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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Genova, ordinanza del 13 novembre 2001

 
est. Miniotti
 

Il giudice monocratico sciogliendo la riserva che precede, osserva:

il cittadino statunitense [...], nato nell'Ohio (USA) [...], è stato oggetto di espulsione amministrativa decretata dal prefetto della provincia di Genova, con accompagnamento immediato alla frontiera e divieto di rientro prima di 5 anni, in data 14.8.2001 (e notificata in pari data), come "persona pericolosa per la sicurezza e la tranquillità pubblica in quanto in data 22.7.2001 è stata sottoposta a fermo di indiziato di delitto perché ritenuta facente parte dei consistenti gruppi di manifestanti che, durante il vertice del G8, si abbandonavano ad atti di devastazione e saccheggio nel centro abitato, generando con il proprio comportamento una grave minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica e quindi, come tale appartenente alla categoria di cui al comma 3 dell'art. 1 della l. 1423/1956 e successive modifiche."

Per il Sating il fermo era stato convalidato dal Gip presso il tribunale di Genova con ordinanza 26.07.2001, e seguito dal provvedimento restrittivo della libertà; con ordinanza 14.8.2001 il tribunale del riesame di Genova annullava l'ordinanza applicativa della custodia cautelare, disponendo l'immediata scarcerazione dell'indagato.

Il [...] risulta tuttora indagato per i reati di associazione a delinquere (416 c.p.) e devastazione (419 c.p.).

La difesa di parte ricorrente contesta decisamente la sussistenza dei presupposti di fatto posti a fondamento del provvedimento impugnato e chiede che questo giudice voglia riconoscere la totale insussistenza a suo carico degli "elementi di fatto" in base ai quali si dovrebbe ritenere persona "dedita alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo (...) la sicurezza o la tranquillità pubblica" (art. 1, n. 3, l. 1423/56): il provvedimento impugnato si basa esclusivamente sulla circostanza dell'arresto del ricorrente a seguito di perquisizione del pullman sul quale il medesimo viaggiava, mancando qualsiasi riferimento a dati fattuali che giustifichino un giudizio di pericolosità sociale. Per contro, il nucleo centrale della difesa della prefettura è costituito dall'affermazione secondo la quale la delibazione sulla sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione di un siffatto urgente provvedimento attiene al merito del provvedimento stesso, sotto il profilo della sua opportunità e che comunque la persona espulsa risulta ancora oggi iscritta nel registro degli indagati; aggiunge la resistente che l'interesse pubblico volto a tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico poteva essere pregiudicato solo in caso di scarcerazione del prevenuto, non sussistendo alcun pericolo durante la sua detenzione.

Per quanto concerne invece altri vizi del provvedimento impugnato (mancata osservanza dell'art. 7 l. 214 del 1990), ritiene questo giudice che tali questioni restino assorbite dalla palese fondatezza delle ragioni di merito addotte in ricorso, perché il T.u.l.s., nel demandare all'autorità giudiziaria ordinaria, il controllo sulla fondatezza del provvedimento di espulsione non fa distinzione alcuna tra vizi di merito e vizi di legittimità, ma demanda al giudice e - né potrebbe essere altrimenti trattandosi di giurisdizione su diritti - un sindacato illimitato sui presupposti di fatto e di diritto dell'espulsione. Neppure questo giudice ritiene necessario affrontare il problema - esso pure posto in ricorso - se un simile potere possa essere esercitato soltanto dal Ministro ovvero anche dal prefetto, ove sussista un'effettiva urgenza, essendo sufficiente, infatti, osservare che il provvedimento impugnato non contiene una esplicita motivazione di tale urgenza, diversa dalla constatazione che il cittadino extracomunitario era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto perché ritenuto facente parte dei gruppi dei c.d. "Black Blok".

Nel valutare le ragioni del provvedimento, occorre rilevare che, pur potendo l'autorità amministrativa ritenere l'appartenenza di una persona ad una delle categorie "pericolose" anche in relazione ad un singolo fatto, valutandone circostanze di tempo, di luogo, modalità della condotta, motivi a delinquere, numero dei compartecipi, e pur potendo compiere questa valutazione in modo del tutto autonomo rispetto a quella dell'autorità giudiziaria, tuttavia, nella fattispecie, dopo che il giudice del riesame aveva annullato l'ordinanza con cui il G.i.p., previa convalida del fermo, aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere, perché i singoli elementi indiziari non presentava né la gravità né l'univocità richieste quale presupposto indefettibile della misura cautelare stessa, l'autorità amministrativa aveva l'onere di supportare il decreto di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera di adeguata motivazione, che desse conto di concreti e specifici elementi su cui intendeva fondare un giudizio di pericolosità (diversi ed ulteriori rispetto a quelli indicati nel verbale di fermo). L'espulsione impugnata va conseguentemente annullata.

Venendo a considerare la domanda di condanna alle spese, avanzata da parte ricorrente, la stessa appare fondata e va accolta, in quanto il principio generale della soccombenza, di cui all'art. 91 c.p.c. può essere derogato soltanto ove la legge espressamente preveda la deroga stessa. Non v'è dubbio che il presente provvedimento sia conclusivo di un procedimento contenzioso. Non ravvisandosi motivi per derogare al principio della soccombenza, la prefettura va condannata al pagamento delle spese, che vengono liquidate come in dispositivo, in ragione della difficoltà della lite, della conclusione della stessa in una sola udienza e della ripetitività delle questioni trattate nelle singole cause.

P.Q.M.

dichiara illegittimo e conseguentemente annulla il provvedimento adottato dal prefetto di Genova in data 14.8.2001 per l'espulsione ed accompagnamento immediato alla frontiera, con successivo divieto di rientro nel nostro Stato, di [...], nato nell'Ohio (USA) [...].  Condanna la prefettura al pagamento delle spese processuali.