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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Firenze, decreto del 12 gennaio 2004

 
est. Pezzutti
 

Nella causa iscritta nel ruolo generale nell'anno 2003 al numero 3573, tra  [...] e prefetto del provincia di Firenze [...].

Le argomentazioni del ricorrente.

1. [...], cittadino albanese, con ricorso depositato il 31 ottobre 2003, ha chiesto l'annullamento del decreto di espulsione emesso il 4 agosto 2003 dal prefetto della provincia di Firenze, previa disapplicazione del decreto di rigetto dell'istanza di regolarizzazione presentata dal suo datare di lavoro, Riccardo Bandini.

2. A sostegno della domanda il ricorrente ha dedotto che "in data 4.8.03 alcuni agenti di polizia si sono presentati, alle ore 7:20 circa di mattina, sul luogo di lavoro del ricorrente, lo hanno prelevato e condotto in questura, ove lo stesso è stato edotto del rigetto della regolarizzazione, trattenuto fino al pomeriggio dello stesso giorno - nonostante il tentativo del datore di lavoro di evitare l'espulsione - ed infine rimpatriato!".

3. Arben Bashkimi ha quindi, eccepito di non essere stato ascoltato nel corso del procedimento di convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera. Il ricorrente ha, poi, asserito che non poteva essere espulso, ai sensi del primo comma dell'art. 2 della legge n. 222 del 2002, fino al momento della definizione del provvedimento di regolarizzazione che, in mancanza di provvedimento di regolarizzazione che, in mancanza di comunicazione a se, non poteva ritenersi concluso al momento dell'espulsione. Arben Bashkimi ha, ancora, asserito "la sostanziale equiparazione dell'istanza di sanatoria, per ciò che concerne l'interesse del lavoratore straniero, alla richiesta di permesso di soggiorno" e, quindi, la necessità che l'espulsione fosse attuata tramite intimazione all'allontanamento dal territorio dello Stato e non per mezzo dell'accompagnamento forzato.

4. Il ricorrente, infine, dopo aver segnalato le ragioni di illegittimità del provvedimento di rigetto dell'istanza di regolarizzazione e aver chiesto la sua disapplicazione, ha eccepito, anche, la mancata comunicazione da parte dell'amministrazione della "comunicazione di avvio del procedimento negativo, ai sensi della legge 241/90" e la consequenziale illegittimità del provvedimento.

Le difese dell'amministrazione convenuta.

5. Il prefetto della provincia di Firenze, nelle persona del funzionario delegato ai sensi del secondo comma dell'art. 13 bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, si e costituito in giudizio e ha dedotto che il procedimento di convalida era stato regolarmente effettuato e che esso non prevedeva l'audizione dell'interessato.

6. Il prefetto ha, quindi, evidenziato che il procedimento di regolarizzazione era "stato correttamente emanato (23.7.03) prima del suddetto decreto di espulsione (4.8.03)". L'autorità amministrativa ha, ancora, sottolineato la non assimilabilità della domanda di emersione - legalizzazione con quella di permesso di soggiorno e la legittimità del provvedimento di rigetto dell'istanza di regolarizzazione.

Il contraddittorio nel procedimento di convalida.

7. Oggetto del presente giudizio è la legittimità del provvedimento di espulsione assunto dal prefetto della provincia di Firenze il 4 agosto 2003. Di nessun rilievo sono, pertanto, le questioni relative al provvedimento con il quale è stato disposto l'accompagnamento immediato dello straniero alla frontiera. Le modalità di convalida del medesimo, dettate dal comma 5 bis dell'art. 13 del decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286, non condizionano la legittimità del provvedimento di espulsione. Oggetto, quindi, del giudizio di convalida è esclusivamente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento dello straniero alla frontiera.

8. In ogni caso l'illegittimità del procedimento di convalida non investe il provvedimento di espulsione, ma solo la modalità con il quale il medesimo è stato attuato o, comunque, quella parte di esso in cui è previsto l'accompagnamento immediato alla frontiera.

Il perfezionamento del procedimento di regolarizzazione.

9. Ritiene il giudicante che al momento della comminazione del provvedimento di espulsione a carico del ricorrente, il 4 agosto 2003, la procedura di regolarizzazione fosse conclusa con l'adozione, avvenuta il 23 luglio 2003, del provvedimento di rigetto dell'istanza. Tale provvedimento non doveva essere comunicato direttamente al lavoratore non essendo egli parte del procedimento. Diversamente il provvedimento doveva essere comunicato al datare di lavoro e ciò è regolarmente accaduto, anche prima della notifica al lavoratore del decreto di espulsione.

10. Dalla documentazione prodotta dall'amministrazione convenuta risulta, infatti, che il rigetto della domanda "di emersione e regolarizzazione" è stato notificato a [...], datore di lavoro istante, il 4 agosto 2003 alle ore 9.30, mentre il decreto di espulsione è stato notificato a [...] lo stesso 4 agosto 2003 alle ore 14.00. Anche qualora ciò non fosse accaduto l'unico a potersi lamentare, nelle apposite sedi, poteva essere il datore di lavoro e non certo il cittadino straniero.

Il rigetto dell'istanza di regolarizzazione.

11. Ritiene il giudicante che non sia possibile per il giudice ordinario sindacare, sia in sede di convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, sia in sede di impugnazione del decreto di espulsione, la legittimità sostanziale del provvedimento con il quale l'autorità amministrativa ha rigettato la domanda di regolarizzazione. Deve ritenersi inammissibile anche la semplice valutazione del rigetto dell'istanza di regolarizzazione ai fini di una sua disapplicazione.

12. L'art. 5 della 20 marzo 1865 n. 2248 all. E stabilisce che il giudice ordinario deve applicare gli atti amministrativi solo in quanto siano conformi alla legge. Ciò comporta che il giudice deve conoscere, in via solo incidentale, della legittimità degli atti amministrativi che è chiamato ad applicare.

13. Tale regola non comporta, tuttavia, la possibilità per il privato di affermare l'illegittimità di un atto amministrativo, per se stesso, lesivo dei suoi interessi legittimi, al fine di sottrarsi agli effetti di esso incidenti sul proprio diritto soggettivo. Se, infatti, fosse vero il contrario il giudice ordinario verrebbe a conoscere dell'atto amministrativo, non solo incidentalmente, ma principaliter. In tali casi, infatti, l'illegittimità dell'atto amministrativo costituisce la causa petendi della pretesa del soggetto e non rappresenta un elemento estraneo al giudizio.

14. Nel caso in esame ricorre la situazione da ultimo indicata. La pretesa del ricorrente sarebbe specificamente diretta a contrastare la legittimità dell'istanza di regolarizzazione, che non verrebbe solo incidentalmente valutata ma sarebbe del tutto inapplicabile.

15. Spetta, quindi, al giudice amministrativo, innanzi al quale venga eventualmente impugnato il rifiuto dell'istanza di regolarizzazione, e non al tribunale ordinario chiamato a verificare la legittimità dell'atto espulsivo, di valutare il dubbio di legittimità costituzionale sollevato da parte ricorrente (così Cass., 15 aprile 2003, n. 5949).

Conseguenza della mancata regolarizzazione.

16. Nel caso in esame sussistono, pertanto, i requisiti previsti dall'art. 13 del decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286. A seguito dell'accertamento da parte del prefetto della provincia di Firenze dell'esistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno, Arben Bashkimi si trova nelle condizione prevista dall'art. 13 dello stesso decreto legislativo.

17. Il decreto di espulsione dello straniero che non sia in possesso del permesso di soggiorno o non ne abbia chiesto il rinnovo è un atto vincolato secondo la disposizione richiamata, mentre le valutazioni relative all'ordine pubblico, alla integrazione sociale e alle possibilità di lavoro dello straniero attengono al procedimento di concessione o di rinnovo del permesso, il cui controllo è demandato esclusivamente al giudice amministrativo, dinanzi al quale sia stato impugnato il diniego. Ne consegue che l'opposizione al decreto di espulsione davanti al giudice ordinario non può fondarsi su motivi attinenti al mancato rilascio o al mancato rinnovo del permesso di soggiorno (si veda Cass: 5 dicembre 2001 n. 15414).

La legittimità dell'espulsione immediata.

18. Nella disciplina previgente alla legge 30 luglio 2002, n. 189, l'espulsione consisteva in un'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni, salvo specifici casi di accompagnamento alla frontiera ricollegabili, per la stragrande maggioranza, a casi di mancata inottemperanza all'intimazione già disposta.

19. La legge 189 del 2002 ha affermato, invece, il principio generale dell'immediata esecutività del decreto di espulsione "l'espulsione è disposta con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato". Attualmente, quindi, il metodo ordinario di esecuzione dei provvedimenti di espulsione è rappresentato, quindi, dall'accompagnamento dello straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

20. L'espulsione dello straniero è disposta dal prefetto nei casi previsti:

a) dall'articolo 13, comma 2,

b) dall'articolo 5, comma 7 (mancata presentazione entro 60 giorni della dichiarazione della loro presenza dagli stranieri muniti di permesso di soggiorno o di titolo equivalente rilasciato da altro stato della UE),

c) dall'articolo 9, comma 5 (casi particolari per il titolare di carta di soggiorno).

La residua ipotesi dell'espulsione per motivi di ordine pubblico e di sicurezza nazionale è disposta dal Ministro del1'interno.

21. Il secondo comma dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 disciplina l'espulsione disposta dal prefetto ed individua nelle lettere a), b) e c) i presupposti per l'adozione del decreto di espulsione. Il primo presupposto riguarda l'ipotesi che uno straniero sia entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera e non sia stato respinto ai sensi dell'articolo 10 della legge richiamata. Il secondo presupposto è costituito dalla mancata richiesta del permesso di soggiorno entro otto giorni lavorativi nonché dalla permanenza sul territorio nazionale quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullata o è scaduto da oltre sessanta giorni. Il terzo presupposto concerne l'appartenenza ad una delle categorie di persone contro le quali può essere richiesta l'applicazione di misure di prevenzione.

22. Tuttavia, in due casi di espulsione è tuttora prevista l'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni:

a) per lo straniero il cui permesso di soggiorno è scaduto da oltre sessanta giorni e non è stato richiesto il rinnovo e sempre che non sussista pericolo che lo straniero si sottragga all'esecuzione dell'intimazione, nel qual caso è disposto l'accompagnamento (art. 13 quinto comma); .

b) quando non è possibile trattenere lo straniero nei centri di permanenza, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza che sia stata eseguita l'espulsione o il respingimento.

23. Nel caso in esame il prefetto della provincia di Firenze, con il provvedimento del 4 agosto 2003, ha decretato l'espulsione immediata di [...]. Come si rileva dalla sintetica motivazione dell'atto il prefetto ha argomentato la sua decisione sul rilievo che, a seguito del rigetto della domanda di "emersione-legalizzazione" prevista dalla n. 189 del 2002 e della legge 222 del 2002, il cittadino straniero rientrasse in una delle categorie previste dall'art. 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e, quindi, fosse passibile di espulsione immediata. Sebbene il prefetto, nel provvedimento in esame, non abbia richiamato il comma del citato art. 13, occorre ritenere che abbia fatto implicito riferimento al secondo comma e, in particolare, al punto b) del medesimo (come sembra anche dal richiamo all'art. 1 comma 8 della legge n. 222/2002) .

24. La norma in questione prevede, infatti, l'espulsione immediata dello straniero quando lo stesso "si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto dà più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo" .

25. Come si rileva anche dalla comparazione con la fattispecie prevista dal punto a) dello stesso articolo di legge, l'espulsione immediata trova fonte e giustificazione nella situazione di clandestinità dello straniero, nella circostanza che il medesimo abbia inteso occultare la sua presenza.

26. Diversamente il quinto comma dell'art. 13 dello stesso decreto legislativo prevede che, nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione debba contenere l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni.

27. E' evidente la diversa ratio di tale previsione: il venir meno del permesso di soggiorno non può essere equiparato alla mancanza dello stesso dall'origine. Nel primo caso, infatti, il cittadino straniero si è trattenuto, fino a quel momento, nel territorio dello Stato legittimamente e come tale ha svolto legalmente la sua attività, ha mantenuto una fissa dimora, ha adempiuto agli oneri previsti a suo carico dalla legge.

28. Ciò posto ritiene il giudicante che la situazione determinata dal rigetto dell'istanza di regolarizzazione sia assimilabile a quella conseguente alla scadenza del permesso di soggiorno. Anche in tale caso, infatti, lo straniero aveva fino a quel momento un valido titolo di permanenza nel territorio dello Stato.

29. Stabilisce, infatti, il primo comma dell'art. 2 del decreto legge del 9 settembre 2002, n. 195; convertito nella legge 9 ottobre 2002, n. 222, che, fino alla data di conclusione della procedura iniziata con la denuncia dì occupazione di lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, non possono essere adottati provvedimenti dì allontanamento dal territorio nazionale nei confronti dei lavoratori compresi nella dichiarazione in questione.

30. Pertanto occorre anche prendere in considerazione le modalità con le quali l'autorità amministrativa ha provveduto concretamente all'esame delle domande di regolarizzazione. Le stesse, infatti, hanno avuto, con particolare riferimento ai grandi centri urbani, una durata di gran lunga superiore a quella inizialmente prevista dal legislatore, determinando così una prolungata situazione di legittima permanenza sul territorio italiano da parte dei cittadini stranieri in condizione di piena legittimità.

31. Il dirigente dell'ufficio immigrazione presso la questura di Firenze afferma che "non si può ipotizzare una similitudine tra un cittadino straniero che arrivi in Italia attraverso i regolari canali dell'immigrazione e che richieda il rilascio di un permesso di soggiorno per uno dei motivi indicati dalla normativa vigente, ed un cittadino straniero entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera". L'argomentazione non è condivisibile. Non è infatti, parimenti possibile equiparare la posizione di un cittadino straniero che soggiorna nel territorio dello stato da oltre un anno svolgendo una regolare attività lavorativa e che ha denunciato la sua presenza, con quella di chi è entrato illegalmente nel territorio dello stato celando la sua presenza e vivendo di espedienti e che viene sorpreso dalle forze dell'ordine.

32. Le considerazioni su esposte inducono a ritenere che, pur non potendosi in questa sede sindacare il rigetto dell'istanza di regolarizzazione e dovendosi, pertanto, ritenere legittimo il provvedimento di espulsione, lo stesso non poteva essere accompagnato dall'accompagnamento immediato ella frontiera. Ne consegue che il decreto di espulsione emesso il 4 agosto 2003 dal prefetto della provincia di Firenze a carico di [...] va ritenuto illegittimo nella parte in cui è stata disposta l'espulsione immediata dello straniero dal territorio nazionale.

Le spese del procedimento.

33. Con riferimento alle spese del giudizio va rilevato che siamo in presenza di un procedimento in camera di consiglio che, da un lato, presuppone la contrapposizione tra due soggetti e, dall'altro, ha per oggetto l'accertamento di un diritto soggettivo. Ne consegue, pertanto, che vanno regolamentate le spese del procedimento. [...].

P.Q.M.

dichiara l'illegittimità del decreto di espulsione emesso il 4 agosto 2003 dal prefetto della provincia di Firenze nella parte in cui è stato disposto l'immediato accompagnamento dello straniero alla frontiera e dichiara interamente compensale le spese del procedimento.