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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Torino, ordinanza del 24 luglio 2003

 
est. Gottero
 

Il giudice a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 22.7.2003 costituente, per i motivi indicati nel verbale di causa, un rinvio dell'udienza già fissata in data 16.7.2003; visto il ricorso ex art. 30 d.lgs 286/1998 nell'interesse del sig. [...] (Marocco) [...] avverso il provvedimento di rigetto del permesso di soggiorno per coesione familiare emesso dal Questore della Provincia di Torino in data 14.4.2003 e notificato in data 23.6.2003; rilevato che la parte ricorrente eccepisce che tale provvedimento è viziato per violazione di legge, ingiustizia manifesta ed eccesso di potere; visti gli atti e le difese delle parti; rilevato infine, che come nei suoi poteri, all'udienza del 16.7.2003, il giudice ha potuto ascoltare l'interessato, la moglie sig.ra [...] e altre persone informate sul fatti ed indicate nel verbale di causa.

osserva

Il caso di specie pone all'attenzione di questo giudice una serie di problematiche di non facile risoluzione. Si tratta, infatti, di decidere sulla legittimità di un provvedimento questorile contenente il rilascio di un'istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare fondato sul motivo dell'accertamento, da parte della pubblica amministrazione, dell'insussistenza del requisito della convivenza dell'istante con il coniuge di nazionalità italiana.

Al fine di sgombrare il campo da possibili sviamenti dell'indagine occorre preliminarmente dare brevemente conto della metodologia utilizzata per pervenire alla decisione della causa. In primo luogo è opportuno sottolineare fin da subito che il procedimento predisposto dall'art. 30 d.lgs 286/1998 è (alla stessa stregua di quello predisposto dall'art. 13 comma 8 d.lgs 286/1998) un giudizio sulla legittimità di un atto amministrativo nel quale le considerazioni di merito entrano solamente alla stregua di elementi liberamente valutabili. Questa premessa vale quindi ad eliminare il primo dubbio interpretativo legato al caso di specie: la concentrazione dell'indagine verterà sulle modalità con le quali la pubblica amministrazione ha accertato l'insussistenza della convivenza In capo allo straniero e non, come potrebbe sembrare, su di un accertamento istruttorio sull'effettività della stessa. Ciò per due ragioni.

In prima battuta, per il motivo che non si riesce a comprendere come, in un procedimento caratterizzato da esigenze di rapidità e concentrazione, il giudice possa giungere ad un accertamento effettivo del fatto della convivenza senza dare ampliamento ad una fase istruttoria che, al contrario, in genere è limitata (proprio per le succitate esigenze di rapidità e concentrazione) all'audizione (preferibilmente in un'unica udienza) di persone eventualmente informate sui fatti ed al vaglio della documentazione prodotta.

In secondo luogo perché nel caso di specie, il fatto della convivenza entra in causa non come elemento che la parte ricorrente deve dimostrare, bensì alla stregua di una presunzione in suo favore che avrà, come ultimo effetto, un'inversione dell'onere probatorio (secondo le regole generali del giudizio civile in presenza di una presunzione).

Secondo l'art. 2729 c.c., infatti, i giudice può, secondo la sua prudenza, ammettere presunzioni che non siano stabilite dalla legge, a patto che esse siano gravi, precise e concordanti. In questo senso, posto che la previsione normativa dell'art. 143 c.c. dei doveri coniugali sancisce espressamente gli obblighi di fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell'interesse della famiglia, coabitazione e contribuzione ai bisogni familiari e posto che, dal complesso normativo regolante il matrimonio, emerge che l'ordinamento si preoccupa di dare effettività all'obbligo di coabitazione sanzionandone l'inottemperanza (art. 146 c.c.), non si vedono i motivi per i quali il giudice, in presenza di un matrimonio accertato giudizialmente (come nel caso di specie), non possa ritenere che lo stesso sia presuntivamente caratterizzato dal requisito della convivenza.

In tal modo, alla parte ricorrente non sarà chiesto altro se non di dare dimostrazione dell'effettività della celebrazione del matrimonio, mentre la pubblica amministrazione dovrà superare la presunzione di convivenza attraverso la presentazione in udienza di adeguate prove della sua insussistenza. Una soluzione diversa, consistente nel ritenere esistente la presunzione di convivenza tra persone regolarmente soggiornanti sul territorio dello Stato e nel considerarla insussistente nel caso di matrimonio di uno straniero irregolare (per il motivo che, presumibilmente, il matrimonio potrebbe costituire il mezzo per eludere le regole sul soggiorno in Italia), sarebbe apertamente violativa dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza e, per l'effetto, non accoglibile nel nostro ordinamento giuridico. Una volta compiute queste debite premesse, questo giudice può quindi pervenire alla soluzione del caso prospettato nel quale, per i motivi sopra specificati, l'indagine si svilupperà su due piani correlati: l'idoneità della prova della non convivenza e la legittimità (anche alla luce dei principi fissati dalla l. 241/90 sul procedimento amministrativo) dell'atto di rigetto del permesso di soggiorno.

Dal primo punto di vista occorre dire che la pubblica amministrazione ha preteso di dimostrare l'insussistenza della convivenza attraverso la presentazione in udienza di una semplice relazione di servizio a firma del Corpo di polizia municipale del Comune di Torino, in cui altro non si dimostra se non che, nel momento in cui è avvenuto l'accertamento, non si è riscontrata la presenza dell'interessato nell'abitazione indicata. A parere di questo giudice, una prassi di questo tipo (che, è bene ricordarlo, vale per tutti i casi simili al presente) corre il serio rischio di legittimare una lesione dei diritti dell'interessato, per il motivo che nulla dimostra in ordine alle ragioni per le quali lo stesso non si trovasse in casa al momento dell'accertamento. Se poi si considera che il ricorrente ha preso ripetuti contatti con l'amministrazione al fine di sollecitare il controllo presso la sua abitazione (ed ha quindi instaurato un rapporto diretto con la stessa, fornendo un indizio di una precisa volontà di collaborazione) si può notare come la valenza probatoria di tali verbali di polizia si svilisca al punto di concretarsi in un mero elemento indiziario non idoneo (secondo le regole generali in tema di onere della prova nel giudizio civile) a superare la presunzione di convivenza.

Tale scarsità delle risultanze istruttorie a favore della pubblica amministrazione avrebbe meritato di essere compensata attraverso la presentazione di una documentazione idonea, oppure tramite la presentazione in udienza dei funzionari di polizia che hanno compiuto l'accertamento o anche solo di un rappresentante della pubblica amministrazione delegato ad essere presente all'udienza, ma nessuna di tali attività è stata compiuta.

Tutto ciò assume una valenza ancora maggiore alla luce del principi che, secondo la l. 241/1990, devono caratterizzare il procedimento amministrativo, tra i quali, nel caso di specie, spicca quello della trasparenza (che trascina con sé l'obbligo di dare adeguata motivazione al provvedimento amministrativo - art. 3 - e quello di far accedere il destinatario del provvedimento ai documenti amministrativi capo III artt. 7-13.

A parere di questo giudice, nel caso dl specie, tali attività sono state deficitarie, dal momento che nel provvedimento impugnato e notificato al ricorrente, si fa solo un generico riferimento all'insussistenza della convivenza sulla base di risultanze istruttorie (i verbali attestanti gli accertamenti compiuti dalla Polizia municipale) che mai sono stati visionate, in corso di procedimento, da parte dell'interessato. Il provvedimento impugnato appare quindi illegittimo per violazione di legge.

P.Q.M.

Il Giudice, accoglie il ricorso proposto dalla sig. [...] (Marocco) [...] avverso il provvedimento di rigetto del permesso di soggiorno per coesione familiare emesso dal questore della Provincia di Torino in data 14.4.2003 e notificato in data 23.6.2003 e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Compensa tra le parti le spese di lite.