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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d'Aosta, ricorso del 28 gennaio 2004

 
est. Pazè
 

Procedimento reg. affari civili Procura Repubblica minorenni n 156/04 - Ricorso al tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d'Aosta a mente dell'art. 31, comma 3, d.lgs. 25.7.1988 n. 286 [...].

Il pubblico ministero

vista la segnalazione 17 dicembre 2003 del Servizio sociale della circoscrizione 7 [...] relativa ai minori: [...] figli di [...] e [...];

considerato:

- che i genitori [...], un figlio [...] ultradiciottenne e i sette figli infradiciottenni sopra indicati convivono in un alloggio di edilizia residenziale pubblica di Torino che è stato loro assegnato dopo che una altra figlia era deceduta per il crollo di una struttura del campo nomadi nel corso dell'alluvione del 2001;

- che la famiglia - che ha ormai perso ogni contatto con il paese di origine che era la Bosnia e si è ormai sedentarizzata in Italia (dove tutti figli sono nati ed hanno sempre risieduto) - versa in una condizione di assoluta indigenza, sopravvivendo con il sostegno dei servizi e con la raccolta di elemosine;

- che la questura di Torino, peraltro, per ora non ha rinnovato ai genitori né concesso al figlio [...] il permesso di soggiorno, per cui essi non possono svolgere una attività lavorativa e sono passibili di espulsione;

- che perché i sette figli minori non si vedano privati della relazione primaria con i genitori e con il fratello [...], i quali costituiscono le loro figure di riferimento (relazione che è vitale e che è la sola cosa che questi poveri bambini hanno), e dunque per assicurare un loro regolare sviluppo fisiopsichico nel contesto della propria famiglia, è necessario autorizzare i loro genitori e fratello a rimanere in Italia;

- che il salvare i legami trova fondamento giuridico nei principi di salvaguardia dell'unità familiare introdotti dall'art. 1 della legge 4.5.1983 n. 184 (le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia; le istituzioni devono prevenire l'abbandono e consentire al minore di essere allevato nell'ambito della propria famiglia) e fa parte di quel minimo etico che un tribunale per i minorenni deve garantire sempre, indipendentemente da razza o nazionalità a tutti i minori presenti in Italia (art. 37 bis legge 4 maggio 1983 n. 184);

- che il tribunale per i minorenni perciò deve deliberare ponendosi la questione di quali conseguenze per la salute psicofisica di questi minori potrebbero derivare dalla frattura dei legami realizzata con l'attuazione dell'espulsione dei genitori e del fratello appena maggiore;

- che attesa la evidente negatività di tale possibile espulsione per il benessere dei minori il tribunale per i minorenni ha il potere dovere di autorizzare la permanenza dei genitori e del fratello applicando la nonna dell'art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, che non si riferisce né sotto il profilo letterale né nella intenzionalità del legislatore che l'ha redatta ai soli casi di "eventuali patologie" di un minore da curare in Italia, considerato che lo sviluppo psicofìsico e la salute del minore che si trova nel territorio italiano dipendono soprattutto dalla sua relazione con le figure primarie di accudimento e dal soddisfacimento del suo bisogno di avere i genitori e i familiari con sé;

richiamato

inoltre all'attenzione del tribunale per i minorenni che l'applicazione al caso concreto della norma di cui all'art. 31, comma 3°, d.lgs. n. 286/1998 deve essere orientata secondo i principi del diritto convenzionale e che in particolare:

- l'art. 9, comma 1°, della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che un fanciullo possa essere separato dai suoi genitori contro la loro volontà solo quando questa separazione è necessaria nell'interesse del fanciullo, come quando i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo;

- l'art. 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che "ogni comanda di ricongiungimento familiare deve essere considerata con uno spirito positivo, con umanità e diligenza", e perciò a maggiore ragione con le stesse attitudini va considerata ogni questione che comporti, attraverso la negazione dell'autorizzazione alla permanenza del genitore in Italia, allontanamento (come contrario del ricongiungimento) del genitore dai figli;

- l'art. 3, comma 2°, della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone che in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza dei tribunali "l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente";

considerato

infine che anche altri tribunali per i minorenni (come quelli di Milano, Ancona, Bari, Bologna, a quanto è noto al pubblico ministero ricorrente) nella applicazione della norma indicata seguono orientamenti accoglienti delle persone e protettivi dei diritti dei minori extracomunitari quali quelli proposti con il presente ricorso, orientamenti condivisi anche dalla dottrina (cfr. specificamente, da ultimo, Minorigiustizia, 2002, 3-4, pp. 15-16, e pp. 37-41 );

ritenuto

che sussistono dunque i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico dei bambini per cui si debba autorizzare l'ingresso e la permanenza dei genitori [...] e del fratello [...] affinché rimangano con questi sette bambini in Italia fino al 31 dicembre 2006, a mente dell'art. 31, comma 3, d.lgs. 25.7.1988 n. 286, norma che va correttamente interpretata conformemente alle idee guida del nostro ordinamento del superiore interesse del minore e della salvaguardia dell'unità familiare e ai principi della Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti dell'infanzia;

ricorre

perché il tribunale per i minorenni, procedendo a mente dell'art. 31. comma 3, d.lgs. 25.7.1988 n. 286, autorizzi i genitori [...] e [...] e il loro figlio [...] per il periodo sino al 31 dicembre 2006 a entrare e rimanere in Italia per la assistenza dei minori [...].