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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Udine, sentenza dell'8 gennaio 2004, n. 2

 
est. Benvegnù
 

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 29.10.2002 [...], agendo in nome e per conto del figlio minore [...], quali genitori legali rappresentanti, esponevano che la sig.ra [...], titolare di permesso di soggiorno rilasciato il 19.2.1999 e valido fino al 23.7.2002, il 30.8.1999 aveva presentato alla a.s.s. n. 4, per mezzo di lettera raccomandata a.r. giunta a destinazione il 31.8.1999, il riconoscimento della invalidità civile del figlio allo scopo di ottenere i benefici economici previsti dalla legge in relazione a tale stato; che la commissione medica dell'azienda sanitaria aveva visitato il minore in data 4.7.2000, riconoscendolo invalido al 100% e bisognevole di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; che il 25.11.2000 la questura di Udine aveva ricevuto dal sig. [...], domanda di concessione della carta di soggiorno per lui e la famiglia; che la carta era stata poi rilasciata solo il 7.3.2002; che il 2.8.2001 il prefetto di Udine, negava le provvidenze economiche richieste per il minore, sulla base della considerazione che non vi era prova della titolarità della carta di soggiorno, richiesta dall'art. 41 del d.lgs. 286/98 come modificato dall'art. 80 comma 19 della legge 338/2000; che contro tale decisione era stato proposto ricorso al comitato provinciale dell'Inps che l'aveva respinto l'8.4.2002, ribadendo la necessità della carta di soggiorno; che la domanda di indennità di accompagnamento era stata nuovamente proposta il 22.5.2002 e questa volta la provvidenza era stata riconosciuta a far tempo dall'1.6.2002.

Ciò premesso i ricorrenti deducevano che l'art. 41 del d.lgs.286/98, nella sua formulazione originaria, riconosceva il diritto ai benefici economici previsti per gli invalidi civili agli stranieri in possesso di carta di soggiorno o permesso di soggiorno della durata non inferiore ad un anno, nonché ai minori ivi iscritti; che pertanto il loro figlio [...], aveva certamente diritto ad ottenere la prestazione, avendo proposto domanda ancora il 31.8.1999 ed essendo stato riconosciuto invalido al 100%; che il diritto soggettivo di cui era titolare il minore era sorto, ex art. 5 del d.p.r. 698/94, l'1.9.1999 e cioè il primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda; che il Ministero dell'interno aveva sempre dato per pacifica l' intangibilità dei diritti maturati prima dell'entrata in vigore della legge 388/2000; che era del tutto irrilevante che, nel caso di [...], non vi fosse ancora stato, a quella data, un formale provvedimento di concessione del beneficio, trattandosi di un atto meramente dichiarativo di un diritto già sorto; che [...] aveva presentato la domanda di carta di soggiorno ancora nel 1998; che l'istanza era rimasta ferma in attesa della emanazione del regolamento attuativo della legge; che agli inizi del 2000 gli era stata chiesta della documentazione integrativa; che solo il 25.11.2000 la domanda era stata "formalmente" ricevuta e si era dato corso alla pratica; che questa si era protratta fino al 7.3.2000, quando era avvenuto il definitivo rilascio della carta di soggiorno (ben oltre il termine di 90 giorni previsto dall' art. 17 del d.p.r. 394/99); che la nuova disciplina introdotta dalla legge 388/2000 non regola il caso dello straniero che, vigente la vecchia normativa abbia presentato domanda per ottenere i benefici economici connessi alla invalidità civile essendo titolare del solo permesso di soggiorno, ma avendo anche i requisiti per il rilascio della carta; che il Consiglio di Stato aveva espresso il parere che gli stranieri privi di carta di soggiorno perdono, dopo l'entrata in vigore della nuova legge, il diritto di godere delle provvidenze economiche in questione; e che però al Consiglio di Stato non era stato sottoposto il caso di chi (come il sig. [...]) aveva presentato domanda di carta di soggiorno prima dell'entrata in vigore della legge 388/2000, ottenendola solo in epoca successiva.

Costituendosi in giudizio l'Inps replicava di essere del tutto estraneo ai fatti esposti dai ricorrenti, facendo osservare che la verifica della sussistenza dei requisiti per la provvidenza richiesta era stata effettuata dalla A.s.s. n. 4; che l'indennità di accompagnamento era stata prima negata dal prefetto di Udine, con decreto del 2.8.2001, e poi da questo concessa con decorrenza 1.6.2002; e che la carta di soggiorno era stata rilasciata dalla questura di Udine; deduceva, quindi, l'istituto di non aver preso parte al procedimento amministrativo conclusosi con la negazione del beneficio oggetto di causa; che solo comitato provinciale aveva esaminato la vicenda, in sede di gravame amministrativo improprio, decidendo per il rigetto del ricorso a seguito di un 'istruttoria effettuata dalla prefettura.

Eccepiva ancora l'inps il suo difetto di legittimazione passiva, dovendo l'azione essere promossa nei confronti del Ministero dell'interno, salva la configurabilità di un caso di sostituzione processuale riconducibile all'art. 81 c.p.c.

Nel merito l'Inps contestava la fondatezza della domanda, deducendo che, dopo l'1.1.2001, allo straniero privo di carta di soggiorno non poteva essere né riconosciuto né mantenuto alcun beneficio economico previsto per il caso di invalidità civile; che del tutto irrilevante era il possesso dei requisiti per la carta di soggiorno in epoca antecedente al suo rilascio, dato che in base all'art. 16 comma 7 del d.p.r. 394/99, la ricevuta di presentazione della domanda di rilascio della carta di soggiorno non sostituisce la carta stessa; che peraltro la questione avrebbe dovuto essere sollevata in un apposito separato giudizio, essendo relativa allo status del sig. [...]; che pertanto era legittimo il provvedimento con cui la prestazione era stata concessa solo a partire dal 1.6.2002 e cioè dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della nuova domanda del 22.5.2002; che in ogni caso il diritto non poteva essere fatto risalire al 1.9.1999 considerato che la prima domanda amministrativa, pur essendo pervenuta il 31.8.1999, era stata protocollata solo il 22.3.2000, essendo stata perfezionata solo in questo secondo momento mediante la produzione della documentazione occorrente per l'avvio dell'istruttoria; che in effetti la domanda può essere considerata come presentata solo nel momento in cui essa presenta tutti gli elementi, anche documentali, necessari per la sua ricevibilità; che inoltre la commissione medica aveva accertato le condizioni di salute di [...] con riferimento alla data del 22.3.2000, e non al periodo precedente, con la conseguenza che la pretesa di far decorrere il diritto dal settembre del 1999 era sfornita di prova quanto alla sussistenza del requisito sanitario; che i ricorrenti non avevano né dedotto, né provato che il figlio minore non si trovasse in una delle condizioni ostative previste dall'art. l della legge 18/80; e infine che gli interessi legali e la rivalutazione sugli arretrati non potevano essere cumulati stante il divieto dettato dall'art. 16 della legge 412/91.

Istruita mediante l'espletamento di consulenza tecnica d'ufficio medico-legale, la causa veniva decisa all'udienza dell'8.1.2004.

Motivi della decisione

Il convenuto Inps eccepisce, in via preliminare, il suo difetto di legittimazione passiva, affermando che la causa avrebbe dovuto essere promossa nei confronti del Ministero dell'interno, unico soggetto competente nella materia dedotta in giudizio.

La questione sollevata dall'Inps ha dato origine a notevoli contrasti giurisprudenziali; la pronuncia più chiara ed esaustiva sembra comunque essere tuttora quella della Corte di cassazione a sezioni unite (n. 483 del 12.7.2000): in quella occasione la Suprema corte ha nettamente distinto fra azione di mero accertamento - che doveva (in base al d.p.r. 698/94) e deve ancora oggi essere proposta (non essendovi state innovazioni sul punto) nei confronti del Ministero del tesoro - e quella di condanna alla prestazione, rispetto alla quale era invece legittimato il Ministero dell'interno (sulla base dell'art. 6 comma 4 del d.p.r. appena citato), mentre ora lo è l'Inps, ai sensi dell'art. 130 d.lgs. 112/98 (espressamente richiamato già allora dalla corte, pur non essendo applicabile ratione temporis al caso dedotto in quel giudizio, come conferma della validità del suo ragionamento).

In concreto i genitori di [...] hanno chiesto la condanna del soggetto obbligato a corrispondere al loro figlio minore l'indennità di accompagnamento e quindi non vi è dubbio che la legittimazione passiva competa all'Inps.

Sempre in via preliminare, ma di merito, l'Inps deduce che, dopo, l'entrata in vigore della legge 388/2000, il diritto azionato dai genitori per conto di [...] è subordinato al possesso della carta di soggiorno e che pertanto giustamente il Ministero dell'interno lo ha riconosciuto al ricorrente solo dopo che tale condizione si è verificata.

La tesi non può essere condivisa. E' vero infatti che, in base all'art. 80 comma 19 della legge 388/2000, "l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno", ma la norma vale - secondo il principio dettato dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale - solo per il futuro ed è quindi applicabile esclusivamente alle domande presentate o comunque ai diritti sorti dopo la sua entrata in vigore (avvenuta l'1.1.2001), non essendovi alcun elemento (testuale o sistematico) che consenta di affermare la retroattività.

In concreto - qualunque sia la data di presentazione della domanda e cioè il 31.8.1999, quando essa è stata ricevuta a mezzo posta dalla a.s.s: n. 4, o il 22.3.20001 quando l'azienda stessa l'ha considerata completa e ha poi dato corso alla pratica - la disciplina vigente all'epoca era quella originaria dell'art. 41 del d.lgs. 286/98, secondo cui - ai fini del conseguimento da parte dello straniero del diritto alle provvidenze economiche previste dalla legislazione italiana per gli invalidi civili - era sufficiente la titolarità del permesso di soggiorno; alla medesima conclusione si deve giungere facendo riferimento alla maturazione del diritto azionato dal ricorrente e cioè al momento in cui si sono verificati i presupposti sanitari per l'indennità di accompagnamento (non esistendo in questa materia alcuna discrezionalità dell'amministrazione, che quindi esercita un potere meramente ricognitivo e non costitutivo): il c.t.u. ha infatti concluso che [...] è totalmente inabile e necessita di assistenza continua sin dalla nascita e quindi sicuramente da prima dell'1.1.2001.

Del tutto irrilevante (ai fini della individuazione della nonna applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio) è invece il momento in cui la prefettura di Udine ha concluso il procedimento amministrativo, negando - con decreto n. 4007/00 del 2.8.2001 - la provvidenza richiesta: ciò si ricava chiaramente dagli artt. 4 e 5 del d.p.r. 698/94 (che fanno riferimento solo alla presentazione della domanda e al verificarsi del requisito sanitario) e dagli artt. 8 l. n. 533/73 e 148 disp. att. c.p.c. (da cui risulta che in sede giudiziaria non hanno alcun rilievo le vicende del procedimento amministrativo).

Va quindi escluso che al ricorrente si possa negare la prestazione richiesta - con riferimento all'epoca della presentazione della domanda e cioè sin dall'origine - solo perchè in epoca successiva è entrata in vigore una nuova legge che ha diversamente regolato i presupposti del diritto.

L'irretroattività della nuova disciplina comporta anche un'altra conseguenza e cioè che non si può accogliere neppure la tesi intermedia, secondo cui il beneficio potrebbe essere erogato (agli stranieri che hanno acquisito il diritto in base alla vecchia legge) fino al 31.12.2000, ma non oltre; a questo proposito si deve infatti ribadire quanto già detto e cioè che l'art. 80 comma 19 della legge 388/2000 non contiene alcun elemento da cui ricavare che il legislatore abbia voluto ridefinire, ex tunc (e cioè anche per le situazioni giuridiche soggettive già perfezionate), i presupposti cui era subordinato (ex art. 41 del d.lgs. 286/98) l'acquisto da parte degli stranieri del diritto (e non del mero interesse legittimo), anche solo ai limitati fini del mantenimento della prestazione oltre l'1.1.2001.

A quanto appena detto si deve aggiungere che la norma - se avesse davvero voluto togliere il diritto a coloro che (come il ricorrente) l'avevano già maturato prima della sua entrata in vigore - avrebbe anche dovuto concedere loro un termine per "regolarizzarsi" e cioè per chiedere la carta di soggiorno (pena la perdita della prestazione in caso di inadempimento di tale onere o di rifiuto del documento da parte dell'autorità competente al rilascio per mancanza dei necessari presupposti di fatto); e il fatto che un meccanismo di questo tipo non sia stato previsto dimostra, a contrario, che non era intenzione del legislatore incidere sui diritti già sorti (non solo per il passato, ma neanche per il futuro).

[...]. Al ricorrente va perciò riconosciuto il diritto all'indennità di accompagnamento a partire dall'1.9.1998 e cioè dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, avvenuta il 31.8.1998, quando l'istanza inviata per posta dalla madre di [...] è stata ricevuta dalla a.s.s. n. 4; del tutto irrilevante è, a questo proposito, la circostanza che l'ente destinatario abbia ritenuto di attendere il 22.3.2000 per dare corso alla procedura: non esiste infatti alcuna norma che consenta di qualificare come "non presentata" (e cioè, in sostanza, come inesistente) una domanda priva di determinati documenti (senza contare che, in concreto, non si sa neppure quali sarebbero questi documenti mancanti e acquisiti dalla a.s.s. n. 4 solo il 22.3.2000).

Sugli arretrati sono poi dovuti i soli interessi legali, in quanto superiori al tasso di svalutazione individuato dall'Istat, avendo l'art. 16 comma 6 della legge 412/91 escluso il cumulo fra i due accessori.

Considerata la complessità della vicenda, l'estraneità dell'Inps alla fase amministrativa della procedura e la novità delle questioni giuridiche trattate, appare equo compensare per intero le spese di lite, ponendo quelle di c.t.u. a carico del soccombente istituto previdenziale.

P.Q.M.

il tribunale di Udine, definitivamente pronunciando tra le parti, così giudica:

1) condanna l'Inps a corrispondere [...], in persona dei genitori legali rappresentanti, l'indennità di accompagnamento a far tempo dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa, con gli interessi sugli arretrati nella misura e dalla decorrenza di legge;

2) pone definitivamente a carico dell'Inps le spese di c.t.u. e compensa interamente le altre.