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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Parma, ordinanza del 5 maggio 2009

 
est. Dallacasa
 

Il giudice, nel procedimento n. 327/09 introdotto da [...] nei confronti dell'azienda ospedaliero universitaria di Parma [...], a scioglimento della riserva,

Rilevato che

[...], cittadina marocchina, in attesa di riconoscimento della cittadinanza italiana, ha presentato domanda di partecipazione al concorso indetto dall'Azienda ospedaliero di Parma per l'assunzione di un collaboratore professionale sanitario, con inquadramento nella categoria D. Si tratta delle medesime mansioni che ella svolge, presso l'ente che ha indetto il concorso, sulla base di un contratto a tempo determinato. La domanda è respinta per la ragione che la ricorrente non è attualmente in possesso della cittadinanza italiana o di uno dei paesi aderenti all'Unione europea.

La ricorrente ha proposto ricorso ai sensi dell'art. 44 d.lgs. 286/98 e dell'art. 4 d.lgs. 215/03, chiedendo che si ordini alla Amministrazione convenuta di ammetterla al concorso. Con provvedimento inaudita altera parte la ricorrente è stata ammessa alle prove scritte del concorso. L'Amministrazione convenuta si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.

Innanzitutto, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in ragione della specialità dello strumento processuale invocato dalla ricorrente, e della specifica attribuzione della competenza a decidere, disposta dall'art. 44 d.lgs. 286/98, al pretore (e quindi oggi al tribunale), senza distinguere tra comportamenti tenuti da privati o da P.A.

La suddetta norma infatti parifica i comportamenti discriminatori posti in essere dai privati e dalle P.A., riconoscendo al giudice (ordinario) il potere di ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e di adottare ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione. Il potere del giudice ordinario si estende dunque, per espresso dictum della legge, anche alla rimozione degli effetti dell'atto amministrativo.

Nel merito il ricorso è fondato.

Il diritto del ricorrente trova fondamento nell'art. 43 del d.lgs. 286/98, per il quale compie un atto di discriminazione "chiunque illegittimamente [...] si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione [...] allo straniero regolarmente soggiornante in Italia [...] soltanto in ragione della sua condizione di straniero [...]". Il connotato normativo della condotta espresso dall'avverbio "illegittimamente" si ritiene essere intrinseco alla disparità di trattamento tra straniero comunitario e non comunitario, onde anche a quest'ultimo l'accesso alle posizioni di lavoro presso la P.A. deve essere riconosciuto con la stessa latitudine con cui è riconosciuto al primo. Non è dubbio, e non è nemmeno contestato, che la posizione lavorativa posta a concorso sia nella disponibilità dello straniero comunitario. In proposito, l'art. 38 d.lgs. 165/01 stabilisce che i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le P.A. che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero non attengano alla tutela dell'interesse  nazionale.

La posizione messa a concorso non rientra inoltre manifestamente in quelle per le quali, ai sensi del d.p.c.m. 7.2.1994 n. 174, non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana.

Infine non può seriamente dubitarsi del fatto che la posizione professionale posta a concorso, di collaboratore sanitario, non contempli l'esercizio di potestà pubbliche. Ciò è confermato dal fatto che tali mansioni sono di fatto svolte già ora dalla ricorrente. Pertanto va ordinato all'Amministrazione convenuta di ammettere la ricorrente al concorso. Sono dovute le spese di causa.

P.Q.M.

conferma il decreto dato inaudita altera parte in data 15.4.2009 e ordina alla azienda ospedaliero universitaria di Parma di ammettere la ricorrente al concorso pubblico per la copertura di un posto di collaboratore professionale sanitario categoria D indetto con deliberazione del direttore generale n. 218 del 27.10.2008; condanna l'Azienda ospedaliero universitaria a rifondere le spese di causa [...].