Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 25 luglio 2007 n. 16417
Per persecuzione si deve intendere una forma radicale e spietata di lotta contro una minoranza, che si
manifesta con maltrattamenti, soprusi, coercizioni e modalità comunque contrarie alla tutela dei
diritti umani.
Tale strategia di aggressione può però essere attuata non solo con vessazioni di carattere materiale,
ma anche sul piano giuridico sicchè per integrare il concetto di persecuzione è sufficiente - in via del tutto astratta e salve le ulteriori specificazioni sul punto - la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile
con la reclusione non essendo a tal fine necessaria anche la concreta emanazione di una condanna.
Tuttavia, fermo restando quanto sinora esposto, il semplice richiamo alla rilevanza penale attribuita
all'omosessualità nello stato senegalese non vale di per sè ad integrare gli estremi del fatto
persecutorio, essendo questo configurabile soltanto laddove la sanzione penale sia prevista con
riferimento alla qualità dell'agente, e non necessariamente anche in relazione alla pratiche che dalla
stessa eventualmente conseguano.
Ai fini dell'accertamento della ravvisabilità o meno di un fatto persecutorio occorre cioè stabilire,
venendo al concreto, se la legislazione senegalese preveda come reato il fatto in sè
dell'omosessualità (ipotesi che certamente varrebbe in sè ad integrarne gli estremi), ovvero soltanto
l'ostentazione delle pratiche omosessuali non conformi al sentimento pubblico di quel paese atteso
che, in tale ultimo caso, il divieto non si sottrarrebbe al principio di ragionevolezza.
Solo nella prima ipotesi, infatti, sarebbe ravvisabile un fatto persecutorio, alla stregua dei principi
generali di libertà e dignità della persona.