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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Lodi, decreto del 23 marzo 2001

 
est. Dal Moro
 

Premesso che in data 14.3.2001 [...] nato a [...], domiciliato in [...], ha proposto ricorso avverso il decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso dalla prefettura di Lodi in data 9.3.2001 ai sensi dell'art. 13 co. 2 lett.b d.lgs. .286/98, chiedendo al Tribunale adito di accertare l'insussistenza dei presupposti per l'espulsione per ragioni di asilo politico ed umanitarie ex art. 20 d.lgs. citato, e di dichiararne quindi l'inefficacia non convalidandolo, o, in subordine, di accertare l'inefficacia revocandolo;

in particolare riferisce di essere entrato nel territorio nazionale nel gennaio 2000 perché vittima di persecuzione e discriminazione a causa delle sue idee politiche, e per sfuggire ad una situazione ambientale resa grave dai conflitti etnici e da un recente disastro ecologico; ha inoltre depositato copia della richiesta di asilo politico presentata in data 14.3.2001 presso la questura di Lodi, sostenendo di non aver prima presentato richiesta di asilo politico alle competenti autorità, a causa dell'ignoranza della legge italiana e dell'impossibilità di comprendere la lingua italiana;

la prefettura di Lodi ha sostenuto la legittimità del provvedimento di espulsione, facendo notare che il ricorrente, entrato nel territorio nazionale nel 1999, non ha mai, nonostante la lunga permanenza, richiesto il permesso di soggiorno, né ha fornito valida giustificazione di questa omissione; si è tuttavia rimesso alla valutazione del Tribunale di Lodi quanto all'eventuale sospensione dell'efficacia del decreto di espulsione attesa la presentazione da parte del ricorrente della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato politico.

Osserva quanto segue

il ricorso proposto da [...] avverso il provvedimento di espulsione emesso dal prefetto di Lodi in data 9.3.2001 appare infondato e deve, pertanto, essere respinto.

Non è contestato, ed anzi è ammesso dal ricorrente, quanto affermato dalla prefettura di Lodi a fondamento del decreto di espulsione ovvero che, entrato nel territorio da oltre un anno, egli abbia omesso di richiedere nel termine di legge il permesso di soggiorno o di giustificare tale omissione con riferimento a cause di forza maggiore; con il ricorso è invece contestata la legittimità del provvedimento prefettizio in quanto sarebbe stato assunto in violazione degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n.286/98 e 28 d.p.r. n. 394/99, che prevedono il divieto assoluto di espulsione dello straniero che possa essere oggetto nello Stato di provenienza di persecuzione per motivi, tra gli altri, di opinioni politiche, o che provenga da territori ove si siano verificati conflitti o disastri naturali, e il rilascio in tali casi del permesso di soggiorno; conseguentemente né è chiesto l'annullamento previo accertamento della illegittimità o in subordine la sospensione dell'efficacia in attesa della decisione sul riconoscimento dello status di rifugiato politico.

Osserva il Tribunale che la presentazione di per sé della domanda suddetta, in attesa della pronuncia nel merito della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, competente in via esclusiva, non può determinare in assenza di precise disposizioni di legge né una pronuncia di sospensione del presente procedimento ai sensi dell'art. 295 c.p.c., né una pronuncia di sospensione dell'efficacia dell'atto della pubblica amministrazione; atto nei confronti del quale, in mancanza di norma specifica che lo consenta, l'autorità giudiziaria ordinaria può compiere solo un vaglio di legittimità che si traduce di fatto in una convalida in caso positivo, o in annullamento degli effetti dello stesso in caso negativo.

Pertanto ai soli fini della valutazione ritenuta consentita, va considerato se, non tanto la domanda in sé, quanto i fatti e le circostanze addotti dallo straniero che l'abbia presentata, rappresentino in maniera sufficientemente concreta e specifica una situazione di pregiudizio per quei diritti della persona che vanno assolutamente tutelati ai sensi dell'ordinamento interno ed internazionale, come affermato nell'art. 2 del d.lgs. n. 286/98, del quale le successive norme contenute negli artt. 19 e 20 nonchè nell'art. 28 d.p.r. n. 394/99 rappresentano l'attuazione. Né il fatto che la domanda sia stata presentata dopo l'ingresso nel territorio o addirittura dopo la notifica del decreto di espulsione, così come per consolidata giurisprudenza dell'autorità giudiziaria amministrativa, non può precludere la possibilità di accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, così non può escludere la necessità di tale vaglio dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Sicché il giudice se non può certo sostituirsi all'autorità amministrativa competente per dichiarare l'esistenza dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato politico, può e deve valutare se il provvedimento amministrativo leda diritti soggettivi di massima rilevanza del soggetto che a lui fa ricorso, purché questi alleghi circostanze concrete e fatti che, pur oggetto di una necessaria verifica, possano costituire almeno il fumus boni iuris della sussistenza di una situazione di persecuzione o di grave pregiudizio specifico e personale.

Nel caso di specie il ricorrente non ha allegato a supporto e fondamento di quanto dichiarato nel ricorso e nella domanda di asilo politico alcun elemento che consenta di ritenere il lamentato pregiudizio dei suoi diritti umani quanto meno suscettibile di essere provato; egli sostiene di provenire da un'area della Romania, in cui sarebbero in atto conflitti etnici e dove si sarebbe verificata un catastrofe ecologica, ma non documenta minimamente tali assunti; afferma di essere stato oggetto di pressioni e minacce della polizia per una presunta attività politica di contrasto all'operato del governo del suo paese senza in alcun modo documentare o anche solo specificare fatti o accuse che lo avrebbero personalmente interessato .

Tenuto conto delle condizioni soggettive del ricorrente e considerata altresì la complessiva condotta tenuta dallo stesso sul territorio dello Stato, appare corretto, in applicazione del disposto dell'art. 13, co. 14, d.lgs. 286/98, ridurre il periodo di tempo durante il quale egli non potrà rientrare nel territorio italiano da cinque a tre anni, salvo naturalmente che l'amministrazione competente non debba revocare il proprio decreto all'esito della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato;

riservata ogni determinazione in ordine alla richiesta di ammissione al gratuito patrocinio all'esito della produzione annunciata per la quale si concede il termine di legge sino al 30.3.2001.

P.Q.M.

respinge il ricorso presentato da [...] avverso il provvedimento di espulsione emesso dal prefetto di Lodi in data 9.3.2001. Riduce a tre anni il periodo di tempo durante il quale  [...] non potrà rientrare nel territorio italiano.