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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Verona, sentenza del 28 giugno 2002, n. 147

 
est. Gattiboni
 
Fatto e svolgimento del giudizio

Con ricorso depositato in Cancelleria il 29.11.2001 il ricorrente cittadino ghanese [...] conveniva in giudizio l'Inps esponendo di aver lavorato in Italia quale dipendente dal 1990; di aver versato regolarmente i contributi previdenziali; di aver definitivamente lasciato l'Italia in data 19.04.1999 e di aver chiesto all'Inps in data 27.04.99 la liquidazione dei contributi ai sensi del d.lgs. n. 286/98. Lamentava che l'Inps aveva rigettato la richiesta in quanto l'istante non risultava rimpatriata;contestando la legittimità del diniego, concludeva come in epigrafe. A sostegno della domanda esponeva che con l'abbandono del territorio dello stato era integrata la fattispecie prevista dalla norma per l'acquisizione del diritto al rimborso, non essendo previsto alcun altro requisito. Si costituiva l'Inps, contestando la fondatezza della domanda per le ragioni illustrate in memoria e chiedendone il rigetto. All'udienza del 06.03.2002 il Giudice, udita la discussione, decideva la causa con immediata pubblica lettura del separato dispositivo di sentenza che per comodità si riporta in calce al ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso non può essere accolto in quanto non sussistono i presupposti positivi e negativi previsti dalla fattispecie normativa della quale sì invoca l'applicazione: l'art. 22, comma 11 secondo periodo del d.lgs. 25.07.98, n. 286 prevede che "I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l'attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale, hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5% annuo".

Ai sensi della norma in questione, da un lato sono necessari la cessazione del rapporto di lavoro e l'abbandono del territorio nazionale; dall'altro, l'insussistenza di convenzioni internazionali. Vi è divergenza di interpretazione tra le parti in ordine alla natura dell'abbandono del territorio nazionale: se questo debba essere definitivo (tesi per la quale propende la stessa ricorrente, dove afferma nell'atto introduttivo di aver "definitivamente lasciato l'Italia") o se debba addirittura coincidere con il rimpatrio (come prospettato dall'istituto). A tale diversa impostazione corrisponde un differente onere probatorio a carico di parte ricorrente. Quest'ultima ritiene di averlo sufficientemente assolto con la produzione della dichiarazione allegata sub 2: essa appare tuttavia di portata e contenuto equivoco. Nel documento menzionato si legge infatti che il ricorrente, presso l'Ambasciata Italiana degli Stati Uniti (Washington, D.C.) in data 19.04.1999 dichiara di consegnare i documenti indicati (permesso di soggiorno e libretto di lavoro, rilasciati in Italia) ed afferma altresì che "la presente dichiarazione viene redatta per successiva richiesta di liquidazione a seguito del mio rientro definitivo in Ghana" (doc.2). La dichiarazione è redatta sul suolo degli U.S.A., circostanza che esclude in sé l'avvenuto rientro definitivo al paese d'origine. Del resto, anche la procura speciale, datata 26.10.2001 è conferita all'Avv. Dal Ben negli U.S.A, presso la medesima ambasciata. La produzione documentale non prova quindi l'avvenuto rimpatrio; d'altro canto, nemmeno costituisce circostanza univoca comprovante "l'intenzione" del ricorrente di non rientrare in Italia (e quindi prova della definitività dell'abbandono del suolo italiano) essendo sempre possibile per i cittadini extracomunitari richiedere nuove autorizzazioni di soggiorno allo Stato Italiano nel rispetto delle leggi vigenti.

Comunque, anche prescindendo da un approfondito esame della questione relativa alla necessità dell'effettivo rimpatrio (mai avvenuto nel caso in questione); alla - viceversa - sufficienza del mero abbandono del suolo italiano; alla idoneità delle dichiarazioni dì "consegna" a comprovare la stabilità (o definitività) dell'allontanamento, la domanda non può essere accolta per le ulteriori (assorbenti) considerazioni. L'art. 38, secondo comma della Costituzione, dispone che "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d'infortunio, malattia, invalidità, e vecchiaia, disoccupazione involontaria". Questa previsione è integralmente applicabile a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità: il principio di eguaglianza, che è alla base di ogni rapporto giuridico previdenziale, vieta ogni discriminazione fondata sulla cittadinanza e costituisce un criterio interpretativo di tutta la vigente normativa. In piena coerenza con le garanzie costituzionali poi, l'art. 2, comma 3, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 enuncia: "La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani".

Per quanto riguarda le varie prestazioni previdenziali, il lavoratore extracomunitario è assoggettato alla legislazione italiana in virtù del principio di territorialità della legge: quale che sia la cittadinanza del soggetto, tutti i fatti che si svolgono nell'ambito del territorio italiano sono disciplinati dall'ordinamento italiano. Gli stranieri, grazie a questa previsione costituzionale e alla legislazione successivamente intervenuta, sono aiutati a maturare il diritto alle prestazioni previdenziali, che all'occorrenza possono farsi erogare nei loro Paesi. Infatti il "T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" riprendendo quanto già previsto al quinto comma dell'art. 8 della legge 30 aprile 1986, n. 943, stabilisce che: "in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità". Questa previsione - che nel 1986 sanciva finalmente in modo formale una prassi da tempo in vigore - non è tuttavia tale da esonerare gli stranieri dal raggiungimento dei requisiti per conseguire il diritto a prestazioni: altrimenti non si potrebbe parlare di diritti maturati.

Residua quindi il problema delle posizioni previdenziali assicurative che ancora non abbiano dato origine alla acquisizione del diritto a prestazioni previdenziali-assicurative. La Costituzione Italiana è fondata non sul primato del cittadino bensì sul primato della persona. Come si è già osservato, il trattamento degli stranieri non è condizionato dal principio di reciprocità. Al legislatore ordinario, in base all'art. 10 della Costituzione, è fatto l'obbligo d'intervenire in conformità delle norme e dei trattati internazionali generalmente riconosciuti. Poiché sul concetto giuridico di confine territoriale deve prevalere quello umano dei diritti soggettivi e poiché si è convenuto che le migrazioni non devono tradursi in una penalizzazione dei lavoratori, numerose sono le convenzioni approvate a livello internazionale per regolare anche i problemi previdenziali dei lavoratori. Per i lavoratori provenienti da Paesi non legati all'Italia da accordi in materia di sicurezza sociale, la disciplina previdenziale applicabile è esclusivamente quella italiana, prevista dalle norme comuni vigenti in Italia e dalle specifiche leggi relative ai lavoratori extracomunitari aventi, in quest'ultimo caso, anche lo scopo di facilitare la regolarizzazione della presenza in Italia dei lavoratori clandestini (vedi d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 "Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero in Italia"). In questa direzione opera pertanto anche la previsione del d.lgs. 286 del 25.7.1998, all'art. 22, c. 11, laddove stabilisce, a determinate condizioni, il diritto al rimborso di cui è causa. Tenuto conto tuttavia che la legislazione sociale di uno Stato, a causa dei suoi limiti territoriali, non si presenta da sola in grado di tutelare le carriere assicurative né dei propri cittadini né, tantomeno, dei lavoratori originari di altri paesi, essa trova un naturale complemento nella contrattazione bilaterale e negli strumenti proposti dalle organizzazioni internazionali. Così, l'Italia, paese di tradizionali flussi migratori, è andata sempre più intensificando la contrattazione bilaterale con i paesi che hanno accolto i nostri connazionali.

I quattro principi generalmente riconosciuti nel diritto internazionale della sicurezza sociale sono: uguaglianza di trattamento; unicità della legislazione applicabile; conservazione dei diritti acquisiti o in corso di acquisizione; pagamento delle prestazioni all'estero. Attualmente, risultano legati all'Italia da un accordo bilaterale, oltre i Paesi Comunitari ed EFTA, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Isole di Capoverde, Jersey e Isole del Canale, Isola di Man, Croazia, Slovenia, Bosnia, Erzegovina, Macedonia, Repubblica Federale di Jugoslavia, Principato di Monaco, Svizzera, San Marino, USA, Tunisia, Turchia, Uruguay e Venezuela, mentre esistono accordi ridotti con Israele, Libia, Messico. Tutte le convenzioni bilaterali assicurano ai lavoratori italiani la completa parificazione - sotto il profilo dei diritti - ai lavoratori di quei Paesi e dettano norme in materia di pensioni. Nel caso di trasferimento del lavoratore extracomunitario in un paese con il quale l'Italia abbia stipulato convenzioni in materia di sicurezza sociale (come gli U.S.A., ad esempio) in forza del principio di equiparazione tra lavoratori cittadini italiani e lavoratori cittadini extracomunitari - proprio del nostro ordinamento - allo straniero extracomunitario si applicano gli accordi conclusi in favore dei cittadini italiani. Tale principio, trova una sua attuazione anche nella convenzione Italia-Usa (entrata in vigore l'1.11.1978, legge n. 86 del 24.2.1975, modificata dall'accordo aggiuntivo entrato in vigore l'1.1.1986, legge n. 609 del 14.10.1985) nella quale è definito che l'accordo si applica ai "lavoratori" (art. 3) - senza distinzione di cittadinanza - e il termine lavoratore designa semplicemente "la persona che può far valere periodi di assicurazione" (art. 1 lettera g). Inoltre la convenzione espressamente prevede la situazione di chi non è cittadino di alcuno dei due Paesi stipulanti, nella parte intitolata disposizioni relative alla legislazione applicabile", dove all'art. 7, comma 4 lettera c) stabilisce: "La persona che non è cittadino di nessuno dei due Stati ...è soggetta... alla legislazione dello Stato nel quale il lavoro viene svolto ed è esente dalla legislazione dall'altro Stato...". L'ombrello protettivo in materia di sicurezza sociale contemplato dalla convenzione citata in favore dei lavoratori (cittadini italiani o stranieri) comporta che il ricorrente, residente negli U.S.A., al momento della domanda amministrativa e dell'introduzione del presente procedimento, non versasse nelle condizioni richieste dall'art. 22, comma 11 secondo periodo del d.lgs. 286/98 per la liquidazione da parte dello Stato Italiano dei contributi previdenziali. Da quanto esposto, si evince come tale disposizione rappresenti una norma di "chiusura" del sistema e sia destinata ad operare laddove non vi sia diritto già maturato a prestazioni previdenziali nè vi sia la possibilità di ottenere - da parte di Stato diverso da quello italiano, nel quale si sia prestata attività lavorativa - una prestazione pensionistica beneficiando - direttamente, tramite il congiungimento o indirettamente, quale condizione di ammissibilità - dell'attività lavorativa prestata in Italia e dei relativi adempimenti contributivi. La domanda va pertanto respinta e la particolarità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo, disattesa e respinta ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione, respinge il ricorso; spese di lite compensate tra le parti.