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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Roma, ordinanza del 13 novembre 2002

 
est. Bucci
 

Vista la comunicazione in data 13.11.2002 del questore di Roma del provvedimento 13.11.2002 con il quale è stato disposto l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero [...] (alias [...]) di nazionalità albanese [...]; ai sensi dell'art. 13, co. 5 bis, del Tu n. 286/98 come modificato dal d.l. 4.4.2002 n. 51 [...] convertito con mod. dalla legge 7.6.2002 n. 106; il Tribunale in composizione monocratica nella persona del presidente della sezione dott. Alberto Bucci, verificata la sussistenza dei requisiti di legge (adeguata motivazione sulle circostanze che autorizzano l'espulsione con accompagnamento alla frontiera, rispetto dei termini, decreto di espulsione del prefetto); ha pronunciato la seguente ordinanza.

Premesso che

1. Secondo l'art. 13 del T.U. n. 286 del 1998, co. 3, l'espulsione dello straniero dal territorio delle Stato è disposta con decreto motivato del prefetto, quando ricorra:

- l'entrata nel territorio dello Stato elusiva del controllo di frontiera (art. 13 co. 2 lett. a);

- il trattenimento nel territorio dello Stato oltre i termini di validità del visto di ingesso temporaneo (art. 13 co. 2 lett. b);

- l'appartenenza alla categoria dei soggetti pericolosi per la sicurezza pubblica (diffidati), ovvero ad associazioni di tipo mafioso (art. 13 co. 2 lett. c).

La nuova formulazione del co. 3 dell'art. 13, del T.U. 286/98, come modificato dall'art. 12, co. 1 lett. a), della legge c.d. Fini Bossi 30.7.2002 n. 189, precisa che il decreto è immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Di conseguenza, con l'abrogazione del co. 6 dello stessa T.U., ad opera dell'art. 12, co. 1 lett. f, della l. 30.7.2002 n. 189, il decreto non contiene più l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Solamente nell'ipotesi di scadenza del permesso di soggiorno il decreto del prefetto contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato nel termine di quindi giorni (co. 5 nuovo testo, come modificato all'art. 12, co. 1 lett. d, della l. 30.7.2002 n. 189). Secondo la nuova formulazione del co. 4 dell'art. 13 del T.U. 268 del 1998, ad opera dell'art. 12 co. 1 lett. c, della l. 30.7.2002 n. 189, il decreto di espulsione del prefetto è sempre eseguito dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. In sostanza, con l'abrogazione dei commi 6 e 7 dell'art. 13 del T.U. 286/98, ad opera dell'art. 12, co. 1 lett. f, della l. 30.7.2002 n. 189 e con la riformulazione del co. 4, (che prevedevano l'accompagnamento alla frontiera solamente nei casi di violazione dell'intimazione precedente o nel caso di pericolo di "fuga") non vi sono limiti o condizioni per l'accompagnamento immediato se non quella della emissione anche contestuale di un decreto di espulsione. Anche nel caso "residuale" di scadenza del permesso di soggiorno, e di intimazione a lasciare il territorio dello Stato nei quindici giorni, può essere disposto l'accompagnamento immediato, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo  di "fuga" (art. 13 co. 5, nuova formulazione).

2. Il Decreto legge 4.4.2002 n. 51 (pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" dell'8.4.2002 n. 82) convertito, con modificazioni, dalla l. 7.6.2002 n. 106 (pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" dell'8.6.2002 n. 133), ha aggiunto dopo il co. 5 dell'art. 13 il comma 5- bis, secondo cui "nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Il tribunale in composizione monocratica, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il trattenimento entro le quarantotto ore successive".

Ritenuto che

1. E' pregiudiziale la risoluzione del dubbio di costituzionalità gravante sull'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, disposto in via amministrativa; questione che appare non manifestamente infondata con riferimento ai commi 4, e 5-bis dell'art. 13 del T.U. 286 del 1998, con le successive modificazioni indicate, perché in contrasto con gli artt. 13, 24 e 111 della Carta.

La questione è rilevante, in relazione al presente procedimento, poiché dalla sua soluzione dipende l'accoglimento o meno della richiesta di convalida.

2. Con ordinanza depositata il 16 agosto del 2002, questo stesso tribunale ha sollevato d'ufficio la questione di incostituzionalità dell'art. 13 del T.U. 286/98, commi 4 e 5, nella formulazione previgente alla legge n. 189 del 2002, e 5-bis.

In proposito va osservato che

1. L'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quale modalità di attuazione della espulsione disposta dal prefetto, è misura direttamente consentita, come si desume dalle disposizioni dell'art. 14, che prevedono il "trattenimento" (e la specifica convalida dello stesso), solamente quando la stessa non è eseguibile con immediatezza, perché occorre procedere al soccorso, ad accertamenti supplementari in ordine alla identità dello straniero, ovvero per l'indisponibilità di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo. Con la conseguenza che l'accompagnamento coatto, disposto dal questore, è applicabile in ogni altra ipotesi.

2. Nella disposizione di cui all'art. 13, co. 4, del T.U. 286 del 1998, così come modificato dall'art. 12, co. 1 lett. c, della l. 30.7.2002 n. 189, manca qualsiasi riferimento alle modalità concrete di attuazione della espulsione immediata, con accompagnamento a mezzo della forza pubblica, ma non vi è dubbio che, trattandosi di una azione diretta ad un costringimento fisico, di durata indeterminata, che, in base al successivo co. 5- bis dello stesso art., è destinato a durare per oltre 48 ore, senza che sia previsto alcun termine massimo, è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'art. 13 della Costituzione.

Si può forse dubitare se esso sia o meno da includere nelle misure restrittive tipiche espressamente menzionate dall'art. 13, tuttavia, se si ha riguardo al suo contenuto, l'accompagnamento coatto a mezzo della forza pubblica, finalizzato "all'imbarco" su di un vettore o altro mezzo di trasporto, è quantomeno da ricondurre, quale misura coercitiva e non semplicemente obbligatoria, alle "altre restrizioni della libertà personale", di cui pure si fa menzione nell'art. 13 della Costituzione, determinando quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale.

Né potrebbe dirsi che le garanzie dell'art. 13 Cost. subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti. Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani. (V. Corte costituzionale sent. 22.3.2001).

3. Che un tale ordine di idee abbia ispirato la disciplina della espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica emerge del resto dallo stesso co. 5- bis dell'art. 13 del T.U. 286/98 (introdotto con il d.l. 4.4.2002 n. 51), là dove, con evidente riecheggiamento della disciplina dell'art. 13, co. 3 della Costituzione, e della riserva di giurisdizione in esso contenuta, si prevede che il provvedimento di accompagnamento dell'autorità di pubblica sicurezza deve essere comunicato entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria, che, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento stesso entro le quarantotto ore successive alla comunicazione.

Tale disposizione comunque, appare anch'essa fortemente sospetta di incostituzionalità con riferimento all'art. 13 della Costituzione, e quindi, in ipotesi, non idonea a rendere legittimo l'istituto previsto dal co. 4 dell'art. 13 del citato T.U.

Tale procedimento di "convalida", non si inquadra evidentemente in alcun tipo di procedimento, previsto dai codici di rito, essendo unicamente paragonabile ai "visti di esecutorietà" del pretore, previsti su alcuni atti amministrativi, ormai soppressi dal d.lgs. n. 51 del 1998 (art. 229), ed è in palese contrasto con il disposto degli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione. Non è prevista infatti alcuna contestazione, né l'audizione dell'interessato o una qualche forma di contraddittorio o difesa, per cui si deve ritenere che il tribunale monocratico non possa che effettuare un controllo puramente formale sul decreto solamente "comunicato" dal quale verificare la sussistenza (o la non sussistenza) dei requisiti richiesti per la sua legittimità. Il provvedimento del questore, poi, per espressa disposizione, è immediatamente esecutivo e contro lo stesso non è prevista alcuna forma di opposizione, né alcuna possibilità di "sospensione" da parte dell'autorità giudiziaria, senza che oltretutto sia previsto che l'eventuale provvedimento che nega la convalida (o la mancata convalida nelle 48 ore), abbia alcun effetto "risolutorio" (di inefficacia) né che il provvedimento di convalida sia sottoposto ad alcuna forma di reclamo o ricorso.

Ne risulta, in definitiva, che il provvedimento di espulsione immediata, con accompagnamento coatto, limitativo della libertà personale, è eseguito senza un effettivo controllo preventivo di legittimità e di merito da parte dell'autorità giudiziaria e che la convalida o la non convalida, che deve seguire di 48 ore la "comunicazione", può anche intervenire ad espulsione già avvenuta.

Né tali valutazioni possono essere messe in dubbio dalla considerazione che, stante la semplicità e l'evidenza delle circostanze che lo legittimano, l'accompagnamento coatto alla frontiera sarà nella maggior parte dei casi sorretto da una sostanziale e formale correttezza, e che lo straniero illegittimamente espulso, può sempre proporre ricorso contro il decreto di espulsione del prefetto (che sorregge quello del questore), per il tramite delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane del paese di destinazione. E' evidente, infatti che per quanto accurata sia l'attività dell'autorità di P.S. nell'accertamento delle circostanze, è pur sempre possibile un errore, in relazione alla possibile esistenza di un titolo che legittima la permanenza nello Stato, o ad uno dei divieti di espulsione di cui all'art. 19 del T.U. 286/98. Errore che, per la mancanza di un contraddittorio, di una audizione o di una qualsiasi possibilità di difesa, può non essere portato all'attenzione dell'A.G.

D'altro canto non può non considerarsi come l'esecuzione dell'espulsione, nei casi in cui la stessa non è consentita, determini un gravissimo danno, che, nella maggior parte dei casi, non è in alcun modo "risarcibile", senza che sia pensabile ad una qualche forma di esecuzione specifica del ripristino della situazione lesa, tanto da determinare un concreto impedimento ad ogni forma di ricorso "postumo".

4. Le disposizioni di cui si discute la costituzionalità (art. 13, co. 4 e 5- bis) si rivelano, in conclusione, in contrasto con il disposto dell'art. 13 della Carta costituzionale, in quanto prevedono una restrizione della libertà personale senza rendere possibile un controllo preventivo, effettivo e pieno della legittimità del provvedimento che ha disposto l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e senza che sia prevista la perdita di efficacia del provvedimento, qualora non sia convalidato nel termine prescritto.

5. La disposizione di cui al co. 5- bis dell'art. 13 del T.U. 286/98, inoltre, si ribadisce, possono essere fondatamente ritenute in contrasto con quanto prescritto dagli articoli 111 e 24 della Carta costituzionale.

Quanto sopra richiamato, infatti, rende evidente che la giurisdizione che si attua con la "convalida" del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, nelle forme sopra esaminate, si pone in contrasto con il principio del contraddittorio, nel processo, e con quello della inviolabilità del diritto alla difesa, dal momento che non è prevista alcuna forma di contestazione, né di partecipazione e tanto meno di difesa da parte dello straniero colpito dal provvedimento stesso.

Tale conclusione non può essere messa in discussione per la considerazione che la "convalida" non sarebbe un vero e proprio "processo" né esercizio di giurisdizione. La tutela di diritti soggettivi primari davanti alla A.G., infatti, non può che attuarsi nell'ambito di un procedimento che costituisce un "giudizio" che deve svolgersi secondo le regole Costituzionali del "giusto processo" in contraddittorio tra le parti in cui deve essere garantito il diritto a difesa. Altrimenti, ove si volesse considerare il procedimento di cui al co. 5- bis dell'art. 13 del T.U. come una sorta di atto amministrativo, soggettivamente anomalo, conclusivo di un procedimento iniziato dalla autorità di P.S., si ricadrebbe evidentemente in un vizio di costituzionalità, per violazione della riserva esclusiva di giurisdizione che l'art. 13 della Carta attribuisce alla A.G. in sede giurisdizionale in materia di convalida di provvedimenti urgenti restrittivi della libertà personale.

6. Per superare il sospetto di incostituzionalità delle norme del T.U. 286/98, di cui sopra, non sembra per altro verso possibile ricorrere ad una interpretazione analogica o estensiva, ipotizzando l'applicazione dei principi costituzionali e delle norme esistenti nel sistema delle espulsioni. L'art. 14 del T.U., infatti, prevede una procedura di "convalida" dei trattenimenti presso i centri di permanenza temporanea, che è stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale con sentenza del 22.3.2001, per la considerazione che il controllo dell'A.G. si estende a tutti i presupposti della misura e che, pur in assenza di una specifica previsione, il diniego di convalida travolgerebbe, insieme al trattenimento, anche la misura dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. I due istituti dell'accompagnamento coatto e quello del trattenimento, per quanto connessi, sono tra di loro del tutto distinti, per cui una applicazione delle disposizioni dell'art. 14 del T.U. anche per la "convalida" del provvedimento di accompagnamento, non può avvenire soprattutto per la considerazione che l'intenzione del legislatore, che traspare dall'introduzione del co. 5- bis dell'art. 13 del T.U., va proprio nella opposta direzione di svincolare, per quanto possibile, l'espulsione immediata da ostacoli giudiziari o burocratici.

7. Le ultime considerazioni, tuttavia consentono di formulare, in via subordinata alla eccepita incostituzionalità delle norme nella loro interezza, una eccezione limitata alla mancata previsione, nelle norme impugnate, di una procedura identica a quella prevista per i trattenimenti dall'art. 14, che renderebbe il particolare istituto pienamente legittimo, senza incidere, con l'eventuale "inapplicabilità" totale delle disposizioni, sull'intero assetto sistematico delle espulsioni, rendendo problematica e "residuale" la stessa disciplina del "trattenimento". Mancata previsione che può essere "corretta" solamente dallo stesso legislatore o da un intervento additivo della Corte.

In base ad un eventuale decisione che accogliesse tale eccezione subordinata, sulla scorta di quanto già avviene per i "trattenimenti:

- i questori saranno tenuti a trasmettere ai tribunali "gli atti" e non una semplice comunicazione,

- i giudici potranno di valutare la legittimità dei provvedimenti di espulsione del prefetto e di quello di accompagnamento coatto del questore,

- si avrà la indicazione di un termine per l'efficacia del decreto di espulsione con accompagnamento, qualora non intervenga la convalida della autorità giudiziaria;

- sarà prevista la possibilità di un ricorso in Cassazione, contro il provvedimento di convalida.

P.Q.M.

dichiara non manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sollevata d'ufficio, dei co. 4 e 5- bis dell'art. 13 del T.U. 286/98 (così come modificati ed aggiunti dall'art. 12 della l. 30.7.2002 n. 189, e dal d.l. 4.4.2002 n. 51) per contrasto con gli artt. 13, 24 e 111 della Carta costituzionale, secondo quanto esposto nella motivazione, chiedendone l'accoglimento;

- in via subordinata: dichiara non manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sollevata d'ufficio, dei co. 4 e 5- bis dell'art. 13  T.U. 286/98 (così come modificati ed aggiunti dall'art. 12 della l. 30.7.2002 n. 189, e dal d.l. 4.4.2002 n. 51), nella parte in cui non prevedono che "si applicano le disposizioni dell'art. 14, co. 3, 4 e 6" dello stesso T.U. 286/98, per contrasto con gli articoli 13, 24 e 111 della Carta costituzionale, secondo quanto esposto nella motivazione, chiedendone l'accoglimento;

visto l'art. 23 della legge 11.3.1953 n. 87 dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 della l. 11.3.1953, n. 87 e sospende il giudizio in corso. [...].