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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Parma, sentenza del 6 marzo 2002, n. 84

 
est. Brusati
 

Nella causa promossa da Caci Pandeli [...] contro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - Inps [...] iscritta la causa al n. 318/01 del Ruolo Generale e decisa all'odierna udienza di discussione dopo che i procuratori delle parti costituite hanno precisato le seguenti conclusioni. [...]

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Parma Sezione Lavoro Caci Pandeli, cittadino albanese, esponeva di essere residente a Parma, via del Garda n. 8 e di essere titolare di un regolare permesso di soggiorno della durata di anni quattro concesso per ricongiungimento familiare con il figlio Roland Caci. In data 10 giugno l999 aveva presentato all'Inps domanda per la corresponsione dell'assegno sociale ex art. 39 legge n. 40/1998. L'Inps non forniva alcuna risposta scritta; in maniera del tutto ufficiosa veniva comunicato al ricorrente che la mancata corresponsione dell'assegno dipendeva dalla circostanza che il ricorrente non era titolare di carta di soggiorno.

Quindi, a richiesta dell'Inps, faceva pervenire ulteriore documentazione nella quale, tuttavia, non vi era la carta di soggiorno che non gli era stata rilasciata mancando i requisiti prescritti. Ricordava di avere più di 65 anni e di essere privo di reddito (risultando titolare di una pensione di Lek 4057 pari a L. 47.710 mensili), così come era priva di reddito la moglie (anch'essa titolare di pensione di Lek 4934 pari, a L. 58.025 mensili). Tutto ciò premesso ribadiva la sussistenza del suo diritto ad ottenere il richiesto assegno sociale. In particolare ribadiva la infondatezza della posizione assunta dall'Inps che aveva negato tale diritto non essendo il ricorrente in possesso di carta di soggiorno. Chiedeva, quindi, che - accertata la esistenza di tale diritto - l'Inps venisse condannato al pagamento in suo favore alla corresponsione dell'assegno sociale, con corresponsione anche di una somma pari alle prestazioni dovute dal momento dell'insorgenza del diritto fino al momento della effettiva corresponsione, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Si costituiva in giudizio l'Inps che chiedeva il rigetto del proposto ricorso. Deduceva che l'assegno sociale poteva essere corrisposto solo ai cittadini extracomunitari in possesso della carta di soggiorno (art. 80 legge n. 388/2000). Contestava, inoltre, la mancanza di prova in ordine al possesso dei requisiti reddituali.

La causa, di natura documentale, è stata decisa all'udienza del giorno 14 febbraio 2002 come da dispositivo in atti.

Motivi della decisione

Il proposto ricorso risulta essere fondato e meritevole di accoglimento.

I fatti dedotti in ricorso sono (fatta salva la specificazione di cui oltre) sostanzialmente incontestati in causa. Il ricorrente, cittadino albanese, nato il 15 marzo 1934, è residente a Parma ed è titolare di regolare permesso di soggiorno della durata di quattro anni (v. doc. 2 parte ricorrente), concesso per ricongiungimento familiare al figlio Roland Caci. Ha presentato, in data 10 giugno 1999, domanda volta ad ottenere la corresponsione dell'assegno sociale, ex art. 39 legge n. 40/1998, e tutto ciò - in buona sostanza - sul presupposto di essere titolare di un reddito non superiore a quanto normativamente previsto nonché sulla base del principio di equiparazione tra stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e cittadini italiani stabilito dall'art. 41 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina della immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (art. 39 legge n. 40/1998) che sancisce espressamente che "Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per sordomuti, per ciechi civili, per invalidi civili e per indigenti".

L'Inps, dal canto suo, ha contestato la fondatezza del diritto invocato dal ricorrente affermando che lo stesso non ha fornito la prova di essere in possesso dei richiesti requisiti reddituali e di non essere comune titolare della c.d. carta di soggiorno.

Tali eccezioni risultano essere entrambe infondate.

In ordine alla mancata prova dei richiesti requisiti reddituali tale eccezione risulta essere infondata. Il ricorrente ha prodotto in causa documentazione attestante i redditi percepiti dal medesimo e dalla moglie. In ordine a tale produzione documentale l'Inps non risulta avere sollevato specifiche contestazioni, a parte la contestazione del tutto generica sopra ricordata. E tale sostanziale mancanza di contestazioni risulta essere ulteriormente confermata dalla circostanza che nel corso di tutta la fase amministrativa antecedente il presente giudizio nessuna specifica contestazioni risulta essere stata sollevata dall'Istituto al riguardo.

Si può quindi affermare che non esistono elementi in atti per potere disattendere le predette produzioni documentali effettuate dalla difesa del ricorrente, dalla quale emerge indubbiamente la esistenza di un reddito certamente non superiore al limite richiesto dalla legge.

Ugualmente risulta essere infondata la ulteriore eccezione sollevata in ordine alla circostanza (pacifica in causa) che il ricorrente non è titolare della c.d. carta di soggiorno. La difesa dell'Inps risulta essere in contrasto con quanto stabilito dall'art. 41 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina della immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero che - come affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (v. Trib. Torino 15 ottobre 1999; v. Trib. Padova 14 dicembre 2000) - ha stabilito, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale (nel cui ambito rientra quella oggetto del presente giudizio) un principio di equiparazione tra cittadini italiani ed stranieri regolarmente soggiornanti in Italia in quanto in possesso e titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno.

Non è assolutamente contestato in causa che il ricorrente, al momento della presentazione della domanda (10 giugno 1999) fosse in possesso di regolare permesso di soggiorno. E tale documento pare essere del tutto sufficiente ai fini della equiparazione sopra ricordata dal momento che - come visto - il testo di legge risulta essere del tutto chiaro nel ritenere sufficiente la titolarità del permesso di soggiorno, come risulta emergere chiaramente proprio dall'uso della particella disgiuntiva "o".

Tale è stata anche la posizione espressa dall'Inps con la circolare n. 82 del 21 aprile 2000 (v. doc. 7 parte ricorrente) che - proprio con riferimento al c.d. assegno sociale - afferma che "tale prestazione, finora riconoscibile solo ai cittadini italiani e a quelli comunitari a determinate condizioni, può essere ora riconosciuta anche in favore di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea e degli apolidi, titolari di carata di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno".

Né risulta essere ulteriormente motivata la successiva decisione dell'Inps (v. Giornale dell'Inps anno 1, numero 4 - doc. 10 parte ricorrente; v. relazione reparto pensioni Inps prodotta dalla difesa dell'Istituto) con la quale si è specificato "che gli stranieri -extracomunitari ed apolidi- sono equiparati ai cittadini italiani anche per la previdenza ed assistenza ma solo a condizione che siano in possesso della carta di soggiorno".

Né, ad avviso di questo giudice, rileva quanto successivamente disposto dall'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (c.d. legge finanziaria per l'anno 2001) nel punto in cui ha stabilito che "ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le altre provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle medesime condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno...".

Tale disposizione non risulta essere rilevante ai fini del presente giudizio né per escludere in toto la fondatezza della domanda proposta né - in subordine - per affermare la sussistenza del diritto del ricorrente solo per l'arco di tempo successivo alla sua domanda e fino al momento di entrata in vigore della predetta.

In materia di successione di leggi nel tempo (anche con riferimento ai rapporti di durata) risulta essere principio consolidato quello secondo il quale i fatti costitutivi del diritto restano disciplinati dalla legge precedente mentre gli effetti sono disciplinati dalla nuova legge nei limiti del principio (v. art. 11 disp. prel. al cod. civ.) che la nuova legge dispone solo per l'avvenire e non ha carattere retroattivo, con la ulteriore specificazione che il predetto principio di irretroattività della legge preclude che la nuova legge possa essa applicata ove con essa si disconoscano gli effetti già verificatisi in conseguenza del fatto passato costitutivo del diritto o si tolga efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di quel fatto (v. ad es., Cass. n. 4805/1999; Cass. n. 5588/1979; Cass. n. 520/1981; Cass. n. 2351/1983; Cass. n. 2351/1983).

L'affermazione della difesa dell'Inps finisce con l'essere in contrasto con tali principi in quanto tale difesa (nella richiesta principale dl totale rigetto della proposta domanda) finisce - prima di tutto - con il disconoscere completamente gli effetti già verificatisi in conseguenza del fatto passato costitutivo del diritto e rappresentato - nel caso in esame - dal regolare possesso del permesso di soggiorno al momento della presentazione della domanda. Il ricorrente al momento della presentazione della domanda aveva - come visto sopra- tutti i requisiti per l'accoglimento della stessa. Quindi non pare possibile negargli ora il diritto alla corresponsione del richiesto assegno sociale solo perché in epoca ben successiva alla stessa è entrata in vigore una legge che ha previsto, per il riconoscimento di tale diritto, un requisito del tutto diverso. Tutto ciò non significherebbe altro che il disconoscimento degli effetti già verificatisi in conseguenza del fatto passato costitutivo dei diritto (id est possesso del requisito costituito dal permesso di soggiorno), il che - come detto - non è conforme ai principi sopra ricordati.

Non solo ma deve essere affermato anche il diritto del ricorrente al mantenimento alla percezione di tale assegno anche con riferimento al periodo successivo alla entrata in vigore della più volte citata legge n. 388/2000.

La ulteriore difesa dell'Inps, infatti, risulta essere in contrasto con i predetti principi anche nel punto in cui finisce con l'affermare (se non si è male inteso) la insussistenza (o meglio il venire meno) del diritto del ricorrente quantomeno a fare tempo dal momento successivo alla entrata in vigore della predetta legge finanziaria perché in tale modo la richiesta dell'Inps - se accolta - finisce con il togliere completamente efficacia alle conseguenze attuali e future del fatto passato costitutivo del diritto del ricorrente, conseguenza anche questa in contrasto con il sopra ricordato principio di irretroattività della legge.

Né vale opporre che quello dedotto in giudizio è un rapporto di durata che si protrae nel corso del tempo. Proprio con riferimento a tale categoria di rapporti è stato affermato (in conformità con i principi sopra ricordati) che la nuova legge, in mancanza di una diversa ed inequivoca disposizione contraria, non ha effetto retroattivo e non può incidere su situazioni la cui origine risalga ad epoca anteriore alla sua emanazione, quand'anche gli effetti di essi non siano esauriti e sempre che, peraltro, tali effetti non siano assunti dalla legge stessa ad elementi di fattispecie nuove ed avulse dal fatto che le ha generate (v. espressamente Cass. n. 5588/1979; v. sostanzialmente anche nello stesso senso Cass. n. 520/1981). Nel caso in esame non risulta dalla legge n. 388/2000 la esistenza della disposizione contraria a cui fa riferimento tale orientamento giurisprudenziale. Non solo ma neppure è dato comprendere come gli effetti della situazione originatasi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore siano stati assunti da tale nuova legge ad elementi di fattispecie nuove ed avulse dal fatto (possesso del requisito rappresentato dal permesso di soggiorno) che le ha generate.

La domanda del ricorrente, pertanto, deve essere integralmente accolta con statuizioni come da dispositivo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sì liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

il giudice del lavoro di Parma, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così provvede:

a) in accoglimento del proposto ricorso, accertato il diritto del ricorrente Pandeli Caci alla corresponsione dell'assegno sociale, dichiara tenuto e condanna l'Inps ad erogare in favore del ricorrente l'assegno sociale richiesto; conseguentemente condanna l'Inps al pagamento, nei confronti del ricorrente, della somma pari alle prestazioni che avrebbe dovuto ricevere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda all'Inps, al momento della effettiva corresponsione dello stesso, oltre accessori come per legge su dette somme dalle singole scadenze al saldo;

b) condanna parte convenuta alla rifusione delle spese legali in favore di parte ricorrente che si liquidano in complessive euro 2065 di cui euro 1550 per onorari, oltre quanto dovuto per IVA e CPA come per legge.