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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Pisa, ordinanza del 23 ottobre 2003

 
est. Gemignani
 

Il giudice onorario del tribunale di Pisa, sciogliendo la riserva che precede, ha emesso il seguente provvedimento.

1. Con ricorso ritualmente depositato, il sig. [...], impugnava il decreto Cat. A11-Imm. 2003 - n. 168, in data 11.07.03, notificato in pari data con il quale, il prefetto di Pisa ha disposto l'espulsione immediata del ricorrente dal territorio dello Stato disponendo l'accompagnamento dello stesso alla frontiera a mezzo della forza pubblica. In particolare, con l'atto introduttivo il ricorrente assumeva l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 8, lett. a), della legge 9.10.2002 n. 222 in relazione all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui definisce in maniera identica situazioni soggettive radicalmente diverse.

All'udienza camerale, sulle conclusioni delle parti, il ricorso veniva assunto in decisione.

2. La presente controversia riguarda la legittimità del provvedimento con il quale, conclusa la procedura prevista dall'art. 1 del d.l. n. convertito con modifiche dalla legge n. 222/2002, respinta in data 3.7.2003 l'istanza per la regolarizzazione del sig. [...], è stata disposta l'espulsione del medesimo dal territorio dello Stato.

In primo luogo, rileva il giudicante che essendo il provvedimento impugnato consequenziale al precedente decreto con il quale è stata respinta l'istanza di regolarizzazione presentata dal datore di lavoro, deve ritenersi ammissibile, seppure in via incidentale, il sindacato sull'atto presupposto ai fini dell'eventuale disapplicazione ai sensi dell'allegato E della legge 20.3.1865 n. 2248. Al riguardo, è noto che la disapplicazione dell'atto amministrativo presuppone che il giudice ordinario svolga una duplice indagine diretta, in primo luogo, ad accertarne la rilevanza rispetto all'oggetto dedotto in giudizio, in secondo luogo, ove rilevante, la legittimità.

Nella fattispecie, pertanto, poiché il decreto con il quale il prefetto di Pisa ha respinto l'istanza di regolarizzazione del ricorrente si pone come antecedente logico del successivo provvedimento di espulsione ad esso conseguente, la questione della legittimità del primo viene a prospettarsi come pregiudiziale rendendo con ciò ammissibile l'esame dello stesso e la sua eventuale disapplicazione.

Ciò premesso, l'impugnato decreto - così come l'atto presupposto - costituisce mera applicazione della disposizione contenuta nell'art. 1, comma 8, lett. a) della legge 9.10.2002 n. 222 che esclude dalla regolarizzazione i lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali non possa essere disposta la revoca del provvedimento di espulsione già emesso nei loro confronti qualora sia stato disposto l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

3. Assume il ricorrente che la richiamata fonte normativa, la quale prevede che "..le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obbiettive riguardanti l'inserimento sociale; la revoca...non può essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo...ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica", suscita dubbi di legittimità costituzionale in relazione all'art. 3 della Costituzione che vieta al legislatore di trattare in modo uguale situazioni diverse imponendo, altresì, la ragionevolezza delle scelte legislative.

Più in particolare, il sig. Lila, richiamando l'ordinanza del Tar Puglia, Sez. I, 31.3.2003 n. 251, sostiene la violazione del principio di uguaglianza nella misura in cui l'art. 1, comma 8, lett. a) della legge n. 222/2002, precludendo la possibilità di attribuire rilievo all'esistenza di circostanze obbiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale dello straniero, equipara semplicisticamente la posizione dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perché ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomuriitario che si sia semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato oltre il termine di 15 giorni fissato nell'intimazione o, sia entrato clandestinamente nel territorio italiano privo di valido documento di identità, non commettendo reati e senza rendersi in alcun modo pericoloso per la sicurezza pubblica.

In effetti, il richiamato art. 1, comma 8, lett. a) pare integrare di fatto un'ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che sono stati destinatari, seppure con differenti modalità, di un provvedimento di espulsione fondato sul medesimo motivo consistente nell'ingresso e soggiorno clandestino in Italia. Nella fattispecie, il ricorrente è stato espulso con accompagnamento alla frontiera per essere entrato ed avere soggiornato clandestinamente nel territorio dello Stato non avendo adempiuto spontaneamente all'intimazione contenuta nel provvedimento di espulsione; la situazione soggettiva del sig. Lila pertanto, non può considerarsi diversa da quella del lavoratore che, destinatario di un provvedimento di espulsione, è riuscito a presentare domanda di regolarizzazione "evitando" i controlli dell'autorità di P.S..

Ne consegue che escludere per legge dalla regolarizzazione i cittadini comunitari che si trovano nella condizione del ricorrente, senza rendersi in alcun modo pericolosi per la sicurezza pubblica e senza riportare condanne penali, e non invece coloro che, pur avendo subito un provvedimento di espulsione per i medesimi motivi, non sono stati accompagnati coattivamente alla frontiera sostanzialmente per mere circostanze casuali, appare lesivo del principio della parità di trattamento contenuto nell'art 3 della Costituzione.

4. La sollevata questione di legittimità costituzionale appare quindi rilevante e non manifestamente infondata in quanto, gli atti impugnati - la cui esecuzione costituisce un gravissimo pregiudizio delle posizioni giuridiche del ricorrente - costituiscono mera applicazione della richiamata fonte normativa. In altre parole, ad avviso di questo giudice, il presente ricorso non può essere deciso indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimità costituzionale, dal momento che l'impugnativa dovrà essere accolta o respinta a seconda che la disposizione di cui alla legge n. 222/2002 sarà o meno dichiarata incostituzionale

P.Q.M.

il giudice onorario del tribunale di Pisa, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale, accoglie l'istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, ordina la sospensione del presente giudizio con il ricorso indicato in epigrafe e deferisce alla Corte costituzionale la definizione della costituzionalità in parte qua, dell'art. 1, della legge 9 ottobre 2002 n. 222 in relazione all'art. 3 della Carta costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della camera dei deputati e del senato della Repubblica.