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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Foggia, ordinanza del 4 novembre 2002

 
est. Curci
 
Svolgimento del processo

In data 4.11.2002, alle ore 14.55 circa, personale della Questura di Foggia, procedeva all'arresto di M. V., per il reato di cui all'art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 286/98, come modificato dall'art. 13 l. 30.7.2002 n.189. Il personale di P.G., infatti, accertava, dopo un controllo operato presso l'Ufficio di appartenenza, che nei confronti del M. risultava emesso in data 29.10.2002 provvedimento di espulsione, con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni dalla relativa notifica. L'arrestato veniva presentato davanti al Tribunale in composizione monocratica di Foggia, per la celebrazione del giudizio direttissimo, secondo le disposizioni del P.M. Dopo la convalida dell'arresto, l'imputato ed il difensore chiedevano che si procedesse con il rito abbreviato, ai sensi degli artt. 558 co. 8, 441 e ss. c.p.p., previa acquisizione di alcuni documenti. Il Giudice emetteva in conseguenza ordinanza di trasformazione del rito, con acquisizione del fascicolo del P.M. Indi le parti formulavano le proprie conclusioni come da verbale allegato agli atti.

Fatto e diritto

Dagli atti è emerso che nei confronti del M. è stato emesso dal Questore di Foggia un primo provvedimento di espulsione amministrativa, ex art. 14, co. 5 bis, in data 7.10.2002 (ne fa espressa menzione il decreto del 29.10.2002), contenente l'intimazione a lasciare, entro gg. 5, il territorio dello Stato. In data 26.10.2002 l'imputato veniva sorpreso a Foggia e tratto in arresto dalla P.S., per il reato di cui all'art. 14, co. 5 ter e processato per direttissima. All'esito del processo, con sentenza emessa il 29.10.2002, il Tribunale in composizione monocratica di Foggia, applicava al M. la pena di mesi 2 e gg. 20 di arresto, ordinando la sua espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera (la legge, per la verità, disciplina, per casi del genere, l'espulsione come un atto del questore, per la cui emissione è richiesto solo il nulla osta dell'A.G.). In pari data, il 29.10.2002, il Questore emetteva un nuovo decreto di espulsione, quello appunto indicato in rubrica dallo stesso P.M., con nuova intimazione a lasciare l'Italia ed indicazione delle conseguenze penali in caso di inottemperanza ("...in caso di inottemperanza senza giustificato motivo al presente provvedimento è punito ai sensi dell'art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 286/98, così come novellato..., con l'arresto da 1 anno a 4 anni e nuovamente espulso con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica". Il Questore è evidentemente incorso in un errore materiale, essendo sanzionata la contravvenzione di cui all'art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 286/98, con l'arresto da sei mesi ad un anno. La reclusione da uno a quattro anni è prevista dall'art. 14, comma 5 quater).

Ebbene ritiene il Giudice che l'imputato debba essere mandato assolto dal fatto in contestazione, previa riqualificazione dello stesso ai sensi dell'art. 14, comma 5 quater, d.lgs. 286/98. Come è noto, con la legge 189/2000 il legislatore italiano ha modificato la disciplina della espulsione amministrativa dello straniero dallo Stato, introducendo innanzitutto i principi della immediata esecutività del decreto di espulsione e quello per cui l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica costituisce il metodo ordinario di esecuzione dei provvedimenti di espulsione (art. 13, co. 4). Nell'occasione sono state previste alcune figure di reato, sia per il caso in cui lo straniero faccia ritorno nel territorio dello Stato (ipotesi già disciplinata dall'art. 13, co. 13, d.lgs. 286/98), sia per l'ipotesi in cui lo straniero, espulso mediante intimazione, vi si trattenga (ipotesi quest'ultima prima non sanzionata penalmente). In entrambi i casi il legislatore ha previsto come obbligatorio l'arresto in flagranza, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale (che prescrive l'arresto solo per i delitti, prevedendolo come obbligatorio, tranne casi particolari, allorquando taluno è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni, art. 380 c.p.p.).  

Venendo all'analisi delle due figure di reato previste dall'art. 14, ai commi 5 ter (inottemperanza all'intimazione data dal Questore, di lasciare il territorio italiano entro 5 giorni) e 5 quater (ipotesi dello straniero espulso che rientra in Italia), appare chiaro dalla lettura delle disposizioni che il legislatore ha previsto una rigida sequenza procedimentale quanto ai provvedimenti adottabili dal Questore, a fronte dei quali ha disciplinato, in caso di violazione, le due figure criminose in questione.

Al comma 5 bis dell'art. 14 d.lgs. 286/98, si è previsto che il Questore, allorquando non sia possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, non essendo neppure possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, ovvero, siano trascorsi i termini di permanenza senza avere eseguito l'espulsione o il respingimento, "ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione". Il successivo comma 5 ter punisce con l'arresto da sei mesi ad un anno lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal Questore ai sensi del comma 5 bis. Il comma 5-ter, ultima parte, poi, prevede espressamente che "In tale caso si procede a nuova espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica". E nel caso in cui colui che è stato espulso ai sensi del comma 5 ter, e, cioè mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, venga trovato in Italia, il reato integrato sarà un delitto, punito con la reclusione da uno a quattro anni (comma 5 quater). E' chiaro che il legislatore, in relazione alla maggiore gravità di tale comportamento (rispetto alla condotta di chi rimane inosservante dell'ordine di espulsione emesso ex art. 14, comma 5 bis) l'ha disciplinata come ipotesi delittuosa.

Ebbene un primo dato può trarsi dalla lettura delle disposizioni disciplinanti la espulsione amministrativa. Nel caso di persona rimasta inottemperante al decreto di espulsione emesso dal Questore ai sensi del comma 5 bis, la nuova espulsione, a cui per legge deve farsi luogo, deve avvenire con accompagnamento alla frontiera, a mezzo della forza pubblica. Il Questore non può, cioè, in questa ipotesi nuovamente adottare un provvedimento di espulsione, notificato all'interessato e contenente l'intimazione a lasciare l'Italia entro 5 giorni. Ed è chiara la ratio avuta di mira dal legislatore nel prevedere, in successione, i due diversi tipi di provvedimento adottabili dal Questore. Lo straniero che non ha osservato il primo provvedimento di espulsione ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di dare spontanea esecuzione all'ordine in esso contenuto, ciò che rende necessaria l'esecuzione immediata e coattiva dell'ordine stesso. Né può darsi rilevanza, ai fini della tipologia di provvedimento da adottare (che come si è detto è rigorosamente disciplinata dal legislatore), alle difficoltà connesse all'attuazione pratica della espulsione con accompagnamento alla frontiera. Il legislatore ha previsto, nel caso di soggetto già inottemperante al primo decreto, che tale espulsione possa essere preceduta, al fine di assicurarne l'esecuzione, dai provvedimenti previsti dal comma 1 (trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicina). In nessun caso, dunque, il Questore potrebbe sostituire all'espulsione con accompagnamento alla frontiera un mero ordine di espulsione, previsto dal comma 5 bis. A ciò consegue che nel caso in cui, come quello in esame, il Questore abbia ritenuto di emettere a carico del cittadino già inosservante di un precedente ordine, un secondo ordine di espulsione, non per questo, in ipotesi di inosservanza anche di questo ulteriore provvedimento, potrà configurarsi una nuova violazione del comma 5 ter. E ciò principalmente perché una ipotesi di reato simile non è prevista dal legislatore che, come si è detto, ha sanzionato penalmente due soli comportamenti (inottemperanza alla prima intimazione di lasciare l'Italia; rientro dopo l'accompagnamento alla frontiera). Una diversa interpretazione, evidentemente condivisa dal P.M., che ha contestato il reato contravvenzionale in relazione proprio all'inosservanza del secondo ordine di espulsione emesso dal Questore a carico dell'imputato, si porrebbe in netto contrasto con il principio di tassatività delle fattispecie penali (art. 25 Cost.), oltre che con il divieto di interpretazione analogica delle norme penali. Detta interpretazione inoltre risulta ultronea anche rispetto alla ratio che ha ispirato il legislatore nella disciplina della espulsione amministrativa, da individuarsi in una maggiore efficacia del sistema, sotto il profilo della esecutività dei relativi provvedimenti, e non nell'ampliamento irrazionale dei casi di applicazione della sanzione penale (che si avrebbe nell'ipotesi, si pensi, di uno straniero raggiunto più e più volte da meri ordini di espulsione). Né potrebbe ritenersi che nel caso come quello del M., restando efficace il primo ordine di espulsione, il reato previsto dall'art. 5-ter potrebbe prospettarsi proprio rispetto ad esso, ogniqualvolta lo straniero venisse sorpreso nel territorio dello Stato. E' chiaro, infatti, per come è disciplinata la materia, che il primo ordine di espulsione, nel caso di inottemperanza, viene del tutto sostituito da una nuova espulsione (per legge l'accompagnamento alla frontiera, nella prassi della Questura di Foggia, un nuovo ordine di espulsione). Ne consegue che il comportamento antigiuridico previsto dal comma 5 ter non è più prospettabile, dopo che esso sia stato rilevato, attraverso l'arresto ed eventualmente con sentenza, atteso che quel primo provvedimento di espulsione è destinato ad uscire dal circuito giuridico, venendo sostituito da una nuova e definitiva espulsione. Del resto lo stesso Questore ha ritenuto di dovere adottare un nuovo provvedimento di espulsione nei confronti dell'imputato, dopo il primo arresto e la sentenza del 29.10.2002 e pure il P.M. ha ipotizzato la violazione dell'art. 14, comma 5 ter in relazione al secondo decreto di espulsione.

Ritiene, quindi, il Giudice che il comportamento del M., il quale, essendo stato già arrestato e processato per la violazione dell'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. 286/98, in relazione all'inosservanza dell'ordine di espulsione del 7.10.2002, debba essere qualificato come violazione dell'art. 14, comma 5 quater. E' evidente, peraltro, che nel caso di specie la nuova espulsione, disposta ai sensi del comma 5 ter, ultima parte, non è stata eseguita con accompagnamento alla frontiera. Ne consegue, quindi, che non può dirsi che il M. sia rientrato in Italia dopo l'espulsione, in assenza del presupposto di fatto cui la legge ancora l'ipotesi delittuosa in questione. L'imputato va, dunque, assolto, perché il fatto non sussiste.

In conseguenza del proscioglimento del M. (non avendo peraltro il P.M. chiesto l'applicazione di misure cautelari custodiali), ne deve essere ordinata l'immediata remissione in libertà, ove non detenuto per altra causa. Deve darsi altresì immediata comunicazione al Questore, che nulla osta da parte di questa A.G. alla espulsione dell'imputato dal territorio dello Stato (omissis).