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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Torino, ordinanza del 13 maggio 2002

 

est. Beltramino

 

Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 13.5.2002;

rilevato che l'ambito della cognizione del giudice ordinario, investito del ricorso ex art. 13 d.lgs. 286/1998, si estende alla verifica della legittimità del provvedimento impugnato, sotto il profilo dei vizi tipici dell'incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere, sicché mai può estendersi all'apprezzamento dei criteri di opportunità e di convenienza a cui si informa l'attività amministrativa discrezionale;

considerato che, in particolare, la Suprema corte ha avuto modo di precisare che, in tema di espulsione amministrativa, l'appartenenza ad una delle categorie indicate dall'art. 1, legge 1423/1956 (appartenenza che, ai sensi dell'art. 13, co. 2, lett. c), d.lgs. n. 286/1998, costituisce presupposto dell'espulsione disposta dal prefetto), non va accertata dall'autorità giudiziaria, bensì dalla stessa autorità amministrativa, costituendo tale accertamento il presupposto dell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti (Cass. 16.11.2000, n. 14853);

rilevato che tale principio è consolidato nella giurisprudenza penale in ordine alla valutazione, da parte dell'autorità giudiziaria, della sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure di sicurezza e prevenzione di cui alla legge 1423/1956, disposta in via amministrativa, nel senso che al giudice penale è consentita unicamente il controllo incidentale della legittimità dell'atto, e che l'indagine giudiziale non può spingersi sino a verificare l'opportunità delle valutazioni e la sufficienza, l'adeguatezza, l'idoneità della scelta compiuta dall'autorità di P.S., nell'esercizio della discrezionalità ad essa riconosciuta dalla legge in relazione all'interesse pubblico da cui ponderazione è ad essa riservata, e in particolare, alle specifiche esigenze di ordine e sicurezza [...], essendo l'assoluta preclusione per il giudice ordinario di sindacare il merito del provvedimento amministrativo [...], un cardine del sistema dei rapporti tra giurisdizione ed amministrazione [...] (Cass. pen. 19.4.1997, n. 916);

rilevato che il sindacato del G.O. in ordine alla legittimità dell'atto, sotto il profilo dell'eventuale sussistenza del vizio di eccesso di potere, deve avere riguardo all'ipotesi tradizionale di sviamento ed alle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa, allorché esse risultino idonee a rivelare una effettiva divergenza dell'atto della sua funzione istituzionale, quale la illogicità manifesta, la contraddittorietà, l'ingiustizia manifesta o la disparità di trattamento in situazioni oggettivamente e soggettivamente identiche, etc.; rilevato che, per costante giurisprudenza amministrativa, le misure di prevenzione disposte ex lege n. 1423/1956, appaiono incensurabili sul piano della legittimità qualora l'autorità amministrativa, nel valutare fatti oggettivamente esistenti e debitamente provati, sia pervenuta alla conclusione che il modello comportamentale complessivo del soggetto faccia ragionevolmente presumere la persistenza di una situazione di pericolosità sociale (cfr. Cons. stato sez. IV, 27.11.1996, n. 1251; C.d.S., sez. IV, 15.12.1987, n. 765);

considerato che la giurisprudenza penale, in tema di applicazione delle misure di prevenzione, ha più volte ribadito che la valutazione di pericolosità sociale e sempre a carattere essenzialmente sintomatico, e perciò può essere ancorata a qualsiasi elemento indiziario certo ed idoneo a giustificare il libero convincimento del giudice (Cass. pen. 31.1.1996, n. 5311, Cass. pen. 28.4.1995, n. 1675, che specifica che la valutazione della pericolosità sociale non deve necessariamente essere formulata sulla base di fatti integranti estremi di reato); ritenuto che tali principi, espressi in relazione ai presupposti per l'applicabilità di misure di sicurezza e prevenzione, possano essere analogamente applicabili alla fattispecie de qua, laddove il provvedimento amministrativo di espulsione è motivato sulla pericolosità sociale e sulla appartenenza del soggetto ad una delle categorie di cui all'art. 1, legge 1423/1956, atteso che la ratio dell'art. 13, co. 2, lett. c) è quella di prevedere l'espulsione dello straniero ogniqualvolta sussistano nei suoi confronti gli elementi che giustificano, nei confronti di cittadini italiani, l'applicazione delle misure di prevenzione;

rilevato che il provvedimento di espulsione impugnato è motivato sulla ritenuta appartenenza dell'opponente alle categorie di cui all'art. 1, legge 1423/1956, n.ri 1 (coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi) e 2 (coloro che per la condotta e per il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose); rilevato che, nel caso in esame, l'autorità amministrativa (che non è tenuta a fornire "prove" dei dati di fatto posti a fondamento delle proprie determinazioni, ma soltanto a dare conto dell'attività istruttoria compiuta: Cass. n. 916/1997 cit.) ha assolto all'onere relativo all'allegazione degli accertamenti compiuti, esponendo, nel decreto impugnato, che il ricorrente "in data 12.2.01 è stato indagato in stato di libertà [...] perché responsabile di riciclaggio, in quanto trasferiva all'estero numerosi motocicli smontati in vari pezzi e ben occultati, al fine di poter esportare il bene ostacolandone di fatto l'identificazione e la provenienza furtiva", facendo pervenire successivamente al giudice "comunicazione di notizia di reato" redatto dal compartimento polizia stradale Liguria in data 12.2.2001, dalla quale si evinceva che in data 2.6.2000 la guardia civil di Ceuta (Spagna) comunicava di aver tratto in arresto all'interno dell'area portuale, l'attuale ricorrente ed un connazionale, i quali, a bordo di un autocarro, trasportavano, occultati, vari pezzi di motoveicoli compendio di furto perpetrato nella città di Genova;

rilevato che l'opponente, titolare di regolare permesso di soggiorno non ha comprovato di aver svolto con continuità attività lavorativa, limitandosi a produrre libretto di lavoro che attesterebbe tale attività soltanto per brevi periodi, e non avendo allegato alcuna certificazione comprovante l'avvenuta percezione di redditi adeguati al proprio sostentamento (mod. 730, ovvero buste paga); ritenuto che sulla scorta di tali elementi, non emerga dagli atti alcun travisamento dei fatti operato dalla p.a. e neppure è riscontrabile una manifesta illogicità della motivazione, essendo l'episodio delittuoso ascritto, seppur ancora sub iudice, idoneo a convalidare il giudizio sintomatico di pericolosità sociale; ritenuto che, nei limiti sopra indicati dell'accertamento demandato a questo giudice, l'autorità amministrativa non è incorsa, nell'emanazione del provvedimento di espulsione impugnato, nei vizi di legittimità più volte richiamati;

ritenuta pertanto la motivazione addotta dalla p.a. priva di vizi, congrua ed idonea a sostenere il provvedimento impugnato, sotto il profilo della sussistenza della pericolosità sociale ex art. 1 l. 1423/1956.

Rilevato che la più recente giurisprudenza ha ritenuto non necessario il nulla osta dell'autorità giudiziaria penale procedente ai fini dell'espulsione (Cass. 16.11.00, n. 14853; Cass. 20.10.00, n. 13891); ritenuto pertanto che le valutazioni poste a base del decreto di espulsione prefettizio impugnato debbano essere confermate;

ritenuta la sussistenza di motivi per pronunciare la compensazione delle spese di lite;

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto da [...] avverso il decreto di espulsione del prefetto della provincia di Torino n. 584/01 notificato in data 29.4.02 [...].