ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sezione seconda, sentenza del 16 gennaio 2007, n. 14

 

Illegittimità del provvedimento di rimpatrio.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione - ha pronunciato la seguente

sentenza

in forma semplificata

sul ricorso n. 668/2006 proposto da O.B., rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Pastore ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Torino, via Moretta n 7,

c o n t r o

il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso la quale è domiciliato in corso Stati Uniti n. 45,

per l'annullamento, previa sospensione,

del provvedimento prot. n. 2407/B.2/O.S.P. del 28.1.2006, notificato il 16.3.2006 con il quale il Prefetto della Provincia di Novara ha disposto il rigetto del ricorso gerarchico presentato dalla ricorrente avverso il provvedimento Cat. 1/2005/Div. Pol. Ant/M.P. del 2.5.2005, notificato il 10.8.2005, con il quale il Questore della Provincia di Novara ha disposto il rimpatrio con foglio di via obbligatorio della ricorrente con divieto di fare ritorno nel comune di Pombia (NO) e sue frazioni per un periodo di anni tre;

nonchè per l'annullamento

del provvedimento Cat. 1/2005/Div. Pol. Ant./M.P. del 2.5.2005, notificato il 10.8.2005 con il quale il Questore della Provincia di Novara ha disposto il rimpatrio con foglio di via obbligatorio della ricorrente nel comune di residenza con divieto di fare ritorno nel comune di Pombia (NO) e sue frazioni per un periodo di anni tre;

ed infine per l'annullamento

degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento e per ogni ulteriore statuizione.

Visti gli atti e documenti depositati con il ricorso;

Vista l'ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 320/i del 21 giugno 2006;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 19 ottobre 2006 il Referendario Giorgio Manca;

Comparsi per la parte ricorrente l'avv. Furno, su delega dell'avv. Pastore, e per l'amministrazione resistente l'avvocato dello Stato Carotenuto


Ritenuto

che sussistano i presupposti per definire il ricorso con sentenza semplificata, ai sensi dell'art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

Sentite sul punto le parti presenti;

Ritenuto, in fatto, che con il provvedimento in epigrafe, il Questore della Provincia di Novara ordinava alla ricorrente, cittadina nigeriana, il rimpatrio al Comune di Leno (BS), con foglio di via obbligatorio "Esaminata la proposta del Comando Compagnia Carabinieri di Arona e gli atti di questo ufficio, dai quali si rileva che la presenza (della ricorrente) ..., che esercita la prostituzione in Pombia (NO), ha provocato particolare disagio agli abitanti di quella zona, che è sfociato in numerosi esposti, inoltrati anche da amministratori locali agli organi competenti, per il disturbo della quiete pubblica, prodotto dal vociare dei suoi clienti e dalle proteste di automobilisti, contrariati dagli improvvisi rallentamenti e dalle soste scomposte. Posto che la predetta pone in essere tali comportamenti nel Comune di Pombia anche lungo la SS 32 e la SS 33 del Sempione, zona in cui è intenso il flusso veicolare e pertanto elevato il rischio per la sicurezza della circolazione stradale; Atteso che a Pombia (la ricorrente) non esplica alcuna attività lavorativa, né risulta avere altri interessi legittimi, che giustifichino la sua presenza in quel Comune; Posto che sulla base della condotta precedente e degli elementi di fatto sopraindicati O.B. deve essere ritenuta pericolosa per la sicurezza pubblica";

che avverso il predetto provvedimento la ricorrente proponeva ricorso gerarchico al Prefetto di Novara, il quale, con decreto del 28 gennaio 2006, n. 2497, respingeva il predetto ricorso rilevando che il rimpatrio era stato disposto dalla Questura di Novara "per ovviare ai segnalati inconvenienti determinati dal suo comportamento, ma anche per sedare la conflittualità che, nell'area suindicata, trae origine dalla promiscua presenza di prostitute e transessuali e che sfocia, sovente, nella commissione di reati contro il patrimonio e la persona; Considerato che il provvedimento di rimpatrio con F.V.O. è una tipica misura di prevenzione diretta a sanzionare il comportamento pericoloso per l'ordine e la sicurezza pubblica";

che con il ricorso in epigrafe la ricorrente deduce "Violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 2 L. 1423/56, come modificato dalla L. 327/88. Violazione dell'art. 3 L. 241/90. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti. Difetto di istruttoria", rilevando, con riferimento all'appartenenza della ricorrente ad una delle categorie indicate dall'art. 1 della legge n. 1423 del 1956, che l'amministrazione non avrebbe dimostrato, attraverso concreti elementi di fatto, tale appartenenza;

che, sotto questo profilo, l'esercizio della prostituzione non è di per sé attività delittuosa né potrebbero essere addebitati alla ricorrente i comportamenti degli automobilisti che si fermano ai bordi delle strade in cui si esercita la prostituzione;

che conseguentemente, sui punti indicati, si denunciano difetto di istruttoria e difetto di motivazione;

Considerato, in diritto, che il ricorso è fondato, in quanto:

- l'art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, subordina l'adozione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio all'accertamento che l'incolpato appartenga ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 (ossia: "1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; 3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica") e sia pericoloso per la sicurezza pubblica (art. 2, comma 1, che recita "Qualora le persone indicate nell'articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate");

- in nessun punto il provvedimento impugnato è motivato con ragioni, attinenti a comportamenti attribuibili direttamente all'interessata e qualificabili come pericolosi per la sicurezza pubblica, come imposto dagli articoli 1 e 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sopra riportati;

- il provvedimento impugnato descrive la situazione locale, riporta le proteste degli abitanti, riferisce dei pericoli che la presenza di prostitute e transessuali determinano per la quiete pubblica e per la sicurezza della circolazione stradale, ma tale motivazione non può costituire il fondamento di un provvedimento di rimpatrio, in quanto travisa il concetto di sicurezza pubblica per il quale tale provvedimento può essere assunto;

- d'altronde, come insegna la giurisprudenza della Cassazione penale, la prostituzione non può, di per sè, essere qualificata attività pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, se non venga esercitata con particolari modalità (adescamento, ostentazione scandalosa, molestia ai passanti, o altri comportamenti simili), e il bene giuridico protetto dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75 ("Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui"), è la libertà di determinazione della donna nel compimento di atti sessuali, garantita attraverso il perseguimento dei terzi che da tale attività intendono ricavare un vantaggio economico, atteso che non costituisce reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o di agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale (così Cass. pen., sez. III, 8 giugno 2004, n. 35776);

che sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo per il Piemonte, seconda eezione, pronunciandosi ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati;

compensa tra le parti le spese del giudizio,

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 18 ottobre 2006, con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Calvo Presidente

Antonio Plaisant Referendario

Giorgio Manca Referendario, Estensore