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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Torino, sentenza del 9 novembre 2002

 
est. Gallo
 

Nella causa penale contro [...] nato ad Algeri prima del 7.11.1984 alias [...] attualmente detenuto per questa causa presso la Casa circondariale di Torino - "Le Vallette", difeso di fiducia dall'avv. [...] del Foro di Torino, detenuto presente, imputato

1. del reato di cui all'art. 14, co. 5 bis e ter d.lgs. 286/1998 (quale modificato dalla legge 189/2002) perchè, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartitogli dal questore della provincia di Torino in data 28.10.2002 di lasciare il territorio nazionale entro il termine di cinque giorni.

In Torino il 7.11.2002. 2. [...]. 3. [...]

Motivazione

Tratto in arresto per i reati sopra rubricati sub 1 e 2, l'imputato è stato presentato a questo giudice in data 9.11.2002 per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo. Dopo le decisioni sulla convalida, e l'adozione della misura cautelare della custodia in carcere per i soli delitti sub 2, l'imputato ha chiesto di definire l'intero procedimento con giudizio abbreviato. Acquisiti gli atti del fascicolo del P.M., e conclusa la discussione finale, la presente decisione è stata pubblicata mediante lettura del dispositivo.

La contravvenzione di cui al capo 1.

Un corretto giudizio su tale imputazione richiede una premessa storico-sistematica in ordine alla norma dell'art. 14 co. 5 ter d.lgs. 286/98 come modificato dalla l. 189/02.

Nel sistema previgente l'espulsione dello straniero avveniva, di norma, mediante intimazione del questore a lasciare il territorio nazionale (art. 13, co. 6 d.lgs. 286/98), mentre l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, per la sua evidente dispendiosità, costituiva una eccezione, prevista essenzialmente per i casi di particolare pericolosità dello straniero espellendo (art. 13, co. 4). Inoltre, il legislatore del 1998 non aveva previsto alcuna sanzione penale per lo straniero inadempiente all'intimazione di lasciare il territorio nazionale, limitandosi a stabilire che in tal caso si sarebbe provveduto con accompagnamento coattivo (art. 13, co. 4 lett. a) seconda parte). Con la l. 189/02, invece, il legislatore ha inteso assumere un atteggiamento di ben maggiore intransigenza, modificando il comma 4 dell'art. 13 cit. nel senso che "l'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica", con una sola eccezione, prevista dal medesimo comma (permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 giorni e non rinnovato). Tuttavia, tale netta previsione deve, per così dire, fare i conti con la realtà, realtà che mostra come, assai di frequente, l'accompagnamento alla frontiera (che per lo più, nel nostro paese, è la "frontiera aerea" degli aeroporti internazionali) sia di difficile attuazione pratica.

E' rimasta pertanto in vigore, con ruolo sussidiario, la disciplina di cui all'art. 14 d.lgs. 286/98, a norma del quale ( co. 1 ) "quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera" lo straniero è trattenuto presso un Centro di permanenza temporanea. Le ipotesi di impossibilità dell'accompagnamento alla frontiera sono tipizzate dal legislatore, e sono:

1. necessità di soccorrere lo straniero;

2. necessità di accertare compiutamente la sua identità e cittadinanza;

3. necessità di acquisire i documenti di viaggio;

4. necessità di reperire un vettore disponibile o altro idoneo mezzo di trasporto.

Il tempo di permanenza dello straniero presso il centro di permanenza temporaneo deve essere utilizzato dall'amministrazione, nel sistema delineato dal legislatore, per risolvere le difficoltà sopra indicate e provvedere all'accompagnamento alla frontiera.

Sempre in una concezione realistica dell'azione della pubblica amministrazione, però, il legislatore ha dovuto prevedere, in ulteriore subordine, un'altra eventualità: che non sia possibile trattenere lo straniero in un centro di permanenza temporanea, ovvero che il termine massimo di permanenza (30 giorni prorogabili di altri 30: art. 14, co. 5 cit., come modificato dalla l. 189/02) sia decorso senza che sia stato possibile appianare le difficoltà che avevano indotto a trattenere lo straniero da espellere. In questi due casi, la disposizione di chiusura dell'art. 14 co. 5 bis del d.lgs. 286/98 come modificato dalla l. 189/02 prevede che il questore ordini per iscritto allo straniero di lasciare il territorio dello stato entro il termine di cinque giorni, espressamente indicando che in caso di inottemperanza si applicheranno allo straniero le sanzioni penali di cui al successivo comma 5 ter (arresto da sei mesi a un anno). Su questo provvedimento amministrativo (che non è un provvedimento di espulsione, bensì un atto successivo che presuppone un previo decreto di espulsione) occorre fare alcune considerazioni di fondamentale importanza:

1. in primo luogo, l'ordine di lasciare il territorio nazionale rappresenta, nel sistema voluto dal legislatore del 2002, una evidente eccezione rispetto alla regola generale dell'accompagnamento coatto alla frontiera (se del caso previo trattenimento in un centro di permanenza temporanea), e si pone rispetto ad essa come l'extrema ratio, a cui fare ricorso soltanto quando siano assolutamente impraticabili le altre alternative volute dalla legge; in altre parole, con l'ordine in discorso lo Stato riconosce la propria impotenza a provvedere direttamente all'espulsione (che dovrebbe invece rappresentare la norma) e fa carico allo straniero di espellersi da sé;

2. in secondo luogo, l'ordine di lasciare il territorio nazionale è un atto che incide pesantemente sulla posizione giuridica soggettiva dello straniero destinatario, perché da un lato lo obbliga, entro il brevissimo termine di cinque giorni, ad attivarsi per provvedere al proprio espatrio (e dunque ad acquisire i documenti, acquistare il biglietto di viaggio che sovente è un biglietto aereo tutt'altro che a buon mercato, ecc.); dall'altro lato pone la premessa per la successiva applicazione della sanzione penale di cui al comma 5 ter. La natura di provvedimento eccezionale e spiccatamente pregiudizievole per la posizione giuridica dello straniero comporta, alla stregua delle conclusioni ormai saldamente acquisite dalla scienza amministrativistica, che l'ordine di lasciare il territorio nazionale possa essere emesso solo in presenza dei presupposti tassativamente individuati dal legislatore, e che esso debba essere congruamente motivato in ordine alla sussistenza effettiva di tali presupposti. Sull'obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo v. ora, espressamente, l'art. 3 l. 241/90; e sulla necessità che la motivazione sia congrua e non si limiti alla ripetizione pedissequa della formulazione legislativa o di formule di stile cfr. Cons. stato, sentt. n. 1120 del 21.11.1980; n. 913 del 19.12.1986 e n. 1258 del 5.10.1998.

Pertanto, in ossequio al disposto del comma 5 bis art. 14 cit., occorrerà che a fondamento del provvedimento in questione sia posta:

a) l'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero

b) l'inutile decorso del termine massimo di permanenza in detto centro.

Ogni altra motivazione, diversa dalle due sopra citate, è giuridicamente irrilevante e non abilita il questore ad emettere il provvedimento in esame.

Occorrerà, poi, che la dedotta impossibilità di trattenere lo straniero (concetto notoriamente diverso dalla semplice difficultas) sia congruamente motivata, essendo insufficiente la mera ripetizione della formula utilizzata dalla legge non accompagnata dalla indicazione delle cause della allegata impossibilità (per es., inesistenza di un C.P.T., indisponibilità di un mezzo di trasporto fino al centro, assenza di posti liberi nel centro, ecc.).

Fatta questa necessaria premessa ermeneutica, occorre valutare se l'ordine di lasciare il territorio nazionale, impartito all'imputato in data 28.10.2002 (il medesimo giorno, si noti, in cui è stato emesso anche il decreto di espulsione), sia conforme ai requisiti di validità enucleati nelle pagine precedenti. Il provvedimento in atti così motiva: "considerato che non è stato possibile procedere all'accompagnamento ai sensi dell'art. 13, co. 4 d.lgs. 286/98, è stato possibile trattenerlo presso un C.p.t.a., ai sensi dell'art. 14, co 1 d.lgs. 286/98...".  Tale sinteticissima motivazione suscita più di qualche perplessità. Alla prima proposizione, riguardante l'impossibilità di procedere all'accompagnamento alla frontiera tramite la forza pubblica (circostanza priva di diretto rilievo ai fini del provvedimento ex art. 14, co. 5 bis d.lgs. 286/98 e succ. modd.), l'atto aggiunge che è stato possibile trattenere l'imputato presso un C.p.t.a., locuzione che deve probabilmente intendersi come "non è stato possibile trattenere...", perchè diversamente il [...] si troverebbe ora, per l'appunto, nel centro di permanenza temporanea. Ma anche dopo aver effettuato questa correzione resta il fatto che manca qualsiasi motivazione, anche soltanto embrionale, in ordine alle ragioni che hanno reso impossibile trattenere l'imputato in un centro di permanenza temporanea. Il provvedimento si limita alla ripetizione pedissequa (per di più con l'errore sopra indicato) della formulazione dell'art. 14, co. 1 d.lgs. 286/98, senza dare alcuna concretezza alla dichiarata (ma indimostrata) situazione di impossibilità e senza perciò permettere alcun controllo giudiziale circa l'effettiva sussistenza dei presupposti per l'adozione dell'ordine ex art. 14, co. 5 bis decr. cit. Si versa pertanto in una situazione di totale difetto di motivazione, in violazione del citato art. 3 l. 241/90 e dei principi fondamentali in tema di provvedimenti amministrativi destinati ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del destinatario.

Il decreto n. 356/2002 in questione, pertanto, risulta illegittimo e deve essere disapplicato. La conseguenza, sul piano penale, è che - difettando un valido ordine amministrativo - viene meno un elemento essenziale della fattispecie di cui all'art. 14, co. 5 ter d.lgs. 286/98 e succ. modd.. L'imputato dovrà pertanto essere assolto dal reato di cui al capo 1 perché il fatto non sussiste. [...].

P.Q.M.

Visti gli artt. 438 e segg., 533 - 535 c.p.p., dichiara [...] responsabile dei reati di cui ai capi 2 e 3, unificati dal vincolo della continuazione, e lo condanna alla pena di mesi cinque di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 530 c.p.p., assolve [...] dal reato di cui al capo 1. perché il fatto non sussiste.