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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale per i minorenni di Caltanissetta, ordinanza del 27 marzo 2003

 
est. De Nicola
 

[...] L'Ufficio Immigrazione presso la questura di Caltanissetta, con istanza pervenuta nella cancelleria di questo Collegio il 20.3.2003, comunicava di avere notificato all'imputato [...] "il provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera" emesso nei suoi riguardi dall'autorità prefettizia di Caltanissetta, e chiedeva allo stesso tribunale minorile, quale autorità giudiziaria procedente, di rilasciare "il nulla osta alla espulsione ai sensi dell'art.13 comma 3 del d.lgs. 286/98, modificato dalla legge 189/2002". All'odierna udienza camerale, il Collegio deliberante, esaminati gli atti del procedimento penale iscritto a carico dell'imputato [...] in attesa di essere definito nella fase dibattimentale, e la richiamata documentazione amministrativa;

osserva

L'art.12 della legge 30 luglio 2002 n.189 [...] prevede che nell'ipotesi di pendenza di un procedimento penale iscritto a carico del cittadino straniero nei cui riguardi l'autorità di polizia intenda procedere all'"espulsione amministrativa", il quale non sia attualmente sottoposto alla custodia cautelare (carceraria), "il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa". [...].

Rileva, peraltro, il Collegio deliberante, che il provvedimento richiesto dall'Autorità amministrativa non può in ogni caso essere rilasciato, imponendosi una lettura del richiamato art.12 L.189/2002 che sia compatibile con i principi enunciati dalla Carta costituzionale, in quanto l'attuale formulazione della norma considerata appare manifestamente lesiva di tali principi, e specificamente del diritto di difesa garantito dall'art.24 Cost. Infatti, la norma in esame individua le condizioni in presenza delle quali l'autorità giudiziaria procedente può negare il nulla-osta, con esclusivo riferimento alla sussistenza "di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa": e, in tali ipotesi, dispone che "l'esecuzione del provvedimento" (di espulsione) "è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali".

Non è invece considerata, quale condizione valutabile dall'A.G. procedente per negare il rilascio del nulla-osta, la posizione processuale dell'imputato.

Valuta dunque questo Collegio che la partecipazione (diretta) dell'imputato al processo - nella specie, pendente nella fase dibattimentale - costituisce l'esplicazione primaria del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, cosicché la richiamata formulazione normativa, che ignora totalmente la posizione processuale dell'imputato cittadino straniero, escludendo (ab implicito) che l'A.G. procedente possa rifiutare il nulla-osta all'espulsione richiesto dall'Autorità amministrativa per il solo fatto della pendenza del processo nel quale lo stesso cittadino è imputato, pregiudica la possibilità per il medesimo di spiegare la facoltà difensiva: [...].

Ritiene infatti rilevante l'A.G. deliberante, richiamare l'orientamento interpretativo (anche) recentemente ribadito dal Giudice di legittimità nella subiecta materia [...] secondo cui l'imputato detenuto che formuli la richiesta di essere tradotto per partecipare all'udienza camerale, deve essere tradotto (e dunque, l'A.G. procedente deve autorizzarne la traduzione), anche nell'eventualità in cui sia ristretto in uno stabilimento penitenziario situato extra disctrictum [...] (cfr., Cassazione, sez. II penale, sent. 7/12/2001 n. 1244, imp. Liuzzo [...].

Considera, inoltre, questo T.M. di richiamare - quale fondamento dell'esegesi dell'art.12 L.189/2002 valutata compatibile con il richiamato parametro costituzionale, l'orientamento interpretativo espresso dal Giudice costituzionale, che - facendo espresso riferimento alla disciplina del citato art.127 comma terzo C.P.P. (che prevede "la delega rogatoria al giudice di sorveglianza quando l'imputato sia detenuto in luogo esterno al circondario") - ne ha individuato il fondamento in "ragioni di sicurezza e di economia processuale", valutando peraltro che tale previsione non esclude "il diritto-dovere del giudice di cognizione di sentire personalmente l'interessato, e il diritto di quest'ultimo di essere ascoltato dal giudice che dovrà giudicarlo": costituendo entrambe le suddette facoltà - riservate sia al prevenuto sottoposto al procedimento camerale, sia al Giudice chiamato a definirlo - una manifestazione dei principi generali dell'"immediatezza" e dell'"oralità" che caratterizzano il sistema processuale novellato (cfr., Corte cost., sent n. 45/1991). [...].

Considerata, dunque, la rilevanza che la partecipazione diretta dell'imputato - e quindi, la presenza fisica del medesimo - nel corso delle attività (e delle fasi) processuali in relazione alle quali è prevista la sua partecipazione, l'art.12 L.189/2002 deve essere interpretato nel senso di ricomprendere fra le situazioni che l'A.G. procedente può considerare rilevanti per negare il nulla-osta all'espulsione (anche) la posizione processuale del medesimo cittadino straniero imputato, e dunque la mera pendenza del procedimento penale iscritto a suo carico: configurandosi altrimenti una palese violazione del diritto di difesa costituzionalmente tutelato.

Nella fattispecie in esame, poi, maggiormente si impone l'esegesi dell'art.12 L.189/2002 valutata compatibile con il richiamato parametro costituzionale, se si considera che il [...] è imputato in relazione a condotte delittuose realizzate anteriormente al conseguimento della maggiore età, cosicché - seppure sia ormai maggiorenne - deve essere giudicato applicando la disciplina processuale prevista per gli imputati minorenni (il d.p.r. 22/9/1988 n. 448), che assegna una peculiare rilevanza alla partecipazione diretta dell'imputato minorenne alle singole attività e fasi processuali del giudizio penale pendente a suo carico: cosicché, anche l'equiparazione dei cittadini stranieri minorenni che siano imputati (o indagati) in un giudizio pendente davanti all'A.G. minorile, ai restanti cittadini stranieri imputati (o indagati) davanti all'A.G. ordinaria, indotto dalla (indifferenziata) applicazione dell'art.12 della L.189/2002, induce un ulteriore rilevante profilo di illegittimità costituzionale della medesima norma, integrando la violazione oltre che del citato art.24 della Carta fondamentale, anche quella dell'art. 3 e degli artt. 31 della Costituzione repubblicana.    

In particolare, la partecipazione diretta dell'imputato (o dell'indagato) in riferimento a fatti di reato commessi da minorenne alle attività (e fasi) del processo penale iscritto a suo carico è prevista:

a) in via generale, dall'art.1 del citato d.p.r. 448/1988, che assegna al giudice penale (minorile) il compito di illustrare "all'imputato il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni" (secondo comma);

b) ancora in via generale, dall'art.12 c.p.p.m., che garantisce "l'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne, in ogni stato e grado del procedimento", [...].

c) dall'art.25 c.p.p.m., che consente l'esercizio della facoltà per il Pubblico Ministero di richiedere la definizione della posizione processuale del minorenne imputato con il rito direttissimo, "solo se è possibile compiere gli accertamenti previsti dall'art.9" del medesimo d.p.r. 448/1988, [...];

d) dall'art.27 c.p.p.m., che subordina l'esercizio della facoltà (riservata al Giudice per le Indagini Preliminari) di definire anticipatamente la posizione processuale del minorenne indagato mediante la pronuncia della sentenza che dichiara il non luogo a procedere nei riguardi del medesimo imputato per irrilevanza del fatto, alla fissazione dell'udienza camerale, finalizzata all'audizione del minorenne nonché dell'esercente la potestà genitoriale (e della persona offesa: secondo comma);

e) dall'art.28 c.p.p.m., che parimenti subordina l'esercizio della facoltà riservata al Collegio dell'udienza preliminare minorile (o al Collegio dibattimentale) di sospendere il giudizio penale in corso, sottoponendo l'imputato alla "messa alla prova", all'audizione del medesimo (come si ritiene di desumere, in via interpretativa, dall'inciso "sentite le parti": primo comma della disposizione in esame);

f) dall'art.31 c.p.p.m., [...];

g) dall'art.32 c.p.p.m., che - nella formulazione novellata dall'art.22, comma primo, della Legge 1.3.2001 n.63 - subordina la possibilità di definire anticipatamente la posizione processuale dell'imputato minorenne nella stessa fase processuale, all'espresso consenso del medesimo minore (primo comma): [...];

h) dall'art.33 C.P.P.M., che assegna all'imputato ultrasedicenne la facoltà di chiedere al Presidente del Collegio dibattimentale la celebrazione dell'udienza nel processo a suo carico in forma "pubblica" (secondo comma).

Ritiene, quindi, il Collegio deliberante che tutte le norme richiamate individuano una peculiare rilevanza processuale alla partecipazione diretta - e quindi, alla presenza fisica - dell'imputato minorenne alle attività processuali in riferimento alle quali ne è prevista la partecipazione, e maggiormente, alla fase dibattimentale.

Valuta, in ogni caso, questo T.M. di richiamare le linee interpretative che il Giudice delle leggi ha enunciato nella sentenza 27-28 aprile 1994 n.168 (che ha dichiarato l'incostituzionalità degli artt.17 e 22 del codice penale "nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore non imputabile", proprio sul presupposto che le norme denunciate si applicavano indifferenziatamente sia agli adulti che ai minorenni: [...].

Nella stessa linea interpretativa, il tribunale valuta di richiamare altresì l'anteriore sentenza n. 222 in data 19.7.1983 con la quale il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 2 dell'art.9 R.D.L. 20.7.1934 n.1404, sancendo "la diversità della condizione minorile rispetto a quella riguardante gli adulti";

nonché l'altra sentenza 12. 2-18.2.1998 n. 16  [...], nella quale la Consulta ha pure dichiarato illegittimo l'art.59 della legge 24.11.1981 n.689 nella parte in cui non esclude che le condizioni soggettive ivi previste per l'applicazione delle sanzioni sostitutive si estendano agli imputati minorenni, evidenziando specificamente "...quanto più volte statuito da questa Corte a proposito della contigua materia dell'esecuzione della pena, e cioè che l'assoluta parificazione tra adulti e minori rischia di confliggere con le esigenze di specifica individualizzazione e di flessibilità di trattamento che devono caratterizzare la disciplina minorile".

Richiama inoltre il Collegio deliberante l'art.1, comma 1° secondo periodo del d.p.r. 22.9.1988 n. 448, che si configura quale norma di carattere programmatico, alla quale può essere dunque attribuita la funzione di orientamento generale dell'interprete in sede di applicazione degli istituti previsti dalla normativa (sostanziale e processuale) "incentrata sui minori e calibrata sulla loro particolare condizione di soggetti immaturi e dalla personalità in via di formazione".

Per le considerazioni svolte, infatti, l'(indifferenziata) estensione ai cittadini stranieri  imputati (o indagati) minorenni, ovvero in relazione a fatti di reato commessi anteriormente al conseguimento della maggiore età, della disciplina prevista dalla norma di cui è denunciata la compatibilità costituzionale, secondo l'attuale impianto normativo, determina un'irragionevole disparità riservando ai minorenni l'identico trattamento riservato agli imputati maggiorenni nonostante la profonda diversità della rispettiva condizione, e la conseguente lesione dell'art.31 della Carta fondamentale, nonché la lesione dei principi di eguaglianza sostanziale (art.3 della Costituzione), oltre che la lesione del diritto di difesa - valutato anche sotto il profilo dell'"autodifesa" [...] che deve essere assicurato (e garantito) alla generalità dei soggetti imputati (o indagati) [...] e maggiormente deve essere assicurato (e garantito) agli imputati (o indagati) stranieri minorenni, o nei cui riguardi si applica la disciplina processuale contenuta nel citato d.p.r. 448/1988.

Infine, depongono per la fondatezza della richiamata esegesi, il capitolo 2 (articoli 3-15) della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, aperta alla firma a Strasburgo il 25 gennaio 1996 ("Misure processuali per promuovere l'esercizio dei diritti dei fanciulli"), la quale configura come diritti processuali fondamentali, il diritto del minore di essere informato e quello di esprimere la propria opinione nei procedimenti, nonché il diritto di chiedere la designazione di un rappresentante speciale, che evidentemente assumono quindi un rilievo primario proprio alla partecipazione (personale) del minore al procedimento giudiziario che lo riguarda.

Il nulla-osta all'espulsione dell'odierno imputato [...], richiesto dal questore di Caltanissetta, deve quindi essere negato.

P.Q.M.

Visto l'art.12 L. 30.7.2002 n.189 denega il nulla-osta all'espulsione del cittadino straniero [...], imputato nel presente giudizio penale in grado d'appello, richiesto a questa Corte dal questore di Caltanissetta, con le consequenziali determinazioni in ordine al ripristino della piena libertà di movimento del medesimo imputato.