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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Bologna, ordinanza del 14 agosto 2003

 
est. Acierno
 

Il giudice, sciogliendo la riserva che precede,

rilevato che la Prefettura di Cremona ha inviato memoria e integrazioni documentali recapitate via fax il 28 luglio 2003 e pervenute a mezzo posta il 31 luglio 2003;

considerato che le modalità adottate non integrano una valida costituzione in giudizio in quanto non realizzato mediate deposito di memoria di costituzione in Cancelleria;

ritenuto al riguardo che il procedimento avverso l'espulsione regolato al comma ottavo dell'art. 13 novellato del d.lgs n. 286/98 pur non contenendo l'espresso rinvio al procedimento camerale disciplinato dagli art. 737 c.p.c. non può che essere regolato da tale rito sia per le esigenze di accelerazione e semplificazione che sono proprie dell'accertamento giudiziale in oggetto sia per la ineliminabile esigenza di costituire un effettivo contraddittorio sia infine perché l'alternativo modello processuale sarebbe esclusivamente quello del giudizio a cognizione piena certamente non corrispondente alla voluntas legis;

ritenuto che nei procedimenti camerali contenziosi a pluralità di parti queste ultime devono essere regolarmente costituite in giudizio rispettivamente con ricorso e memoria depositati regolarmente in cancelleria;

ritenuto, altresì, che l'art. 13 bis del citato decreto legislativo qualifica espressamente come "parte" in senso formale e sostanziale, la prefettura stabilendo che può "stare in giudizio" anche mediante un suo funzionario espressamente delegato;

considerato pertanto che entrambe le parti del procedimento avverso l'espulsione assumono tale veste in senso tecnico;

considerato infatti che l'inoltro del ricorso per via diplomatica e consolare costituisce una deroga parziale al generale principio dell'esclusiva validità ed efficacia del deposito degli atti in cancelleria in quanto disciplina il caso in cui il ricorso venga proposto ad esecuzione già avvenuta;

ritenuto peraltro che anche in questa fattispecie, lo straniero può firmare personalmente il ricorso (con autentica a cura delle autorità diplomatiche o consolari) ma nel procedimento deve essere assistito e rappresentato da difensore eventualmente mediante ammissione al gratuito patrocinio;

ritenuto infatti che secondo quanto definitivamente stabilito dalla Suprema Corte (sent. n. 1082 del 1999) il procedimento avverso l'espulsione ha ad oggetto il diritto soggettivo dello straniero alla verifica giudiziale della legittima del soggiorno (anche temporaneo) in Italia e conseguentemente non può che essere sorretto da un modello processuale che garantisca l'effettività delle garanzie difensive (rappresentanza e difesa tecnica; regolare partecipazione delle parti al procedimento anche in ordine alle modalità di deposito degli atti);

ritenuta in conclusione l'inammissibilità della costituzione in giudizio della Prefettura di Cremona nonché delle produzioni documentali allegate alla memoria;

Rilevato in ordine ai motivi del ricorso di dover affrontare distintamente le questioni di natura processuale e quelle relative alla legittimità del provvedimento impugnato;

a) ammissibilità del ricorso avverso l'espulsione in corso di udienza di convalida e individuazione del giudice competente.

Il comma quarto dell'art. 14 del T.U. 28.7.98 n. 286 novellato prevede che la convalida del trattenimento possa essere disposta anche in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione. Tale disposizione prefigura pertanto l'ammissibilità della cognizione del ricorso avverso l'espulsione nel termine stabilito ex lege per la convalida del trattenimento e consente la tutelabilità del diritto a non essere espulsi prima dell'esecuzione del provvedimento. L'abrogazione nell'art. 13 del comma nono che stabiliva espressamente la possibilità per lo straniero di proporre il ricorso avverso l'espulsione nel corso del procedimento di convalida del trattenimento deve essere interpretazione in via sistematica unitamente alle altre disposizioni abrogate della norma procedimentale contenuta nell'art. 13. L'esigenza del legislatore della novella è stata quella di semplificare ancora di più il rito applicabile al procedimento avverso l'espulsione (prevedendo come facoltativa e non come scansione obbligatoria l'audizione dell'interessato) ma non di comprimere i diritti dello straniero in violazione dell'art. 24 della Cost. Il sistema novellato dell'esecuzione dell'espulsione si incentra sull'immediatezza dell'attuazione del provvedimento con l'accompagnamento coattivo o con il trattenimento nei casi previsti dalla legge; residuale è la modalità dell'intimazione a lasciare il paese nei cinque giorni successivi alla notifica del provvedimento di espulsione, assolutamente marginale l'intimazione nei 15 giorni. In questo mutato quadro normativo non può che adottarsi un'interpretazione estensiva delle facoltà processuali dello straniero in modo che la tutela giurisdizionale sia effettiva e non solo esercitatile ad esecuzione avvenuta con una inevitabile ed ingiustificata compressione dei diritti di difesa derivanti dalla mancata diretta parte citazione al procedimento. Ne consegue che la concreta attuazione del diritto ad opporsi al provvedimento di espulsione sarebbe gravemente limitata se non si potesse prevedere in via sistematica l'azionabilità del ricorso avverso l'espulsione anche in sede di convalida non essendo compatibile con l'esercizio pieno di tale diritto la situazione di compressione della libertà personale derivante dal trattenimento. La previsione di una contestuale duplice cognizione sulla convalida e sull'espulsione deve trovare uno strumento processuale coerente con il modello normativo indicato dagli art. 13 e 14. In particolare deve ritenersi derogabile la previsione della competenza territoriale del giudice del luogo in cui è stato emesso il provvedimento di espulsione quando il trattenimento è disposto in un centro situato in una circoscrizione giudiziaria diversa e lo straniero intenda attivare immediatamente il meccanismo giurisdizionale di tutela durante la propria permanenza in Italia. Il sistema consente già astrattamente una deroga ai principi normativi di determinazione della competenza territoriale del giudice dell'espulsione e del giudice della convalida regolando espressamente la fattispecie reciproca (il giudice dell'espulsione che conosce anche della convalida) all'art. 14. L'identità del modello processuale camerale applicabile ad entrambi i procedimenti costituisce infine l'argomento di chiusura per l'accoglimento dell'interpretazione sistematica indicata. Per la regolare costituzione del contraddittorio è necessario che il ricorso avverso l'espulsione proposto davanti al giudice della convalida venga notificato unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti alla Prefettura che ha emesso il provvedimento di espulsione in modo che possa spiegare efficacemente le proprie difese.

b) ammissibilità dell'istanza di sospensione dell'esecutività del provvedimento di espulsione.

Il ricorso contiene nel caso di specie l'espressa domanda di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento di espulsione essendo di primario interesse per la Tabei non uscire dall'Europa e in particolare dalla Francia ove svolge, secondo le sue dichiarazioni non contrastate da elementi di prova contraria, il lavoro di fisioterapista, neanche per il tempo necessario per definire la sua posizione rispetto alla mancanza di permesso di soggiorno in Italia dovendo in caso di rimpatrio coattivo in Tunisia interrompere il rapporto di lavoro in atto e acquisire una condizione di precarietà non priva di conseguenze per i movimenti futuri.

Il procedimento avente ad oggetto il ricorso avverso il provvedimento di espulsione è regolato dalle disposizioni del procedimento camerale che non contiene un rimedio endoprocedimentale relativo alla sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. La domanda proposta ha pertanto un contenuto cautelare e deve essere qualificata come una richiesta di provvedimento cautelare atipico ex art. 700 c.p.c. proposto in corso di procedimento avverso l'espulsione. Sul piano sistematico-interpretativo ci si deve interrogare preliminarmente sull'ammissibilità di una istanza avente il contenuto sopradescritto nell'ambito di un procedimento caratterizzato dalla concentrazione e dalla celerità della definizione del tema controverso quale quello camerale.

Al riguardo va rilevato che la Corte Costituzionale con la sent. n. 161/2000 nel vigore del testo originario dell'art. 13 aveva richiamato l'ammissibilità della sospensione disposta dal giudice nel caso in cui la durata dell'azione giudiziale rispetto alla concreta attuazione della misura dell'espulsione (15 giorni dalla notificazione del provvedimento), non avrebbero consentito allo straniero non più soggiornante in Italia perché coattivamente rimpatriato, l'esercizio pieno del suo diritto di difesa. La Corte aveva sottolineato che in un procedimento caratterizzato da tempi di proposizione del ricorso e di decisione particolarmente brevi la sospensione doveva ritenersi generalmente superflua  salvo i casi in cui l'accertamento giudiziale superava i tempi di esecuzione del provvedimento di espulsione e ritenuto la tutela cautelare non incompatibile con il procedimento camerale.

 Il principio di diritto elaborato dalla Corte che ha rimesso all'interprete di individuare in concreto lo strumento applicabile, trova puntuale applicazione nel nuovo contesto normativo caratterizzato nella generalità dei casi da uno scarto temporale tra i tempi di proposizione del ricorso avverso l'espulsione e l'attuazione tendenzialmente immediata della misura amministrativa. Tutte e tre le modalità di esecuzione previste dalla legge impediscono la tutela giudiziale prima del rimpatrio coattivo. La esclude l'accompagnamento coattivo in quanto modalità più rapida di esecuzione dell'espulsione. La limita irreversibilmente il trattenimento che rende particolarmente oneroso anche la proposizione del ricorso in condizione di privazione della libertà personale e in prevedibili condizioni economiche precarie. La vanifica l'ordine di lasciare il paese nei cinque giorni successivi alla notifica del provvedimento perché impone un allontanamento in tempi incompatibili con la predisposizione di una efficace linea difensiva o espone alle gravi conseguenze penali ed amministrative conseguenti all'inottemperanza all'ordine. In conclusione in tutti i casi in cui l'allontanamento dall'Italia determinerebbe un'ingiustificata contrazione dell'effettività dei diritti dello straniero (per la perdita degli elementi di radicamento lavorativo o familiare acquisiti) o delle facoltà difensive (per l'oggettiva difficoltà di difendersi adeguatamente mediante la trasmissione diplomatica degli atti o per le condizioni di vita precarie dello straniero una volta rimpatriato) non può negarsi l'ammissibilità di uno strumento di tutela volto a bloccare solo per la durata del procedimento giurisdizionale relativo alla espulsione l'attuazione pratica della misura. La tutela del diritto dello straniero ad un accertamento giudiziale relativo alla legittimità del provvedimento di espulsione integra un diritto soggettivo pieno. La scelta del modello processuale camerale non dipende dalla natura "minore" della situazione soggettiva giuridica tutelata ma dalla esigenza pubblicistica di dare stabilità alla condizione amministrativa dello straniero cui corrisponde la legittima aspettativa dello straniero di vedere definita la sua posizione in tempi brevi per poter effettuare le proprie scelte di vita conseguenti alle misure adottate.

Quando il modulo camerale ha ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo la scelta normativa risiede nella valutazione della piena corrispondenza tra celerità e effettività della tutela. Se il binomio di garanzie si spezza perché il ricorrente rimpatriato non può difendersi adeguatamente o perché l'effettività della tutela viene meno o è gravemente ridotta in mancanza della condizione della permanenza in Italia si deve rendere il sistema processuale compatibile con l'art. 24 della Cost. e consentire al ricorrente di richiedere in via cautelare ex art. 700 c.p.c. (in quanto misura residuale) la sospensione dell'esecutività, o dell'esecuzione intrapresa, dell'espulsione per la durata del procedimento avverso il provvedimento di espulsione.

Nel caso di specie poiché il contraddittorio non risultava efficacemente instaurato nella fase del procedimento di convalida (in mancanza della partecipazione della Prefettura territorialmente competente) la misura cautelare è stata richiesta ed adottata con decreto inaudita altera parte disponendo che la prima udienza relativa al procedimento avverso l'espulsione fosse anche l'udienza di conferma, modifica e revoca del provvedimento cautelare assunto con decreto emesso con contraddittorio differito.

La verifica del fumus boni iuris e del periculum in mora del provvedimento ex art. 700 c.p.c. coincide però integralmente con l'adozione del provvedimento decisorio che definisce il procedimento relativo all'espulsione in quanto non risulta necessario differire ad altre udienze tale decisione

c) legittimità del provvedimento di espulsione e ricorrenza dei requisiti per l'adozione del provvedimento cautelare.

La ricorrente ha dichiarato di essere in Italia al momento dell'espulsione da pochissimi giorni (due). La circostanza non è stata validamente contrastata e risulta indirettamente confermata dal possesso di un visto Schengen (prodotto in fotocopia) dal quale emerge la libertà e la legittimità della circolazione della straniera in area Schengen. Gli altri rilievi di fatto (lavoro stabile in Francia e visita temporanea in Italia presso un parente) non sono risultati smentiti da alcun riscontro probatorio contrario. La stessa mancanza di documenti d'identità dedotta dalla Questura in sede di convalida risulta smentita dalla documentazione non ritualmente versata in atti dalla quale emerge comunque il possesso di un passaporto allo stato non invalido.

Sussiste il fumus boni iuris posto a base del decreto emesso in quanto il quadro probatorio sommario assunto non è compatibile con le ragioni del provvedimento di espulsione fondato sull'ingresso clandestino in Italia. L'ingresso in Italia dalla Francia non risulta essere stato effettuato con sottrazione ai controlli di frontiera. La straniera era in possesso di un passaporto e di un visto Schengen e pertanto non aveva ragione di sottrarsi ai controlli di frontiera. Non aveva intenzione di soggiornarvi stabilmente secondo le sue deduzioni difensive e questa è un'ulteriore ragione ostativa ad un ingresso illegittimo. Quanto al periculum in mora la prospettiva di un accompagnamento coattivo immediato in Tunisia avrebbe vanificato il progetto di vita e radicamento lavorativo descritto dalla ricorrente.

Il provvedimento cautelare va pertanto confermato ma risulta definitivamente assorbito dall'accoglimento del ricorso avverso l'espulsioni giustificato da tutte le argomentazioni sopraindicate.

Le spese di lite devono essere compensate in considerazione della sostanziale assenza della parte convenuta e per la novità della soluzione giurisprudenziale assunta.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione monocratica, annulla il provvedimento di espulsione emesso nei confronti di [...] dal Prefetto di Cremona il giorno 3 luglio 2003. Visto l'art. 741 c.p.c. secondo comma dichiara che il presente provvedimento abbia efficacia immediata. Compensa le spese di lite.