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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Torino, ordinanza del 28 luglio 2003

 
est. Dughetti
 

Visto il ricorso nell'interesse di [...], avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Torino in data 30.6.2003 e avverso l'ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato nel termine di giorni cinque;

Visti gli atti e la memoria difensiva della Questura di Torino, Ufficio Immigrazione;

Preso atto che il ricorrente si duole del provvedimento di espulsione, censurandolo per violazione di legge ed eccesso di potere.

Invero lo straniero inoltrava domanda di regolarizzazione a norma del d.l. 195/02; in data 30.6.2003 il ricorrente si presentava presso lo sportello polifunzionale della Prefettura, essendo stato convocato per la stipula del contratto di soggiorno e del contestuale rilascio del permesso di soggiorno; in tale occasione gli veniva peraltro notificato il decreto di espulsione, motivato dall'omessa richiesta del permesso di soggiorno nel termine di gg. otto, nonché ordine di lasciare il territorio nazionale nei successivi giorni cinque. Nel caso di specie quindi, nella prospettazione del ricorrente, la presentazione della domanda di regolarizzazione, costituiva una rimessione in termini e quindi le pregresse violazioni non potevano più essere contestate. In caso di esito negativo dell'istanza trovava quindi applicazione l'art. 12 del regolamento di attuazione. Rilevava ancora che il provvedimento di espulsione era affetto da illegittimità derivata dal rigetto dell'istanza di emersione, posto che l'amministrazione nella trattazione dell'istanza di regolarizzazione, non aveva tenuto delle disposizioni di applicazione degli accordi di Schengen.

Ritenuto, con riguardo al primo motivo di impugnazione, gli argomenti svolti dal ricorrente non appaiono pienamente condivisibili. In realtà sulla scorta di quanto emergeva anche dalle dichiarazioni rese, il ricorrente è stato espulso per la sussistenza di quella condizione originaria di irregolarità che la sanatoria non è riuscita a superare. Non pare corretto ritenere che l'amministrazione avrebbe dovuto contestare il diniego di regolarizzazione quale motivo di espulsione, nonché il fatto che l'avvio della procedura sani la pregressa irregolarità, consentendo una sorta di rimessione in termini.

Invero lo straniero era in una condizione di irregolarità, per le ragioni espresse nel provvedimento di espulsione, condizione non superata per il solo per il fatto di avere avviato la procedura di regolarizzazione e che semmai costituivano il presupposto per accedere alla procedura. In merito appaiono condivisibili le considerazioni svolte dall'amministrazione anche con riguardo all'autonomia del procedimento di regolarizzazione, la cui eccezionalità e transitorietà non comporta deroghe in ordine ai principi posti dalla normativa sostanziale di cui al d.lgs. 286/98; l'esito positivo del procedimento influisce sulla condizione di clandestinità rimovendola, ma la sola presentazione del ricorso non determina alcuna inapplicabilità o deroga delle norme in materia di espulsione.

Opinando nel senso invocato dal ricorrente il Prefetto avrebbe dovuto espellere il Levano, per il mancato accoglimento della sanatoria, fattispecie non contemplata dalla legge, ma che comunque nel corpo del decreto viene richiamata.

Del pari non condivisibili appaiono altresì le argomentazioni svolte in punto illegittimità derivata del decreto di espulsione, adottato in conseguenza dell'avvenuto diniego dell'istanza di regolarizzazione; di conseguenza l'eventuale illegittimità del presupposto provvedimento di rigetto, impugnato dinanzi al Tar non potrà che travolgere anche il decreto di espulsione. In realtà la connessione tra i due provvedimenti potrebbe astrattamente legittimare esclusivamente una sospensione ex art. 295 c.p.c. del procedimento, in attesa della definizione del ricorso amministrativo già avviato, sebbene occorra verificare se sussista un rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi.

Invero il decreto di espulsione, pur derivando sostanzialmente dal mancato accoglimento dell'istanza di regolarizzazione, costituisce un atto vincolato, connesso alla pregressa condizione di clandestinità dello straniero; nessun potere di valutazione è riconosciuto al giudice dell'opposizione in ordine al rigetto della domanda di regolarizzazione, anche ai limitati fini di attuare la sua invocata disapplicazione, posto che il provvedimento impugnato e quindi sottoposto all'esame del giudice, è solo l'espulsione e risulta già pendente un giudizio sulla legittimità del diniego dinanzi al giudice amministrativo, circostanza che esclude la correttezza di valutazioni incidentali anche in nome del rispetto della giurisdizione amministrativa.

A ben vedere peraltro non sussiste peraltro alcuna pregiudizialità tra il decreto del Prefetto e il giudizio dinanzi al Tar, tale da comportare anche l'eventuale sospensione ex art. 295 c.p.c.; invero l'esito di quel giudizio e quindi l'eventuale annullamento del provvedimento del rigetto, non costituisce decisione tale da incidere automaticamente sull'odierno giudizio; l'eventuale annullamento del diniego potrà eventualmente consentire al ricorrente di presentare nuova istanza di sanatoria, ma non elide la condizione di irregolarità dello stesso.

Occorre infine rilevare che al ricorrente è stato ordinato di lasciare il territorio nazionale nel termine di cinque gg.; ora in merito ritiene il giudice che ragioni di giustizia sostanziale consentano di applicare nel caso di specie la previsione di cui all'art. 12 d.p.r. 394/99 e quindi la concessione allo straniero del termine di 15 gg. Per presentarsi al posto di frontiera e lasciare volontariamente lo Stato. Appare rilevante in merito osservare che lo straniero che presenta istanza di sanatoria, è in condizioni di sicuro e provato inserimento nel tessuto sociale, prestando attività lavorativa alle dipendenze di imprese o semplici privati che denunciano l'esistenza di un rapporto lavorativo; tale situazione e il conseguente radicamento e inserimento dello straniero nel tessuto sociale, rendono ingiustamente gravatorio l'abbandono dello Stato con le modalità di cui all'art. 14 co. 5 bis d.lgs 286/98 e comporta la necessità di equiparare, per il profilo attuattivo, tale posizione a quella di coloro che si vedono respingere la richiesta di permesso di soggiorno. In tal caso l'espulsione deve essere accompagnata dall'intimazione di cui all'art. 12 co. 2 d.p.r. 394/99, in modo da consentire allo straniero il tempo necessario di preparare il rientro, senza incorrere nell'ipotesi delittuosa connessa alla mancata osservanza del termine, omissione che nel caso di specie potrebbe essere necessitata (senza essere quindi sorretta dall'intenzione) dalle intuibili difficoltà di affrontare e gestire in un tempo così breve, un rientro definitivo.

P.Q.M.

A parziale accoglimento del ricorso nell'interesse di [...], annulla l'ordine del questore di data 30.6.2003. Conferma i restanti provvedimenti pronunciati dall'amministrazione.