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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale di Torino, sentenza del 16 luglio 2003, n. 5740

 
est. Ferrerò
 

Nella causa civile iscritta in primo grado al n. 2997 R.G. 2001 promossa da [...] (Brasile) [...] contro il Ministero dell'interno, [...] e il Comune di Cuneo, [...]. Con l'intervento necessario del Pubblico Ministero. Oggetto: riconoscimento cittadinanza italiana. [...].

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 16.3.2001 presso l'Avvocatura dello Stato, con raccomandata spedita il 16.3.2001 al Comune di Cuneo e in data 17.3.2001 al Pubblico Ministero in sede, il sig. [...] evocava in giudizio il Ministero dell'interno e il Comune di Cuneo, quale Comune di residenza, per ivi sentire dichiarare la propria cittadinanza italiana iure sanguìnis per discendenza materna, previo riconoscimento incidenter tantum della cittadinanza italiana della propria madre [...].

Esponeva il ricorrente di essere figlio di [...], nata il 18.5.37 e cittadina brasiliana iure soli, e [...], cittadino brasiliano; esponeva, inoltre, che la propria madre era a sua volta figlia di [...], nata a Itajobi (Brasile) il 5.9.17 da genitori italiani, e quindi cittadina italiana iure sanguinis, e di [...], cittadino brasiliano. Affermava, altresì, che la propria nonna materna [...] aveva conservato, sino alla data del decesso avvenuto il 26.2.1991, la cittadinanza italiana.

Ciò premesso, l'attore invocava a suo favore gli effetti della sentenza n. 30/83 della Corte costituzionale, con la quale era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'ari 1 della legge n. 555/1912, nella parte in cui non prevedeva la cittadinanza italiana per nascita anche del figlio di madre cittadina.

Assumeva, in particolare, il sig. [...]: che per le norme anteriori alla Costituzione repubblicana, l'effetto della pronuncia di incostituzionalità doveva essere fatto retroagire quanto meno sino alla data di entrata in vigore della Costituzione; che il "rapporto di filiazione" da cui derivava la trasmissione della cittadinanza italiana dalla propria nonna alla propria madre non poteva ritenersi esaurito né alla data di entrata in vigore della costituzione, né alla data della propria nascita, né alla data della pronuncia di Incostituzionalità invocata; che, per l'effetto, la propria nonna aveva acquisito dal 1.1.48 l'idoneità a trasferire la cittadinanza italiana ai suoi figli e la propria madre era quindi cittadina italiana alla data della sua nascita.

Costituendosi in giudizio in data 19.5.2001, il Ministero dell'interno chiedeva il rigetto della domanda assumendo: che in ossequio anche all'interpretazione resa dal Consiglio di Stato in sede consultiva con parere n. 105(83 (e all'orientamento affermato più recentemente dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione, poi ribadito nella propria circolare K.60.1 datata 8.1.2001), l'efficacia temporale della sentenza n. 30/83 della Corte costituzionale non poteva essere fatta retroagire oltre il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione Repubblicana; che, conseguentemente, la nonna del ricorrente, "pur mantenendo la cittadinanza italiana all'epoca della nascita della figlia, avvenuta nel 1937, non aveva potuto trasmetterle il nostro status civitatis in virtù di disposizioni allora pienamente vigenti"; che, d'altra parte, l'attribuzione dello status civitatis a titolo originario derivava unicamente da un fatto determinato, storicamente individuabile nell'evento della nascita dell'interessato da persona qualificata dall'ordinamento, in quel preciso momento, come propria cittadina.

In data 23.5.2001 si costituiva in giudizio anche il Comune di Cuneo, precisando che il diniego all'istanza avanzata dal sig. [...] in sede amministrativa era stato opposto in conformità al contenuto delle circolari ministeriali in materia (in particolare della circolare 11.11.92 n. K.60.1 in cui si precisava che, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 1 legge n. 91/92, doveva restare fermo il principio per cui poteva essere attribuita la cittadinanza italiana dalla nascita solo alle persone nate dopo il 1.1.48 e da donna che in tale momento fosse in possesso dello status civitatis), al parere del Consiglio di Stato n. 105 del 10.1.1983 e alla giurisprudenza della Corte di cassazione.

Dichiarava, peraltro, di rimettersi totalmente alle decisioni adottante dal tribunale, chiedendo di essere mandato assolto dalla domanda di condanna al pagamento delle spese processuali. Il Pubblico Ministero non formulava proprie conclusioni e, anche successivamente, non partecipava alle udienze. [...].

Motivi della decisione

I. Fatti esposti dall'attore in ordine alla propria discendenza sono documentalmente provati (oltre che non contestati). [...].

Deve ritenersi altresì provato in causa che l'ascendente dell'attore, sig.ra [...] fosse cittadina italiana ed abbia conservato la cittadinanza sino alla morte, avvenuta in data 2.6.1991. La circostanza risulta documentalmente provata in causa alla luce del certificato di cittadinanza 12.5.1994 rilasciato dal Console italiano in Brasile (doc. 2 di parte attrice), del seguente tenore "In base agli atti e ai documenti esistenti in questo Consolato Generale, si certifica che [...], nata a Itajubi (Sp-Brasile) il 5.9.1917 e deceduta a San Paolo (Brasile) il 26.6.1991, ha conservato sino alla data del decesso la cittadinanza italiana "jure sanguinis" non risultando agli atti di questo Consolato Generale che l'interessata abbia mai presentato rinuncia alla cittadinanza italiana ai sensi dell'ari. 7 della legge n. 555/1912".

Le parti convenute, d'altra parte, costituendosi in giudizio, non hanno mai posto in discussione la cittadinanza italiana della nonna materna dell'attore; anzi, il Ministero dell'interno, alla pagina 4 della comparsa costitutiva, ha espressamente riconosciuto come provata la circostanza, laddove ha testualmente affermato: "la nonna dei ricorrente, quindi, pur mantenendo la cittadinanza italiana all'epoca della nascita della figlia, avvenuta nel 1937.....". Solo nella seconda comparsa conclusionale, il Ministero ha sostenuto che la sig.ra [...] avrebbe perso la cittadinanza italiana in seguito al matrimonio con cittadino brasiliano.

L'assunto, pur formulato solo negli scritti conclusivi, deve essere preso in considerazione in quanto attinente ai fatti costitutivi della pretesa attorea; lo stesso, peraltro, ad avviso del Collegio non appare fondato. La norma invocata dall'Amministrazione convenuta è l'art. 10, 3 comma della legge n. 555/1912, il quale statuiva: "La donna cittadina che si marita a uno straniero perde la cittadinanza italiana, sempre che il marito possieda una cittadinanza che per il fatto del matrimonio a lei si comunichi."

Tale norma (a prescindere da ogni considerazione in ordine agli effetti della sua declaratoria di incostituzionalità con sentenza n. 87/75 e norme brasiliane disciplinanti la comunicazione della cittadinanza per matrimonio), invero, non pare applicabile nel caso di specie. La sig. [...], infatti, essendo nata in Brasile da cittadini italiani, possedeva già, al momento del matrimonio, la cittadinanza brasiliana iure soli e, pertanto, nessuna cittadinanza poteva esserle comunicata, mutando il suo status, per il fatto del matrimonio.

Ciò premesso, deve ora accertarsi se la sig.ra [...] possa avere trasmesso la propria cittadinanza italiana alla figlia [...], nata nel 1937, e se quest'ultima possa averla conseguentemente trasmessa al figlio [...] - attuale attore, nato nel 1961.

La risposta presuppone la valutazione degli effetti, nella presente fattispecie, della sentenza n. 30/83 della Corte costituzionale con la quale è stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 1, n. 1 legge 13 giugno 1912 n. 555, nella parte in cui non prevedeva la cittadinanza per nascita anche del figlio di madre cittadina.

Orbene, in ordine all'esistenza o meno di un limite temporale alla retroazione degli effetti della pronuncia caducatrice nel caso di sottoposizione al vaglio di costituzionalità di norme emanate anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione, l'orientamento prevalente fatto proprio da ultimo da Cass. S.U. n. 12061/98, ritiene che: "..costituisce ormai diritto vivente che l'efficacia retroattiva della sentenza declaratoria dell'illegittimità costituzionale di una norma sin dal momento in cui è entrata in vigore trova piena applicazione solo con riferimento alla categoria delle norme incostituzionali ab initio; e che, invece, allorquando la norma stessa sia venuta a collidere con i parametri costituzionali solo successivamente alla data della sua entrata in vigore (incostituzionalità sopravvenuta), allora il termine di decorrenza degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità coincide (e deve coincidere) con il momento in cui il vizio di incostituzionalità di è concretizzato; infatti è solo in questo momento che si determina l'antinomia costituzionale della legge, il che significa che sino a quel momento la legge era legittima e valida, sicché sarebbe necessariamente illogica e contraddittoria una retroattività che si estendesse a colpire la norma anche nel periodo della sua validità".

L'applicazione di tale principio di diritto, peraltro, non comporta automaticamente, ad avviso del Collegio, che degli effetti della declaratoria di incostituzionalità non possano fruire gli interessati nati anteriormente al 1.1.1948 (nel caso di specie la madre dell'attore).

Per risolvere tale secondo aspetto della controversia in esame, invero, occorre affrontare il distinto problema degli effetti delle pronunce di incostituzionalità sui rapporti cosiddetti esauriti e, più specificamente, chiedersi se per l'attribuzione del diritto di cittadinanza debba aversi o meno esclusivo riguardo all'istante della nascita, quale unico momento temporale preso in considerazione dalla fattispecie normativa. Il Collegio ritiene, in proposito, di seguire l'autorevole insegnamento dato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 15062/2000, la quale mette in evidenza, con riferimento allo specifico tema dell'acquisto e della perdita della cittadinanza, che "quel che rileva, determinandoli, non sono già i meri eventi, naturali e non (nascita, morte, matrimonio, etc.) che segnano la vita della persona, ma le situazioni, modalità o condizioni prefigurate dalla legge che li accompagnano" e che, pertanto: da un lato "quel che rileva per l'acquisto della cittadinanza c.d. per nascita è, non già l'evento nascita, bensì la situazione di filiazione da padre o da madre cittadini" dall'altro "se determinanti per l'acquisto o la perdita della cittadinanza sono soltanto la 'ragione' o il 'titolo' dell'acquisto o della perdita, e non già i meri eventi che ne costituiscono unicamente i presupposti, giuridicamente irrilevante, al riguardo, è anche il tempo di cui essi sono accaduti".

Tale insegnamento, d'altra parte, appare conforme al testo dell'art. 1 della legge n. 555/1912 il quale, nel prevedere che è cittadino "per nascita" il "figlio", pare includere nella fattispecie, più che il momento storico della nascita, la situazione della filiazione; a differenza del successivo art. 3 della stessa legge, che nel prevedere l'ipotesi di attribuzione della cittadinanza iure soli fa espresso riferimento all'azione (e quindi al tempo) del nascere.

Orbene, poiché alla data del 1.1.1948, la situazione di filiazione rilevante nella presente fattispecie era in essere, deve ritenersi che in conseguenza della pronuncia n. 30/83 della Corte costituzionale la sig.ra [...] abbia acquisito a partire da tale data l'idoneità a trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli e, in particolare, alla figlia (all'epoca minorenne) [...]. Conseguentemente, la sig.ra [...] (poi - a seguito del matrimonio - [...]), ha potuto trasmettere la cittadinanza italiana al proprio figlio [...] nato nel 1961.

In considerazione di quanto sin qui detto la domanda attorea deve essere accolta, con conseguente ordine di trascrizione della presente sentenza ex art. 24, lett, e) d.p.r. n. 396/2000, in relazione all'art. 10 stesso d.p.r., così come in epigrafe. Sussistono giusti motivi, considerata la complessità e controvertibilità delle questioni trattate per l'integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.

il Collegio, definitivamente pronunciando respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, accerta e dichiara, per la ragioni di cui in motivazione, la cittadinanza italiana . del sig. [...], nato a San Paolo (Brasile) il 12.11.1961, residente in [...]; dichiara compensate le spese di causa; dispone che la presente sentenza sia trascritta negli archivi di cittadinanza di cui all'art. 10 d.p.r. 3.11.2000 n. 396 del Comune di Cuneo.