ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale di Trieste, ordinanza del 31 gennaio 2001

 
est. Ozbic
 

Letto il ricorso proposto ex art. 13 co.8 d.lgs. 286/1998 da [...] (Bosnia - Erzegovina) il 22.9.1971, avverso il decreto di espulsione cat. A.12/2000-n.12/B/espul-n.1767, emesso nei suoi confronti dal prefetto di Trieste in data 11.12.2000;

ritenuta la tempestività del ricorso depositato, presso la cancelleria di questo ufficio in data 16.12.2000, e verificata la regolare instaurazione del contraddittorio; [...], considerato che in seguito a richiesta di parte ricorrente all'udienza dd. 27.12.2000 il g.o. concedeva la sospensione del suddetto decreto di espulsione cat. A.12/2000-n.12/B/espul-numero 1767, emesso dal prefetto di Trieste in data 11.12.2000; [...].

A scioglimento della riserva formulata nell'udienza d.d. 15.1.2001, nella quale veniva fissato al 18.1.2001 termine per deposito memorie e al 24.1.2001 termine ultimo per deposito memorie di replica;

letta la memoria della resistente prefettura e la memoria di replica della ricorrente;

ritenuto di dover rigettare le istanze istruttorie di parte ricorrente in merito all'esibizione dell'originale o di copia della segnalazione della questura di Trieste d.d. 11.12.2000 cat A.12/200/str. e all'esibizione della documentazione concernente il procedimento di ricongiungimento familiare, in quanto la documentazione prodotta da parte ricorrente nonché dalla prefettura resistente risulta esaustiva e comprovante tutti gli elementi necessari ai fini della decisione del presente ricorso.

Si espone quanto segue.

Motivi della decisione

A) questione preliminare di regolarità della copia conforme notificata:

in merito alla rilevata assenza di valida autenticazione di conformità all'originale della copia del decreto notificata alla ricorrente, per inosservanza dell'art. 2714 c.c. e dell'art 14 l. 15/1968, per cui le copie di atti pubblici spedite nelle forme prescritte da depositari pubblici autorizzati fanno fede come l'originale, si evidenzia come l'art. 14 disponga che l'autenticazione delle copie può essere fatta dal pubblico ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l'originale o al quale deve essere prodotto il documento;

che la stessa consiste nell'attestazione di conformità con l'originale scritta alla fine della copia, dopo le eventuali chiamate in calce a cura del pubblico ufficiale autorizzato, il quale deve altresì indicare la data ed il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell'ufficio. Se la copia dell'atto o documento consta di più fogli, il pubblico ufficiale appone la propria firma a margine di ciascun foglio intermedio.

Tanto premesso si rileva come nel caso di specie l'autenticazione per copia conforme sia stata apposta dal pubblico ufficiale al quale doveva essere prodotto il decreto prefettizio, conformemente alla suddetta disposizione, per cui a nulla rilevano le disquisizioni sul rapporto vigente tra prefettura e questura e sull'individuazione della questura quale depositario di uno dei due originali del decreto. Inoltre, per quanto riguarda l'art 2714 c.c. in merito alla necessità che le copie di atti pubblici, per fare fede come gli originali, debbano essere spedite dai depositari pubblici di esse, a ciò autorizzati, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 81/2478) ha rilevato come sia possibile un temperamento quando l'atto pubblico debba essere utilizzato da una pubblica amministrazione nell'esercizio delle sue attività istituzionali. In tal caso il pubblico funzionario che, per ragioni del suo ufficio, abbia il possesso di copia autentica di un atto pubblico (e tanto più dell'originale), può in connessione con l'esercizio delle funzioni di sua competenza, formare lui stesso validamente altra copia, necessaria ai fini dell'ente.

Se tali assunti sono stati rispettati dalla questura che ha eseguito la notifica del decreto, non risulta essere stato rispettato l'art. 14 l. 15/68 nella parte in cui richiede che l'attestazione di conformità con l'originale scritta alla fine della copia a cura del pubblico ufficiale autorizzato debba altresì indicare il numero dei fogli impiegati, il cognome e nome del suddetto pubblico ufficiale, la qualifica rivestita nonché l'apposizione della firma per esteso. Ne deriva quindi la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge al fine di garantire la conformità all'originale dell'atto notificato.

Inoltre, il fatto che la copia conforme recasse al posto della firma del prefetto la dizione "f.to illeggibile" inficiava ulteriormente la conformità dell'atto notificato in quanto come tale inesistente, invalido ed inefficace in quanto privo della necessaria sottoscrizione prefettizia.

Riscontrata dunque preliminarmente la mancanza di regolare notifica, in merito agli altri aspetti di legittimità dello stesso decreto si rileva quanto segue.

B) Lingua utilizzata nella traduzione del decreto in sede di notifica dello stesso.

Rilevato che il prefetto di Trieste ha emesso in data 11.12.2000 decreto di espulsione nei confronti della ricorrente, notificato nella stessa data con la traduzione in lingua inglese, francese e spagnola;

che in merito alla mancata traduzione in una lingua conosciuta, eccepita dalla ricorrente, la questura ha chiarito in udienza di disporre di interpreti di lingua serbo-croata, ma per la ricorrente ciò non si era reso necessario visti i continui contatti con la pubblica amministrazione della stessa e la verifica della conoscenza della lingua italiana;

che inoltre nella propria memoria dd. 18.1.2001 la prefettura affermava come l'attuale previsione legislativa, rispetto al precedente art. 5 co.1 l. 39/90, invece della congiunzione "e" nel prevedere la traduzione nelle lingue francese, inglese, spagnola, adotti la congiunzione disgiuntiva "o", con ciò dimostrando l'alternatività della traduzione in una delle suddette lingue maggiormente conosciute;

preso atto che la prefettura richiamava inoltre la giurisprudenza di cui alle sentenze della Corte costituzionale n. 198/2000 e della Corte di cassazione n. 9266/2000, affermando che la traduzione del decreto di espulsione è preordinata ad assicurare il diritto di difesa per cui, considerato che il ricorso è stato comunque tempestivamente presentato al giudice competente, il medesimo ha raggiunto il suo fine;

ritenuto in merito a quanto esposto che:

l'art. 3 co. 7 d.lgs. 286/98 richiede la traduzione in una lingua conosciuta dall'interessato, ovvero, ove ciò non sia possibile, alternativamente in una delle altre tre lingue, per cui nel caso di specie sono del tutto superflue le osservazioni inerenti alla sostituzione della precedente congiunzione "e" con l'attuale "o", in quanto l'atto era stato tradotto in tutte e tre le lingue;

inoltre, accogliendo la succitata giurisprudenza costituzionale, questo giudice ritiene che l'irregolarità della traduzione ovvero la mancata motivazione della non possibile traduzione in una lingua conosciuta dall'interessato rilevi solamente quando abbia recato pregiudizio al diritto di difesa dell'interessato, per cui l'irregolarità deve essere valutata alla luce di tale principio. Sotto tale punto di vista pur essendo il decreto notificato formalmente non conforme alla legge, tale non conformità non ha pregiudicato il regolare esercizio del diritto di difesa, stante la regolare presentazione del ricorso da parte dell'interessata.

C) Mancata comunicazione al consolato ai sensi dell'art. 2, co. 7 d.lgs. 286/98.

In merito alla comunicazione all'autorità consolare ai sensi dell'art. 2 co. 7 d.lgs. 286/98 dalla notificazione del decreto si evince che alla ricorrente era stato richiesto, ai sensi dell'art. 4 co. 3 d.p.r. 394/99, se volesse che si proceda e la risposta era risultata negativa. In merito a ciò parte ricorrente, asserendo la mancata conoscenza delle lingue di notifica, afferma che nemmeno il suddetto contrario avviso poteva essere espresso dalla ricorrente.

Questo giudice rileva però come il presumibilmente rilevante periodo di tempo vissuto dalla ricorrente in Italia, stante la presentazione dell'istanza di regolarizzazione ex d.p.c.m. 16.10.1998 in data 17.11.1998, abbia consentito alla ricorrente una conoscenza linguistica minima sufficiente ai fini della comprensione della richiesta di cui si tratta, per cui nulla si eccepisce sulla regolarità della stessa.

D) Entrata clandestina e regolarizzazione ai sensi del d.p.c.m. 16.10.1998.

Rilevato però che il decreto di espulsione è stato emesso sul presupposto che la ricorrente fosse entrata nel territorio dello Stato italiano nel settembre 2000 in zona imprecisata sottraendosi ai controlli di frontiera, e violando con ciò le disposizioni di cui all'art. 4 co. 1 d lgs. 286/98, e che la questura afferma come tale violazione venga riscontrata nella mancanza del visto d'entrata sul passaporto, obbligatorio per i cittadini della Bosnia-Erzegovina, che dalla memoria depositata dalla prefettura si evince che la ricorrente è stata fermata dalla polizia slovena mentre tentava di attraversare il confine di Stato con passaporto croato falso, presumibilmente in uscita dal territorio dello Stato;

considerato che tali elementi, oltreché contraddittori, si pongono in contrasto con l'avvenuta presentazione in data 17.11.98 dell'istanza di regolarizzazione ex d.p.c.m, 16.10.1998 alla questura di Padova da parte della ricorrente, ancora in itinere alla data della notifica del decreto di espulsione, vista l'assenza di un provvedimento espresso di accoglimento o di rigetto della stessa;

preso inoltre atto che la ricorrente è coniugata con il cittadino bosniaco [...], regolarmente soggiornante in Italia con stabile occupazione lavorativa e residenza anagrafica nel comune di Tombolo (PD), il quale ha avviato presso la questura di Padova procedimento di ricongiungimento familiare con la ricorrente ai sensi dell'art. 29 d.lgs. 286/98;

considerato che l'art. 2 d.lgs. 286/98 dispone che allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle Convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti;

rilevato che fra tali diritti rientra il diritto all'unità familiare di cui agli artt. 2 e 29 Cost. nonché dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (l. 848/55) ai sensi del quale non può aversi interferenza di una autorità pubblica nell'esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare a meno che questa ingerenza non costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri;

che secondo la giurisprudenza la primaria tutela dell'unità familiare è possibile anche al di fuori di quanto previsto dal titolo IV del d.lgs. 286/98 in tema di ricongiungimento familiare;

rilevato inoltre come lo stesso art. 29 co. 4 d.lgs. 286/98 preveda che "è consentito l'ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3";

che inoltre ai sensi dell'art. 30 co. 1 lett. c, dello stesso decreto al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con straniero regolarmente soggiornante in Italia è rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari; tutto ciò premesso;

considerato che il richiesto ordine di rilascio a favore della ricorrente del permesso di soggiorno per motivi di famiglia non rientra nelle competenze di questo giudice, come disciplinate dagli artt. 13 e 13 bis del d.lgs. 286/98;

Il tribunale, nella persona del g.o., definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza, difesa, eccezione, deduzione disattesa;

accoglie

Il ricorso proposto ex art. 13 co. 8 d.lgs. 286/1998 da [...] (Bosnia-Erzegovina) il 22.9.1971, avverso il decreto di espulsione cat. A.12/2000-n.12/B/espul-numro 1767, emesso nei suoi confronti dal prefetto di Trieste in data 11.12.2000; condanna la prefettura di Trieste al pagamento delle spese di lite a favore di [...], che ci si riserva di liquidare a seguito di presentazione di nota spese.