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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Catania, ordinanza del 21 gennaio 2003

 
est. Lima
 

Letti gli atti del procedimento n. 29/03 R.G. Esp.Vol. e la richiesta della Questura di Catania, depositata il 18.1.2003, di convalida - ex art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo oggi vigente - del decreto del 17.1.2003, con il quale è stato disposto l'accompagnamento coattivo alla frontiera di Dem'Vanenko Oxana, nata in Ucraina il 30.10.1971;

Osserva quanto segue

Il diritto vigente nella Comunità Europea.

La direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 disciplina "il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica".

L'art. 7 di quella direttiva dispone che "il provvedimento di diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno o il provvedimento di allontanamento dal territorio è notificato all'interessato e deve contenere l'indicazione del termine concesso per lasciare il territorio. Tranne in caso di urgenza, tale termine non può essere inferiore a quindici giorni nel caso di diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno, e ad un mese negli altri casi".

L'art. 8 dispone che "avverso il provvedimento di diniego di ingresso, di diniego di rilascio del permesso di soggiorno o del suo rinnovo, o contro la decisione di allontanamento dal territorio, l'interessato deve avere assicurata la possibilità di esperire i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi".

L'art. 9 dispone che "accertare soltanto la legittimità dei provvedimenti impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo, il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno o quello di allontanamento dal territorio del titolare del permesso di soggiorno è adottato dall'autorità amministrativa, tranne in casi di urgenza, solo dopo aver sentito il parere di una autorità competente del paese ospitante, dinanzi alla quale l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di detto paese. La suddetta autorità deve essere diversa da quella cui spetta l'adozione dei provvedimenti di diniego del rinnovo del permesso o di allontanamento dal territorio. 2. Il provvedimento di diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno e quello di allontanamento dal territorio prima del rilascio di tale permesso, sono sottoposti, a richiesta dell'interessato, all'esame dell'autorità il cui parere preliminare è previsto al paragrafo 1. L'interessato è allora autorizzato a presentare di persona i propri mezzi di difesa a meno che non vi si oppongano motivi di sicurezza dello Stato".

Il tenore dell'art. 1 di questa direttiva ne limita l'ambito di applicazione ai soli cittadini di uno stato membro della Comunità e ai loro familiari. La Corte di Giustizia della Comunità, però, con la recente sentenza 25 luglio 2002, resa nella causa C-459/99, ha statuito fra l'altro che: "100. Occorre rilevare che l'art. 9, n. 2, della direttiva 64/221 ha lo scopo di attribuire un minimo di garanzie procedurali alle persone che si vedono negare un primo permesso di soggiorno o che sono colpite da una misura di espulsione prima del rilascio di un tale permesso in una delle tre ipotesi indicate al n. 1 dello stesso articolo. Nel caso in cui i ricorsi giurisdizionali contro gli atti amministrativi vertano solo sulla legittimità del provvedimento, l'intervento dell'autorità competente deve consentire di ottenere un esame dei fatti e delle circostanze, compresi i motivi di opportunità su cui si fonda il provvedimento considerato, prima che esso venga definitivamente adottato (v., in questo senso, sentenza 17 giugno 1997, cause riunite C-65/95 e C-111/95, Shingara e Radiom, Racc. pag. I-3343, punti 34 e 37). 101. Le disposizioni dell'art. 9 della direttiva 64/221, che sono complementari a quelle relative al regime dei ricorsi giurisdizionali di cui all'art. 8 della stessa direttiva e che sono destinate ad ovviare alle insufficienze di tali ricorsi (v., in particolare, sentenza 5 marzo 1980, causa 98/79, Pecastaing, Racc. pag. 691, punti 15 e 20), esigono, rispetto al loro campo di applicazione ratione personae, un'interpretazione estensiva. Infatti, nell'ambito del diritto comunitario, l'obbligo di prevedere un sindacato giurisdizionale su qualsiasi decisione di un'autorità nazionale costituisce un principio generale che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è sancito dalla Convenzione nei suoi artt. 6 e 13 (sentenze 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 14; 3 dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borelli/Commissione, Racc. pag. I-6313, punto 14, e 11 gennaio 2001, causa C-226/99, Siples, Racc. pag. I-277, punto 17). (...)

103. D'altronde, escludere il diritto al beneficio delle dette garanzie procedurali in caso di mancanza di documento d'identità o di visto, o in caso di scadenza di uno di tali documenti, priverebbe sostanzialmente tali garanzie della loro efficacia pratica".

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, sancisce:

- all'art. 6: "Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente ed imparziale ...";

- all'art. 13: "Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella presente Convenzione fossero violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio di funzioni ufficiali»;

- all'art. 14: "Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito, senza alcuna distinzione, fondata soprattutto sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o altre opinioni, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, sui beni di fortuna, nascita o ogni altra condizione";

- all'art. 5: "Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della sua libertà, eccetto nei casi seguenti e per via legale ...";

- all'art. 2: "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge ...".

Il Parlamento Europeo, con la "Risoluzione sulle pratiche di espulsione degli immigrati in situazione irregolare", pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. C320 del 28.10.1996, pag. 198:

"- vista la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 sullo status dei rifugiati,

- vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

- viste le raccomandazioni del Consiglio del 22 dicembre 1995 sulla lotta contro l'immigrazione clandestina e il lavoro illegale,

- viste le sue precedenti risoluzioni sull'immigrazione e il diritto di asilo, in particolare la sua risoluzione del 21 settembre 1995 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla politica di immigrazione e di asilo (COM(94)0023 - C3-0107/94) ((GU C 269 del 16.10.1995, pag. 156.)),

- viste le sue precedenti risoluzioni sul razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo,

A. considerando la realtà dell'immigrazione in Europa e la presenza sul territorio dell'Unione di immigrati in situazione irregolare,

B. deplorando gli incidenti verificatisi in questi ultimi mesi in taluni Stati membri dell'Unione europea, in particolare in Francia, Spagna e Belgio,

C. considerando che l'evoluzione delle leggi in materia di immigrazione in alcuni Stati membri ha notevolmente peggiorato la situazione di taluni immigrati e che fra di essi quelli che hanno perduto il diritto di soggiorno sprofondando quindi nell'illegalità rappresentano un numero considerevole,

D. considerando che il diritto al ricongiungimento dei nuclei familiari è garantito dalla Convenzione di Ginevra,

E. profondamente turbato dal fatto che taluni immigrati espulsi dall'Unione sono stati giustiziati o arrestati per reati d'opinione una volta rientrati nel loro paese d'origine,

1. riafferma la necessità di garantire in ogni circostanza il rispetto dei diritti dell'uomo nonché un trattamento umano degli immigrati in situazione irregolare, in particolare in materia di sanità e istruzione;

2. ritiene che il rimpatrio di immigrati in situazione irregolare debba avvenire solo sulla base di informazioni comprovanti il rispetto della loro sicurezza e dei loro diritti fondamentali nel paese d'origine, tenendo conto del loro reinserimento nel tessuto economico e sociale del paese;

3. invita gli Stati membri a trattare le questioni relative agli immigrati in situazione irregolare procedendo a un esame caso per caso, evitando il più possibile qualsiasi procedura sommaria e applicando a detti casi il principio dell'equità;

(...)

7. condanna energicamente qualsiasi dichiarazione che accresce la diffidenza nei confronti degli immigrati e rafforza la credibilità di coloro che fomentano una politica demagogica di esclusione e di xenofobia".

Il Parlamento Europeo, con la "Risoluzione sulla morte di Semira Samu a seguito della sua espulsione", pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. C328 del 26.10.1998, pag. 188:

"- vista la sua risoluzione del 19 settembre 1996 sull'espulsione di immigrati in situazione irregolare ((GU C 320 del 28.10.1996, pag. 198)),

- vista la sua risoluzione del 21 settembre 1995 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle politiche in materia di immigrazione e asilo (COM(94)0023 - C3-0107/94) ((GU C 269 del 16.10.1995, pag. 156.)),

- viste le raccomandazioni del Consiglio del 22 dicembre 1995 sull'armonizzazione dei mezzi di lotta contro l'immigrazione clandestina e il lavoro illegale e il miglioramento dei mezzi di controllo previsti a tale scopo ((GU C 5 del 10.1.1996, pag. 1.)) nonché sulla concertazione e la cooperazione nell'attuazione delle misure di espulsione ((GU C 5 del 10.1.1996, pag. 3.)),

- vista la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati,

- vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in particolare gli articoli 3 e 14,

A. considerando che Semira Adamu è morta il 23 settembre 1998 dopo essere stata malmenata al momento della sua espulsione dal Belgio,

B. considerando che anche in altri Stati membri varie persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite a causa del ricorso alla violenza nelle espulsioni forzate,

C. ritenendo che la sorte di Semira Adamu sia rivelatrice di una profonda crisi che esprime l'imbarazzo delle nostre società di fronte all'appello rivolto alla nostra solidarietà da cittadini di paesi terzi che cercano di sfuggire alla miseria, alle persecuzioni e alla violenza,

D. ricordando che il fatto di chiedere asilo in un altro paese è un diritto universalmente riconosciuto e che l'esercizio di tale diritto non può in alcun caso essere criminalizzato e manifestando preoccupazione per l'interpretazione sempre più restrittiva della Convenzione di Ginevra,

E. considerando che le questioni relative alla concessione e al ritiro dello status di rifugiato e alle condizioni di rimpatrio dei richiedenti asilo la cui domanda sia stata respinta si pongono in tutti gli Stati membri e che pertanto questa materia è d'interesse comune per gli Stati dell'Unione; considerando che un'autentica politica europea d'asilo e di immigrazione è un'assoluta necessità,

1. esprime cordoglio per la morte di Semira Adamu e indignazione per le circostanze in cui è avvenuta; condanna senza riserve gli atti che hanno causato la morte di Semira Adamu;

2. deplora che questo tragico avvenimento gli imponga di reiterare la necessità, per le persone e lo Stato membro direttamente interessati, di chiare disposizioni intese a disciplinare sia la decisione di espellere le persone la cui presenza non è autorizzata che l'esecuzione dell'espulsione stessa;

3. esprime preoccupazione per le prassi di espulsione vigenti in vari Stati membri dell'Unione; insiste perché venga incoraggiato il rimpatrio volontario dei richiedenti asilo la cui richiesta è stata respinta attraverso un sostegno intensivo per il rientro e il reinserimento nel paese di origine; chiede al Consiglio, sulla base di un esame approfondito della normativa e delle prassi vigenti, di formulare nuove proposte in tal senso;

4. chiede che nell'applicazione della Convenzione di Ginevra si tenga conto del fatto che le donne possono subire attacchi specifici alla loro integrità personale, quali lo stupro, il matrimonio forzato e le mutilazioni sessuali;

5. chiede al Consiglio di proporre regole minime comuni per tutti i settori contemplati dal titolo VI del trattato di Amsterdam, in particolare la problematica relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo, alle condizioni necessarie per ottenere lo status di rifugiato, alla procedura di concessione o di ritiro di tale status nonché alle condizioni di rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare o dei richiedenti asilo la cui domanda sia stata respinta".

Il Parlamento Europeo, al punto 106 della "Risoluzione sul rispetto dei diritti dell'uomo nell'Unione europea", pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. C098 del 9.4.1999, pag. 279, ha denunciato "le violazioni dei diritti delle persone perpetrate al momento dell'espulsione di richiedenti asilo non riconosciuti o di clandestini" e al punto 108 ha ricordato agli Stati membri "la necessità di rispettare i diritti umani dei clandestini, che sono la prime vittime dirette, spogliate e sfruttate odiosamente" dei trafficanti di clandestini.

Il diritto vigente oggi in Italia.

L'art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, dello Stato italiano, nel testo oggi vigente, disciplina l'espulsione dello straniero irregolarmente entrato o irregolarmente rimasto nel territorio dello Stato.

Il 3° comma di quella norma dispone che "l'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato".

Il 4° comma dello stesso art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, dispone che "l'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5".

Il comma 5 bis dello stesso art. 13 del d.lgs. 286/1998 dispone che, "nei casi previsti ai commi 4 e 5" e cioè quando l'espulsione di uno straniero dal territorio dello Stato è eseguita mediante "accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica", "il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accom-pagnamento alla frontiera. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Il tribunale in composizione monocratica, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento entro le quarantotto ore successive alla comunicazione".

Il fatto oggetto di questo procedimento.

Con missiva n. A.12/2003 Imm. del 17.1.2003, il Questore di Catania chiedeva a questo Tribunale la convalida - ai sensi dell'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 286/1998 - dell'ordine di accompagnamento coattivo alla frontiera di Dem'Vanenko Oxana, nata in Ucraina il 30.10.1971, emesso in esecuzione del decreto di espulsione della stessa Dem'Vanenko adottato e notificato a lei lo stesso giorno 17.1.2003.

La Questura produce a sostegno del suo ricorso soltanto i seguenti quattro atti:

1. decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Catania il giorno 17.1.2003;

2. verbale di notificazione alla Dem'Vanenko del decreto del Prefetto di cui sopra, notificazione eseguita la stesso giorno 17.1.2003;

3. decreto di accompagnamento coattivo della Dem'Vanenko alla frontiera emesso dal Questore di Catania lo stesso giorno 17.1.2003;

4. verbale di notificazione del decreto del Questore di cui sopra, notificazione seguita lo stesso giorno 17.1.2003.

Da questi atti emerge che il 17.1.2003 la Questura di Catania ha comunicato al Prefetto di Catania che Dem'Vanenko Oxana era stata dimessa dall'ospedale di Paternò, dove era stata ricoverata il 6.1.2003 a seguito di un tentativo di suicidio, e che dall'esame del suo passaporto risultava che ella "in conformità del visto Schengen di tipo "C" rilasciato il 16.5.2002 dall'Ambasciata spagnola di Kiev e valido fino al 6.6.2002 è entrata in territorio austriaco il 22.5.2002, e in data successiva in Italia, non ha richiesto il permesso di soggiorno entro otto giorni lavorativi, come previsto dall'art. 5 comma 2 del d.lgs. 286/98".

Lo stesso giorno il Prefetto di Catania ha decretato l'espulsione della Dem'Vanenko.

Lo stesso giorno il Questore di Catania ha adottato un decreto di accompagnamento coattivo della Dem'Vanenko alla frontiera, per essere espulsa in esecuzione del decreto del Prefetto, di cui sopra. Lo stesso giorno, alle ore 15.25, il decreto del Prefetto e quello del Questore sono stati contestualmente notificati alla Dem'Vanenko.

Il decreto del Questore, notificato alla Dem'Vanenko alle ore 15.25 del 17.1.2003, prescriveva che ella fosse accompagnata coattivamente a Roma alle ore 16.50 dello stesso giorno - ossia ottantacinque minuti dopo la notifica dei decreti di espulsione e di accompagnamento coattivo -, per essere da lì espulsa con un aereo in partenza alle ore 21.35 dello stesso giorno.

La richiesta del Questore è stata consegnata a questo ufficio alle ore 9.25 di oggi 18.1.2003, quando già i provvedimenti del Prefetto e del Questore erano stati coattivamente eseguiti e la Dem'Vanenko da 12 ore era ormai fisicamente fuori dal territorio dello Stato.

Occorre, quindi, chiedersi se abbia senso e una legge che consenta alla polizia di sottoporre al sottoscritto giudice, perché decida se convalidarlo o no, un provvedimento già eseguito, che ha esaurito tutti i suoi effetti e con riferimento al quale del tutto irrilevante è sotto tutti i profili l'esito di questo procedimento di convalida.

Per potere decidere se accogliere o rigettare la richiesta del Questore di Catania di convalida del suo decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera della straniera Dem'Vanenko Oxana e ricostruire quali debbano essere i criteri di giudizio per questa delibazione, oppure se, come il sottoscritto ipotizza, il ricorso del Questore debba ritenersi inammissibile perché illogicamente e illegittimamente (con riferimento alla normativa europea) proposto dopo che il provvedimento da giudicare è stato eseguito, è necessario sottoporre alla Corte di Giustizia della Comunità Europea, ex art. 234 del Trattato CE, le seguenti questioni pregiudiziali.

1. Se contrasti o no con le singole norme comunitarie sopra richiamate e con i principi generali e fondamentali del diritto comunitario l'art. 13, comma 3, dell'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo oggi vigente, che dispone che "l'espulsione (dello straniero presente irregolarmente nel territorio dello stato) è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato".

2. Se contrasti o no con le singole norme comunitarie sopra richiamate e con i principi generali e fondamentali del diritto comunitario l'art. 13, comma 4, dell'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo oggi vigente, che dispone che "l'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5".

3. Se contrasti o no con le singole norme comunitarie sopra richiamate e con i principi generali e fondamentali del diritto comunitario l'art. 13, comma 5 bis, dell'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo oggi vigente, che dispone che, "nei casi previsti ai commi 4 e 5" e cioè quando l'espulsione di uno straniero dal territorio dello Stato è eseguita mediante "accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica", "il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. Il provvedimento è immediatamente esecutivo".

Le ragioni fondanti il dubbio sulla compatibilità delle norme italiane sopra elencate con l'ordinamento comunitario. Le ragioni che impongono di sospettare della compatibilità con l'ordinamento comunitario della normativa vigente in Italia in materia di espulsione degli stranieri irregolari dopo le modifiche recentemente apportate al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con la legge 30 luglio 2002, n.189, sono molteplici.

A) Il fatto che il decreto di accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera sia immediatamente esecutivo prima e indipendentemente dalla convalida del giudice a ciò preposto rende la eventuale non convalida del tutto irrilevante, perché, quando essa in ipotesi sopravvenisse, lo straniero - come nel caso oggetto di questo procedimento - sarebbe già stato irrimediabilmente espulso. Dunque, quella offerta dallo Stato italiano allo straniero espulso non è una tutela giurisdizionale, ma solo l'apparenza di una tutela giurisdizionale, essendo i provvedimenti che il giudice adotterà del tutto ininfluenti sugli effetti del provvedimento sottoposto al suo controllo.

B) Il fatto che il decreto di accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera sia immediatamente esecutivo prima e indipendentemente dalla convalida del giudice a ciò preposto fa si che il Questore non abbia alcun interesse all'esito del procedimento e dunque non offra al giudice tenuto al giudizio di convalida alcun elemento utile al giudizio medesimo. Nel caso di specie - e, purtroppo, in tutti gli altri identici trattati in questo ufficio - il Questore chiede la convalida di un suo provvedimento e a sostegno della sua richiesta produce soltanto - come si è già detto - il medesimo provvedimento da convalidare e il decreto di espulsione del Prefetto.

Non è possibile comprendere, in sostanza, secondo il disposto della legge italiana qui in discussione, sulla base di quali elementi e delibando che cosa il giudice dovrebbe convalidare o no un provvedimento che viene giustificato solo da se stesso.

Per comprendere la totale mancanza di qualsiasi elemento di giudizio (che non c'è per la ragione già detta che, a causa del fatto che il suo provvedimento è comunque esecutivo, il Questore non ha alcun interesse all'esito del procedimento di convalida), si consideri che il Questore di Catania, odierno istante, non ha ritenuto neppure di allegare copia del passaporto della Dem'Vanenko né alcun documento che consenta di stabilire in che data ella sia entrata in Italia: nel decreto del Prefetto è scritto che ciò sarebbe avvenuto "in data successiva" rispetto all'ingresso regolare in area Shengen, tramite l'Austria, sicché questa "data successiva" potrebbe in teoria essere inferiore agli otto giorni lavorativi dalla espulsione, non calcolando i giorni trascorsi in ospedale a seguito del tentativo di suicidio, giorni nei quali è evidente l'impossibilità di adoperarsi per chiedere il permesso di soggiorno.

Manca anche qualsiasi documentazione delle dichiarazioni rese dalla Dem'Vanenko all'atto della notifica del decreto di espulsione. Non è dato sapere in alcun modo, insomma, cosa l'interessata abbia detto in difesa della sua posizione all'atto della notifica del decreto di espulsione.

C) Il decreto di accompagnamento coattivo del quale si chiede la convalida è stato adottato in attuazione di un decreto di espulsione fondato sul solo assunto, del tutto privo della benché minima conferma probatoria, che Dem'Vanenko Oxana non ha chiesto il permesso di soggiorno entro otto giorni lavorativi dal suo regolare ingresso in Italia. Non è dato sapere - perché la legge non impone al Prefetto e al Questore di riferirlo al giudice e il fatto che i provvedimenti siano comunque esecutivi rende il Prefetto e il Questore indifferenti alle sorti del procedimento di convalida - se la Dem'Vanenko abbia o no addotto di avere diritto - per una delle molteplici possibili ragioni - a ottenere un permesso di soggiorno nel nostro Paese.

D) E' vero che avverso il decreto di espulsione è possibile esperire un ricorso, da parte dell'espulso, all'autorità giudiziaria, ma è altrettanto vero che il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo e il Prefetto e il Questore di Catania, come si vede in questo caso e come è accaduto e accade in tutti i casi simili, hanno organizzato i loro uffici in modo da adottare tutti i provvedimenti contestualmente, da notificarli contestualmente e da eseguirli pochi minuti dopo la notificazione. Sicché non è logicamente possibile trarre un argomento di presunzione di legittimità del decreto di espulsione dal fatto che esso non sia stato impugnato prima dell'esecuzione da una straniera priva di mezzi e di libertà e verosimilmente anche inconsapevole dei pochissimi diritti riconosciutile.

E) Perché le questioni giuridiche qui esposte non appaiano frutto di preoccupazioni meramente accademiche, va sottolineato che è frequente a Catania (ci si riferisce a quanto accade qui, perché dei soli fatti di questa città questo ufficio ha cognizione, ma deve presumersi che le prassi in atto nella Prefettura e nella Questura di questa città siano identiche a quelle di tutto il territorio nazionale) che i provvedimenti di espulsione o di diniego di permesso di soggiorno da parte del Prefetto e del Questore siano illegittimi. Da più di un anno a questa parte, tutti i ricorsi sottoposti al giudizio del sottoscritto avverso provvedimenti di espulsione o di diniego di permesso di soggiorno del Prefetto e del Questore di Catania sono risultati fondati e i provvedimenti del Prefetto e del Questore contestati sono stati dichiarati illegittimi.

Si è giunti in ben due casi al paradosso di dinieghi di permesso di soggiorno a donne regolarmente sposate a cittadini italiani - si tratta dei casi oggetto dei procedimenti n. 1734/01 R.G. Esp.Vol e n. 957/02 R.G. Esp.Vol. - permessi di soggiorno negati in violazione delle leggi italiane e comunitarie e nella consapevolezza, da parte del Questore, di tale violazione, posto che già questo Tribunale si era pronunciato per l'illegittimità di precedenti provvedimenti di identico tenore. Nel caso oggetto del procedimento n. 893/02 R.G. Esp.Vol., in relazione al quale il sottoscritto ha proposto ricorso alla Corte costituzionale, è stata espulsa senza preventivo controllo del giudice addirittura una cittadina colombiana in possesso di passaporto rilasciato in Italia da una rappresentanza diplomatica della Colombia. Dunque, ciò che è in discussione non è soltanto l'affermazione di principi giuridici di fondamentale importanza, ma il concreto bisogno di tutela, con riferimento a numerosissimi casi, di un elevato numero di persone, che subiscono lesioni irreparabili di diritti riconosciuti come fondamentali dall'ordinamento nazionale e comunitario.

F) In sostanza - e riassumendo le considerazioni svolte nei punti precedenti - oggi in Italia l'autorità di polizia - autorità non imparziale, che opera alle dipendenze gerarchiche del governo - può prelevare fisicamente con la forza una persona che essa sostiene senza prove non avere diritto a soggiornare nel territorio dello stato, privarla della libertà ed espellerla fisicamente con la forza entro poche ore, senza che questa persona possa avere alcuna tutela da parte di alcun giudice né di alcuna autorità "terza" e "imparziale". Ciò appare palesemente incostituzionale e per questo è stata già proposta - come si è detto - questione alla Corte costituzionale. Ma appare anche in contrasto con l'ordinamento comunitario.

G) La questione non riguarda soltanto il regime dell'immigrazione e del soggiorno nello stato, ma anche la libertà, l'incolumità e la vita stessa dello straniero espulso e per questo si sono richiamati sopra gli artt. 2 e 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Va, infatti, considerato che la persona espulsa potrebbe trovarsi nella condizione di avere diritto all'asilo o al rifugio nel nostro paese e nella comunità europea. Egli - come accade spesso ed è accaduto anche in casi sottoposti all'esame di questo Tribunale, rispetto ai quali la Questura di Catania ha illegittimamente tentato di impedire allo straniero un utile esercizio del diritto di asilo: cfr, per tutti, il caso oggetto del procedimento n. 62/02 R.G. Esp.Vol. - potrebbe essere fuggito dal suo paese di origine perché lì la sua libertà, incolumità, la sua vita, erano in pericolo ed essersi sottratto ai controlli di legge per timore di essere esposto ai pericoli in questione. Egli, una volta scoperto, potrebbe avere diritto all'asilo o al rifugio. Ma la legge consente che la polizia lo espella fisicamente con la forza pochi minuti dopo averlo individuato, senza neppure riferire al giudice cosa egli abbia replicato alla notifica del provvedimento. Così che resta concretamente impossibile l'esercizio del suo eventuale diritto di asilo, con le ovvie tragiche conseguenze del rimpatrio coattivo sulla sua libertà e sulla sua incolumità fisica.

H) Sembra evidente al sottoscritto, infine, come l'esecuzione immediata e in forma coattiva, con l'esercizio della forza fisica e la privazione della libertà personale dello straniero - che costituisce, ai sensi del 3° comma dell'art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il modo abituale di esecuzione di tutti i decreti di espulsione (con le sole eccezioni di cui al comma 5 della norma citata) - comporti una violazione dei diritti di libertà degli interessati non proporzionata nei casi in cui - come accade in questo - ci si trovi dinanzi a stranieri in possesso di regolare passaporto, entrati regolarmente nel territorio dello Stato con regolare visto di ingresso in area Shengen, che hanno violato solo le disposizioni relative alla permanenza nel nostro Paese.

Si consideri che nel caso oggetto di questo procedimento e in tutti i moltissimi altri simili sottoposti al giudizio di questo Tribunale alla Dem'Vanenko Oxana e a coloro che come lei sono stati espulsi dal Questore di Catania con le modalità di cui si è detto, non risulta essere stato consentito, dopo la notifica del decreto di espulsione, neppure di recarsi nella casa in cui abitavano per raccogliere i loro effetti personali, di congedarsi da eventuali parenti, amici o conoscenti, di regolare eventuali rapporti pendenti in loco, pagare piccoli debiti, riscuotere modesti crediti: insomma chiudere in maniera civile e conforme alla dignità di ciascuna persona i rapporti instauratisi nel corso della - breve o lunga - permanenza nel nostro Paese.

La Dem'Vanenko e tutti gli altri che si sono trovati e si trovano nella sua condizione sono stati accompagnati con la forza pubblica, per ordine del Questore di Catania, pochi minuti dopo avere ricevuto notizia dell'esistenza del decreto di espulsione che li riguardava. La rilevanza di tutte le questioni fin qui esposte discende dal fatto che, ove la Corte di Giustizia della Comunità Europea dovesse ritenerle fondate, il ricorso del Questore andrà dichiarato inammissibile e i provvedimenti adottati dal Prefetto e dal Questore di Catania il 17.1.2003 nei confronti di Dem'Vanenko Oxana andranno dichiarati illegittimi. Ove, invece, la Corte di Giustizia ritenesse errata la ricostruzione del diritto comunitario sopra ipotizzata, il sottoscritto giudice dovrà ricostruire diversamente gli istituti giuridici sottesi al procedimento di convalida di cui all'art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per potere individuare quali possano essere i parametri di giudizio con riferimento ai quali convalidare o no il provvedimento del Questore e quali le conseguenze di una eventuale non convalida.

P.Q.M.

Il giudice, ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE, sospende il procedimento e dispone trasmettersi copia di tutti gli atti di esso, insieme al presente provvedimento, alla Corte di Giustizia della Comunità Europea, perché essa possa risolvere le seguenti questioni pregiudiziali:

1. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che ogni straniero che venga espulso da uno Stato membro della Comunità Europea ha diritto a ottenere che il provvedimento di espulsione, prima di essere eseguito, sia sottoposto al giudizio di una autorità diversa rispetto a quella che lo ha adottato e imparziale.

2. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che è inammissibile e illegittimo che la polizia di uno Stato membro della Comunità Europea possa, senza il controllo preventivo di alcuna altra autorità, prendere con la forza ed espellere chi essa unilateralmente ritenga non avere diritto di restare nel territorio dello Stato medesimo e possa farlo in tempi e con modalità tali da sottrarre tale sua attività al concreto ed effettivo controllo di un'autorità terza e imparziale sia prima che durante che dopo l'esecuzione dell'attività medesima.

3. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che è illogico e illegittimo che uno Stato membro della Comunità Europea preveda un sistema di controllo giurisdizionale dei provvedimenti di espulsione degli stranieri e dell'attività di polizia esecutiva degli stessi tale da essere sostanzialmente del tutto ininfluente sugli effetti di quei provvedimenti e sulle attività esecutive degli stessi e da costituire, conseguentemente, null'altro che una parvenza formale di tutela giudiziaria, del tutto priva di concreto rilievo e pratica utilità.

4. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che è illegittimo che uno Stato membro della Comunità Europea disciplini i provvedimenti di espulsione degli stranieri e l'esecuzione degli stessi in modo tale da impedire concretamente l'esercizio da parte degli espulsi del loro eventuale diritto di asilo e rifugio.

5. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che è illegittimo, perché sproporzionatamente e iniquamente afflittivo e limitativo dei diritti di libertà personale a tutti riconosciuti nella Comunità Europea, che uno Stato membro della Comunità preveda che i decreti di espulsione di stranieri muniti di regolare passaporto siano eseguiti coattivamente, con la forza, immediatamente (nel senso di pochi minuti) dopo la loro notificazione allo straniero destinatario dell'atto anche in assenza di concrete e specifiche esigenze di ordine e sicurezza pubblica che giustifichino un tale ricorso alla coazione fisica.

6. Se le singole norme comunitarie sopra richiamate - artt. 7, 8 e 9 della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 221 del 25 febbraio 1964 e artt. 2, 5, 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 - e i principi generali e fondamentali del diritto comunitario vadano interpretati o no nel senso che contrastano con essi le disposizioni normative di cui all'art. 13, commi 3, 4 e 5 bis del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, dello Stato italiano, nel testo oggi vigente.