ASGI

ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 

Tribunale di Napoli, sentenza del 21 gennaio 2005, n. 935

 
est. Semeraro
 

[...]. Il reato di cui all'articolo 14 comma 5 ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Principi giuridici.

a) Premessa sull'espulsione, sulla sua esecuzione e sull'ordine del questore ai sensi del comma 5 bis dell'art. 14.

Va premesso che l'espulsione può essere disposta dal Ministro dell'interno (ex art.13, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 286 del 1998) per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato; dal prefetto per la condizione di clandestinità (ingresso nel territorio dello Stato con elusione dei controlli di frontiera), irregolarità (carenza di valido permesso di soggiorno) o pericolosità sociale dello straniero (appartenenza a talune delle categorie indicate nell'art.1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575).

Secondo il sistema delineato dalla legge la regola è che al provvedimento di espulsione segua l'accompagnamento dello straniero alla frontiera (cfr. l'art.13 comma 4: "l'espulsione è sempre eseguita"); quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera (o il respingimento) "perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo", ai sensi dell'art. 14 comma 1 il questore dispone la detenzione amministrativa (il trattenimento presso un Centro di permanenza temporanea e assistenza).

La permanenza nel Centro, se convalidata, può durare fino a 30 giorni, prorogabili di ulteriori 30 giorni "qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà".

Infine, ai sensi del comma 5 bis dell'art. 14, quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un Centro di permanenza temporanea o siano decorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione (che, come detto avviene per regola con l'accompagnamento alla frontiera), il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di 5 giorni. L'ordine deve essere dato con provvedimento scritto e deve recare l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione. I soli due casi, sopra indicati, in cui sussiste il potere del questore di ricorrere all'ordine di allontanamento sono tassativi perché eccezionali; infatti, la legge ricorre "in via di eccezione al meccanismo dell'intimazione penalmente sanzionata, quando sussistano speciali ragioni impeditive, legalmente tipizzate" (cfr. Corte Cost. sentenza del 18 dicembre 2003).

b) Il reato ex art. 14 comma 5 ter, anche nella sua nuova formulazione.

Al fine di rafforzare l'effetto dell'intimazione e per rendere concreto il provvedimento di espulsione, la cd. legge Bossi-Fini aveva previsto con l'art. 14 comma 5 ter una contravvenzione che puniva lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5 bis con la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno.

A seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 14, comma 5 quinquies nella parte in cui consentiva l'arresto per la contravvenzione, l'art. 14 comma 5 ter è stato integralmente sostituito con l'approvazione della legge 12 novembre 2004, n.271, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione. La legge è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 13 novembre 2004 (cfr. art. 3 della legge).

Dal confronto tra i due testi normativi emerge che la condotta è sempre quella dello straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5 bis; però la condotta concretizza un delitto o una contravvenzione a seconda della motivazione con cui è stata disposta l'espulsione dello straniero.

Infatti, lo straniero che violi l'ordine del questore "è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato".

La contravvenzione, punita sempre con la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno, si concretizza invece "se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo".

Dunque, la legge n.271/2004 non ha né abrogato il reato né ne ha modificato la condotta, che è descritta sempre con la stessa formula (lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5 bis); ne ha trasformato la natura, nei casi indicati, da delitto a contravvenzione con relativo aumento della pena. Si è cioè realizzata un'ipotesi di successione di leggi penali più severe.

Invece, vi è un'assoluta continuità quanto alla fattispecie contravvenzionale nei casi in cui il decreto di espulsione sia stato emesso nei confronti degli irregolari.

c) La tesi della natura permanente del reato ex art. 14 comma 5 ter e la punibilità dell'inosservanza dell'ordine del questore emesso prima dell'entrata in vigore della legge n.271/2004.

Secondo la prevalente interpretazione della dottrina e della giurisprudenza (cfr. ad es. Cass. sez. I, sentenza n. 46242 del 2.12.2003), il reato de quo, nella sua originaria formulazione, era permanente, avendo il legislatore adoperato specificamente le parole "si trattiene". Dunque, secondo questa interpretazione, il reato sarebbe a condotta mista, poiché composto da una omissione, l'inosservanza dell'ordine del questore, e da un'azione, il trattenersi nel territorio dello Stato senza giustificato motivo.

Se dunque vi è identità strutturale tra le fattispecie e si è verificata un'ipotesi di successione di leggi penali più severe - in quanto la nuova legge ha solo aggravato parte della condotta trasformandola in delitto - dovrebbe ritenersi che lo straniero espulso il quale, in violazione di un ordine del questore emesso prima dell'entrata in vigore della legge 12 novembre 2004, n.271, si trattenga successivamente al 14 novembre 2004 nel territorio dello Stato, non solo risponda del delitto - ove l'espulsione sia stata emessa nei casi diversi dall'irregolarità - ma possa anche essere tratto in arresto ex art. 14 comma 5 quinquies della legge.

Infatti, secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, nel reato permanente la consumazione si protrae per un tratto di tempo per volontà cosciente dell'agente sicché più che di un momento può parlarsi di un periodo consumativo. Ne consegue che, in caso di successione di leggi penali più severe, qualora la permanenza continui sotto l'impero della nuova legge, è questa soltanto che deve trovare applicazione, in quanto sotto il suo vigore è commesso il reato con la realizzazione di tutti gli elementi costitutivi (cfr. Cass. sez. II sent. n.9501 del 11.4.1987 - 1.9.1987; nello stesso senso Cass. sez. VI sent. n.2296 del 14.11.1985 - 20.3.1986: "Nel reato permanente, poiché la consumazione si protrae nel tempo, in caso di successione di legge più severa, è questa soltanto che deve trovare applicazione, in quanto sotto il suo vigore il reato è commesso, con la realizzazione di tutti i suoi elementi costitutivi").

d) La tesi preferibile: il reato ex art. 14 comma 5 ter quale reato omissivo proprio, istantaneo ad effetti permanenti.

L'interpretazione prima riportata non è condivisibile. Ed invero, deve osservarsi che l'ordine del questore, eccezione alla regola dell'esecuzione mediante accompagnamento alla frontiera, è emesso nei confronti di uno straniero che già si trova in Italia e vi si trattiene al di fuori dei casi consentiti dalla legge e per tali ragioni è stato espulso.

In secondo luogo, l'ordine del questore impone allo straniero uno specifico obbligo di fare, quello di lasciare il territorio dello Stato.

Pertanto, la violazione dell'ordine del questore, l'omissione, si concretizza necessariamente con la violazione dell'obbligo di fare, dell'azione imposta dalla norma: ma unico modo per non lasciare il territorio dello Stato è quello di trattenersi all'interno dei suoi confini. Dunque, l'unica condotta che realmente lo straniero pone in essere è quella omissiva perché per non lasciare il territorio dello Stato il reo non può che trattenersi all'interno dei confini.

Inoltre, non può parlarsi in senso tecnico giuridico di azione in quanto non vi è alcuna differenza, in senso naturalistico, tra la condotta antecedente all'ordine (lo straniero già si trovava e si tratteneva in Italia) e quella successiva. La condotta dello straniero assume rilevanza penale solo a seguito dell'inosservanza dell'ordine del questore: potremo dire che il trattenersi è l'altra faccia dell'omissione all'ordine di lasciare il territorio dello Stato.

Il reato di cui all'articolo 14 comma 5 ter è quindi omissivo proprio. Sulla natura omissiva del reato, nella formulazione originaria cfr. Corte cost. sentenza del 18 dicembre 2003 ("la formula «senza giustificato motivo» e formule ad essa equivalenti od omologhe - «senza giusta causa», «senza giusto motivo», «senza necessità», «arbitrariamente», ecc. - compaiono con particolare frequenza nel corpo di norme incriminatrici, ubicate tanto all'interno dei codici che in leggi speciali, e descrittive di reati di natura non soltanto commissiva, ma anche omissiva, quale quello in esame").

Si aggiunga che il termine di 5 giorni entro il quale lo straniero deve osservare l'ordine è un termine perentorio, perché alla sua inosservanza seguono le sanzioni penali ove lo straniero si trattenga senza giustificato motivo. Fra l'altro, come già indicato, l'ordine deve essere dato con provvedimento scritto e deve recare l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione: si è voluto quindi immediatamente rappresentare allo straniero le conseguenze penali dell'omissione e rafforzare l'ordine attraverso il collegamento con le sanzioni penali esplicitate nello stesso ordine. Dunque, alla scadenza del termine perentorio non può più adempiersi utilmente l'obbligo di fare, scattando le sanzioni penali, con conseguente perfezionamento e consumazione del reato.

Il reato de quo è pertanto istantaneo e si consuma alla scadenza del temine di 5 giorni (sulla natura istantanea del reato omissivo in caso di termine perentorio cfr. Cass. sez. I sent. n.4969 del 21.1.1986 - 5.6.1986 : "L'inadempimento dell'obbligo di dare comunicazione alla locale autorità di P.S. entro ventiquattro ore, dell'assunzione di uno straniero alle proprie dipendenze, con indicazione delle generalità, dello stesso e del servizio cui è adibito, integra un reato omissivo istantaneo, che si consuma con lo scadere del termine predetto, avente carattere perentorio e non meramente ordinatorio").

Alla stessa conclusione si giunge ove si consideri che la norma incriminatrice, cercando di rendere effettivo il provvedimento di espulsione dello straniero, "persegue l'obiettivo di rimuovere situazioni di illiceità o di pericolo correlate alla presenza dello straniero nel territorio dello Stato, nella cornice del più generale potere - che al legislatore indubbiamente compete - di regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati (cfr. sentenza n. 105 del 2001): avendo detto provvedimento come presupposto, a mente dell'art.13, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, nel caso di espulsione disposta dal Ministro dell'interno; ovvero, la condizione di clandestinità (ingresso nel territorio dello Stato con elusione dei controlli di frontiera), irregolarità (carenza di valido permesso di soggiorno) o pericolosità sociale dello straniero (appartenenza a talune delle categorie indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575), nel caso di espulsione disposta dal prefetto" (cfr. Corte cost. sentenza del 18 dicembre 2003).

Infatti, l'effettività dell'espulsione e le situazioni d'illiceità o di pericolo indicate sono lese già con l'omesso adempimento dell'ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato che si concretizza necessariamente, come già indicato, con il trattenersi senza giustificato motivo: dunque, il riferimento esplicito nella norma al trattenersi, indica esclusivamente la permanenza degli effetti della condotta omissiva.

Ritenuto il reato de quo omissivo ed istantaneo ad effetti permanenti, deve concludersi che l'inosservanza dell'ordine del questore emesso prima dell'entrata in vigore della legge 12 novembre 2004, n.271 (la legge è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 13 novembre 2004 ai sensi dell'art. 3 della legge), concretizzi, ove sussistano tutti gli elementi costitutivi del reato, sempre la contravvenzione e non il delitto così come introdotto dalla legge stessa. Di conseguenza, per effetto della nota sentenza della Corte costituzionale, non è neanche possibile l'arresto in flagranza.

e) La disapplicazione dell'ordine del questore ex art. 14 comma 5 bis legge 286/1998.

[...].

f) Il concetto di giustificato motivo. [...].

Motivi della decisione

Dagli atti prodotti si rileva che l'ordine del questore di Cagliari è stato emesso in data 24.10.2003, quindi prima dell'entrata in vigore della legge 12 novembre 2004, n.271. Dunque, applicando i principi giuridici su esposti, astrattamente la condotta rientra nella fattispecie contravvenzionale esistente prima della modifica normativa. Dunque non solo l'imputato non poteva essere tratto in arresto ma nei suoi confronti non poteva essere emessa alcuna misura coercitiva.

L'imputato deve essere assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato. Nel caso in esame, deve osservarsi che l'organizzazione statale non ha eseguito l'espulsione dello straniero mediante accompagnamento alla frontiera perché non era immediatamente disponibile idoneo vettore. Se l'organizzazione statale non è stata in grado di reperire disponibile idoneo vettore (reperimento nel caso in esame neanche tentato, posto che decreto di espulsione e ordine del questore sono stati emessi nello stesso giorno), è quanto meno dubbio che la stessa condotta sia esigibile al privato, attesa la differenza di mezzi a disposizione, e che questi debba procedere all'adempimento della stessa condotta nel breve e perentorio termine di 5 giorni.

Si aggiunga che dalle modalità del fatto non è emerso in alcun modo che l'imputato potesse concretamente allontanarsi dal territorio dello Stato. Si ritiene sussistere nel caso in esame il giustificato motivo; infatti, dall'interrogatorio di garanzia e dallo stesso verbale di arresto è emerso che l'imputato è uno straniero che viveva all'interno di un'abitazione diroccata, priva di porte ed in stato di abbandono insieme ad altre persone; nessuna somma di denaro è stata trovata in suo possesso. Tali circostanze di fatto fanno ritenere che l'imputato viveva in una condizione di assoluta indigenza.

Ciò rende anche del tutto credibile l'imputato il quale ha dichiarato di non essersi allontanato dal territorio dello Stato perché impossibilitato dalla totale mancanza di somme di denaro.

Dunque, deve concludersi che l'imputato si trovava in situazione di assoluta indigenza, tale da non consentire neanche normali condizioni di vita ma solo la mera sopravvivenza, sicché non aveva la possibilità di sostenere le spese del viaggio - fra l'altro gli è stato imposto di lasciare il territorio dello Stato attraverso la frontiera di Roma Fiumicino. Egli non aveva quindi la concreta possibilità di lasciare il territorio dello Stato entro il termine perentoriamente fissato.

L'imputato deve quindi essere assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Letto l'art. 530 c.p.p., assolve [...] dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato. Revoca la misura cautelare inflitta a [...] con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del 9.1.2005 e ne dispone l'immediata liberazione se non detenuto per altro. [...].