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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Venezia, sentenza del 12 ottobre 2007 n. 2250

 
est. Guerra
 

Nella causa iscritta al ruolo generale n. 1449/2005 R.G. promossa con atto di citazione notificato il giorno 16.2.2005 [...] da [...] contro il Ministero dell'interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con l'intervento della Procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia. [...].

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato l'attore [...], cittadino nigeriano, conveniva in giudizio avanti all'intestato tribunale la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'interno al fine di sentire accertati i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, del diritto di asilo politico.

A sostegno della sua domanda esponeva di essere cristiano cattolico appartenente al gruppo etnico degli Yorubas e già studente del quarto anno della facoltà di lingue dell'università Ahmudi Bello nello Stato di Kaduna. Aggiungeva che in occasione delle celebrazioni per il venerdì santo del 2.4.1999 nella città di Kaduna scoppiarono violenti disordini di natura etnico-religiosa tra la maggioranza musulmana e la minoranza cattolica e suo padre, suo fratello e la fidanzata riportarono gravi ferite a seguito delle quali morirono. A causa del suo ruolo di leader studentesco e incaricato alle relazioni pubbliche dell'associazione degli studenti cristiani dell'università egli, con altri settanta studenti, fu arrestato il 22.3.2000 e la reclusione si protrasse per più di un anno in un luogo rimasto sconosciuto. La scarcerazione avvenne il 25.8.2001 su ordine del Ministro della giustizia, assassinato nel dicembre dello stesso anno. Nel febbraio 2002 durante alcuni scontri all'università egli venne ferito da una pugnalata al fianco e durante la degenza ospedaliera veniva ricercato a casa dalla polizia per l'arresto, evitato solo grazie alla fuga prima in Costa d'Avorio e successivamente in Italia. Gli estremisti islamici, appresa la notizia del fatto che egli era ricercato per gli scontri, diedero alle fiamme la casa, il negozio ed il magazzino della famiglia. La madre fu nel frattempo arrestata in quanto sospettata di favoreggiamento nei suoi confronti.

La sua richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato era stata respinta dalla Commissione centrale che aveva ritenuto che non ci fosse una persecuzione specifica nei suoi confronti. Benché ritualmente notificati, i convenuti non si costituivano. [...].

Motivi della decisione

[...]. Pacifica è oramai la giurisdizione del giudice ordinario nella materia in questione, come affermato dall'uniforme orientamento anche di merito successivo alla sentenza Cass. S.U. 17.12.1999 n. 907 secondo la quale "la qualifica di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 29.7.1951 costituisce, come quella dell'avente diritto all'asilo (dalla quale si distingue perché richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito non richiesto dall'art. 10, co. 3, Cost.), una figura giuridica riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti da competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, e le controversie riguardanti il riconoscimento della posizione di rifugiato (così come quelle sul riconoscimento del diritto di asilo) rientrano nella giurisdizione della autorità giudiziaria ordinaria, una volta espressamente abrogato dall'art. 46, l. n. 40 del 1998, l'art. 5, D.L. n. 416 del 1989, conv. con modificazioni dalla l. n. 39 del 1990 (abrogazione confermata dall'art. 47 del testo unico d.lgs. n. 286 del 1998), che attribuiva al giudice amministrativo la competenza per l'impugnazione del provvedimento di diniego dello status di rifugiato". [...].

Poiché la domanda è diretta all'accertamento di uno "status" in senso proprio, ossia all'accertamento dei presupposti per riconoscere in capo all'attore una specifica situazione giuridica soggettiva che riceve protezione dall'ordinamento ed esprime la posizione del soggetto nell'ambito della collettività organizzata, va decisa al tribunale in composizione collegiale e con la partecipazione necessaria del P.M., ritualmente intervenuto in giudizio. [...].

Nel merito, l'attore deduce, a fondamento della domanda principale, di essere stato vittima, insieme ai familiari, di gravi comportamenti persecutori da parte delle autorità di polizia dello Stato della Nigeria e degli estremisti islamici, in quanto cristiano attivo nelle organizzazioni studentesche ed in particolare nelle iniziative finalizzate alla promozione dei diritti umani. La dettagliatissima narrazione delle persecuzioni subite, verosimile, in relazione alla situazione presente nel paese d'origine e ben descritta nelle relazioni delle organizzazioni umanitarie dimesse, trova riscontri documentali: a) nei certificati di morte del padre, del fratello e della donna indicata come fidanzata nei giorni successivi al 2.4.1999, quando ci furono le repressioni per ragioni religiose (docc. 25, 26, 27); b) nella relazione redatta dal legale di uno studio nigeriano che fu incaricato della difesa relativa alla incriminazione che portò alla detenzione (docc. 20 e 21), nonché la dichiarazione sotto giuramento di altro legale dello stesso studio (doc. 22), che conferma la narrazione attorea; c) il referto medico ospedaliero che certifica la ferita da coltello nel febbraio 2002.

Reputa il Collegio che i plurimi e concordanti mezzi di prova documentali offerti dall'attore siano sufficienti a dimostrare il pericolo di una persecuzione personale specificamente diretta al soggetto in caso di rientro in patria. Considerando le inevitabili difficoltà di prova incontrate dall'attore, esigere l'indicazione di mezzi istruttori tipici (per esempio, testimoniali), significherebbe, di fatto, impedire o rendere eccessivamente onerosa la tutela giudiziaria del diritto.

La domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato deve pertanto essere accolta, con conseguente assorbimento della domanda subordinata. Per la natura e l'oggetto della causa e nella contumacia dei convenuti, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

il tribunale ordinario di Venezia, sez. III civ., definitivamente pronunciando, così decide: 1) dichiara la contumacia dei convenuti; 2) accoglie la domanda diretta all'accertamento dello status di rifugiato proposta dall'attore [...]; 3) dispone la compensazione delle spese di lite.