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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Milano, ordinanza del 14 novembre 2002

 
est. Canosa
 

Il giudice, letti gli atti

Considerato

Le sommarie informazioni raccolte, la documentazione esibita ed il comportamento della convenuta, che non è comparsa, consentono di ritenete esistente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti.

Fatta questa premessa, va rilevato che il d. l. 9.9.2002 n. 195, convertito nella legge 9.10.2002 n. 222 ha sancito il principio per cui l'extracomunitario che lavora nel nostro paese, fatte salve alcune eccezioni, ha diritto al permesso di soggiorno e non e quindi più passibile delle misure di polizia dell'espulsione. L'art. 1 della legge dispone infatti che l'accertamento in forma ufficiale della esistenza di un rapporto di lavoro porta con sé "il contestuale rilascio del permesso di soggiorno" (art. 1, co. 5). L'art. 2, a sua volta, al comma 1, dispone: "Fino alla data di conclusione della procedura di cui all'art. 1 non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale di lavoratori, compresi nella dichiarazione di cui allo stesso articolo, salvo che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato".

Al cospetto di questi dati, indiscutibili, sembra pienamente configurabile anche un diritto del lavoratore extracomunitario a che sia accertata la esistenza del rapporto di lavoro che lo concerne, in quanto tale accertamento rappresenta la condizione per cui possa sorgere in lui il conseguente diritto al permesso di soggiorno. Non vale obiettare che la legge 222/02 parla soltanto della possibilità per il datore di lavoro di regolarizzare l'extracomunitario che lavori per lui ("Chiunque nell'esercizio di una attività di impresa, può denunciare la sussistenza di un rapporto di lavoro alla prefettura ecc.). Questo principio conserva tutta la sua efficacia qualora l'iniziativa della regolarizzazione sia del datore di lavoro, senza che il lavoratore abbia chiesto o chieda alcunché.

Nel caso invece che, nel silenzio del datore di lavoro, l'iniziativa parta dal lavoratore extracomunitario, è necessario che il datore di lavoro ponga in essere tutte le condizioni che rendano possibile la concessione al suo dipendente del permesso di soggiorno, al quale ormai lo stesso ha,, in presenza di un rapporto di lavoro, un vero e proprio diritto soggettivo perfetto. Se il datore di lavoro non compie le operazioni necessarie, può essere obbligato a farlo per via giudiziaria, non essendo concepibile che l'ordinamento garantisca ad un soggetto giuridico un diritto soggettivo perfetto e nel contempo gli neghi le condizioni per far valere in concreto tale diritto.

P.Q.M.

Vista l'art. 700 c.p.c., ritenuta l'urgenza, dichiara esistente un rapporto di lavoro tra le parti, ordina alla resistente di presentare, con le modalità di cui all'art. 1 d.l. 195/02 e legge di conversione, la domanda di regolarizzazione del rapporto di lavoro del ricorrente; concede per l'inizio del giudizio di merito i termini di legge.