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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Firenze, ordinanza del 25 agosto 2003

 
est. Monteverde
 

Nel procedimento civile speciale promosso da [...] contro il prefetto di Firenze.

Letto il ricorso proposto e depositato in data 7.8.03, dall'avv. [...] per conto della cittadina albanese [...] nel procedimento sovrarubricato, per conseguire l'annullamento del decreto di espulsione del prefetto della provincia di Firenze in data 4.8.03; [...]

considerato

- che la ricorrente ha impugnato con il ricorso il decreto di espulsione del prefetto della provincia di Firenze in data 4.8.03 in considerazione di un'articolata serie di motivi, fra i quali la configurabilità, in capo ad essa, dei presupposti e condizioni relative alla posizione dei soggetti considerati dall'art. 19 d.lgs. 286/1998;

- che il predetto motivo riveste, se fondato, carattere assorbente, in grado di definire di per sé il presente procedimento, talché appare necessario esaminare segnatamente quanto dedotto al riguardo dalle parti;

ritenuto

- dagli atti acquisiti emerge una fitta rete di elementi che convergono nella direzione della fondatezza dell'assunto della ricorrente in ordine alla grave minaccia alla vita ed all'incolumità subita;

- [...] occorre anche osservare che l'associazione criminale di cui parla l'art. 18 del d.lgs cit. non può coincidere con il delitto di associazione a delinquere accertato con sentenza penale di condanna, essendo, implicitamente ma con chiarissima disposizione, previsto che il relativo procedimento di riconoscimento si svolga anche in fase di indagine preliminare o anche indipendentemente da essa, a cura del questore;

- [...], dunque, si trova in una delle situazioni prese in considerazione dagli artt. 18 e 19 d.lgs 286/98, essendo state accertate, con sentenza penale di condanna in giudicato, da una parte situazioni di violenza e di grave sfruttamento ed essendo emersi concreti pericoli per la sua incolumità per effetto dei suoi tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un associazione (nell'ampio senso indicato) dedita allo sfruttamento della prostituzione, dall'altra ben potendo essere oggetto di persecuzione in Albania per motivi fondati sulle sue condizioni personali e sociali;

- è necessario a questo punto rilevare che non risulta che sia mai stato dato corso al procedimento previsto dal citato art. 18 del T.U. sull'immigrazione per l'adozione di misure di protezione sociale dell'odierna ricorrente;

- tale circostanza è peraltro da ritenere non influente sul caso in esame, non essendo in discussione in questa sede un sindacato nei confronti dei soggetti ai quali l'art. 18 cit. affida il promovimento del procedimento e l'adozione delle misure previste per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti delle organizzazioni criminali;

- di contro rileva, invece, il fatto oggettivo dell'assenza di provvedimenti connessi alla condizione personale della [...], in dipendenza della denuncia da lei faticosamente sporta e, quindi, dell'oggettiva mancata presa in considerazione della situazione di pericolo consequenziale, da ciò derivando che la mancata attivazione del detto procedimento è caratterizzata da un valore assolutamente neutro del significato del mancato esame, che non può avere alcuna negativa influenza nel presente diverso procedimento giurisdizionale di opposizione al decreto prefettizio di espulsione dello straniero, nel quale è stata invocata la salvaguardia prevista dall'art. 19 del T.U. a tutela dei diritti essenziali della persona e, in primis, della vita, in considerazione di persecuzioni correlate alle condizioni personali e sociali del soggetto;

- non si ritiene ovviamente che il congegno procedimentale previsto dall'art. 18, basato sui poteri discrezionali attribuito agli organi ivi indicati, possa essere in questa sede riattivato ed il beneficio incolto concesso all'avente diritto: si ritiene invece che l'attuale ricorrenza, totale o parziale, delle condizioni previste dall'art. 18 ben possa essere presa in considerazione ai fini dell'accertamento richiesto e versata a compendiare lo specifico oggetto della persecuzione di cui al successivo art. 19 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero quando, come nel caso in esame, venga richiesta al giudice la tutela del più importante dei diritti: quello alla vita;

- non sembra dubbio, infatti, che fra le ipotesi enumerate dall'art. 19 d.lgs 286/98 ben possa essere ricompresa quella dello straniero che sia fatto oggetto di persecuzione nel territorio dello Stato verso cui viene espulso per motivi fondati su condizioni personali e sociali, come quelle che si delineano in capo all'odierna ricorrente: il trovarsi contro la propria volontà assoggettata a condizioni di violenza e di grave sfruttamento, a concreti pericoli per la propria incolumità (e quella della propria famiglia) a causa delle vendette cui si espone inesorabilmente chi tenti di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione criminale o di un gruppo di criminali, soltanto torcendo e viziando i nomi delle cose e la realtà non costituiscono una vera e propria persecuzione fondata su motivi attinenti alle condizioni personali e sociali del soggetto interessato;

- la situazione di una giovane donna straniera, costretta a prostituirsi, violentata e minacciata nella sua vita e nei suoi affetti in patria per la legittima denuncia che abbia fatto del suo sfruttamento e dei suoi sfruttatori e per il tentativo di recidere tali mortali legami, integra le condizioni personali e sociali che determinano la sua persecuzione, facendola rientrare tra i soggetti beneficiari della misura di cui all'art. 19, 1° comma T.U. cit.;

- è in questo - e non in altro - quadro che deve essere visto il rientro della donna in Italia dopo le quattro precedenti espulsioni ed il suo successivo abbandono della prostituzione con l'inizio di un'attività lavorativa alle dipendenze di una famiglia che ha chiesto la sua regolarizzazione, così come il suo più recente rientro (evidentemente molto breve) in Albania per ottenere il passaporto, che si deve presumere avvenuto in data 20.9.2002, dove l'accollo del rischio derivante da tale reingresso ben poteva soggettivamente, e può essere oggi con un giudizio di prognosi postuma, essere ritenuto necessario ed ampiamente compensato dai benefici derivanti dal tentativo di emersione-regolarizzazione intrapreso, pur conclusosi con il rigetto della relativa istanza il 25.7.2003, per il quale era comunque necessario o utile il documento albanese;

- né può ritenersi che la disposizione in discussione operi, come ritenuto dalla resistente prefettura di Firenze, soltanto per i soggetti che tali persecuzioni subiscano non già all'interno del proprio Stato nazionale, bensì ad opera di esso Stato, che si tratti cioè di una "persecuzione statale";

- da una parte la legge, infatti,  non menziona affatto tale ulteriore requisito non previsto e non richiesto, così da non dover essere in questa sede ulteriormente ricercato, dall'altra la disposizione risulta coerente con l'ampio sistema di protezione riconosciuto dalla legge italiana e dalle convenzioni internazionali sui rifugiati (cfr. legge 24 luglio 1954, n. 722 (in Gazz. Uff., 27 agosto, n. 196). - Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951), dove il quid pluris rispetto al diritto d'asilo previsto dall'art. 10 Cost., che considera l'impedimento statale all'esercizio delle libertà democratiche garantite in Italia, è rappresentato per il rifugiato dal "fondato timore di essere perseguitato", da doversi ragionevolmente ritenere esteso nell'art. 19, 1° comma cit., in una sorta di graduazione fra gli strumenti di tutela, anche alle ipotesi in cui la possibilità di essere perseguitati derivi non dallo Stato ma da situazioni estranee al suo volere, quali ad es. la diffusa belligeranza fra un etnia ed un'altra (si rammentino le stragi fra Hutu e Tutzi in Ruanda), ecc.;

- in ogni caso la lettura conforme a Costituzione della disposizione in esame, pretende che si consideri che "Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani" (Corte Costituzionale sentenza n. 105 del 2001), talché l'art. 19, 1° comma finirebbe per risultare del tutto pleonastico se da esso si ricavasse un'interpretazione restrittiva che lo appiattisse sugli altri istituti esistenti nell'ordinamento italiano che già garantiscono la protezione degli stranieri, conferendo loro particolari status, contro le privazioni di libertà o persecuzioni perpetrate dagli Stati, un'interpretazione sostanzialmente abrogans;

- su questo punto, peraltro, il Supremo Collegio di legittimità si è già pronunziato, manifestando un netto orientamento nell'affermare che "...il riconoscimento dello status [di rifugiato] ...tuttora si consegue attraverso la procedura di cui all'art. 1 comma 5 del d.l. 416/89 conv. in l. 28.2.90 n. 39 (norma non abrogata dall'art. 47 del d.lgs. 286/98, che, alla lett. E ha invece abrogato gli artt. 2 e seguenti del citato d.l.). ... Altro è, di contro, l'istituto del divieto di respingimento od espulsione (art. 19 d.lgs. 286/98) in base al quale in nessun caso l'espulso può essere inviato in uno Stato nel quale egli può patire persecuzioni: si tratta di una misura di protezione umanitaria ed a carattere negativo che non conferisce, di per sé, al beneficiario alcun titolo di soggiorno in Italia ma solo il diritto a non vedersi reimmesso in un contesto di elevato rischio personale. E sarà il Giudice a valutare in concreto la sussistenza delle  allegate condizioni ostative alla espulsione od al respingimento" (Cass. sent. 5055 del 2002 sezione 1), principio in cui la personalizzazione stessa dell'accertamento per il riconoscimento della misura appare fortemente esaltata;

- d'altra parte, in ordine alla qualificazione delle posizioni soggettive rilevanti degli stranieri sul territorio nazionale, "E' noto che il T.U. sulla disciplina dell'immigrazione e sulla condizione giuridica dello straniero approvato con d.lgs. 286/98 ha inteso escludere l'esercizio dei poteri di respingimento ed espulsione degli stranieri che versino nelle condizioni... previste dalle disposizioni vigenti che disciplinano il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari" ..., in nessun caso essendo consentita una misura che importi il rinvio del respinto o dell'espulso verso uno Stato che lo esponga a persecuzione in ragione delle sue condizioni personali e delle sue idee (art. 19 comma 1 T.U.) (Cass. sent. 5055 del 2002 sezione 1);

- inoltre "La qualifica di rifugiato politico, ... che garantisce ad ogni rifugiato il libero e facile accesso ai tribunali nel territorio degli stati contraenti, ... costituisce ... uno status, un diritto soggettivo, con la conseguenza che tutti i provvedimenti, assunti dagli organi competenti in materia, hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, per cui le controversie riguardanti il riconoscimento del diritto di asilo o la posizione di rifugiato rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria" (Cass. sent. 907 del 1999 S.U.), talché, riassuntivamente, per un verso non può dubitarsi che, in linea generale, in presenza dell'invocazione di diritti di tale rango, il giudice ordinario ben possa jusdicere, sollecitato dalla relativa eccezione del ricorrente, qualora i provvedimenti dell'autorità amministrativa abbiano vanificato o non considerato la portata della sua posizione soggettiva, per altro verso che mentre l'art. 10 della Costituzione e la procedura di cui all'art. 1 comma 5 del d.l. 416/89 conv. in l. 28.2.90 n. 39, in relazione alla Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati del 28 luglio 1951, conferiscono ai beneficiari un particolare status, l'art. 19 T.U. sull'immigrazione conferisce esclusivamente "il diritto a non vedersi reimmesso in un contesto di elevato rischio personale" (Corte costituzionale, ordinanza n. 146 del 2002), pur senza conferire alcuno status particolare allo straniero, per un terzo verso, risulta necessario e sufficiente per lo straniero "che uno Stato ... lo esponga a persecuzione in ragione delle sue condizioni personali", non già che lo perseguiti direttamente;

- infine, sottoposto al vaglio di legittimità costituzionale l'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui stabilisce che il prefetto, una volta accertata l'esistenza dei presupposti di legge, deve necessariamente disporre l'espulsione dello straniero, la Corte costituzionale rilevava che tale "automatismo espulsivo altro non é che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l'intera disciplina dell'immigrazione e che costituisce anche per gli stranieri presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell'autorità amministrativa; che le ragioni umanitarie e solidaristiche che ad avviso del remittente dovrebbero guidare la scelta dell'autorità amministrativa non sono ignote al decreto legislativo n. 286 del 1998: questo, nel prevedere, all'art. 19, svariate ipotesi di divieto di espulsione dello straniero, soddisfa l'esigenza che siano tutelate particolari "situazioni personali" senza tuttavia abdicare al principio di legalità, il quale soltanto può assicurare un ordinato flusso migratorio" (Corte costituzionale, ordinanza n. 146 del 2002), cosicché, deve ritenersi, nel caso specifico previsto dall'art. 19, 1° comma T.U., la sussistenza in concreto delle allegate condizioni ostative alla espulsione od al respingimento dovranno essere considerate e valutate dall'autorità amministrativa e, ove necessario, a seguito di ricorso dell'espulso, riconsiderate e se del caso affermate dal giudice;

- la norma giuridica costituzionalmente orientata ricavabile dalla disposizione di cui all'art. 19, 1° comma cit., conferendo allo straniero il diritto a non vedersi reimmesso in un contesto di elevato rischio personale (Corte costituzionale, ordinanza n. 146 del 2002), è senza dubbio attributiva di un diritto soggettivo e contiene un precetto negativo, il divieto di espulsione e di respingimento, rivolto a qualunque autorità statale, amministrativa o, in fase di ricorso giurisdizionale, giudiziaria;

- il decreto di espulsione del prefetto della provincia di Firenze in data 4.8.03 della cittadina albanese [...] ha completamente ignorato la situazione relativa alla sua condizione di soggetto avente diritto alla misura di protezione umanitaria a carattere negativo prevista dall'art. 19 T.U. sull'immigrazione, ben potendo e dovendo al contrario esprimere una valutazione, ancorché in ipotesi negativa, sulla ricorrenza delle condizioni ivi previste, come dimostrato dalla copiosa e tempestiva produzione di documenti in possesso dell'autorità amministrativa al riguardo, esaminati e richiamati nel corso del presente procedimento;

- conclusivamente, in punto di fatto l'esame degli atti acquisiti al procedimento, conformemente ai principi enunciati dalla Corte costituzionale, consente di ritenere per certo che [...] in Albania possa esser oggetto di persecuzione per motivi fondati sulle sue condizioni personali e sociali, correlate alla coraggiosa denuncia dello stato di sfruttamento da parte di un uomo e di un'organizzazione criminale e per essere riuscita, dopo molte giustificate titubanze, ad ottenere la condanna di chi l'aveva indotta a venire in Italia, con la promessa di farla lavorare come cameriera e l'aveva invece costretta con la violenza e la minaccia a prostituirsi;

- dovrà pertanto essere accolto il ricorso ed annullato il decreto prefettizio di espulsione di [...].

P.Q.M.

visti gli artt. 13, c. 8, 19 c. 1 d.lgs n. 286/1998, 737 e ss. c.p.c. accoglie il ricorso e per l'effetto annulla il decreto di espulsione di [...] del prefetto della provincia di Firenze in data 4.8.03 trattandosi di straniera nei cui confronti ai sensi dell'art. 19 comma 1° del d.lgs.25.7.1998 n. 286 non può disporsi l'espulsione o il respingimento verso l'Albania, Stato in cui può essere oggetto di persecuzione per motivi fondati sulle sue condizioni personali e sociali.