2008 da [...] con l'intervento del Ministero dell'interno [...]. In punto: impugnazione della decisione negativa della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato di Gorizia e riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

Svolgimento del processo

Con ricorso al tribunale ordinario di Trieste, depositalo il 20.3.2008, proposto contro il Ministero dell'interno, [...] esponeva di essere nato il 30.6.1972 in Togo, paese africano retto da una delle dittature più lunghe della storia moderna; in tale paese, infatti, dal 1967 al 2005, il potere era stato detenuto da Eyadema Gnassingbè, capo di un governo distintosi per l'autoritarismo, la sistematica violazione dei diritti umani e la ferocia nei confronti di ogni opposizione. Tra i movimenti di opposizione al citato regime vi era l'UFC (Union des forces de changement), del quale il ricorrente era membro attivo sin dal 2002.

Deceduto improvvisamente nel febbraio 2005 il citato dittatore, un primo colpo di stato che aveva portato al potere il figlio dello stesso, Faure Gnassingbé, era poi fallito, anche a causa delle pressioni internazionali ed erano state indette per il 24.4.2005 le elezioni, in vista delle quali l'attività dell'UFC era stata molto intensa, nella speranza che le consultazioni potessero portare ad un regime democratico. Il ricorrente si era impegnato in prima persona a favore del candidato dell'UFC Bob Akitani, criticando ampiamente l'efferatezza del precedente regime. Durante le elezioni le milizie di Gnassingbé e del suo partito, RPT, avevano occupato con armi i seggi, tra i quali quello del ricorrente, che era stato ferito con un coltello e quindi tratto in arresto, brutalmente percosso e torturato con sigarette accese: di tali violenze il ricorrente portava ancora i segni sul suo corpo. Il ricorrente, era riuscito a fuggire nel Ghana e da qui aveva continuato la sua attività politica, mantenendo i contatti con i compagni del suo partito e rinnovando la tessera. Nel 2007, quando Agboybo era stato nominato primo ministro, il ricorrente tornato nel Togo, verificando però che nulla era cambiato, posto che continuava la repressione contro gli oppositori ed, in particolare, contro i protagonisti delle rivolte nel corso delle elezioni del 2005, come confermato dal rapporto 2007 di Amnesty International: nella notte del 15.5.2007 degli uomini armati, dell'etnia cui apparteneva il presidente Gnassingbé, avevano fatto irruzione nella casa della sua famiglia e dal momento che sua madre aveva rifiutato di dire dove egli si trovasse, era stata selvaggiamente picchiata, come evidenziato dalle fotografie e dai certificati medici prodotti.

A seguito di tale episodio era fuggito e, transitando per il Ghana, era giunto in Italia il 7.8.2007 ed aveva appreso che suo fratello gemello, che credeva morto, viveva a Vicenza, dove gli era stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. La sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato era stata respinta, sul presupposto che le motivazioni da egli addotte non fossero più attuali. Il ricorrente lamentava l'assoluta genericità e conseguentemente l'indeterminatezza della motivazione della decisione della Commissione territoriale e sottolineava come le circostanze da egli allegate e documentate comprovassero la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o, quanto meno, per l'attribuzione della protezione sussidiaria o, in via di ulteriore subordine, per il riconoscimento del diritto d'asilo. Ciò premesso, il ricorrente rassegnava le conclusioni [...], instando anche per l'ammissione di prova testimoniale.

Il ricorso ed il decreto di fissazione d'udienza venivano notificati all'interessato e comunicati al P.M. ed alla Commissione territoriale.

Si costituiva il Ministero dell'interno, eccependo preliminarmente la tardività del ricorso, proposto oltre il termine perentorio di quindici giorni di cui all'art. 1 ter del D.L. n. 416/1989, convertito nella l. n. 39/1989, come modificato dalla l. n. 189/2002. Nel merito, il Ministero osservava che la denunciata carenza di motivazione appariva irrilevante; richiamata la definizione dello status di rifugiato rinvenibile nella Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, il Ministero rilevava come non potessero essere ricondotte a tale definizione la situazione di persone costrette ad abbandonare il loro paese per disordini interni, conflitti internazionali, calamità naturali, miseria. Sia dalla documentazione prodotta dal ricorrente che dalle sue stesse dichiarazioni non erano emersi elementi oggettivi da cui inferire un timore di persecuzione ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra. Il Ministero chiedeva pertanto la reiezione del ricorso, in quanto inammissibile ed infondato, con vittoria di spese. [...].

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività dello stesso, sollevata dal Ministero resistente.

Il ricorso è stato infatti proposto ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. 28.1.2005 n. 25 (Attuazione della Direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato). L'art. 40 di tale d.lgs. ha espressamente abrogato l'art. 1 ter del D.L. 30.12.1989 n. 416, convertito, con modificazioni dalla l. 28.2.1990 n. 39, sul quale è fondata l'eccezione del Ministero; tale norma prevedeva un termine di quindici giorni per il ricorso al tribunale avverso le decisioni della Commissione territoriale.

L'art. 35 del d.lgs. n. 25/2008 ha disciplinato le procedure di impugnazione, prevedendo che avverso la decisione della citata Commissione sia esperibile ricorso al tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di Corte d'appello in cui ha sede la Commissione che ha pronunciato il provvedimento, ricorso da proporsi, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento, mentre il termine di quindici giorni, sempre dalla citata comunicazione, deve essere osservato nel caso il ricorrente si trovi trattenuto in forza di provvedimento del questore nei Centri di cui all'art. 14 del d.lgs. 25.7.1998 n. 286. Non constando che nei confronti del ricorrente sia stato disposto il trattenimento, nel caso di specie il ricorso deve ritenersi tempestivamente depositato in data 20.3.2008, nel trentesimo ed ultimo giorno utile, essendo avvenuta il 19.2.2008 la comunicazione della decisione della Commissione al ricorrente.

Il ricorrente ha indicato quale propria controparte processuale il Ministero dell'interno, ma, alla luce del tenore dell'art. 35 del d.lgs. n. 25/2008, ed in particolare del co. 11, che prevede che la sentenza del tribunale in composizione monocratica possa essere reclamata unicamente dal ricorrente e dal P.M., deve ritenersi che al Ministero dell'interno non possa riconoscersi la legittimazione passiva in relazione al presente procedimento. Tale conclusione, fondata sul tenore letterale della nuova disciplina, risulta ulteriormente confermata dalla considerazione che, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, la qualifica di rifugiato costituisce uno status e forma oggetto di un diritto soggettivo e tutti i provvedimenti assunti dagli organi amministrativi competenti in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva (in questo senso, decidendo in sede di regolamento di giurisdizione, Cass., S.U. civ., 17.12.1999, n. 907; Cass., S.U. civ., 26.5.1997, n. 4674).

Resta peraltro ferma la possibilità per il Ministero dell'interno di intervenire volontariamente nel procedimento, come accaduto nel caso di specie, a tutela dell'interesse pubblico in materia perseguito. L'art. 35 d.lgs. n. 25/2008 ha altresì disposto che il ricorso e il decreto di fissazione d'udienza debbano essere comunicati al P.M., per consentirne l'intervento e la successiva impugnazione, con previsioni che sembrano ricollegarsi agli artt. 71 e 72 del c.p.c.

Nel merito il ricorso è fondato.

Ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 19.11.2007 n. 251, che dispone conformemente alla Convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28.7.1951 e ratificata con l. 24.7.1954 n. 722, rifugiato è il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza e non può o non vuole avvalersi della protezione di tale paese. Il successivo art. 3 dispone che, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato o della attribuzione della protezione sussidiaria, il richiedente debba presentare tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la relativa domanda. Ai sensi degli artt. 5 e 7 del medesimo d.lgs., ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale gli atti di persecuzione paventati debbono essere sufficientemente gravi, per natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, potendo assumere, tra le altre, la forma di atti di violenza fisica o psichica, di provvedimenti legislativi, amministrativi e giudiziari discriminatori; responsabili della persecuzione o del danno grave debbono essere lo Stato, partiti od organizzazioni che controllano lo Stato od una parte consistente del suo territorio, soggetti non statuali, se i soggetti sopra citati, comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione.

Il ricorrente ha prodotto in primo luogo un articolo pubblicato sul periodico "30 giorni nella chiesa e nel mondo, mensile internazionale diretto da Giulio Andreotti", dal titolo "L'ordine regna a Lomé". In tale articolo si legge che il Togo ha conosciuto uno dei regimi più lunghi della storia, quello definito autoritario e feroce di Eyadéma Gnassinngbé, che si attirò ripetute critiche di Amnesty International e sanzioni internazionali; alla morte del dittatore, nel febbraio del 2005, un colpo di Stato dei militari portò al potere il figlio Faure Gnassingbé, determinando tuttavia la applicazione di sanzioni da parte dell'Unione africana e dell'Unione europea, sanzioni che costrinsero il figlio del dittatore a rassegnare le dimissioni ed ad indire le elezioni. Le consultazioni elettorali, svoltesi il 24.4.2005 in un clima di intimidazione e caratterizzate da gravi falsificazioni, portarono all'apparente vittoria dello RPT, partito del dittatore. L'autore dell'articolo ha evidenziato che l'opposizione contestò duramente l'esito delle elezioni, provocando la reazione violenta dello RPT, che giunse all'uccisione di ottocento persone, soprattutto giovani; squadre di militari si introducevano nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, facendo sparire le persone. Nell'articolo si cita un documento dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel quale si indicava che nel maggio 2005 i profughi togolesi erano più di 30.000.

Il ricorrente ha prodotto altresì un rapporto di Amnesty International sulla situazione del Togo nell'anno 2007, nel quale si legge che nello Stato, del quale è capo Faure Gnassingbé, nonostante le pressioni della Comunità internazionale e di quella nazionale, persistono l'impunità per gli autori delle violenze commesse successivamente alle elezioni del 2005 e la detenzione dei sostenitori dell'opposizione in assenza di processo; il rapporto menziona numerose segnalazioni di torture e di trattamenti cagionanti lesioni sui detenuti in stato di custodia cautelare. Nel rapporto si citano come partiti di opposizione in Togo il CAR (Comitè d'action pour le renoveau) e l'UFC (Union des forces del changement); a quest'ultimo il ricorrente ha documentalmente provato di essere iscritto, mediante produzione di fotocopia della tessera, validata sino al 2007.

Il ricorrente ha dichiarato avanti alla Commissione di Gorizia di essere stato arrestato dai militari nel seggio elettorale a causa dell'attività di propaganda per il partito di opposizione, di essere stato portato in un campo militare e di essere riuscito a fuggire il 25.4.2005, giorno successivo alle elezioni nel Ghana, dove era rimasto per quasi due anni, di aver deciso nel marzo 2007 di far ritorno in Togo quando aveva appreso la notizia della nomina di Agboybor come primo ministro. Il ricorrente ha ancora dichiarato che il 15.5.2007, durante la notte, mentre lui si trovava a casa della fidanzata, quattro persone armate di etnia Kabye, quella al potere, erano entrate nell'abitazione della madre per cercarlo e, non avendolo trovato, posto che la madre non aveva inteso riferire dove fosse, i quattro armati avevano minacciato e picchiato la donna. Al ricorso è stato allegato un certificato medico, rilasciato il 15.5.2007 a [...], madre del ricorrente (il rapporto di filiazione è attestato dal certificato di cittadinanza doc. 7), dal quale risulta che la donna aveva riportato una lussazione alla spalla sinistra, lesioni all'emifaccia sinistra, una contusione alla caviglia destra. Alla Commissione il ricorrente ha ancora dichiarato di aver lasciato il Togo lo stesso 15.5.2007 per tornare nel Ghana, paese nel quale tuttavia i miliziani togolesi in più occasioni si erano introdotti per uccidere loro connazionali, ragione per cui il 6 agosto aveva lasciato il Ghana per l'Italia, dove era stato aiutato da un sacerdote a trovare suo fratello, giunto nel nostro paese nel 2002, al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato.

Ancora, il ricorrente ha prodotto un certificato rilasciato il 5.3.2008 da un medico di Vicenza, nel quale si attesta che il ricorrente presenta segni di bruciature probabilmente di sigaretta all'avambraccio destro, di una cicatrice all'arcata sopracciliare destra, dei tagli alla mano sinistra, delle cicatrici all'arto inferiore sinistro.

Sentito da questo giudice, il ricorrente ha dichiarato che nell'ottobre del 2007 si sono svolte in Togo nuove elezioni legislative, in una situazione di completa anarchia e nell'impossibilità di svolgere qualsiasi controllo; in occasione delle consultazioni si sono verificati numerosi arresti di esponenti del partito politico cui egli appartiene, l'UFC; nonostante l'invio di osservatori dell'ONU ed il sollecito da parte degli stessi alla punizione delle violenze, nessuna sanzione era stata adottata nei confronti dei responsabili.

È stato altresì sentito il fratello del ricorrente, il quale ha riferito di essere fuggito dal Togo per raggiungere l'Italia nel 2002, di aver ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato nel 2004, di essere in contatto con connazionali i quali gli hanno confermato che nel Togo la democrazia a tutt'oggi non funziona; egli ha altresì confermato che la madre è stata vittima di un'aggressione da parte dei militari.

La Commissione territoriale ha ritenuto di rigettare la richiesta del ricorrente di protezione internazionale con la seguente motivazione: "in quanto le motivazioni addotte sono attinenti al precedente ritorno in Togo e non sono più attuali". La motivazione in questione è senza dubbio inadeguata ed insufficiente; si osserva tuttavia che il presente giudizio non ha certo natura impugnatoria, avendo invece ad oggetto, come già sopra ricordato, lo status di rifugiato, riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, rispetto al quale tutti i provvedimenti assunti dagli organi competenti hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, di talché l'eventuale illegittimità della decisione della Commissione non esime certo il richiedente la protezione dall'assolvere agli oneri assertivi e probatori che si vanno ad esporre, né il giudice dal valutare nel merito la sussistenza dei presupposti l'accoglimento dell'istanza dello straniero.

Ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato è necessaria una precisa correlazione tra la situazione specifica del richiedente e le condizioni politiche, sociali e normative del paese di provenienza, senza che sia possibile far ricorso al notorio od inferire la situazione individuale da quella generale di un paese (Cass., sez, I civ. 20.12.2007 n. 26822). L'art. 3 del d.lgs. 19.11.2007 n. 251, nel ribadire che l'esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale, dispone che "il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenere che le persecuzioni o i danni gravi non si ripeteranno".

La medesima norma, tenendo conto delle gravi difficoltà che possono sussistere, proprio laddove la persecuzione è più forte, nell'assolvere all'onere probatorio dispone che "qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l'autorità competente a decidere sulla domanda ritiene che: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) tutti gli elementi in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone [...]".

Nel caso di specie, le pubblicazioni prodotte dal ricorrente hanno fornito informazioni precise ed univoche sulla situazione socio-politica nel Togo, prima e dopo le elezioni dell'aprile 2005, sui gravi atti di violenza fisica, sulle uccisioni, sulle detenzioni arbitrarie degli appartenenti ai partiti politici di opposizione, tra il quali l'UFC, nel quale milita il ricorrente; tali atti persecutori sono riconducibili al partito di governo e sono determinati da motivi politici, rappresentati dalla volontà di contrastare l'evoluzione in senso democratico del governo del paese, perseguita dall'UFC e da altri partiti di opposizione. La documentazione acquisita ha altresì confermato le allegazioni del ricorrente circa il perdurare della persecuzione nei confronti dei militanti dei partiti di opposizione ed in specie di coloro che presero parte alle contestazioni dei risultati elettorali dell'aprile 2005. Positivi elementi di riscontro ha rinvenuto la correlazione tra la situazione socio-politica generale appena descritta e quella specifica del ricorrente; egli ha infatti provato, come già rilevato, di militare nell'UFC, di portare sul suo corpo i segni di violenze subite, che sua madre, una donna di sessantasei anni, nel maggio del 2007 ha subito atti di violenza fisica da parte dei militari. Tenuto conto del già citato art. 3 co. 5 del d.lgs. n. 251/2007, correlativamente anche nel giudizio avente ad oggetto lo status di rifugiato l'onere probatorio deve ritenersi attenuato in considerazione del ridotto grado di disponibilità obiettiva delle prove da parte del ricorrente; quest'ultimo nel caso di specie ha circostanziato in modo molto preciso le sue dichiarazioni, sia nel procedimento amministrativo che nel presente giudizio, ha fornito i documenti dei quali poteva avere la disponibilità, ha addotto elementi relativi alla sua condizione specifica che sono del tutto coerenti con le informazioni disponibili sulla situazione del paese di provenienza e sul suo caso.

Sulla scorta di tali considerazioni questo giudice ritiene che al ricorrente possa essere riconosciuto lo status di rifugiato, potendo considerarsi provato il concreto ed attuale rischio della sua sottoposizione nel paese di origine, ad opera del partito di governo, a misure sanzionatorie incidenti sulla sua integrità fisica o sulla sua libertà personale in ragione delle sue convinzioni politiche.

Tenuto conto della complessità e controvertibilità della valutazione in ordine ai presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, le spese processuali possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, riconosce al ricorrente [...], lo status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e del d.lgs. 19.11.2007 n. 251; compensa integralmente te spese processuali.