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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Corte d'Appello di Torino, ordinanza del 5 maggio 2004

 
est. Losana
 

Rg. Vol. n. 8/2004. Letti il ricorso, gli atti e il parere del P.G., relativi ai minori [...].

I. Con decreto emesso in data 11 novembre-12 dicembre 2003, il tribunale per i minorenni di Torino ha respinto la richiesta del Pubblico Ministero presso quel tribunale diretta ad ottenere un provvedimento che consentisse a [...], madre dei minori, priva del permesso di soggiorno, di permanere sul territorio nazionale a sensi dell'art. 31, 3 comma, d.lgs..286/98.

II. Ha proposto reclamo lo stesso P.M. chiedendo che questa Corte autorizzi la permanenza in Italia della signora [...] per un periodo di cinque anni. Il reclamo è stato notificato alla madre dei minori.

III. Il tribunale afferma che il potere autorizzativo attribuito al tribunale per i minorenni dall'art. 31 sopra indicato ha natura del tutto eccezionale e, così come più volte affermato dalla Corte di cassazione, l'autorizzazione non può essere concessa in presenza di situazioni caratterizzate dalla stabilità e dalla normalità, di indeterminabile o lunghissima durata (come ad esempio il compimento dell'intero processo educativo-formativo dei minori) chiaramente esorbitanti dalla lettera e dalla ratio legis, nonché suscettibili di produrre l'effetto anomalo di eludere la disciplina della immigrazione legittimando ingressi o soggiorni illeciti. La norma in esame, invece, fa riferimento a situazioni contingenti ed eccezionali, determinate da "motivi gravi", tali da giustificare una autorizzazione all'ingresso ed alla permanenza sul territorio nazionale, per un periodo di tempo "limitato".

IV. Il reclamante sostiene al contrario che l'interpretazione dell'art. 31 può e deve essere diversa, tenuto conto dei principi di cui alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Secondo tale interpretazione (ricavabile anche dal riferimento dell'art.31 allo "sviluppo psico-fisico" del minore) il tribunale per i minorenni, organo specializzato e preposto alla valutazione del "preminente interesse del minore" può e deve valutare, in concreto, se la situazione in cui il minore vive richieda, per tutelare il suo sviluppo psico-fisico, la presenza del genitore o della figura di riferimento; cosa che può avvenire anche indipendentemente da una causa del tutto eccezionale, ma in conseguenza del semplice fatto che la separazione del minore da quella persona arrecherebbe al primo un sicuro pregiudizio al suo sviluppo.

In via preliminare, inoltre, il P.M. reclamante lamenta che il tribunale non abbia ascoltato né la madre dei minori né questi ultimi, e che non abbia svolto alcuna specifica istruttoria.

V. Questa Corte osserva che dell'articolo 31 del d.lgs. 286/98 sono state date interpretazioni diverse. Secondo la interpretazione più restrittiva l'articolo in esame farebbe riferimento a situazioni del tutto eccezionali e contingenti, se non addirittura "estreme", solo in presenza delle quali il tribunale per i minorenni potrebbe consentire la permanenza sul territorio nazionale di un familiare, in deroga alle norme sulla immigrazione, per un tempo molto limitato. (Questa interpretazione trova conferma in numerose sentenze della Suprema corte).

Secondo un'altra interpretazione, (condivisa da alcuni giudici di merito), la norma in questione intende tutelare l'interesse del minore a non vedersi separato da persone con cui abbia un forte legame, un significativo rapporto, sì che la presenza di quella persona sia necessaria per il suo sviluppo psico-fisico. E pertanto l'autorizzazione alla permanenza in Italia da parte del tribunale per i minorenni si imporrebbe ogni volta che in forza della applicazione delle norme sulla immigrazione si determinasse la separazione del minore da persone familiari accudenti ed adeguate, la presenza delle quali fosse ritenuta indispensabile. In questo quadro la "temporaneità" della permanenza in Italia, in deroga alle norme sulla immigrazione, potrebbe anche avere una notevole ampiezza e non limitarsi a tempi molto ridotti. (Segue questa impostazione il P.M. reclamante il quale nelle sue conclusioni chiede una autorizzazione alla permanenza in Italia della madre dei minori per ben cinque anni).

VI. Questa Corte ritiene che, anche alla luce di alcuni chiarimenti di cui alla motivazione della sentenza 5 aprile-14 giugno 2002 della Corte di cassazione, si possa pervenire ad una interpretazione che, pur restando sostanzialmente agganciata ai criteri di cui alle sentenze della Suprema Corte, consenta tuttavia, nella applicazione ai casi concreti, una certa apertura ed elasticità. La Suprema Corte infatti, nel confermare una pronuncia della Corte di appello di Ancona, ne ha censurato alcuni passaggi della motivazione affermando che: "il decreto impugnato ... adotta una interpretazione erronea della legge laddove sostiene che la norma dell'art. 31/3 della legge contempla situazioni di emergenza nelle quali si ponga un pericolo attuale per il minore". "In realtà", continua la Suprema Corte, "espressioni come emergenza e pericolo attuale non si rinvengono affatto nella norma; l'interpretazione datane da questa Corte fa bensì riferimento alla nozione di circostanze contingenti ed eccezionali; ma mentre i concetti di contingenza ed eccezionalità si conformano al dettato normativo, questo risulta invece vanificato se limitato alle situazioni di emergenza e di pericolo attuale le quali potrebbero giustificare comportamenti "in deroga" sotto il profilo dello stato di necessità".

Sempre nella motivazione della citata sentenza della Corte di cassazione si ritrovano i seguenti passaggi: "E' pienamente condivisibile l'assunto per cui l'autorizzazione non può essere concessa in presenza di situazioni di indeterminabile o lunghissima durata, come il compimento dello intero processo educativo-formativo del minore, chiaramente esorbitanti dalla lettera e dalla ratio legis ...... d'altra parte occorre evitare una interpretazione della norma che pervenga a vanificare totalmente l'intenzione di corrispondere alle speciali esigenze dell'infanzia". Da ciò si deduce che anche la Suprema Corte, pur restando ferma ai principi già in precedenza enunciati, (occasionalità ed eccezionalità della situazione, durata limitata nel tempo della autorizzazione), non esclude qualche "apertura" che consenta una interpretazione della norma un pò meno rigida sia sul versante della "durata" dell'autorizzazione (la quale viene espressamente esclusa solo in presenza di situazioni di durata indeterminabile o lunghissima e quindi implicitamente viene ammessa anche per situazioni di non breve durata) sia sul versante dei gravi motivi che possono attenere alle esigenze fondamentali dell'infanzia e, quindi, anche solo al rapporto in sé tra il familiare ed il minore e non, necessariamente, ad un evento esterno a questa relazione (quale ad esempio la necessità di cure, o di svolgere adempimenti burocratici, et similia) .

VII. Si ritiene dunque che si possa affermare il seguente principio: il tribunale per i minorenni, cui l'art. 31 affida il delicato, specifico compito, di autorizzare permanenze sul territorio nazionale in deroga alle norme sulla immigrazione deve, proprio per la sua composizione specialistica e per il suo ruolo finalizzato ad accertare l'interesse del minore, porre questo ultimo al centro della sua indagine. Pur restando fermo (come insegna la Suprema Corte) che l'autorizzazione in esame è consentita solo in presenza di circostanze contingenti ed eccezionali, e per un tempo limitato, va specificato che la contingenza ed eccezionalità possono riferirsi non soltanto a circostanze esterne al rapporto tra il minore ed il familiare, ma al rapporto stesso in quanto, nel concreto contesto in cui si pone, appaia temporaneamente ed eccezionalmente non scindibile, pena il grave pregiudizio psico-fisico del minore. Alla luce di questo principio il tribunale per i minorenni deve valutare in concreto, caso per caso, come inciderebbe, sullo sviluppo psico-fisico del minore medesimo, la separazione dal familiare che non possa rimanere sul territorio nazionale, ovvero la necessità di seguire detto familiare all'estero. Svolte queste indagini, potrà pervenire alla autorizzazione di cui all'art. 31 solo se, per la specificità e l'indispensabilità del legame, per l'impossibilità di un trasferimento del minore all'estero, per l'impossibilità di porre rimedio all'assenza del familiare con strumenti di aiuto o sostituivi, in sostanza per una serie di circostanze, nel loro complesso definibili come eccezionali e contingenti, la situazione che si verrebbe a creare con l'allontanamento del familiare dal territorio nazionale, avrebbe effetti gravi, e sicuramente pregiudizievoli per lo sviluppo pico-fisico del minore. L'autorizzazione alla permanenza del familiare sul nostro territorio va dunque intesa come strettamente finalizzata a conservare al minore una presenza fondamentale, presenza che comunque dovrà protrarsi per il tempo strettamente necessario a scongiurare il pregiudizio del minore, ovvero a predisporre adeguati strumenti di supporto e di aiuto (anche sostitutivi del familiare) per il futuro.

Sulla base di questo principio il giudice minorile (e cioè il tribunale per i minorenni e, per il caso di specie, questa Corte), è tenuto a dare risposta ai seguenti quesiti:

a) se il minore sia legato al familiare da un vincolo positivo, profondo, indispensabile per il suo sviluppo;

b) se per il minore, il seguire la persona cui è legato, fuori dal territorio nazionale, comporti un pregiudizio sicuro e grande, tale da comprometterne lo sviluppo psico fisico;

c) se di fatto la situazione che si determinerebbe con la separazione da quella persona possa cagionare al minore un pregiudizio grave per il suo sviluppo psico-fisico;

d) quale sia lo spazio di tempo minimo necessario per scongiurare quel pregiudizio, anche alla luce delle possibilità di aiuto e di sostituzione della figura di riferimento.

Naturalmente, se per rispondere ai quesiti di cui sopra è necessaria una istruttoria, sarà utile assumere informazioni tramite i Servizi del territorio e, comunque, ascoltare le persone interessate e, se grandicello, lo stesso minore.

Nel caso di specie tale istruttoria appare necessaria e va quindi disposta.

P.Q.M.

La Corte d'appello di Torino - sezione speciale per i minorenni dispone che i Servizi del territorio riferiscano in merito alla situazione dei minori con relazione aggiornata ove siano specificate le seguenti circostanze:

- se la madre dei minori sia o meno attualmente detenuta; in caso affermativo quando finisca di scontare la pena, in caso negativo se abbia altre pendenze o prospettive di carcerazione nel futuro;

- chi si interessò dei minori durante la detenzione della madre (ovvero chi se ne cura se la detenzione è in atto);

- come è formato il nucleo familiare, quale legame vi è tra i minori e la madre, quali altre figure familiari vi sono che possano sostituire la madre;

- dove si recherebbe la madre se espulsa dal territorio nazionale e con quali prospettive per i minori che la dovessero seguire;

- quale sia l'attuale atteggiamento della madre verso i figli, verso i Servizi e verso la società (la sua disponibilità, la sua eventuale occupazione lecita, la sua eventuale presa di distanza dalla condotta passata, la sua collaborazione con i Servizi, la possibilità di aiutarla).

- quale il radicamento sul territorio della famiglia, e dei minori in particolare, e quali le conseguenze di un eventuale trasferimento all'estero per i minori.

I Servizi riferiranno a questa Corte entro il prossimo 30 giugno e la Corte si riserva di fissare la data della discussione in camera di consiglio. [...].